MICHELANGELO MERISI detto IL CARAVAGGIO (1571-1610) Nasce a Caravaggio, in provincia di Bergamo (anche se questa informazione, considerata da sempre certa, è stata messa in discussione dopo la scoperta del certificato di battesimo del pittore, redatto nella chiesa di Santo Stefano Maggiore a Milano) Da ragazzo frequenta, a Milano, la bottega di un pittore chiamato SIMONE PETERZANO (nell’autoritratto sottostante) esponente del tardo-manierismo lombardo Il contratto di apprendistato venne firmato nel 1584: “per poco più di quaranta scudi d'oro [...] Va dietro il maestro ad affrescare, nella chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, in quella di San Barnaba». e si protrasse per circa quattro anni. «Studiò in fanciullezza per quattro o cinque anni in Milano, con diligenza ancorché di quando in quando, facesse qualche stravaganza causata da quel calore e spirito così grande». G. Mancini (collezionista d’arte)
Del periodo dal 1588 al 1592 non si hanno notizie certe forse compì un viaggio a Venezia, ma di ciò non c’è alcuna prova. Nel 1592 si trasferì a Roma e lavorò presso la bottega di Giuseppe Cesari detto il CAVALIER D’ARPINO (ritratto sottostante). Per lui dipinge quadri di piccolo formato raffiguranti prevalentemente nature morte e scene di genere. I bari 1594-1595 olio su tela, 99x107 cm Texas, Kimbell Art Museum
Il fondo chiaro è tipico delle prime opere di Caravaggio La frutta è dipinta con grande realismo. Compaiono frutti perfetti e maturi ma anche frutti bacati e foglie avvizzite. Questo per sottolineare il trascorrere inesorabile del tempo e l’avvizzirsi della giovinezza e della bellezza. Massimo è il realismo anche nella resa del vimini intrecciato della cesta. Canestra di frutta 1598, olio su tela, 31x47 cm Milano, Pinacoteca Ambrosiana Realizza un’ombra sotto la canestra, creando l’effetto di ulteriore profondità
Successivamente ottenne la protezione del Cardinale Francesco Maria del Monte che lo introdusse nella cerchia dei nobili collezionisti. In questo periodo si ammalò seriamente e venne ricoverato nell’ospedale dei poveri, durante questo periodo realizzò alcune delle sue opere più celebri, tra le quali il BACCHINO MALATO È un autoritratto di Caravaggio in veste di Bacco. Fondamentale è l’attenzione al dato realistico - sia nella rappresentazione di sé con il volto emaciato, le labbra bluastre e le profonde occhiaie causate dalla malattia o la definizione anatomica - sia nella frutta poggiata in primo piano o il grappolo d’uva tenuta in mano. La posa articolata con una torsione differente della testa rispetto al busto e lo studio della luce rivelano un primo passaggio alla fase matura che sfocerà nelle grandi tele religiose. Alcuni storici dell’arte riconoscono un forte valore simbolico alla posa del Bacco che poggiando il gomito su una lastra di pietra, crea l’illusione di uscire da un sepolcro, di ritornare alla vita, dopo la morte Bacchino malato 1593-1594 olio su tela, 67x53 cm Roma, Galleria Borghese
Vocazione di San Matteo Al 1599 risale la prima commissione pubblica: la decorazione della CAPPELLA CONTARELLI, nella chiesa di San Luigi dei Francesi: LA VOCAZIONE DI SAN MATTEO, IL MARTIRIO DI SAN MATTEO, SAN MATTEO E L’ANGELO Caravaggio ottenne una commissione chiara e precisa: “San Matteo dentro un salone ad uso di gabella con diverse robbe che convengono a tal officio con un banco come usano i gabbelieri con libri, et denari… Da quel banco San Matteo, vestito secondo che parerà convenirsi a quell’arte, si levi con desiderio per venire a Nostro Signore che passando lungo la strada con i suoi discepoli lo chiama.” Caravaggio realizza la scena intorno al gesto di Cristo che indica San Matteo e ottiene risposta nel gesto di Matteo. Il tutto sottolineato dall’unico fascio di luce, proveniente dall’esterno, che illumina parzialmente l’ambiente. Matteo e i personaggio intorno a lui vestono abiti moderni definiti nei minimi dettagli, così come le monete sul tavolo, e sono in netto contrasto con gli umili mantelli che coprono Cristo e l’apostolo scalzo che lo accompagna. Vocazione di San Matteo 1599-1600 olio su tela, 322x340 cm
Martirio di San Matteo 1600-1601, olio su tela, 323x343 cm Anche per questo dipinto Caravaggio ottenne indicazioni ben precise: “San Matteo celebrando la messa…che habbi ricevuta qualche ferita et già sia cascato o in atto di cadere ma non ancora morto et nel detto tempo sia moltitudine d’huomini et donne giovani vecchi putti… per lo più spaventati dal caso mostrando in altri sdegno in altri compassione” Caravaggio crea una composizione entrata sulla figura del carnefice che sta per colpire il santo già a terra. Attorno a quest’uomo avvolto dalla luce che ne definisce perfettamente l’anatomia, si irradiano altre figure per lo più in penombra. La luce, radente da sinistra, fissa l’immagine e blocca l’istante drammatico irradiando non solo in carnefice ma anche l’angelo, avvolto dalle nuvole, che tiene in mano la palma del martirio e il ragazzino che terrorizzato grida e fugge. Compare il ritratto di Caravaggio sullo sfondo Martirio di San Matteo 1600-1601, olio su tela, 323x343 cm
Questo è uno ei primi esempi di opera che Caravaggio realizzò ma che si vide rifiutata perché considerata offensiva. La prima versione venne rifiutata dall’ordine religioso che lo aveva commissionato perché la considerò offensiva nei confronti del santo. Matteo veniva ritratto, non come un santo ispirato da un angelo ma come un povero contadino scalzo e dai piedi sporchi e soprattutto analfabeta che per scrivere si guidare dall’angelo che dirige la sua mano lungo il libro. Caravaggio realizzò una seconda versione che rispondendo maggiormente alle direttive dei committenti venne accettata. Questa prima versione è andata distrutta durante i bombardamenti di Berlino del 1945.
In questa seconda versione l’angelo ispira Matteo e sembra indicargli ciò che deve scrivere. San Matteo risulta meno rozzo, anche se Caravaggio non rinuncia agli elementi tipici della sua pittura e in particolare alla definizione dei lineamenti e dei corpi segnati, tipici degli uomini del popolo che faticano quotidianamente per vivere. Ben definite sono sia le anatomie del corpo e la plasticità dei corpi e dei panneggi, realizzati con un sapiente chiaroscuro creato dalla fusione della luce monodirezionale che scivola sui tessuti e sulla pelle dei personaggi. Anche qui come nella canestra lo sgabello sembra uscire dalla tela creando un’ombre sulla base marmorea inferiore
Crocifissione di S. Pietro Nel 1600 ottenne l’incarico per la decorazione della CAPPELLA CERASI, nella chiesa di Santa Maria del Popolo con LA CROCIFISSIONE DI SAN PIETRO e LA CONVERSIONE DI SAN PAOLO La composizione è strutturata su poche linee di costruzioni diagonali contrapposte: - la diagonale creata dall’inclinazione della croce la diagonale creata dai due uomini di spalle che issano la croce Evidente è l’attenzione che pone alla definizione anatomica del corpo di Pietro, teso nello sforzo muscolare, confermato anche dallo sguardo assorto. La luce netta irradia la figura di Pietro e lascia nell’oscurità le figure dei carnefici si cui però definisce i volumi possenti e i piedi sporchi o le mani callose. I colori terrosi sono evidenziati e accarezzati dalla luce direzionale che definisce anche le pietre in primo piano e proietta violente ombre sul terreno. Crocifissione di S. Pietro 1600-1601 olio su tela, 230x175 cm
La conversione di San Paolo Per realizzare questa tela, la cui prima versione venne rifiutata, si mantenne fedele al testo di San Paolo. Caravaggio ambienta l’evento in una dimensione esclusivamente spirituale ed interiore, immobile e sospesa, in cui l’elemento dominante risulta il maestoso ed incombente corpo del cavallo. Caravaggio crea una netta contrapposizione tra: - la calma dell’animale controllato dallo scudiero e con il muso rivolto verso terra l’enfasi di San Paolo, fissato in una posa fortemente scorciata, con le braccia sollevate al cielo per accogliere la rivelazione divina. Anche qui la luce unidirezionale, proveniente dall’angolo in alto a destra, definisce ogni dettaglio, con un realismo assoluto. Il volto rugoso e le mani callose dello scudiero sono gli elementi tipici delle opere di Caravaggio, e testimoniano la sua adesione al realismo generato dalla scelta di modelli scelti tra il popolo. La conversione di San Paolo 1600-1601 olio su tela, 230x175 cm
La Madonna dei Palafrenieri Alcune opere a soggetto religioso vennero considerate blasfeme e rifiutate perché o troppo audaci o poco rispettose. Tra queste LA MADONNA DEI PALAFRENIERI Vengono ritratti Maria e il Bambino nell’atto di schiacciare il serpente del peccato originale alla presenza di Sant’Anna. Il Bambino è sostenuto dalla Madonna ritratta china sul figlio e i piedi dei due sono sovrapposti per essere uniti in un unico gesto. Le tre figure sono inserite in un ambiente totalmente spoglio e avvolto dalla penombra. La luce avvolge il bambino, ormai già grande e la Madonna, ritratta in una posizione da molti considerata indecorosa, per la veste troppo scollata. L’opera, pur molto apprezzata dagli intellettuali dell’epoca che arrivarono a dedicargli versi d’elogio, suscitò scandalo poiché Caravaggio scelse come modella per dare un volto alla Vergine, una donna considerata indegna, pertanto l’opera venne rifiutata dalla confraternita dei Palafrenieri ed entrò nelle collezioni di Scipione Borghese. La Madonna dei Palafrenieri 1605-1606 olio su tela, 292x211 cm Roma, Galleria Borghese
LA MORTE DELLA VERGINE La morte della Vergine La tela venne commissionata come pala d’altare per una cappella nella chiesa di Santa Maria alla Scala, ma appena vi fu collocata venne tolta, perché offensiva e blasfema. La Vergine e gli apostoli venivano considerati troppo vicini al mondo popolare. Il solo attributo divino di Maria è la sottilissima aureola, inoltre ha il ventre gonfio e le gambe scoperte. Le voci del tempo raccontavano che Caravaggio avesse utilizzato una cortigiana per dare il volto alla Madonna e ciò venne considerato intollerabile. La luce proviene da sinistra e creando una diagonale ben definita lambisce i volti di alcuni apostoli in lacrime e la Maddalena seduta in primo piano, ma irradia il corpo della Vergine. Gran parte della composizione è occupata da un ampio panneggio rosso studiato come un sipario teatrale che inquadra la scena principale. La morte della Vergine 1604 olio su tela, 369x245 cm Parigi, Museé du Louvre
LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA Nel 1606 per evitare la prigione dopo una condanna, falsa, per omicidio iniziò un lungo peregrinare in fuga tra Napoli, la Sicilia e a Malta. In ogni luogo lasciò sue opere importantissime. A Napoli realizzò: LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA Caravaggio racchiuse in un’unica tela le sei opere indicate da Cristo nel Vangelo di Matteo e la settima: dare da bere agli assetati, sfamare gli affamati, vestire gli ignudi, dare asilo ai viandanti, visitare i carcerati, curare gli infermi e seppellire i morti. È la prima volta nella storia dell’arte che non vengono realizzate sette rappresentazioni distinte. Caravaggio crea una composizione teatrale ispirata alla vita dei vicoli napoletani e diventò un riferimento unico ed esclusivo per la pittura napoletana del tempo, dando origine ad un vivace gruppo di artisti caravaggeschi napoletani. Anche in quest’opera tornano tutti gli elementi caratteristici della pittura di Caravaggio Le sette opere di Misericordia 1607 olio su tela, 390x260 cm Napoli, Pio Monte della Misericordia
la RESURREZIONE DI LAZZARO In Sicilia dipinse: la RESURREZIONE DI LAZZARO In questo dipinto Caravaggio studia una composizione inusuale che prevede la presenza di tutti i personaggio su di un unico piano: Cristo che compie lo stesso gesto della Vocazione di San Matteo Lazzaro ancora morto il cui corpo, sorretto da un uomo in penombra, crea un incrocio di diagonali (corpo e braccia) che evocano una croce. le sorelle di Lazzaro disperate la folla di persone che vuole assistere al miracolo Tradizionale è l’ampio spazio in penombra che domina la tela e sovrasta i personaggi La luce proveniente da sinistra sfiora, con un unico fascio, il profilo di Cristo e il corpo dell’uomo che sorregge Lazzaro, mentre irradia totalmente Lazzaro, che diventa il perno della composizione. Vi è una grande differenza tra l’essenzialità della pittura nella resa dei personaggi e dei loro panneggi trattati con pennellate larghe e rapide e la cura con cui Caravaggio si sofferma a descrivere l’anatomia del corpo di Lazzaro, lasciando percepire muscoli e ossa prominenti La resurrezione di Lazzaro 1609, olio su tela, 380x275 cm Messina, Museo Regionale di Messina
La decollazione del Battista A Malta dipinse: la DECOLLAZIONE DEL BATTISTA La decollazione del Battista 1608 olio su tela, 361x520 cm Malta, La Valletta Oratorio dei Cavalieri
Davide emerge per tre quarti da un fondo completamente avvolto dall’oscurità. Tiene ancora nella mano destra la spada mentre nella sinistra sostiene per i capelli la testa di Golia ancora sanguinante e che osserva con volto fiero ma anche mosso da una profonda pietà. Molti storici dell’arte sostengono che Caravaggio abbia voluto ritrarsi nel volto di Golia. Il volto esangue di Golia è fortemente espressivo con la fronte è corrugata, la bocca aperta quasi a pronunciare le sue ultime parole e lo sguardo sofferente. Le vesti di Davide sono l’emblema della sintesi pittorica raggiunta da Caravaggio con pennellate lunghe e rapide in cui si fondono luce e colore. Sulla spada compaiono alcune lettere: “H..AS O S” che potrebbero riferirsi al motto Humilitas Occidit superbiam” Davide e Golia 1605-1609 olio su tela, 125x100 cm Roma, Galleria Borghese
ORAZIO GENTILESCHI e ORAZIO BORGIANNI Non ebbe mai allievi ma rivoluzionò l’arte più di qualsiasi altro artista e la sua pittura influenzò due generazioni di pittori, anche stranieri. ORAZIO GENTILESCHI e ORAZIO BORGIANNI Suonatrice di liuto 1626 ca, olio su tela, 144 x 130 cm, Washington, National Gallery of Art. Sacra Famiglia 1615 circa; olio su tela, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica.
ARTEMISIA GENTILESCHI Giuditta e Oloferne 1620 c olio su tela, 199×162,5 cm Firenze, Galleria degli Uffizi
San Tommaso olio su tela, 64,6x53,9 cm Collezione privata In Francia GEORGES DE LA TOUR San Tommaso olio su tela, 64,6x53,9 cm Collezione privata
Adorazione dei pastori 1644, olio su tela, 107 x 131 cm Parigi, Musée du Louvre
Gesù caccia i mercanti dal tempio VALENTIN DE BOULOGNE Gesù caccia i mercanti dal tempio 1618 Olio su tela, 195x260 cm Roma, Palazzo Barberini
Martirio di san Filippo In Spagna FRANCISCO DE ZURBARAN e JUSEPE DE RIBERA detto lo Spagnoletto Cristo crocifisso, 1627, olio su tela, 291 × 165 cm Chicago, The Art Institute Martirio di san Filippo 1639, olio su tela, 234 × 234 cm, Madrid, Museo del Prado