Legislazione e Termalismo

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Legislazione e Termalismo Dott. Annunziata Pispico

L’evento di cui andremo a parlare assume per il settore term ale una rilevanza che non esiterei a definire “epocale”: l’approvazione della legge di riordino; questo obiettivo è stato fortemente voluto e perseguito da tutti noi operatori del settore con decisione e convinzione da oltre venti anni. La legge 323 del 24 ottobre del 2000 fornisce certezze in un settore sottoposto a feroci critiche e ad attacchi provenienti da più parti ed in particolare dal mondo medico e scientifico.

Osservato attraverso la “lente” della legge di riordino, il settore termale ha acquisito una giusta e visibile collocazione all’interno del nostro ordinamento istituzionale, rinnovando quell’immagine un po’ sbiadita legata ad una normativa sostanzialmente affetta dal vizio del peso degli anni trascorsi dalla sua approvazione e dall’anteriorità temporale alla Carta Costituzionale.

A partire dalla seconda metà del 1800 le acque termali ed i loro benèfici effetti attirarono l’attenzione di medici e di scienziati illuminati dell’epoca; essi osservarono e registrarono con metodo scientifico ciò che avveniva sotto i loro occhi e studiarono con i mezzi a disposizione le sorgenti e le loro acque: fisici, geologi, chimici, medici, moltiplicarono i loro sforzi nel tentativo di dare basi solide e fondamenti scientifici in quella che sarebbe poi diventata la moderna Idrologia Medica.

La mole di studi e le pressioni di imprenditori ed amministratori locali che acquisivano mano a mano consapevolezza delle enormi potenzialità sanitarie ed imprenditoriali insite nel settore delle acque minerali, indusse i governanti della giovane nazione italiana a regolamentare con leggi adeguate la complessa realtà termale sia per quanto riguarda la individuazione delle sorgenti, la captazione delle acque, il loro riconoscimento terapeutico, la classificazione ed il loro utilizzo sull’uomo.

La legge n. 947 del 16 luglio 1916 al Capo IV contiene infatti le prime disposizioni in merito alle acque termali ed agli stabilimenti termali; il Regio Decreto n. 1924 del 28 settembre 1919 contiene il regolamento per l’esecuzione delle indicazioni contenute nella legge del 1916. L’articolo 14 della legge del 1919 stabilisce i regolamenti sanitari e traccia le definizioni e le differenze tra stabilimento termale, stabilimento idroterapico, stabilimento di cure fisiche ed affini.

Il Testo Unico delle leggi sanitarie, approvato con Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265, non contiene un regolamento ad hoc in materia termale per cui vigono ancora le norme del R.D. del 1919. Lo sviluppo dell’attività termale ha reso evidente ben presto la particolarità del settore che non può essere considerato un compatto monolito ma piuttosto un poliedrico cristallo con sfaccettature e prospettive complesse che riguardano aspetti istituzionali, sanitari e proprietari, con una incerta collocazione del comparto fra sanità, attività minerarie e turismo.

Cercando di dare una cronologia alle leggi riguardanti gli assetti termali, dopo il citato Regio Decreto del 1919, viene emanata la legge n. 1443 del 1927 che considera le acque termali come ricchezza originaria ed assimila le fonti sorgive alle miniere. Successivamente, gli articoli 117 e 118 della Costituzione attribuiscono le competenze legislative ed amministrative per le acque minerali e termali alle regioni. La legge che stabilisce che le acque termali costituiscono patrimonio indisponibile delle regioni è la n. 281 del 1970.

Il successivo D.P.R. n. 2 del 14/1/1972 stabilisce le modalità di trasferimento delle funzioni amministrative in materia termale alle regioni a statuto ordinario. La regione Puglia disciplina le attività di ricerca, coltivazione e protezione delle acque termali con la legge 44 del 28/5/1975. La legge 23 dicembre 1978 n. 833 (Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale) definisce ulteriormente il riparto delle competenze fra Stato, Regioni e Comuni per detto settore.

Trascureremo i problemi più espressamente connessi agli assetti proprietari ed istituzionali del comparto e cercheremo di mettere in luce gli aspetti sanitari della questione termale. La già citata legge 833 del 1978 stabilisce nell’articolo 6, al punto t, che “il riconoscimento delle proprietà terapeutiche delle acque minerali e termali e la pubblicità relativa alla loro utilizzazione a scopo sanitario” è di esclusiva competenza dello Stato.

L’articolo 36 della stessa legge stabilisce che “le prestazioni idrotermali, limitate al solo aspetto terapeutico, devono erogarsi presso i presidi riconosciuti ai sensi dell’articolo 6, lettera t, e convenzionati con il SSN ai sensi del successivo articolo 44 e sono garantite nei limiti previsti dal piano sanitario nazionale”. Lo stesso articolo 36 riconosce la valenza terapeutica e riabilitativa delle prestazioni termali e deroga alle regioni la formulazione di leggi mirate alla promozione, alla integrazione sanitaria e alla qualificazione degli stabilimenti termali sia pubblici che privati.

Il D.M. 19 maggio 1986 definisce lo schema tipo di convenzione tra aziende termali e USL. Agli inizi degli anni ‘90 il comparto termale da un lato registra un aumento considerevole del numero di persone che fruiscono delle sue prestazioni, dall’altro percepisce i segni di una crisi grave quanto inevitabile scatenata dalla perdita di credibilità delle prestazioni dovuta alla facilità di accesso alle cure termali ed alla mancanza di una continuità nel lavoro di ricerca scientifica.

In questi stessi anni il governo italiano si trova ad affrontare un periodo di crisi economica ed è obbligato a prendere alcuni provvedimenti per razionalizzare la spesa pubblica, compresa quella per la sanità. La legge 412 del 1991 stabilisce condizioni più rigide per l’autorizzazione alla effettuazione delle cure, concedendo giorni aggiuntivi di riposo dal lavoro solo in particolari casi. Il D.L. n. 105 del 25/01/1992 detta nuove regole per la classificazione delle acque minerali ed abolisce la vecchia classificazione di Marotta e Sica del 1933.

La successiva legge 438 del 1992 porta il ticket a 100 La successiva legge 438 del 1992 porta il ticket a 100.000 lire per ogni ciclo di cura. Sempre nel 1992, con il Decreto legislativo n. 502, viene demandato alle regioni, in particolare agli Assessorati alla Sanità, il compito di definire le nuove regole per la erogazione delle prestazioni termali. L’anno dopo, nel 1993, con la legge 537 viene confermato l’importo del ticket a L. 100.000 con lievi modifiche ed eliminati quasi del tutto i congedi straordinari per cure termali riservandoli solo a particolari situazioni patologiche.

La legge 724 del 1994 restringe la fascia di esenzione dal pagamento del ticket anche se abbassato a lire 70.000 e sopprime totalmente i congedi straordinari. Il mondo termale vacilla dalle fondamenta ed incorre in una profonda crisi dalla quale sembra impossibile risollevarsi. Risvegliati dal lungo torpore, gli operatori del settore hanno però trovato in se stessi e nelle loro convinzioni la forza per reagire a tale crisi ed hanno intrapreso la difficile strada della risalita che ha attestato il termalismo italiano sulle attuali posizioni di prestigio.

Il termalismo italiano, rispondendo alle giustificate richieste del mondo medico e scientifico, guidato dai vari provvedimenti legislativi (Decreti Ministeriali 12 agosto 1992, 27 aprile 1993, 15 dicembre 1994) che delineavano le linee guida per la ricerca scientifica mirata alla definizione delle patologie curabili alle terme a carico del SSN, si è definitivamente scrollato di dosso la patina dell’ empirismo ed è entrato a pieno titolo nel novero degli strumenti ordinari a disposizione della sanità pubblica per il mantenimento ed il ripristino dello stato di benessere psicofisico dei cittadini.

Lo strumento più importante che ha portato al riconoscimento della validità terapeutica, preventiva e riabilitativa delle cure termali è stato quel complesso programma di ricerca scientifica denominato “Progetto Naiade” Il “Progetto Naiade” ha riguardato 45.000 casi riguardanti tutte le patologie trattate alle terme, ha coinvolto tutti gli stabilimenti termali su tutto il territorio nazionale; è consistito nella somministrazione di un questionario per la rilevazione dei dati relativi a studi osservazionali longitudinali di tipo clinico epidemiologico di cui all’articolo 2, 1° comma, lettera b del Decreto Ministeriale 15 dicembre 1994.

Le linee guida per la conduzione del progetto sono state indicate da una apposita Commissione ministeriale istituita dal Decreto Ministeriale 10 febbraio 1995. Lo studio è durato tre anni ed è stato realizzato nelle stagioni termali 1996 - 1997- 1998; tutti i dati sono stati fatti confluire ad un centro di raccolta presso la Facoltà di Statistica dell’Università dell’Aquila che li ha elaborati e li ha consegnati alla Commissione per le considerazioni e le conclusioni finali.

Gli inconfutabili dati emersi da questo studio hanno permesso il pieno riconoscimento della validità terapeutica, preventiva e riabilitativa delle cure termali ed il loro definitivo inserimento tra le prestazioni minime dovute dal Sistema Sanitario Nazionale. Il 1996 oltre ad essere stato l’anno in cui è iniziato il Progetto Naiade è stato anche l’anno in cui, in ottemperanza all’articolo 8 del già citato Decreto legislativo n. 502 del 1992, il Coordinamento degli Assessorati alla Sanità delle Regioni definiva i principi ed i criteri attuativi per regolare i rapporti tra aziende termali e SSN.

Il Coordinamento regionale prevede in particolare: La regolamentazione dei rapporti tra aziende termali e Unità Sanitarie Locali; I requisiti minimi per l’accreditamento e l’attribuzione dei livelli tariffari. Le modalità con cui tale accreditamento deve avvenire. L’elenco delle prestazioni che ogni azienda termale può erogare a carico del S.S.N.

I provvedimenti legislativi succedutisi negli anni e dettati dalla necessità di porre rimedio a problemi contingenti ed immediati, non riuscivano a dare certezze al termalismo italiano e ad inserirlo in un contesto omogeneo. La legge 323 del 2000, nella sua natura di legge di principio, apre finalmente una fase nuova e costituisce, per gli anni a venire, un sicuro punto di riferimento normativo.

Il Ministro della Sanità infatti ha posto questo provvedimento legislativo alla base del decreto con il quale il 30 marzo 2001 ha individuato l’elenco delle patologie per la cura delle quali è possibile erogare le prestazioni termali a carico del SSN.

Cerchiamo ora di esaminare un poco più nel dettaglio la legge 323/2000 detta “di riordino del settore termale”. Essa si sviluppa in quattordici articoli ognuno dei quali mette a fuoco problematiche di importanza strategica e pone le linee guida sui metodi, sulle regole, sui limiti entro i quali operare per sviluppare e risolvere tali problematiche.

Articolo 1 Finalità: Disciplina della erogazione delle cure Promozione Coinvolgimento di Stato, Regioni, Enti locali nei programmi di sviluppo Responsabilizzazione delle Regioni Formulazione di un testo unico di leggi in materia di attività idrotermali

Articolo 2 Definizioni: Acque termali Cure termali Patologie Stabilimenti termali Aziende termali Territori termali Sanzioni per utilizzo improprio dei termini

Articolo 3 Stabilimenti termali e loro organizzazione

Articolo 4 Erogazione delle cure termali in cicli singoli o combinati

Articolo 5 Regimi termali speciali (INPS - INAIL)

Articolo 6 Ricerca scientifica Rilevazione statistico-epidemiologica Educazione sanitaria

Articolo 7 Specializzazione in medicina termale

Articolo 8 Disposizioni sul rapporto di lavoro dei medici termalisti

Articolo 9 Profili professionali

Articolo 10 Talassoterapia

Articolo 11 Qualificazione dei territori termali

Articolo 12 Promozione del termalismo e del turismo del territorio

Articolo 13 Marchio di qualità ambientale termale

Articolo 14 Pubblicità e sanzioni

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