Dolore fisico Dolore mentale Sofferenza psichica IL DOLORE Dolore fisico Dolore mentale Sofferenza psichica
«Il dolore è la vera reazione alla perdita dell’oggetto, mentre l’ansia è la reazione al pericolo della perdita dell’oggetto stesso» (S. Freud) L’incapacità di tollerare la frustrazione provoca il fallimento della funzione simbolica, e anche quella del processo di pensiero. In S. Freud (1911), si possono trovare alcune affermazioni di carattere teorico: a) ogni volta che vi è una intolleranza alla frustrazione, si ritira l'apparato mentale (si allontana) dalla realtà; b) il grado di tolleranza alla frustrazione è associato a diverse modalità di funzionamento mentale; c) l’apparato mentale ha due modi di affrontare la frustrazione: l’evasione o la modifica (quest’ultima opera secondo il pensiero); d) il pensiero consente la restrizione dell’azione e permette all’apparato mentale di sopportare la crescente tensione durante il ritardo nel processo di scarica.
Wilfred Bion Bion affronta la genesi e la dinamica del dolore mentale come il grado di tolleranza/intolleranza della mente alla frustrazione: ... la sofferenza è il dolore inflitto o accettato mentre il dolore mentale emerge quando il paziente non ha la capacità di soffrire, e la sofferenza è associata con la capacità del paziente di contenere ed elaborare le emozioni dolorose. A suo parere, il dolore mentale è un elemento sia del funzionamento mentale che della personalità; è ciò che accade quando il paziente non ha la capacità di soffrire e lo attribuisce ad un dolore che il paziente riferisce come impossibile da descrivere a parole e che è privo di tutte le associazioni; mentre la sofferenza psichica può essere sia nominata che descritta dal paziente, quindi è associata ad un livello superiore di tolleranza, di contenimento ed elaborazione mentale. Nella sofferenza psichica, il paziente sente un certo sollievo, quando ne parla a qualcun altro, mentre il dolore mentale non è adatto per la comunicazione ed è al di là del piacere o del dispiacere.
Joseph Sandler Secondo Sandler (1980) il dolore, sia fisico che psichico (o psicogeno), deriva da una discrepanza tra due stati della rappresentazione del Sé , in particolare discrepanza tra la rappresentazione dello stato attuale del Sé (così come viene percepita dal soggetto) e la rappresentazione di uno stato ideale del Sé (o di uno stato ideale desiderato che può basarsi sul ricordo di un precedente stato di soddisfacimento o su fantasie). Il dolore è formato da due componenti: uno stato affettivo spiacevole ed un contenuto ideativo. Nell’esperienza del dolore fisico, i sentimenti spiacevoli sono associati all’idea di un danno fisico, quindi il soggetto prova un sentimento di dolore per la presenza di una discrepanza tra due immagini dello stato del proprio corpo: lo stato attuale dell’immagine del proprio corpo (es. corpo danneggiato, ferito, ecc.) e lo stato ideale dell’immagine del corpo (es. corpo intatto, ben funzionante, desiderato, ecc.). Queste due rappresentazioni del corpo possono essere basate su percezioni valide (es. il soggetto ha un vero danno dei tessuti corporei e ne è consapevole) o alimentarsi su ricordi del passato, oppure essere prodotti dalla fantasia (es. quando il soggetto crede erroneamente che il suo corpo sia danneggiato).
Joseph Sandler Il dolore viene considerato da Sandler come un motivatore dell’apparato psichico, cioè come uno stimolo per la messa in moto e la regolazione delle risposte adattive dell’individuo. Dal punto di vista dell’Io, di fronte allo stato di tensione e al suo relativo affetto doloroso (dolore) ci possono essere diverse risposte possibili: reazioni che portano ad un adattamento progressivo con vantaggi per lo sviluppo oppure risposte patogene con conseguente sviluppo di diverse forme di disturbi (es. disturbi psicosomatici, somatoformi, ecc.). Per Sandler la risposta sana all’esperienza del dolore è la protesta, l’aggressività e la lotta diretta contro le fonti del dolore (quindi entrano in gioco meccanismi di spostamento, proiezione e identificazione che possono portare a sviluppi sia normali che patologici), piuttosto che la fuga. Inoltre, tra le risposte possibili al dolore psicogeno, c’è anche la «reazione o risposta depressiva».