IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE

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IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE

Evoluzione legislativa La fase della “assenza” di regole: l’ammissibilità dell’istituto; la disciplina previdenziale “disincentivante” (infrazionabilità del minimale contributivo giornaliero) L’art. 5 della l. n. 863 del 1984: le lacune della disciplina (forme ad substantiam; il divieto di lavoro supplementare) Il part – time come strumento di politica del lavoro per la promozione dell’occupazione. L’impulso della Dir. 97/81/CE (attuativa dell’accordo quadro tra U.n.i.c.e., C.e.s. e C.e.e.p.): divieto di discriminazione

Il d.lgs. 61/2000: lo “statuto” del lavoro a tempo parziale Il d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61 e i successivi interventi legislativi Il d.lgs. 61/2000: lo “statuto” del lavoro a tempo parziale L’art. 46 del d.lgs. n. 276 / 2003 (“riforma Biagi”): la valorizzazione dell’autonomia individuale e il rafforzamento del potere unilaterale del datore di lavoro La correzione di rotta della l. n. 247 / 2007: anche in materia di part time si registra il fenomeno della “oscillazione del pendolo”

Non è prevista una durata minima Definizioni «tempo pieno»: l'orario normale di lavoro previsto dalla legge (d.lgs. n. 66 del 2003: 40 ore settimanali) o l'eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati; «tempo parziale»: l'orario di lavoro, fissato dal contratto individuale che risulti comunque inferiore all’orario di lavoro a tempo pieno. Non è prevista una durata minima

… Definizioni «part time orizzontale»: quello in cui la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all'orario normale giornaliero di lavoro. «part time verticale»: quello in relazione al quale risulti previsto che l'attività lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno; «part time misto»: quello che si svolge secondo una combinazione delle due modalità “orizzontali” e “verticali”; «lavoro supplementare» quello corrispondente alle prestazioni lavorative svolte oltre l'orario di lavoro a tempo parziale concordato fra le parti nel contratto individuale ed entro il limite del tempo pieno.

Disciplina: la forma (artt. 2 e 8 del d.lgs. 61) Art. 2, comma 1: “Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini e per gli effetti di cui all'articolo 8, comma 1”. Art. 8, comma 1: “nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova. […]. In difetto di prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data in cui la mancanza della scrittura sia giudizialmente accertata […]” La forma scritta è prevista solo ad probationem, e la conseguenza della sua mancanza sarà quindi la conversione a tempo pieno su richiesta del lavoratore.

… il contenuto del contratto (art. 2 del d.lgs. 61) Art. 2, comma 2: “Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno […]”. La finalità e di dare certezza al lavoratore circa la durata e la collocazione dell’orario di lavoro, per conciliare le sue altre esigenze di vita o di lavoro (v. T. di Milano, 19 dicembre 2005; T. Milano, 6 maggio 2006.

sanzioni per la violazione delle norme sul contenuto del contratto (art. 8 del d.lgs. 61) Art. 8, comma 2: in mancanza o indeterminatezza della durata della prestazione lavorativa su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale. … in mancanza o indeterminatezza della sola collocazione temporale dell'orario il giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale, tenendo in considerazione le previsioni dei contratti collettivi o, in mancanza, con valutazione equitativa (responsabilità familiari del lavoratore interessato, necessità di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, esigenze del datore di lavoro).

…la variazione della durata. Il lavoro supplementare (art. 3 del d.lgs. 61) Nel contratto di lavoro supplementare di tipo orizzontale, il datore può richiedere lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare I contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementari, le causali in cui il lavoro supplementare può essere prestato e le conseguenze per il superamento delle ore consentite (es: maggiorazioni retributive, riposi compensativi).

… la variazione della durata. Il lavoro supplementare (art. 3 del d … la variazione della durata. Il lavoro supplementare (art. 3 del d.lgs. 61) In presenza di regolamentazione contrattuale collettiva, c’è un obbligo di lavoro supplementare e il lavoratore non può rifiutare lo svolgimento della prestazione aggiuntiva rispetto al suo orario contrattuale. Altrimenti, l’ “l’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratore interessato”, che può essere espresso anche in forma orale o tacita o per fatti concludenti. Il rifiuto da parte del lavoratore non può comunque integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.

… la variazione della durata. Il lavoro straordinario (art. 3 del d … la variazione della durata. Il lavoro straordinario (art. 3 del d.lgs. 61) Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto è consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie. Si applicherà la disciplina legale e contrattuale per i lavoratori a tempo pieno – anche in questo caso si pone il problema della necessità del consenso del lavoratore in presenza o assenza della contrattazione collettiva.

… la variazione della durata. Le clausole elastiche e flessibili (art … la variazione della durata. Le clausole elastiche e flessibili (art. 3 del d.lgs. 61) Nei rapporti part – time di tipo verticale e misto (anche a termine) i contratti collettivi possono stabilire clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione (ius variandi unilaterale del datore di lavoro, senza necessità di acquisire di volta in volta il consenso del lavoratore) In tutti i tipi di rapporto part – time (anche a termine) i contratti collettivi possono stabilire clausole flessibili relative alla variazione della collocazione della prestazione (ius variandi unilaterale del datore di lavoro, senza necessità di acquisire di volta in volta il consenso del lavoratore)

… Le clausole elastiche e flessibili La l. n. 247/2007 aveva eliminato la possibilità di adottare clausole elastiche o flessibili in assenza di contratti collettivi (in precedenza prevista dalla Legge Biagi): ma l’art. 22, comma 4, della legge n. 183/2011 l’ha reintrodotta. Pertanto oggi non è più necessaria la previsione “autorizzativa” della contrattazione collettiva I contratti collettivi stabiliscono: i) condizioni e modalità della variazione unilaterale e ii) i limiti massimi di variazione in aumento. La disponibilità alla clausola elastica o flessibile richiede il consenso del lavoratore con patto scritto. L’eventuale rifiuto non integra gli estremi del g.m. di licenziamento L’esercizio dello ius variandi unilaterale comporta un preavviso di due giorni (salve diverse intese tra le parti) e il diritto a specifiche compensazioni, nella misura/forme previste dalla contrattazione collettiva

Diritto di “ripensamento” diritto di “ripensamento reintrodotto dalla riforma Fornero (era stato eliminato dalla Legge Biagi) : I contratti collettivi possono attribuire al lavoratore il diritto di richiedere l’eliminazione o la modifica della clausola elastica o flessibile inserita nel contratto. Il diritto di ripensamento è riconosciuto incondizionatamente, ai lavoratori affetti da patologie oncologiche, o che siano coniugi, genitori o figli di soggetti affetti da tali patologie, e agli studenti lavoratori.

… Il principio di non discriminazione (art. 4 del d.lgs. 61) Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto a un lavoratore a tempo pieno “comparabile” → il lavoratore part – time deve beneficiare: dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno per l'importo della retribuzione oraria e per gli istituti normativi che non sono legati alla estensione temporale della prestazione lavorativa (es.: durata del periodo di prova e delle ferie annuali; durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità; la durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia; norme di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; accesso ai servizi sociali aziendali; diritti sindacali). di un trattamento retributivo riproporzionato alla ridotta entità della prestazione lavorativa (l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti; l'importo della retribuzione feriale; l'importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità.

La trasformazione da tempo pieno a tempo parziale (artt. 5 del d. lgs È ammessa la trasformazione da full – time a part – time su accordo scritto tra le parti. L’art. 22, comma 4 della legge n. 183/2011 ha eliminato la previsione della necessità della convalida presso la Direzione provinciale del Lavoro. Il rifiuto alla trasformazione non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

Esiste un diritto alla trasformazione da full time a part time ? No. Esiste solo un diritto (reversibile) alla trasformazione da full – time a part – time per i lavoratori affetti da patologie oncologiche. … e la priorità nella trasformazione per i lavoratori con familiari affetti da patologie oncologiche o con conviventi inabili o non autosufficienti, o con figli minori di 13 ani o portatori di handicap (art. 12 bis, introdotto dalla l. n. 247/2007).

Esiste un diritto al “ritorno” al full time ? No. Esiste solo un diritto di precedenza nel ritorno a full-time: il lavoratore che ha trasformato il suo rapporto da full – time a part – time ha diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di mansioni equivalenti (art. 12 ter, introdotto dalla l. n. 247/2007)

Non esiste nemmeno un diritto legale al full time per gli assunti a part time (art. 5, comma 3, del d.lgs. 61) In caso di assunzioni a tempo parziale il datore di lavoro deve dare tempestiva informazione (anche con affissione della comunicazione in luogo accessibile a tutti nei locali dell’impresa) al personale full – time occupato in unità produttive situate nello stesso ambito comunale. Ma non c’è un diritto legale al tempo pieno → Il datore di lavoro deve solo prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione full - time, con i criteri eventualmente individuati dai contratti collettivi

… ma può esistere un diritto contrattuale Il contratto individuale può prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive situate nello stesso ambito comunale, adibiti alle stesse mansioni o a mansioni equivalenti a quelle oggetto delle nuove assunzioni (art. 5, comma 2, sostituito dalla riforma Biagi. Il testo precedentemente in vigore prevedeva un diritto di precedenza spettante ex lege). La violazione del diritto di precedenza comporta per il lavoratore il diritto al risarcimento del danno, in misura corrispondente alla differenza fra l'importo della retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio a tempo pieno nei sei mesi successivi al passaggio