SCUOLA MEDIA STATALE "G. CARDUCCI" CT Classe III A PRESENTA.

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SCUOLA MEDIA STATALE "G. CARDUCCI" CT Classe III A PRESENTA

CATANIA e L'UNITA' D'ITALIA

L’Unità d’Italia è stato un processo lento, lungo, difficile, spesso sanguinoso, intrapreso da gruppi estremamente eterogenei, con obiettivi politici diversi, ma accomunati dall’idea che l’Italia dovesse essere unita, dalle Alpi al mare, sotto una sola bandiera.

Il Congresso di Vienna aveva consegnato la penisola italica divisa in tanti stati, tutti reazionari ed arretrati, sotto il dominio diretto o indiretto dell’Austria, eccetto il regno di Sardegna che apparteneva ai Savoia.

Nella prima metà dell’Ottocento si susseguirono lotte, insurrezioni e guerre per la conquista della libertà e dell’indipendenza. Fra i patrioti, molti dei quali sacrificarono la vita, si distinsero Silvio Pellico, Federico Confalonieri, Ciro Menotti e soprattutto Giuseppe Mazzini che fondò la Giovine Italia e contribuì a diffondere tra il popolo le idee liberali e la passione patriottica.

Nel 1848, anno delle rivoluzioni , anche Catania insorse il 25 gennaio insieme a Palermo e a tutta la Sicilia. I Siciliani chiedevano l’indipendenza e l’unione federale con gli altri stati italiani. Si diedero una costituzione e resistettero per dodici mesi. Poi la repressione borbonica fu terribile e violenta.

La II guerra d’ Indipendenza, preparata da Cavour per un decennio e guidata da Vittorio Emanuele di Savoia, fu seguita con simpatia dalla popolazione, tanto che dopo l’armistizio di Villafranca gran parte dell’Italia settentrionale (Lombardia, Toscana ed Emilia) aveva dichiarato la propria annessione, con plebisciti popolari, al Regno di Sardegna.

Tuttavia il Veneto restava ancora sotto gli austriaci, Nizza e Savoia erano state cedute alla Francia in cambio dell’aiuto prestato nella guerra, Roma e il centro Italia rimaneva al Papa, il Regno delle due Sicilie ai Borboni.

Nel meridione d’Italia il malcontento era dilagante Nel meridione d’Italia il malcontento era dilagante. Democratici come Francesco Crispi e Rosolino Pilo, che avevano partecipato alla II Guerra d’Indipendenza, preparavano un’insurrezione e cercavano di convincere Garibaldi a organizzare una spedizione in Sicilia. Anche Mazzini, il 2 marzo 1860 inviava una lettera ai siciliani invitandoli alla ribellione e dichiarava:”Garibaldi è vincolato ad accorrere”. Ma Garibaldi indugiava: voleva un segnale dal popolo; Cavour era contrario a una spedizione; Vittorio Emanuele era favorevole.

L’8 aprile 1860 scoppiarono a Catania gravi tumulti che facevano seguito alle rivolte di Palermo e Messina. L’11 maggio i Mille, guidati da Garibaldi sbarcarono a Marsala, e dopo uno scontro a Calatafimi con l’esercito borbonico , raggiunsero Palermo, appoggiati dai “picciotti” siciliani.

Catania, in seguito ai tumulti popolari era presidiata dai reparti borbonici del generale Clary che, dopo la tregua, si erano ritirati nelle caserme e nel castello Ursino. I patrioti invece si erano raccolti alla spicciolata a Mascalucia, Acireale e Lentini da cui dovevano convergere a Catania al comando del colonnello Poulet.

Il 31 marzo 1860 il Poulet si fece convincere ad attaccare con le sole truppe di Mascalucia che contavano meno di mille uomini e disponevano di soli tre cannoni, rinunciando ad attendere le colonne provenienti da Acireale e Lentini. I soldati borbonici di Clary erano tremila. Il primo scontro avvenne al Borgo.

La cavalleria borbonica indietreggiò fino a piazza Università dove la lotta fu accanita. A questo punto si inserì fra gli insorti una popolana Peppa Bolognara.

Si combattè nei dintorni del Duomo Si combattè nei dintorni del Duomo. Poiché i suoi compagni avevano esaurito le munizioni, Peppa riuscì a sottrarre un cannone ai nemici e a scaricarlo più volte contro gli stessi soldati borbonici. Da allora passò alla storia come un’eroina col soprannome di Peppa la Cannoniera.

La rivolta venne repressa dal generale Clary, ma presto i soldati borbonici dovettero lasciare la città. Infatti il 15 luglio 1860 i garibaldini entravano a Catania.

In ricordo di quei giorni, Catania ha dedicato a Garibaldi questo monumento che si trova in via Etnea e ha intitolato all’eroe una strada e un arco “ Porta Garibaldi” che i catanesi chiamano il “Fortino”.

Il 3 e il 4 agosto a Bronte avvennero stragi e saccheggi Il 3 e il 4 agosto a Bronte avvennero stragi e saccheggi.I contadini reclamavano la proprietà delle terre su cui lavoravano e l’abolizione della tassa sul macinato. Insorsero perciò contro gli odiati latifondisti e ne fecero strage, senza risparmiare donne e bambini.

Per riportare l’ordine giunse un battaglione di garibaldini agli ordini di Nino Bixio, il quale piombò su Bronte deciso a dare al popolo e ai suoi capi una punizione esemplare, dato che anche altri paesi come Randazzo, Linguaglossa, Adrano e Cesarò erano in rivolta. Ci furono cinque esecuzioni sommarie fra cui l’avv. Nicolò Lombardo, che dopo la strage era stato eletto sindaco, e nessuno degli altri rivoltosi sfuggì alla condanna: la Corte di Assise di Catania il 12 agosto 1863, comminò l’ergastolo a trentasette imputati.

Il 18 febbraio 1861 i primi deputati catanesi sedevano alla Camera Il 18 febbraio 1861 i primi deputati catanesi sedevano alla Camera. Il 17 marzo a Torino, allora capitale, il primo Parlamento italiano proclamò Vittorio Emanuele re d’Italia. Mancavano ancora all’Unità Roma , il Veneto e il Trentino.  

Il 18 agosto 1862 Garibaldi tornò a Catania per incitare alla presa di Roma e parlò dal balcone del Circolo degli Operai, allora ubicato ai Quattro Canti da cui pronunciò la famosa frase:”O Roma o morte”.

Catania partecipò attivamente alle vicende che portarono all’Unità Catania partecipò attivamente alle vicende che portarono all’Unità. Fu ottava fra le ventisette città decorate con Medaglia d’oro come ”benemerite del Risorgimento Nazionale” per le azioni altamente patriottiche compiute dai moti del 1848 al 1918. A piazza dei Martiri nel 1837 furono fucilati 8 patrioti catanesi i cui nomi sono incisi su una lapide posta su palazzo Ruburdone.

Alla prima seduta del Parlamento Italiano Cavour ( ma alcuni le attribuiscono a M. D’Azeglio)aveva detto:”L’Italia è fatta, bisogna fare gli Italiani”. Parole lungimiranti. Infatti l’Unità del popolo non si ottiene con le capacità diplomatiche, né con le guerre; non si realizza solo perché gruppi di individui parlano la stessa lingua, hanno le stesse leggi e la stessa forma di governo.

Unità vuol dire fratellanza, solidarietà , condivisione sia dei problemi che dei fatti positivi fra tutti i cittadini della penisola e delle isole, del nord e del sud. Oggi, dopo 150 anni, questa unità non è stata ancora raggiunta, ciò impegna le generazioni attuali e future ad operare perché gli Italiani diventino un solo popolo, dal punto di vista civile , culturale, morale e umano.

Leotta Gemma Maccarrone Andrea Scuderi Ursula Amoruso Carlotta Realizzato da: Amoruso Carlotta Leotta Gemma Maccarrone Andrea Scuderi Ursula Classe III A