La seconda metà dell’Ottocento

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La seconda metà dell’Ottocento

La seconda metà dell’Ottocento Le ideologie La letteratura La storia

La storia Il principio di nazionalità Il progresso materiale L’Italia dopo l’unificazione

Nella seconda metà del secolo ottennero l’indipendenza, diventando Stati autonomi: Alla base di questi eventi c’era il principio di nazionalità = ogni popolo ha diritto di essere libero e autonomo e quindi di lottare per l’indipendenza. Poi però in molti paesi europei questo principio si trasformò in nazionalismo = volontà di potenza (tra le cause del neocolonialismo e della prima guerra mondiale) La Germania, che con il cancelliere Otto von Bismarck si costituì in Regno nel 1871. L’Italia, il cui processo di riunificazione e indipendenza, iniziato nel 1861 e concluso nel 1870, fu guidato dal Regno piemontese di casa Savoia.

Il progresso scientifico e tecnico, iniziato alla fine del Settecento, continuò nel secolo successivo, comportando grandi cambiamenti: grazie alle innovazioni nel campo della medicina e dell’igiene si registrò un notevole incremento di popolazione, che crebbe a ritmi sostenuti fino alla seconda metà del Novecento; molti europei furono costretti a emigrare in cerca di lavoro; la borghesia si affermò come classe socialmente ed economicamente prevalente ma, acquistato il potere, assunse atteggiamenti autoritari e conservatori nei confronti delle richieste che provenivano dalle classi più povere; La diffusione del lavoro in fabbrica e l’aumento del numero degli operai portarono alla nascita di una nuova classe sociale, il proletariato, che entrò in conflitto con la borghesia rivendicando una maggiore giustizia sociale; Molti paesi europei avviarono un processo di neocolonialismo, cioè di conquista di altri continenti al fine di sfruttarne le risorse materiali e umane e, nello stesso tempo, di trovare nuovi sbocchi commerciali per i propri prodotti industriali.

L’Italia dopo l’unificazione si trovò di fronte molti problemi: Il divario economico tra Nord e Sud; Un enorme debito pubblico; L’analfabetismo; La divisione linguistica e culturale; Gli strumenti adottati per affrontare tali problemi ebbero esiti contraddittori: la tassa sul macinato sanò il bilancio ma rese più aspre le condizioni dei contadini; Il servizio militare obbligatorio privò molte famiglie di forza-lavoro (la rabbia popolare dei contadini meridionali fu alla base del brigantaggio)

Le ideologie La nascita del Socialismo La fiducia nella scienza

La nascita del Socialismo Karl Marx, filosofo tedesco (1818-1883), sosteneva che, per fondare una società in cui tutti fossero uguali, i mezzi di produzione dovevano appartenere a chi lavora e produce, cioè agli operai. A Marx si ispirarono i partiti socialisti, che nacquero in tutti i paesi europei con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle classi operaie Karl Marx

La fiducia nella scienza Intorno alla metà dell’Ottocento si diffuse un nuovo modo di pensare, il Positivismo, che riprendeva alcuni aspetti dell’Illuminismo, come la fiducia nella scienza e nella tecnica, grazie alle quali la società avrebbe conosciuto un costante progresso sociale, economico e culturale. La diffusione del Positivismo fu accompagnata da alcune importanti scoperte in campo scientifico. Tra esse particolare rilievo ebbe la teoria evoluzionista di Charles Darwin che, sulla base di osservazioni sistematiche degli ambienti naturali, dimostrò che gli essere viventi sono soggetti ad un processo di evoluzione determinato da fattori ereditari e ambientali.

La letteratura Il Naturalismo Il Verismo

Il pensiero positivista sollecitò l’attenzione di alcuni scrittori francesi. E. Zola (1840-1902) elaborò la teoria del romanzo sperimentale: egli sosteneva che anche la letteratura poteva contribuire al progresso sociale e culturale. Compito degli scrittori era rappresentare la realtà delle classi sociali in modo scientifico, cioè oggettivo e distaccato, mostrandone la povertà, le lotte, i disagi e le contraddizioni: tali opere avrebbero offerto agli studiosi e ai governanti gli strumenti per capire i problemi della società, migliorando la vita di tutti.

Sulla base della teoria di Zola, nacque in Francia una nuova scuola letteraria: il NATURALISMO TRAMA: TECNICHE NARRATIVE: Gli scrittori naturalisti preferirono trame ambientate nel presente e personaggi rappresentati nella dura quotidiana lotta per la sopravvivenza, come minatori, donne di malaffare, operai e disoccupati. Lunghe e minuziose descrizioni di ambienti e paesaggi; L’uso frequente del dialogo; Un linguaggio popolare e spesso gergale; Il narratore esterno, che non interviene nella narrazione con commenti e giudizi ma si limita a riferire ciò che accade. Emile Zola

La scuola letteraria del Verismo sorse in Italia intorno al 1880 La scuola letteraria del Verismo sorse in Italia intorno al 1880. Essa venne influenzata dal Naturalismo francese, ma presentava molti aspetti originali che riflettevano i problemi della nostra penisola all’indomani dell’Unità. Le caratteristiche del Verismo erano le seguenti: Forme narrative preferite: romanzo e novella; L’interesse per i ceti umili che, nello specifico caso italiano erano le plebi contadine (e non gli operai, come accadeva invece nelle esperienze francesi); La rappresentazione oggettiva delle reali condizioni di vita delle masse, ma senza alcuna fiducia nel Progresso; anzi, per molti esponenti del Verismo il progresso industriale e tecnico avrebbe peggiorato la vita, già grama, dei poveri; Il regionalismo, cioè l’attenzione per le tradizioni e i problemi delle piccole realtà locali. Tecniche narrative: L’impersonalità dell’arte, cioè la rappresentazione della realtà senza alcun intervento, giudizio o commento da parte del narratore; L’utilizzo di un linguaggio colloquiale e vivo, misto a espressioni popolaresche e proverbiali; La sintassi semplice, essenziale, basata prevalentemente sulla coordinazione.

Giovanni verga Massimo esponente del Verismo, si occupò delle condizioni di vita e di lavoro delle plebi meridionali, cercando di rappresentarle secondo la concezione dell’impersonalità del narratore. Pur essendo privi di commenti e giudizi, i suoi scritti presentano una concezione del mondo profondamente pessimista, basata su tre considerazioni di fondo: la vita non è altro che una lunga catena di sopraffazioni dei più forti sui più deboli; l’ambiente sociale determina il carattere e le esperienze di ciascuno di noi; chi cerca di allontanarsi dal proprio ambiente, per ambizione di ricchezza o di potere, è fatalmente destinato a essere sconfitto e a perdere i propri valori e la propria dignità umana; Il progresso tecnico e industriale viene pagato con l’altissimo prezzo delle sofferenze e della miseria dei poveri, travolti da una “fiumana” di cui non riescono a sostenere la velocità e la forza.

Tra Catania, Firenze e Milano Nacque a Catania nel 1840 da un’agiata famiglia di proprietari terrieri. In gioventù sostenne gli ideali risorgimentali e dopo l’unità d’Italia si dedicò al giornalismo politico e alla letteratura, scrivendo romanzi di argomento storico - patriottico e sentimentale. Dal 1869 soggiornò a Firenze, conducendo vita mondana, e nel 1872 si trasferì a Milano, dove frequentò teatri e salotti, stringendo amicizia con artisti e intellettuali. In quegli anni pubblicò alcuni romanzi alla moda, in cui si narravano storie di amori travolgenti tra donne fatali e giovani appassionati, che gli diedero grande notorietà.

La “conversione” verista Nel 1874 Verga scrisse Nedda, una novella di ambientazione siciliana in cui si racconta la storia di una povera raccoglitrice di olive. Da quel momento in poi l’interesse di Verga si concentrò sulla misera esistenza condotta dai poveri della Sicilia, cui dedicò novelle, raccolte nei volumi Vita dei campi e Novelle rusticane e due romanzi. Nel 1893 fece ritorno a Catania, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1922.

Il “ciclo dei vinti” Verga progettò una serie di romanzi, cui diede il nome di “ciclo dei vinti”. In essi intendeva rappresentare le lotte e le sofferenze che rendono simili tutti gli uomini, indipendentemente dal loro ceto sociale. Secondo il progetto iniziale, il ciclo doveva raccogliere cinque romanzi che, prendendo avvio dalla storia di una famiglia di pescatori (I Malavoglia), avrebbero poi analizzato l’esistenza di un manovale arricchito (Mastro don Gesualdo) per poi passare ad altri personaggi: tutti personaggi “vinti” dalla loro stessa vita, che avevano inutilmente cercato di migliorare , mossi dall’ambizione o dall’avidità. Verga, però, non terminò il ciclo: si fermò dopo aver scritto i primi due romanzi.