Lesioni di diritto processuale civile pp. 8

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Lesioni di diritto processuale civile pp. 8 Anno accademico 2012/2013

L’eccezione E’ un elemento-contenuto dell’atto processuale che esercita colui che è destinatario di una domanda e quindi astrattamente sia il convenuto, sia un terzo, sia lo stesso attore, in relazione alle domande del convenuto o del terzo.

Rilevazione A differenza della domanda, il giudice può rilevare l’eccezione se essa non è riservata alla parte (art. 112 c.p.c.): es. la prescrizione, art. 2938 c.c. Nell’attività di rilevazione, il giudice non può ex ufficio allegare un fatto (divieto di scienza privata del giudice, art. 115, 2° comma c.p.c.). Per stimolare la relazione il fatto deve essere acquisito agli atti di causa da un’altra fonte (l’iniziativa di parte o di un terzo) potendo il giudice rilevarne solo gli effetti giuridici

Regime La regola generale è che tutte le eccezioni siano rilevabili anche d’ufficio; solo se riservate alla parte dal legislatore, sono riservate ad iniziativa diparte. A tale impostazione formalistica, la giurisprudenza ha aggiunto che ogni qualvolta l’eccezione coincide con un’eccezione riconvenzionale, nonostante la legge non riservi l’eccezione alla parte, questa è riservata alla parte. Si ha eccezione riconvenzionale quando un fatto può essere dedotto sia come fatto costitutivo di una domanda, sia come eccezione (es. eccezione di nullità del contratto; eccezione di annullamento del contratto; eccezione di inadempimento del contratto).

nozione L’eccezione consiste nell’allegazione di un fatto storico, al fine di rilevarne l’effetto di escludere l’esistenza del diritto che è oggetto della domanda (effetto negativo della eccezione).

segue come effetto estintivo (prescrizione, pagamento) - come effetto modificativo (novazione); - come effetto impeditivo (condizione sospensiva, termine).

distinzione dal fatto costitutivo, importanza ai fini dell’art. 2697 c distinzione dal fatto costitutivo, importanza ai fini dell’art. 2697 c.c. l’eccezione estintiva e modificativa e temporalmente successiva l’eccezione impeditiva è coeva al fatto costitutivo, ha rispetto a questo un rapporto tra eccezione e regola e la prova è più agevole al convenuto che all’attore (in caso contrario l’attore sarebbe onerato di una prova negativa)

La parità delle armi del convenuto L’eccezione è la tipica difesa del convenuto, ovvero di colui che subisce la domanda, ma l’ordinamento introduce la parità delle armi e consente non solo la difesa ma anche l’attacco del convenuto con la domanda riconvenzionale (art. 36 c.p.c.).

ambito della domanda riconvenzionale Se la domanda riconvenzionale resta nell’ambito della competenza del giudice adito, non vi è limite di connessione che ne consente la formulazione, può essere formulata una qualsiasi domanda

segue Se esubera la competenza del giudice adito è necessaria una connessione ex art.36 c.p.c. (anche debole, in questo caso per favorire la parità delle armi): - per titolo, ovvero per dipendenza o fatto esteriore; - per eccezione, perché origina da un’eccezione riconvenzionale - per oggetto ovvero per incompatibilità.

la domanda di compensazione Ancora applicativo della parità delle armi è lo speciale regime dell’eccezione di compensazione (rilevabile ad iniziativa di parte, ex art. 1242, 1° comma, c.c.): - se formulata come eccezione, produce l’estinzione per pari dimensione sul credito, ma non conduce ad un accertamento con efficacia di giudicato sul controcredito; - se formulata come domanda, produce anche tale accertamento con efficacia di giudicato.

operatività della eccezione Tale effetto della eccezione di compensazione può aversi solo (art. 1243 c.c.): - quando è legale, perché entrambi i crediti sono liquidi ed esigibili; - quando è giudiziale, perché non liquido ma facilmente liquidabile

trasformazione in domanda La trasformazione in domanda può dipendere dal convenuto (domanda riconvenzionale di compensazione), ma anche dall’attore: - il quale può reagire con una reconventio reconventionis, traendo come titolo della domanda l’eccezione; - il quale può reagire con una contestazione (ma in tal caso ex lege si trasforma in domanda, per evitare che in un successivo giudizio possa essere spesa la parte già consumata con l’eccezione)

effetti sulla competenza Se la trasformazione in domanda conduce ad un esubero verso il giudice adito,la causa viene trasferita al giudice superiore (art. 35 c.p.c.), salvo che sia di pronta soluzione la causa sul credito, in tal caso il giudice pronuncia condanna con riserva sulla eccezione di compensazione.

mera difesa c) La mera difesa Non provoca una modifica dell’oggetto del giudizio (tutela di un nuovo diritto, come la domanda), non provoca una modifica dei fatti rilevanti (come l’eccezione, che introduce un nuovo fatto), è semplicemente espressione di una contestazione sulla esistenza del fatto costitutivo o del fatto introdotto come eccezione.

nozione Coincide con una contestazione in fatto e la sua funzione è quella di indurre chi ha formulato la domanda o l’eccezione di adempiere all’onere di provare la esistenza del fatto che ne è fondamento (art. 115 c.p.c.).

la specificità In tale funzione deve essere contestazione specifica, poiché se generica è irrilevante (art. 115, 1° comma, c.p.c.) e la specificazione si ottiene mediante una diversa esplicita ricostruzione dei fatti, con l’allegazione anche di fatti secondari.

contestazione in diritto E’ invece sempre irrilevante la contestazione in diritto (sugli effetti giuridici dei fatti, che si assumono dalla applicazione della norma), poiché degli effetti giuridici conosce sempre d’ufficio il giudice (“iura novit curia”)

iniziativa Il giudice dipende dalla iniziativa delle parti in ordine alla contestazione specifica dei fatti, sulla base della quale soltanto egli ha il potere-dovere di “giudicare” intorno alla esistenza del fatto medesimo.

errore di fatto revocatorio Qualora il fatto non è specificamente contestato mediante una mera difesa diventa pacifico e il giudice deve rappresentarlo senza giudicare (diversità dei vizi: artt. 395, n. 4 e 360 n. 5 c.p.c.).

La prova d) La prova E’ la introduzione degli strumenti di conoscenza dei fatti attraverso i quali il giudice deve giudicare la loro esistenza, perché sono specificamente contestati; anche questa è attività che non altera il thema decidendum e il thema probandum.

Processi a diversa cognizione del fatto Nell’ambito del processo a cognizione piena, la parte, come il giudice, possono fare uso solo del decalogo di prove tipiche, a differenza dei processi sommari di cognizione (“sommarie informazioni”) ove sono ammesse prove atipiche.

iniziativa L’iniziativa è anche del giudice, nei casi previsti dalla legge, art. 115, 1° comma, c.p.c. (ipotesi sempre più frequenti: artt. 421, 2° comma e 281-ter c.p.c.)

Casi di rilievo d’ufficio ispezione (118), diversa disciplina per l’accesso nel luogo di lavoro (421, 3° comma); informazioni pa (213); giuramento suppletorio ed estimatorio; testimonianza de relato e confronto; testimonianza delle persone a cui si sono riferite le parti (rito monocratico)

rito lavoro Previsione ampia (421, 2° comma), ma da verificare in concreto, con possibilità di superare i limiti di ammissibilità fissati nel codice civile: - quelli di natura processuale (valore nella prova testimoniale o patto contrario); - non quello sostanziali (prova ad substantiam nella testimonianza; diritti disponibili nel giuramento e nella confessione). L’accentuazione dei poteri non eroga alla regola dell’onere della prova.

Difese in rito La parte deduce oltre a difese in merito anche difese in rito: - domanda di condanna alle spese; domanda di condanna ai danni per responsabilità processuale aggravata; domanda di applicazione di una misura coercitiva ex art. 614 - bis

Particolarità Non sono soggette, come le difese in merito, a preclusioni e decadenze, possono essere formulate anche per la prima volta alla udienza di precisazione delle conclusioni o in appello

Condanna alle spese. Il problema I costi del processo non devono andare a carico della parte che ha ragione, art, 24 Cost., quindi al termine della controversia, paga chi perde la causa.

Il principio di anticipazione Art. 90 La parte deve anticipare le spese per gli atti che compie o che chiede, oltre a quelle che gli sono imposte dalla legge

Le regole finali Al termine del processo il giudice deve regolare a carico di chi vanno le spese e i criteri che la legge detta devono fare i conti con l’art. 24 Cost.

Il principio di soccombenza Art. 91. Chi è soccombente paga le spese della causa, le anticipazioni (spese fiscali, di notifica, di copia), spese determinate forfettariamente dalla legge; gli onorari e i diritti (oggi genericamente le competenze). Spese della sentenza a margine dal cancelliere spese della notifica della sentenza, del titolo esecutivo e del precetto, dall’ufficiale giudiziario.

Il principio di compensazione art. 92: in caso di soccombenza reciproca; in caso di gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate in motivazione (l’evoluzione della giurisprudenza e della legge: “giusti motivi”) Compensazione totale o parziale delle spese.

La regola imposta dalla conciliazione Accoglimento della domanda in misura non superiore alla proposta conciliativa non accettata (art. 91 c.p.c.); rifiuto ingiustificato di accettare la proposta condanna alle spese giudiziali anche del vincitore.

I provvedimenti con condanna alle spese Non solo le sentenze, ma anche i provvedimenti conclusivi con altra forma idonei al giudicato o a chiudere una fase del processo (cautelare anticipatorio, rigetto nel cautelare conservativo, possessorio)

La responsabilità per danni provocati dal processo. Nozioni Il processo provoca danni, patrimoniali e personali. Necessità di sanzionare l’abuso degli atti del processo per liti temerarie o per la resistenza a liti manifestamente fondate

Il richiamo alle regole di responsabilità civile rilievo del dolo e della colpa grave del nesso di causalità con il danno attenuazione solo nella esistenza del danno e relativa prova. analogia con l’art. 2043 c.c.

I danni provocati dagli atti ordinari del processo art. 96,1 rigetto anche in rito istanza di parte mala fede (dolo) colpa grave danno liquidato d’ufficio

I danni provocati dagli atti con effetti dannosi maggiori Art. 96, 2 - rigetto nel merito; - atti potenzialmente più dannosi; - rilievo della colpa lieve (“senza la normale prudenza”) - danno liquidato d’ufficio

La responsabilità per danni oggettiva art. 96, 3° comma, iniziativa officiosa; condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore dell’altra parte

La forma-contenuto degli atti del giudice Dirige il processo: l’attività di direzione della udienza (art. 175 c.p.c.), fissazione e ordine di discussione (127 c.p.c.), termini (183,6 c.p.c.) ammissione e assunzione dei mezzi di prova (art. 188) e chiusura dell’istruttoria (art. 187 e 188 c.p.c.), con ordinanza e decreto; giudica sui fatti e sulle regole giuridiche applicabili, in via anticipatoria con ordinanza(186 – bis, ter, quater o 423 c.p.c.) e con pronunce finali idonee al giudicato, con sentenza (art. 279 c.p.c.), di rito o di merito.

il diverso intervento La fase di introduzione e trattazione è dominata dalla attività delle parti; La fase istruttoria e di giudizio è dominata dalla attività del giudice: Il giudice è protagonista dello snodo tra fase istruttoria e fase di giudizio, quando solo alternative (art. 187 c.p.c.)

Forme Sentenza (art. 132 c.p.c.); ordinanza (art. 134 c.p.c.); decreto (art. 135 c.p.c.). La tendenza di ricondurre le formalità della sentenza alle formalità dell’ordinanza: la sentenza a verbale (art. 281 – sexies); l’ordinanza a chiusura dell’istruttoria (art. 186 – quater); l’ordinanza sulla competenza (279, 1° comma c.p.c.); l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c.

Stabilità Le sentenze sono idonee al giudicato se non impugnate con i rimedi ordinari (art. 324 c.p.c.) e comunque producono immediati effetti esecutivi (art. 282 c.p.c.) Le ordinanze invece sono normalmente sempre modificabili e revocabili, quindi non raggiungono mai la stabilità del giudicato (art. 177, 1° e 2° comma c.p.c.), ad eccezione: delle ordinanze prese su accordo delle parti, dichiarate non impugnabili o per le quali è previsto uno speciale reclamo (esempio le ordinanze di estinzione nel rito collegiale). Questo vale anche per le ordinanze anticipatorie in corso di causa che sopravvivono tuttavia all’estinzione del processo (art. 186- bis e ter c.p.c.).