Le riserve Classe IV ITC
Il concetto di riserva e di autofinanziamento Parlando di destinazione dell’utile d’esercizio abbiamo visto che una parte di esso può essere risparmiata, alimentando in tal modo la formazione di una o più riserve. Le riserve costituiscono un risparmio di utili che potenzia il capitale proprio dell’impresa e, se non vengono utilizzate somme di denaro per ridurre i suoi debiti, potenzia anche il capitale complessivo di cui essa può disporre per le produzioni future. Se le riserve hanno per effetto di potenziare il capitale proprio dell’impresa, non è detto però che lo scopo della loro costituzione sia sempre quello di raggiungere tale effetto. Lo scopo di certe riserve, quelle occulte ad esempio, può essere diverso.
Il concetto di riserva e di autofinanziamento D’altra parte, il potenziamento del capitale proprio attraverso la costituzione di riserve può servire a raggiungere vari scopi particolari, quali il rinnovo di più costosi investimenti produttivi, l’ampliamento delle dimensioni aziendali, la riduzione di debiti, la salvaguardia dell’integrità del capitale contro possibili perdite, la stabilizzazione degli utili distribuiti. Poiché l’aumento del capitale proprio conseguente alla formazione di riserve si produce nell’ambito dell’economia dell’impresa, si parla anche di autofinanziamento dell’impresa. Questo termine indica il processo di risparmio, ovvero di reinvestimento di redditi che si attua nell’impresa attraverso la costituzione di riserve.
Il concetto di riserva e di autofinanziamento L’autofinanziamento costituisce l’unica fonte interna di finanziamento, la quale si distingue dalle fonti esterne di finanziamento dell’impresa, cioè dai finanziamenti da essa ottenuti ricorrendo vuoi al credito di banche, fornitori, clienti e risparmiatori, vuoi ad apporti di capitale proprio da parte dell’imprenditore o dei soci.
La natura astratta delle riserve Quando si afferma che le riserve costituiscono una delle forme di finanziamento dell’impresa, non si deve supporre che l’impresa venga ad avere a sua disposizione capitali liquidi (denaro o crediti di pronto e sicuro realizzo), corrispondenti all’ammontare delle riserve costituite. Tanto meno si deve supporre che determinate somme di denaro o altri beni (titoli) di valore corrispondente all’importo delle riserve siano distolti dagli investimenti caratteristici della produzione dell’impresa per essere conservati in qualche scrigno, in attesa di essere utilizzati. Riflettiamo un momento, non è difficile liberarsi da queste idee.
La natura astratta delle riserve Giova in primo luogo osservare che anche le forme di finanziamento esterno dell’impresa non consistono tutte nel mettere a disposizione capitali sotto forma monetaria o di crediti prontamente realizzabili. Si pensi agli apporti in natura di capitale proprio ed al credito di fornitura. Perciò il termine di finanziamento, in senso lato, denota una provvista di capitale, qualunque forma essa assuma. Ora, la costituzione di riserve, risolvendosi in un minor prelevamento del reddito conseguito, evita all’impresa un’uscita di denaro e consente ad essa di acquisire, più o meno durevolmente, una parte del maggior capitale corrispondente a quel reddito, di consolidare, dunque, un autofinanziamento già avutosi.
La natura astratta delle riserve Le riserve, dunque, il più delle volte non si materializzano in somme di denaro o in specifici beni del patrimonio dell’impresa, né all’atto della loro costituzione, né in un tempo successivo. Allo stesso modo del reddito da cui traggono origine e, più in generale, del patrimonio netto di cui fanno parte, esse costituiscono valori astratti, diffusi nei valori attivi che compongono il capitale dell’impresa. In effetti, se consideriamo un qualunque stato patrimoniale, sia l’importo di ogni singola riserva, sia il loro importo totale, sia l’utile d’esercizio, non corrispondono né ai valori delle attività liquide, né a quelli di altre specifiche attività.
Riserve proprie e improprie In senso proprio le riserve sono parti ideali di patrimonio netto. Esse scaturiscono dalla differenza tra il patrimonio netto e il valore nominale del capitale sociale. Esistono tuttavia delle riserve in senso improprio che non sono parti ideali di patrimonio netto. Esse sono istituite per far fronte a rischi specifici, legati a particolari operazioni o avvenimenti (ad esempio per far fronte a rischi per imposte). Si tratta di fondi alimentati da accantonamenti effettuati in sede di scritture di assestamento, prima della definizione del risultato economico d’esercizio. Sono quindi accantonamenti di utili lordi e i conti a essi intestati sono di natura finanziaria. La definizione di riserva è pertanto tecnicamente impropria.
Scopi delle riserve proprie Gli scopi assegnati alla costituzione delle riserve propriamente dette sono in primo luogo riconducibili: alla salvaguardia dell’integrità del capitale sociale dalle eventuali perdite d’esercizio; all’autofinanziamento. Tuttavia, in alcuni casi, nel rispetto dei vincoli imposti dalla legge, le riserve possono essere distribuite tra i soci a sostegno dei dividendi negli anni in cui la redditività conseguita dall’impresa non è ritenuta soddisfacente.
Accantonamento di quote di utili nelle riserve Copertura di perdita Riepilogando…. Accantonamento di quote di utili nelle riserve Copertura di perdita Autofinanziamento Sostegno dei dividendi
Classificazione delle riserve CRITERI CLASSIFICAZIONE Origine Riserve di utili, alimentate da utili conseguiti e non distribuiti. Riserve di capitale, costituite con versamenti dei soci a titolo di sopraprezzo, di conguaglio utili in corso o a seguito di versamenti in conto capitale. Riserve di rivalutazione, sorgono quando determinati beni dell’attivo vengono valutati a un prezzo superiore al costo e accolgono, in contropartita, detto maggior valore. Nella nostra legislazione , le rivalutazioni si distinguono in: rivalutazioni monetarie (consentite da specifiche leggi per adeguare i valori di alcune attività dopo periodi di elevata inflazione); rivalutazioni economiche (si effettuano in casi eccezionali quando, per fornire un’informazione veritiera e corretta, gli amministratori derogano alle norme di valutazione stabilite dal codice civile, dandone le opportune motivazioni nella Nota integrativa e iscrivono gli eventuali maggiori valori derivanti dalla deroga in una riserva non distribuibile).
Classificazione delle riserve CRITERI CLASSIFICAZIONE Investimento Riserve a investimento generico: in quanto parti ideali del patrimonio netto sono investite in “modo diffuso” nel complesso delle attività. Riserve a investimento specifico: in corrispondenza di particolari riserve, si possono identificare nell’attivo specifiche poste (ad esempio la riserva azioni proprie a cui corrispondono le azioni sociali in portafoglio). Indicazione in bilancio Riserve palesi: sono esplicitamente iscritte in bilancio tra le parti ideali del patrimonio netto e corrispondono alla differenza positiva tra il capitale proprio (esclusi gli utili e le perdite d’esercizio) e il capitale sociale risultante dalla situazione patrimoniale. Riserve occulte: non sono esposte in bilancio. Rappresentano una ricchezza nascosta che deriva da sottovalutazioni di attività e/o sopravvalutazioni di passività. Spesso derivano dal tentativo di occultare utili nei confronti di soggetti interessati al bilancio (soci di minoranza, uffici fiscali, personale dipendente, ecc.). In tal caso il bilancio, oltre a non risultare attendibile, non rispecchia il principio della neutralità né quello della rappresentazione veritiera e corretta.
Classificazione delle riserve CRITERI CLASSIFICAZIONE Possibilità di utilizzo Riserve disponibili: sono riserve non obbligatorie che possono essere liberamente utilizzate portandole in aumento del capitale sociale. È una riserva disponibile per esempio la riserva soprapprezzo azioni, a condizione che la riserva legale abbia raggiunto il 20% del capitale sociale. Riserve distribuibili: sono le riserve liberamente utilizzabili per erogare utili o dividendi ai soci. È per esempio distribuibile la riserva straordinaria, purchè in bilancio non siano presenti costi d’impianto e di ampliamento, di ricerca, sviluppo e pubblicità non ancora ammortizzati. Riserve indisponibili: sono vincolate dalla legge o dallo statuto (come per esempio la riserva legale e quella statutaria). Non possono essere liberamente utilizzate, se non a determinate condizioni e per gli scopi per i quali sono state costituite (per esempio la riserva azioni proprie è indisponibile fino a quando le azioni sociali permangono nel portafoglio dell’impresa).
Bibliografia Astolfi, Rascioni & Ricci “Entriamo in azienda 2 Forme e strutture aziendali” Tomo 1 Edizione Tramontana 2007. Albezzano G. “Le riserve” appunti di economia aziendale 1996
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