1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica L'evoluzione del bacino Arno - Tiberino Prof. Roberto Fondi, Docente di Paleontologia del Quaternario presso l'Università di Siena
L'evoluzione del bacino Arno - Tiberino 1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica L'evoluzione del bacino Arno - Tiberino Il compito che mi è stato assegnato è quello di inquadrare geologicamente l’evoluzione del bacino Arno – Tiberino, di modo che il Dr. Porcellotti possa poi analizzare l’evoluzione dal punto di vista dell’ittiofauna. Vorrei iniziare introducendo il concetto di tempo profondo, esso vige oggi tra i geologi e che è confrontabile con quello di spazio profondo degli astronomi. La frazione di tempo che c’interessa, che riguarda la storia naturale del territorio qui in Toscana o dell’Italia Centrale, è qualcosa di veramente infinitesimale rispetto alla durata della nostra Terra. La Terra inizia 4 miliardi e 700 milioni di anni fa, mentre lo spazio di tempo che ci interessa risale soltanto agli ultimi 3 milioni di anni, quindi si tratta dell’ultima fettina della parte più alta degli strati di roccia che potrebbe essere spessa decine e decine di chilometri, la parte più alta che si chiama Fanerozoico è la parte più studiata dai geologi perché è la più ricca di resti fossili visibili, infatti tutto il resto della storia della terra è documentato da rocce in cui i resti fossili sono di microrganismi per cui possono essere osservati soltanto al microscopio.
L'evoluzione del bacino Arno – Tiberino 2 1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica L'evoluzione del bacino Arno – Tiberino 2 L’ultima fetta del Fanerozoico si chiama Era Cenozoica. Una sintesi schematica della storia geologica della Toscana inizia nella prima delle tre Ere dell’ultima fetta della storia della Terra, alla fine del Carbonifero Permiano, poi lungo tutta la zona tirrenica c’è stato un abbassamento del fondo marino, quindi c’è stato un accumularsi di strati sempre più spesso, dovuto a questa subsidenza, fino ad arrivare a circa 3000 metri di spessore. Poi verso la fine del Cenozoico, che è l’era in cui viviamo, c’è stato un sollevamento abbastanza brusco, avvenuto nel Miocene. Il Cenozoico è stato diviso in tre periodi o tre sistemi se parliamo di pacchi di roccia, il Paleogene, il Neogene e il Quaternario. Quello che a noi interessa è una fetta del Pliocene che iniziò circa 5 milioni di anni fa, fino ad oggi. Infine abbiamo il Pliocene, il Pleistocene e l’Olocene, Pleistocene e Olocene designano il Quaternario. Oggi la stratigrafia è diventata molto raffinata, si può fare minuta sulla base sia dei fossili marini soprattutto microrganismi planctonici marini, sia dei mammiferi piccoli e grandi. Le ultime tre fasi della storia della terra si chiamano Miocene, Pliocene e Pleistocene, in queste tre tappe della storia della Terra i continenti avevano già assunto la configurazione più o meno attuale con alcune differenze; per esempio all’inizio, nel Miocene, si formò il mar Mediterraneo, prima di questo c’era un grande oceano che trasversalmente partiva dall’Australia, dall’India, attraversava la penisola Arabica e quello che è l’attuale Mediterraneo e poi si spingeva attraverso l’Atlantico, fino al Pacifico. Questo grande unico oceano nel Miocene venne ad interrompersi dando vita al mar Mediterraneo. La parte settentrionale era come un golfo spinto verso oriente, che poi piano piano andò prosciugandosi dando origine al Mar Caspio, il Mar Nero, e quindi i mari orientali mentre la parte meridionale diventò l’attuale Mediterraneo. Notiamo che nel Miocene le due Americhe erano staccate dal mare mentre durante il Pliocene ci fu la connessione dell’istmo di Panama con scambi di faune tra un continente e l’altro.
L'evoluzione del bacino Arno – Tiberino 3 1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica L'evoluzione del bacino Arno – Tiberino 3 Nel Pleistocene (siamo già nel quaternario) si formarono grandi calotte glaciali per le quali ancora oggi non esiste una spiegazione della loro formazione, ma si formarono in maniera ripetuta alternandosi a periodi interglaciali più caldi. L’estensione della calotta di ghiaccio nei momenti di massima espansione arrivava a coprire praticamente tutto il Canada fino al confine degli Stati Uniti, mentre nell’Eurasia copriva quasi tutta l’Europa settentrionale e parte della Siberia. Durante le espansioni glaciali, che cominciarono a farsi sentire qui in Europa 800 mila anni fa, nei momenti interglaciali c’era una foresta di tipo temperato, mentre quelle a conifere erano confinate soltanto nell’Europa del nord. L’Europa centrale, fra il grande ghiacciaio settentrionale e quello alpino, era caratterizzata dalla tundra, quindi non c’erano alberi mentre il sud era popolato da foreste di alberi nani anche se non si può parlare di foreste vere e proprie ed è più corretto parlare di tundra parco. Per capire com’è cambiato l’habitat biologico in questo periodo bisogna fissare tre date. Tutta l’era Cenozoica è stata caratterizzata da un cambiamento climatico graduale in senso freddo. Questo è stato determinato dal fatto che il continente antartico dopo aver girovagato per centinaia di milioni di anni, andò a situarsi dove ora c’è il polo sud, e quindi si congelò. Da quel momento il clima è cambiato, il cambiamento è avvenuto in maniera graduale però ci sono state tre grandi punte di freddo, una tre milioni di anni fa all’inizio del pliocene medio, una due milioni e mezzo di anni fa e un’altra 800 mila di anni fa. Questo tratto di tempo che va da tre milioni a otto mila anni fa, è chiamato dai paleontologi dei mammiferi Villafranchiano, in questo tratto di tempo c’è sto un cambiamento della fauna, da fauna di tipo terziario cioè Cenozoico arcaico, alla fauna di tipo moderno. Parallelamente anche le piante subirono dei cambiamenti, poco prima di tre milioni di anni fa l’intera Europea era popolata da foreste sia di conifere che di caducifoglie che arrivavano fino al mare. Queste foreste erano caratterizzate da Sequoie, dal Cipressi di palude, che crescono proprio in zone paludose tanto è vero che le radici presentano quelle specie di pneumatofori ossia radici che vanno a cercare aria come nelle foreste di Mangrovie, e poi altre piante come ad esempio il Cedro, la Zuga, e altre piante conosciute come piante esotiche come l’Iriodendron, il Liquidambar, che produce una specie di resina usata in cosmetica, il Cinnamomo, l’Albero della canfora e un albero della gomma, le Magnolie, il Noce, l’Ippocastano, il Platano; tutte queste piante erano diffuse in tutta Europa e quindi anche in Italia. Potete quindi immaginarvi l’ambiente dell’Italia Centrale poco prima di tre milioni d’anni fa con questo tipo di foreste, tutte piante che noi conosciamo come non originarie dell’Europa.
L'evoluzione del bacino Arno – Tiberino 4 1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica L'evoluzione del bacino Arno – Tiberino 4 In queste foreste esistevano determinati animali e in particolare c’erano dei proboscidati molto caratteristici, come il Mastodonte di Borson e il Mastodonte dell’Alvernia. Assomigliavano ai nostri elefanti, ma erano più tozzi, più bassi, più lunghi in senso antero-posteriore e presentavano dei denti a tubercoli oppure a creste taglienti e quindi adatti a masticare vegetali, tenere foglie o germogli, adattati ad un ambiente forestale umido come quello che abbiamo prima descritto. Dopo tre milioni d’anni fa, soprattutto dopo due milioni e mezzo d’anni fa, ci fu un cambiamento climatico in senso freddo, quindi cominciò ad estendersi la prateria in Europa, c’erano sempre meno alberi e entrarono emigranti asiatici come i primi veri e propri Elefanti; il Mammut meridionale è il più antico, di cui sono stati rinvenuti resti fossili anche qua nei laghi della zona dell’aretino e del fiorentino, un altro esemplare è stato rinvenuto a Farneta da Don Felici e alcuni di questi scheletri si trovano nel museo di Paleontologia di Firenze. Il Tapiro, attualmente è un mammifero che vive nelle foreste della Malesia e dell’America meridionale, nell’Amazzonia, in quel tempo viveva anche in Europa però dopo due milioni e mezzo d’anni fa andò in estinzione. Il Rinoceronte Etrusco, che è durato più a lungo, fino a circa 800 mila anni fa e forse anche dopo. C’erano all’inizio degli Equidi, delle specie di cavalli con tre dita, gli Ipparion, e poi c’erano i veri e propri Equidi, vale a dire Cavalli con un solo dito e il più antico fu la Zebra di Stenone che venne dall’Asia e popolò tutta l’Europa Occidentale. Poi una serie d’Antilopi, il Cinghiale di Strozzi, carnivori come il Ghepardo, la Iena, felini dai denti a sciabola, il Megantereo e l’Omotereo; tutti questi animali hanno caratterizzato il Villafranchiano.
L'evoluzione del bacino Arno – Tiberino 5 1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica L'evoluzione del bacino Arno – Tiberino 5 Nel frattempo sempre nel Villafranchiano si era rinnovata anche la flora nei periodi temperati c’era una foresta simile a quella attuale, c’erano conifere con il Tasso, il Peccio, l’Abete, il Ginepro, e poi foreste caducifoglie con Querce, Faggi, Castagni, Olmi, Ontani, Carpini, Noccioli, Tigli, Pioppi, Aceri, Frassini. La flora quindi era già di tipo moderno, anche se i mammiferi erano forme che richiamano il terziario. Negli interglaciali particolarmente caldi c’era l’Alloro, il Bosso, l’Agrifoglio e l’Edera. Nei momenti che preludevano i glaciali invece la foresta diventava a base di Betulle Salici, Pini e Larici, ambienti tipici che preludono alla tundra. Quindi il Villafranchiano va da tre milioni di anni fa fino a 800 mila anni fa. Da 800 mila anni fa fino ad oggi abbiamo il Pleistocene medio e il Pleistocene superiore. Nel Pleistocene medio entra la fauna di tipo moderno, i Mammiferi di tipo attuale come Lupi, Volpi, Orsi, sono le forme che popolano ancora oggi il continente, insieme ad alcune specie che sono andate in estinzione. Una di queste è il Mammut lanoso, caratteristico perché nei molari aveva lamelle di smalto al posto di tubercoli o creste, quindi una specie di macine adatte a triturare l’erba e non più foglie, queste lamelle diventano sempre più fitte mano a mano che il clima peggiora. Altro tipo di Elefante che popola i momenti interglaciali successivi è l’Elefante antico, che nelle isole ha dato anche origine a forme nane (in Sicilia nelle isole dell’Egeo ecc.). Nel Pliocene quando il clima era un po’ più caldo, il livello del mare era più alto per lo scioglimento dei ghiacciai. All’inizio del Pleistocene l’Italia si presentava con questi bacini interni, qui ci sono due fattori, da una parte l’innalzamento dell’Appennino, dall’altra i fenomeni di oscillamento del livello marino dovuti agli scioglimenti dei ghiacciai. Nei momenti di massima espansione glaciale il livello del mare si abbassava notevolmente. L’innalzamento dell’Appennino è avvenuto con delle fratture sia in senso Nord-Ovest Sud-Est sia in senso trasversale, che hanno dato origine a degli alti e bassi strutturali, gli alti sono diventati dei rilievi e i bassi sono diventati dei bacini che si sono riempiti o di acqua marina o di acqua dolce quelli più interni. Si formarono una trentina di questi bacini lungo l’Appennino che stava emergendo. Quelli che a noi interessano dell’Italia centrale sono i bacini lacustri principali. Il più immenso di tutti era il lago tiberino con questa strana forma a Y rovesciata. Nei sedimenti lacustri del Valdarno ci sono per lo meno quattro formazioni la più antica è il Gruppo di Castelnuovo dei Sabbioni. All’origine si formò un piccolo lago in cui sono stati rinvenuti resti di Sequoia, di Liquidambar, di Lidodendron e poi il Mastodonte di Borson, il Mastodonte dell’Alvernia (quindi siamo nella parte bassa del Villafranchiano), poi il lago si è interrato perchè i fiumi che vi sfociavano lo hanno colmato, poi i movimenti dell’Appennino lo hanno inclinato di nuovo, si è formato un bacino più grande, che rappresenta la parte più consistente dei sedimenti del Valdarno, il Gruppo di Montevarchi. In queste argille sabbiose sono stati rinvenuti molti animali tipici del Villafranchiano tra questi la Zebra di Stesone, il Cinghiale di Strozzi, l’Eucladocero, il Mammut meridionale ecc. Nella parte bassa del Valdarno i sedimenti sono più recenti e quindi ci sono animali di tipo moderno come il Cavallo, il Bue selvatico, il Cervo, il Mammut lanoso.
L'evoluzione del bacino Arno – Tiberino 6 1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica L'evoluzione del bacino Arno – Tiberino 6 La Valdichiana presenta sedimenti analoghi al Valdarno, però non ci sono sedimenti più antichi, cioè ci sono sedimenti che risalgono al Villafranchiano tipico, in più ci sono anche altri animali come l’Ippopotamo. Il bacino tiberino che partiva con il ramo verticale che arrivava fino a Perugia poi si divideva in due parti, una andava verso Spoleto e una andava verso Todi e questa era anche la più profonda, raggiungeva circa 1500 metri di profondità. In questo bacino ci sono sedimenti più antichi con le Sequoie e il Mastodonte di Borson e sedimenti che invece risalgono alla fine del Villafranchiano a Pietrafitta. In tutti questi bacini ci sono sempre dei livelli di lignite contenenti Mammiferi. Nella località di Dunarobba, vicino Vigliano Umbro, c’è addirittura una straordinaria foresta di Sequoie che risale sempre alla fine del Villafranchiano, con tronchi anche di un metro e mezzo di diametro piantati in posizione naturale, alti anche fino ad otto metri di altezza. Si tratta di un nucleo particolarmente favorevole perché le Sequoie avrebbero in questo periodo già dovuto estinguersi, però in tale zona hanno trovato probabilmente un clima favorevole rispetto a tutto il resto d’Europa.