Pagine del Memoriale in cui Laura parla della sua permanenza a Gruaro

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Pagine del Memoriale in cui Laura parla della sua permanenza a Gruaro (Trieste, archivio privato Teresa Vivante)

A Gruaro A Gruaro, nella campagna veneta, Laura trascorre con i genitori tre mesi (dall’11 settembre all’11 dicembre 1943) in una casa di contadini. Quotidianamente Laura percorre 14 km in bicicletta per presentarsi con i documenti alla caserma dei carabinieri di Portogruaro; la famiglia gode tuttavia ancora di una certa libertà. L’11 dicembre i Geiringer vengono arrestati e trasferiti nel carcere di Portogruaro, poi in quello di Venezia, infine nel ghetto (si veda anche I.R.Pellegrini, Storie di ebrei. Transiti, asilo e deportazioni nel Veneto orientale, Nuova Dimensione, Portogruaro 2001) Veduta di Gruaro Scrive Laura: A Gruaro siamo stati tre mesi, abbastanza bene. Papà e mamma sistemati in una stanza in una casa di contadini, dove, nei giorni di pioggia, dovevano mettere secchi e catini nei punti strategici e mettere l'ombrello aperto sul letto; io in una altra stanza in una casa vicina. Ho imparato in questi tre mesi a fare la brava massaia; la vita era molto a buon mercato in confronto con la città. Si facevano belle passeggiate, eravamo calmi e tranquilli ed anche papà rifioriva…

(Trieste, archivio privato Teresa Vivante) Pagine del Memoriale in cui Laura parla del carcere e del ghetto di Venezia (Trieste, archivio privato Teresa Vivante)

La casa di riposo nel ghetto nuovo di Venezia In ghetto! Per quei giorni il vitto era buono: caffè al mattino, mezzo chilo di pane e minestra, poi, prelevando dal deposito di denaro fatto, si poteva prendere quello che si voleva e c'era la levatrice che al mattino veniva a fare la nota dei desideri. Funzionava pure una biblioteca. Una sera la carceriera viene a dire a tutte di prepararsi che si sarebbe uscite di là; "Radio Babe" informa che si sarebbe stati raccolti alla Casa di Ricovero Ebraica di Venezia. In ghetto! Tutte si è pronte prestissimo e si attende per delle [ore.] Nel ghetto di Venezia la famiglia Geiringer rimane per un paio di settimane fino al 31 dicembre 1943, data del trasferimento nel campo di Fossoli. La casa di riposo nel ghetto nuovo di Venezia

Il campo di Fossoli Il campo di concentramento di Fossoli, nei pressi di Carpi (Mo),fu utilizzato inizialmente come tendopoli per radunare prigionieri di guerra inglesi e americani. Alla fine del 1943 con l’avvento della Repubblica di Salò, furono costruite parti in muratura, e Fossoli divenne campo di concentramento per ebrei e detenuti politici. Agli inizi del 1944 la gestione del campo passò in mano alle SS,che trovarono comoda la sua posizione strategica per fare partire i convogli verso i lager della Germania.

Reticolati e baracche del campo di Fossoli

Le pagine del Memoriale in cui Laura parla di Fossoli e di Primo Levi

Con Primo Levi [Si stava organizzando una filodrammatica: naturalmente si sarebbe dovuto dare "Addio giovinezza". Poi tutto è andato in niente. L'avv. Levi ci ha raccontato la trama di un suo] dramma "La Razza", che esprimeva molto bene la tragedia razziale. Ci tenne pure delle conferenze sulla storia della letteratura italiana, veramente ben fatte. Il dott. De Benedetti di Torino dà lezioni di francese e ne approfitto. Con un ingegnere austriaco, con il quale papà fa amicizia, parlo il tedesco. Soltanto i primi giorni Claudio sta con noi, poi preferisce andare in una cameretta con degli altri ragazzi da uno dei quali, Primo Levi di Torino, riceve in regalo un paio di uose bianche. Allora, dopo l'allontanamento di Claudio, nella nostra stanza da quattro letti ne facciamo tre, tutti [ad un piano.]

Nel campo di Fossoli Laura rimane con la famiglia dal 1°gennaio al 22 febbraio 1944. Qui conosce lo scrittore Primo Levi, che della permanenza nel campo scrive in Se questo è un uomo: “Il giorno 20 febbraio i tedeschi avevano ispezionato il campo con cura, avevano fatto pubbliche e vivaci rimostranze al commissario italiano per la difettosa organizzazione del servizio cucina e per lo scarso quantitativo di legna distribuita per il riscaldamento; avevano perfino detto che presto un’infermeria avrebbe dovuto entrare in efficienza. Ma il mattino del 21 si seppe che l’indomani gli ebrei sarebbero partiti. Tutti: nessuna eccezione. Anche bambini, anche i vecchi, anche i malati. Per dove non si sapeva […] Le madri vegliarono a preparare con dolce cura il cibo per il viaggio, e lavarono i bambini, e fecero i bagagli, e all’alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare; e non dimenticarono le fasce, e i giocattoli, e i cuscini, e le cento piccole cose che esse ben sanno, e di cui i bambini hanno in ogni caso bisogno. Non fareste anche voi altrettanto? Se dovessero uccidervi domani col vostro bambino, voi non gli dareste oggi da mangiare?” (P.Levi, Se questo è un uomo, Torino, Einaudi, 2005, pp.12-13)