Genova, 25 settembre 2015 Paolo Giudici

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Prezzi predatori e vendite sottocosto: il problema della concorrenza di prezzo Genova, 25 settembre 2015 Paolo Giudici Professore ordinario di diritto dell‘economia Facoltà di Economics & Management Free University of Bozen-Bolzano paolo.giudici@unibz.it paolo.giudici@mgmp-avvocati.com Il risarcimento del danno anticoncorrenziale: principi, regole e strumenti, Genova 25 settembre 2015

Il tema La vendita sottocosto della disciplina della concorrenza sleale I prezzi predatori della disciplina antitrust

La vendita sottocosto La vendita sottocosto illecita del diritto concorrenza sleale = prezzi predatori antitrust «Gli effettivi ribassi di prezzo non possono di per sé considerarsi forme di concorrenza sleale, perché nella spinta a ridurre i prezzi verso il livello del costo, si ripone uno dei maggiori vantaggi della concorrenza. La questione può quindi prospettarsi solo per i ribassi sotto costo, e solo quando … siano determinati dallo scopo tipico del dumping: eliminare dal mercato i concorrenti per poi rifarsi con compensativi rialzi» (Greco, Corso di diritto commerciale, 1948, 257).

Dai prezzi predatori all’antidumping alla vendita sottocosto con fine monopolistico La figura infatti è arrivata dagli Stati Uniti, con le legislazioni di guerra e la disciplina antidumping, che nasce con tratti antitrust. Gli americani la presentano come una fattispecie di “unfair competition” e così viene assorbita nell’Europa del dopoguerra.

Ma vi è una notevole pressione a creare “norme” anticoncorrenziali: la dottrina Una dottrina (Mangini, 1962) afferma l’illiceità per sé della vendita sottocosto. Altra dottrina afferma “l’economicità della gestione come principio di correttezza” (Floridia, 1989, ma è l’epoca delle imprese pubbliche “dissipatrici”).

Altra dottrina e la presunzione di illiceità della vendita sottocosto Altra dottrina propone di comparare gli effetti positivi sul ribassista e negativi sui rivali (Mansani, 1990). La (sistematica) vendita a prezzi più bassi di qualsiasi altro sul mercato diventa atto di concorrenza sleale presunto: es. App. Roma, 30 marzo 2009, Foro it., 2009, I, 2809.

La disciplina regolamentare delle vendite sottocosto Dpr 6 aprile 2001, n. 218, che si applica al tema della distribuzione commerciale nei mercati retail, riduce il contenzioso nella materia distributiva Il tema rimane dunque applicabile nei settori all’ingrosso e della produzione, ma non è un’area dove si registrano casi significativi

Cass. 21.1.2006, n. 1636: ritorno alle origini Cass., 26.1.2006, n. 1636 chiude la vicenda dei giornali panino e abbandona la confusione sulle teorie “non antimonopolistiche” in tema di vendita sottocosto: “Nell'ultimo motivo di ricorso si denuncia nuovamente la violazione dell'art. 2598 c.c., n. 3, ma sotto un profilo diverso: quello del dumping (interno), ossia della vendita sottocosto del proprio periodico che la R.C.S. avrebbe attuato al fine di espellere i concorrenti dal mercato”.

Cass. 21.1.2006, n. 1636 I limiti entro i quali un tal comportamento è legittimo finiscono per identificarsi, perciò, unicamente con quelli che il legislatore europeo, prima, e quello nazionale, poi, hanno posto alla libertà d'impresa al fine di garantire appunto la funzionalità del mercato e di tutelare l'interesse dei consumatori. In tanto, allora, si potrà sostenere che la fissazione di prezzi più o meno bassi è atto di concorrenza sleale, in un determinato mercato o in un settore rilevante di esso, in quanto essa contrasti con le regole cui s'è appena fatto cenno, e segnatamente con il divieto di abuso di posizione dominante desumibile dall'art. 82 (ex 86) del Trattato istitutivo dell'Unione europea e dalla L. n. 287 del 1990, art. 3.

Cass. 21.1.2006, n. 1636 In altre parole, la vendita sottocosto (o comunque a prezzi non immediatamente remunerativi) appare contraria ai doveri di correttezza evocati dall'art. 2598 c.c., n. 3, solo se a porla in essere sia un'impresa che muove da una posizione di dominio e che, in tal modo, frapponga barriere all'ingresso di altri concorrenti sul mercato o comunque indebitamente abusi di quella sua posizione non avendo alcun interesse a praticare simili prezzi se non, appunto, quello di eliminare i propri concorrenti per poter poi rialzare i prezzi approfittando della situazione di monopolio così venutasi a determinare (si veda, in tal senso, Corte di Giustizia 3 luglio 1991, n. 62, in causa C 62-86).

I prezzi predatori del diritto antitrust La fattispecie: riduzione dei prezzi, eliminazione dei concorrenti, monopolio, risalita dei prezzi e sfruttamento della posizione monopolistica. Esiste davvero? Nessuno conosce un caso in cui ciò sia veramente avvenuto in questi termini.

Areeda Turner, Harvard Law Review, 1975 Criterio di identificazione: non è predatorio prezzo superiore al costo marginale di produzione Il costo marginale è difficile da calcolare: riferimento al costo variabile medio Preselezione dei casi con il “recoupment test”, analisi volta a verificare se davvero il mercato è monopolizzabile

Costi incrementali, costi evitabili … Ricerca di altre misure di costo Adozione di criteri anche di natura strategica e comportamentale (Bolton – Brodley – Riordan, 2000), ma supportati da analisi prezzo-costi Pericolo della “predatory pricing strategic litigation” (per spaventare rivali più efficienti) Negli Stati Uniti i tribunali adottano il recoupment test e tendono a rigettare le azioni

I prezzi predatori in Europa (art. 102 FUE) L’art. 102 (ex 82, ex 86 CEE) parla di prezzi non equi, non di prezzi predatori. Ma l’abuso di posizione dominante in Europa si rivolge prevalentemente contro l’abuso escludente (contro i concorrenti) non quello di sfruttamento (contro i consumatori) … … ed è più “intuizionistico” di quello americano.

Orientamento della Commissione COMMISSIONE CE, Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’art. 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volti all’esclusione di concorrenti, Bruxelles, 9.2.2009 – C(2009) 864

La Corte di Giustizia: no recoupment test Non si applica il recoupment test, cioé non occorre la monopolizzazione successiva: Corte Giust. CE, sez. V, 14 novembre 1996, C-333/94, Tetra Pak International SA; Corte Giust. CE, sez. I, 2 aprile 2009, C-202/07, France Télécom; Corte Giust. UE, sez. I, 17 febbraio 2011, C-52/09, Telia Sonera.

La Corte di Giustizia: sì al raffronto prezzi costi Riferimento ai costi variabili medi (AT): Corte Giust. CE, 3 luglio 1991, C-62/86, Akzo Chemie BV; Corte Giust., 14 novembre 1996, C-333/94, Tetra Pak; Corte Giust. CE, France Tèlécom, cit.; o anche ad altre misure di costo, quali i costi incrementali: Corte Giust. UE, Grande Sez., 27 marzo 2012, C-209/10, Post Danmark.

Es. Corte Giust. UE, Grande Sez Es. Corte Giust. UE, Grande Sez., 27 marzo 2012, C-209/10, Post Danmark L’articolo 82 CE dev’essere interpretato nel senso che non si può ritenere che una politica di prezzi bassi applicati nei confronti di determinati importanti ex clienti di un concorrente da parte di un’impresa che detiene una posizione dominante configuri un abuso diretto all’esclusione di un concorrente per il solo fatto che il prezzo applicato da tale impresa ad uno di detti clienti si situa ad un livello inferiore ai costi totali medi attribuiti all’attività interessata, ma al di sopra dei costi incrementali medi relativi alla medesima, come stimati nel procedimento all’origine del procedimento principale. Al fine di valutare se sussistano effetti anticoncorrenziali in circostanze come quelle di cui al detto procedimento, occorre esaminare se tale politica di prezzi porti, senza giustificazione obiettiva, all’esclusione effettiva o probabile di tale concorrente, a danno della concorrenza e pertanto degli interessi dei consumatori.

Costi fissi Costi variabili Costo marginale Costi evitabili Costi costi costi Non si può dunque frequentare questa materia senza capire le differenze tra: Costi fissi Costi variabili Costo marginale Costi evitabili Costo incrementale

Sintesi Sono non predatori i prezzi che coprono i costi incrementali di lungo periodo Sotto i costi evitabili o incrementali di breve periodo, presunzione di illiceità, che l’impresa può vincere in modo molto ampio Nel mezzo, analisi caso per caso.

Confusione sull’onere della prova Il tema dell’onere della prova è un po’ confuso. In Italia il TAR Lazio lo ha posto rigorosamente a carico dell’AGCM: T.A.R. Lazio, sez. I, 25 giugno 2012, n. 5769

Quattro concezioni del diritto antitrust Tutela della concorrenza = tutela dei concorrenti NO Tutela dei concorrenti quando vi siano imperferzioni del mercato valutate caso per caso (Europa) Tutela del concorrente ugualmente efficiente che rischia di uscire (USA) Non intervenire mai, è troppo complicato distinguere concorrenza escludente da concorrenza sana (Scuola Chicago).

I rimedi Rimedio inibitorio Rimedio invalidativo? Art. 122 c.p.a. non estendibile analogicamente Contratto contrario a norme imperative (di ordine pubblico economico)? Illiceità causa in concreto? Area pericolosa, stare alla larga! Rimedio risarcitorio: i problemi e le contraddizioni

Problemi e contraddizioni Per es., gli amministratori dell’impresa “predatrice” rispondono ex art. 2395 c.c.? Per me assolutamente NO, hanno agito nell’interesse di quell’impresa, risponde l’impresa non loro personalmente. Contraddizioni: i rischi nel calcolo del risarcimento del danno subito dal concorrente “predato”.