Mattòth – Massè Nella Parashà di Mattòth è narrato che le tribù di Reuvèn e di Gad, insieme a parte di quella di Menashè, hanno chiesto di potersi stabilire.

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Mattòth – Massè Nella Parashà di Mattòth è narrato che le tribù di Reuvèn e di Gad, insieme a parte di quella di Menashè, hanno chiesto di potersi stabilire ad est del Giordano, impegnandosi ad aiutare le altre tribù a conquistare i territori ad ovest del Giordano. Nel ribadire tale irrinunciabile condizione, essi si dichiarano disposti a fungere da avanguardia, in quanto liberi dallonere di occuparsi delle loro donne, dei bambini e degli anziani, con le parole noi passeremo (il Giordano) sciolti, nàchnu naavòr chalutzìm. Rileva il Bàal Ha-Turìm che la parola nàchnu anziché il termine più comune anàchnu compare tre volte in tutto il Ta.Nà.Kh.: oltreché in questo contesto, compare in Be- reshìth, quando i figli di Giacobbe, al cospetto del viceré dEgitto, si proclamano figli di un genitore comune, e nelle Lamentazioni di Geremia (la Meghillà di Ekhà), quando il profeta dichiara che la sciagura della distruzione è causata dai nostri peccati (nàchnu fashànu u-marìnu, noi siamo stati peccatori e ribelli). Cè da domandarsi quale filo logico colleghi questi tre testi, nei quali compare la stessa particolarità linguistica. Cè chi ha voluto vedere in questi testi il percorso che dobbiamo seguire per recuperare un rapporto di vicinanza con Ha-Qadòsh Barùkh Hu. Linizio del percorso nasce dalla nostra volontà di fare passi in avanti, di essere liberi, sciolti nel nostro percorso, come indicherebbe il testo della nostra Parashà. Per ottenere questo, occorre essere consapevoli dei nostri errori, riconoscere che noi siamo stati peccatori e ribelli. Tuttavia questo non basta: solo se, oltre a ciò, avremo la consapevolezza della nostra necessità di unità, di riconoscere che noi siamo figli di un Padre unico riusciremo a raggiungere la nostra meta comune. Rav Elia Richetti Regola 4 A.E mi sembra anche che sia permesso riferire al Rabbino il cattivo comportamento di una persona, nel caso di un individuo abituato ripetere le sue malefatte, perfino qualora il suo rabbino non fosse particolarmente discreto, e può essere che la cosa sarà risaputa a causa sua. Ma (daltra parte) è un uomo il cui rimprovero può convincere il peccatore a non ripetere il suo peccato, allora può darsi che sia permesso rivelarlo (a questo rabbino), poiché lintenzione di chi lo rivela è di aiutare il peccatore e non di biasimarlo. E ora torniamo al caso di cui sopra: perfino se lo hanno visto in due commettere il peccato, ed è un individuo abituato a ripetere le sue malefatte, ciononostante è permesso parlarne solo coi giudici della città e non con altri; di fatto, noi labbiamo visto trasgredire una sola volta, e forse si è laciato sopraffare dal suo Yètzer e ha poi fatto Teshuvà, sospirando amaramente a causa di questo (errore). Pertanto il peccatore non è ancora escluso dalla categoria prossimo tuo a causa di ciò. B. (Liberamente tratto da Le leggi della maldicenza del Chafètz Chaìm, 2007)

settimanale no. 220 A cura dellUfficio Rabbinico di Venezia La Parashà della settimana: Mattòth – Massè Acc. lumi ore: Uscita ore: AVVENIMENTI DELLA SETTIMANA Mercoledì: 1° Av (22 luglio 2009) Rosh Chòdesh Menachèm Av; Tefillàth Shachrìth alle in sinagoga Levantina. 26 Tamùz Luglio 2009 Rav Avrahàm Porto Morto nel 1593, fu Rabbino di Mantova. Scrisse lo Ammudè Ha-Golà, tuttora manoscritto. Simchà Porto Nipote di Avrahàm Porto, studiò a Venezia sotto la guida di Rav Samuel Yehudà Katzenellenbogen elavorò a Venezia come correttore di bozze fino al Nel 1602 si trasferì a Prossnitz in Moravia, dove pubblicò il Kol Simchà (1603), unopera in versi sulle regole dello Shabbàth, e si trasferì successivamente a Vienna. Rav Menachèm Tziyòn Immanuèl Porto Morto intorno al 1600, fu Rabbino e matematico. Era nato a Trieste, ma operò come Rabbino a Padova, dove scrisse numerosi saggi di matematica ed astronomia in italiano, ed uno in ebraico, intitolato Ovèr la-Sochèr (Venezia 1627). Zekharyà Porto Morto nel 1672, aveva vissuto a Urbino, a Roma ed a Firenze. Oltre alle sue molteplici attività filantropiche, scrisse Asàf Ha-Mazkìr, un repertorio di detti e leggende del Talmud, pubblicato a Venezia nel בס"ד תורת היום