Potere sostitutivo: le origini Sent. 142/1972 trasferimento delegazione …ogni distribuzione dei poteri di applicazione delle norme comunitarie che si effettui a favore di enti minori diversi dallo Stato contraente (che assume la responsabilità del buon adempimento di fronte alla Comunità) presuppone il possesso da parte del medesimo degli strumenti idonei a realizzare tale adempimento anche di fronte all'inerzia della Regione che fosse investita della competenza dell'attuazione. Strumenti di tal genere fanno difetto nel nostro ordinamento, e ad essi non potrebbe supplirsi con il potere di indirizzo di cui all'articolo 17 della legge di delegazione poiché alla inottemperanza ad esso non si potrebbe in alcun modo porre riparo, non riuscendo allo Stato sostituirsi nell'esercizio della competenza una volta effettuato il suo trasferimento. Pertanto, fino a quando tale situazione non venga modificata con il ricorso alle forme a ciò necessarie, il solo mezzo utilizzabile per fare concorrere le Regioni all'attuazione dei regolamenti comunitari è quello della delegazione di poteri in materia di strutture agrarie, che appunto offre il rimedio della sostituibilità del delegante in caso di inadempimento del delegato.
Sent. 182/1976 Il Governo, al quale è consentito di ricorrere, nelle competenti sedi, contro leggi e provvedimenti regionali illegittimi per violazione delle direttive comunitarie, sarebbe completamente disarmato di fronte all'inerzia amministrativa delle Regioni, ove non gli fosse riconosciuto il potere-dovere di intervenire in via sostitutiva, che la legge gli ha espressamente riservato nell'atto stesso in cui attribuiva alle Regioni le funzioni amministrative di attuazione delle direttive C.E.E Il legislatore ha regolato questo potere sostitutivo con opportune ed idonee garanzie: esso è infatti previsto con espresso ed esclusivo riferimento alle attività di attuazione delle direttive comunitarie; è ammesso solo nel caso di persistente inadempimento degli organi regionali, ossia non di semplice inosservanza dei termini stabiliti dalla legge stessa, ma di inattività protratta oltre ogni ragionevole limite, qualificabile come inadempimento; deve essere autorizzato dal Consiglio dei ministri, dopo aver sentito il presidente della giunta regionale interessata, al quale è pertanto consentito di fornire ogni eventuale giustificazione ed assicurazione. Le ricorrenti prospettano la possibilità che l'intervento governativo possa verificarsi anche successivamente alla emanazione delle norme attuative e procedurali di loro competenza: ma è ovvio che il Ministro per l'agricoltura, nel disporre il compimento degli atti in questione, dovrà rispettare la normativa regionale legittimamente in vigore, osservando anche, nei limiti del possibile, le disposizioni di carattere procedurale.
Sent. 36/1995: La ricorrente contesta che, nella specie, fosse maturata una "persistente inattività" degli organi regionali tale da giustificare l'esercizio del potere sostitutivo e, a questo fine, richiama le diverse azioni svolte dalla Regione, a partire dal 1986, in funzione dell'adempimento dell'obbligo di approvazione di una pianificazione paesistica. Senonché tali attività o non sono approdate a risultati conclusivi… o hanno investito soltanto aree limitate del territorio regionale… In ogni caso si è trattato di attività che non sono state in grado di superare il fatto oggettivo dell'assenza di un piano paesistico relativo all'intero territorio regionale a più di sette anni di distanza dalla scadenza del termine fissato dal la legge. La persistenza dell'inattività viene, dunque, in questo caso, a derivare non solo dal comportamento inadeguato tenuto dal soggetto obbligato, ma anche dall'assenza del risultato che la legge imponeva di perseguire e che di fatto - nonostante il tempo trascorso - non è stato realizzato. Né, su questo piano, può assumere rilievo il fatto che il ritardo nello svolgimento dell'attività richiesta dalla legge sia derivato anche dal sequestro degli elaborati di piano disposto dal giudice penale: a parte il rilievo che il sequestro è intervenuto soltanto nel 1993, resta il fatto che tale elemento, se può concorrere a spiegare, non può certo giustificare il ritardo nell'adempimento in cui sono incorsi gli organi regionali. E questo tanto più ove si consideri che la stessa Regione, dopo il rigetto dell'istanza di dissequestro rivolta al giudice penale ed in risposta alla prima diffida … forniva allo stesso Ministero "formale assicurazione" che i piani paesistici della Regione Campania sarebbero stati approvati entro sei mesi dalla data di adozione della delibera della Giunta regionale n del 16 novembre 1993 D'altro canto, neppure può essere ragionevolmente contestata allo Stato una violazione del principio di leale cooperazione, nei termini in cui lo stesso è stato ripetutamente richiamato, anche con riferimento al settore in esame, nella giurisprudenza di questa Corte… In proposito basti solo accennare ai ripetuti solleciti… nonché al fatto che la Regione è stata per due volte diffidata all'adempimento...