PDF per i nucleoni all’interno dei nuclei
2 Esperimenti di scattering Gli esperimenti basati sulla misura di sezioni d’urto differenziali (d /d ) in scattering di particelle su nuclei e nucleoni sono finalizzati allo studio di: Forma e dimensione dei nuclei e dei nucleoni Estratti da misure di scattering elastico Struttura dei nuclei e loro stati eccitati Estratti da misure di scattering inelastico Struttura interna dei nucleoni (liberi e all’interno di nuclei) Estratti da misure di deep-inselatic scattering (DIS) Proiettili utilizzati: Inizialmente particelle 1911: esperimento di Rutherford, Geiger e Marsden e scoperta del nucleo atomico Le particelle sono oggetti estesi, quindi la sezione d’urto riflette non solo la struttura del nucleo bersaglio, ma anche quella del proiettile Le particelle per distanze di massimo avvicinamento proiettile-bersaglio < m sono soggette (oltre alla forza coulombiana) anche a forze nucleari che sono complesse e non ben capite dal punto di vista teorico Elettroni (e muoni) Sono oggetti puntiformi, privi di struttura interna L’interazione con i nuclei o i nucleoni avviene per scambio di un fotone virtuale, processo che può essere calcolato accuratamente in QED Neutroni Sonde neutre, informazione complementare a quella degli elettroni: sondano la distribuzione di materia e non quella di carica
3 Scattering inelastico Nel caso di scattering inelastico il bersaglio frammenta in uno stato X di massa W > M Con: L'energia E’ e l'angolo dell'elettrone nello stato finale sono variabili indipendenti Nel caso in cui il bersaglio è a riposo:
4 Deep Inelastic Scattering (DIS) Il quadrimpulso trasferito Q 2 e l’energia trasferita sono variabili indipendenti Si possono definire diverse regioni nel piano Q 2 - 2M : Limite di scattering elastico Eccitazione di stati risonanti del nucleone con massa M R Continuo della diffusione inelastica: Regione del deep-inelastic scattering
5 Bjorken scaling Nel 1967 Bjorken dimostrò che nella regione di DIS (Q 2 >>M 2 e >>M), le funzioni di struttura (=termini della sezione d’urto inelastica analoghi ai fattori di forma G E e G M delle collisioni elastiche) hanno, per Q 2 ∞ e ∞, limiti finiti che non dipendono da Q 2 e separatamente, ma solo dal loro rapporto adimensionale x La variabile x (invariante di Lorentz) e’ una misura del grado di inelasticità del processo Per processi elastici si ha Q 2 =2M e quindi x=1 Bjorken scaling: le funzioni che descrivono la struttura del nucleone non dipendono da variabili che hanno dimensioni fisiche non dipendono dal quadri-impulso trasferito Q 2 e dalle dimensioni del nucleone c’e’ invarianza di scala come nel caso della diffusione elastica Ad alto Q 2 l’elettrone “vede” i costituenti puntiformi del nucleone (i partoni) e avviene una somma incoerente di scattering elastici di elettroni su costituenti puntiformi (partoni) del nucleone
6 Interpretazione del Bjorken scaling In un sistema di riferimento in cui il nucleone bersaglio ha impulso elevato (|P|>>M) e quindi si può trascurare la massa dei partoni e il loro moto relativo all’interno del nucleone: L'interazione inelastica con quadri-impulso trasferito Q e energia trasferita è il risultato dell’ interazione elastica con un partone che ha una frazione x dell’impulso P del nucleone Se introduciamo la variabile x i che rappresenta la frazione di impulso del nucleone portata dal partone che partecipa allo scattering elastico, x i risulta coincidere con la variabile di scaling x: La sezione d’urto inelastica si può riscrivere come: dove F 2 (x)/x rappresenta la funzione di distribuzione dei partoni nel nucleone (Parton Distribution Function, PDF)
Rottura del Bjorken scaling (1) Alla fine degli anni ‘70 esperimenti effettuati al Cern e a DESY hanno mostrato che ad alti valori di Q 2 e bassi valori di x apparivano delle deviazioni dal Bjorken scaling F 2 =F(Q 2,x) F 2 cresce con Q 2 a basso x F 2 diminuisce al crescere di Q 2 ad alto x Questa violazione non è dovuta a una dimensione finita dei partoni, ma ai processi di QCD che descrivono l’interazione tra i costituenti dei nucleoni 7
8 Rottura del Bjorken scaling (2)
9 Rottura del Bjorken scaling (3) La violazione dello scaling è dovuta al fatto che i quark irradiano gluoni che si possono “materializzare” come coppie qq bar (quark del mare) Al crescere di Q 2 aumenta la risoluzione della probe (~ħ/ Q 2 ) e quindi aumenta il numero di partoni che sono “visti” portare una frazione x del momento del protone
10 Le PDF sono la densità di probabilità di trovare un partone con una certa frazione x del momento del protone in un processo con impulso trasferito Q 2 Sono legate alle funzioni di struttura F 1 e F 2 del protone dalle relazioni: la sommatoria è fatta sui diversi tipi di partoni di carica z i f i sono le PDF per il partone di tipo i da queste si ricava la relazione di Gross-Callan F 2 (x,Q 2 )=2xF 1 (x,Q 2 ) Nel caso in cui il protone sia composto da particelle di Dirac (i quark/partoni) puntiformi le funzioni di struttura (e le PDF) dovrebbero essere funzione solo di x e non dipendere da Q 2 (Bjorken scaling) Parton Distribution Functions
11 Parton Distribution Functions Basso x, dominano i quark del mare e i gluoni Alto x, dominano i quark di valenza
12 La radiazione dei gluoni produce l’evoluzione delle funzioni di struttura e delle PDF con Q 2 Le PDF dipendono dalla scala = Q 2 di momento trasferito. La QCD non permette di calcolare la forma delle PDF, che vengono estratte da misure di Deep Inelastic Scattering a una certa scala Q 0 2 Si usano le equazioni DGLAP come le PDF evolvono dalla scala Q 0 2 a un’altra scala Q 2 Q 0 2 deve essere abbastanza grande ( S piccolo) per utilizzare un approccio perturbativo Evoluzione delle PDF con Q 2 up =1 GeV up =2.5 GeV up =10 GeV gluon =1 GeV gluon =2.5 GeV gluon =10 GeV
13 Fino agli anni ‘80 gli effetti nucleari sul deep inelastic scattering erano considerati trascurabili Il nucleo era considerato come una collezione di nucleoni praticamente liberi e si pensava che le distribuzioni dei partoni non fossero sensibili all’ ”ambiente nucleare”. E quindi ci si aspettava: Deep-Inelastic Scattering su nuclei Unico effetto nucleare atteso dovuto al moto di Fermi La variabile x e’ determinata sperimentalmente assumendo che i nucleoni siano stazionari all’interno del nucleo I nucleoni non sono stazionari nel nucleo, ma si muovono con un momento medio p F. Per bersagli nucleari la funzione di struttura misurata sperimentalmente è una convoluzione della F 2 per il nucleone con la distribuzione dei momenti dei nucleoni all’interno del nucleo f N (z): dove z è la frazione di momento del nucleo portata dal nucleone e moltiplicata per A (z=AP N /P A )
EMC effect (1982) Nel 1982 la collaborazione EMC, con l’esperimento NA2 al Cern ha misurato il rapporto tra le funzioni di struttura di nuclei di Fe e di nuclei di Deuterio Esperimento di DIS con fascio di muoni da 280 GeV Regione cinematica coperta: 0.05<x<0.65 e 9<Q 2 <170 GeV 2 NOTA: il range di Q 2 è diverso per ogni valore di x Marcato disaccordo con la previsione teorica! Evidenza che i quark sono influenzati dall’ “ambiente nucleare” e lo sono in modo dipendente da x Le funzioni di struttura per nucleoni legati nel nucleo risultano ridotte per x>0.3, effetto noto come EMC effect 14
Misure sperimentali (1) Dopo il risultato di EMC, molti altri esperimenti hanno misurato effetti nucleari sulla struttura dei quark attraverso misure di DIS su nuclei Le quantità misurate sono: I rapporti delle funzioni di struttura F 2 : I rapporti delle sezioni d’urto: I due rapporti sono equivalenti Le misure sono state effettuate usando diversi nuclei bersagli e rapportando le misure a quelle ottenute con il deuterio Il deuterio è scelto per rappresentare la funzione di struttura di un nucleone libero I nuclei scelti sono preferibilmente isoscalari, o comunque viene applicata una correzione per la non-isoscalarità ISOSCALARE= nucleo con uguale numero di neutroni e protoni (Z=N=A/2) 15
A A Misure sperimentali (2) Informazioni complementari sono ottenute da misure di: Produzione inelastica di mesoni J/ in deep inelastic scattering La produzione di coppie c-cbar avviene principalmente per fusione del fotone virtuale con un gluone del bersaglio La sezione d’urto di produzione di J/ è quindi sensibile alla distribuzione dei gluoni nel nucleone Produzione di coppie di muoni con meccanismo di Drell-Yan Il porcesso avviene per annichilazione di un quark del proiettile con un antiquark (del mare) del bersaglio La produzione di Drell-Yan è sensibile alla distribuzione degli anti-quark nel nucleone 16
Risultati sperimentali: EMC effect (1) SLAC E139: misura di sezioni d’urto in DIS con: Fasci di elettroni con energie tra 8 e 24.5 GeV Bersagli: deuterio più 8 nuclei con A compreso tra 4 e 197 Regione cinematica: 0.09<x<0.9 e 2<Q 2 <15 GeV 2 L’effetto di modifica nucleare ha la stessa forma per tutti i nuclei, ma quantitativamente varia con A 17
Risultati sperimentali: EMC effect (2) Dipendenza dal numero atomico A L’effetto di modifica delle funzioni di struttura nei nuclei a x=0.6 (cioè nella regione dove si vede un minimo) scala con il logaritmo del numero di massa A L’effetto EMC cresce al crescere del raggio del nucleo Dipendenza dalla densità del nucleo è la densità nucleare (nucleoni/fm 3 ) ottenuta assumendo una sfera unforme con bordi sharp e il raggio stimato dai fattori di forma del nucleo in scattering elastici 18 x=0.6
Risultati sperimentali: EMC effect (3) Nuclei leggeri Comportamento anomalo del 9 Be Clustering in 2 particelle a e un neutrone La maggior parte dei nucleoni del Be sono in un ambiente ad alta densità -> effetto EMC più pronunciato 19
Risultati sperimentali: EMC effect (4) La dipendenza da Q 2 è piccola Un cambiamento della risoluzione della “probe” non influisce significativamente sulla “size” dell’effetto osservato sulle distribuzioni dei partoni 20
Risultati sperimentali: basso x (1) NMC: misura di funzioni di struttura in DIS con: Fasci di muoni da 200 GeV Bersagli: 4 He, C and Ca (isoscalari) Regione cinematica: <x<0.65 e 0.5<Q 2 <90 GeV 2 21 Si osserva una modifica delle funzioni di struttura (= distribuzioni dei partoni) nei nuclei anche a valori bassi di x (x<0.05) Per x<0.05 le sezioni d’urto e le funzioni di struttura nei nuclei risultano ridotte (“depletion”), questo effetto va sotto il nome di nuclear shadowing L’effetto di shadowing aumenta all’aumentare del numero di massa A Studi con nuclei di 6 Li (r=2.6 fm, =0.04 fm -3 ), 12 C (r=2.5 fm, =0.09 fm -3 ) e 40 Ca (r=3.5 fm, =0.11 fm -3 ) hanno mostrato che lo shadowing aumenta sia con il raggio che con la densità
Risultati sperimentali: basso x (2) E772: misura di di-muoni Drell Yan: Fascio di protoni da 800 GeV Bersagli: Ca, Fe and W Regione cinematica: 0.003<x< GeV 2 E665: misura di sezioni d’urto in DIS con: Fasci di muoni da 490 GeV Bersaglio: 131 Xe Regione cinematica: <x< <Q 2 <60 GeV 2 22
23 Le densità dei partoni per i nucleoni all’interno di un nucleo sono diverse da quelle nei nucleoni liberi L’effetto misurato da diversi esperimenti ha una forte dipendenza da x I nucleoni “sentono” la presenza dell’”ambiente” nucleare in cui sono immersi con un’intesità che dipende da x Sommario (1) shadowing anti-shadowing EMC effect Fermi motion
24 Shadowing (R A F2 <1 per x< ): Lo shadowing aumenta al decrescere di x Lo shadowing aumenta al crescere nel numero di massa A del nucleo Lo shadowing diminuisce (leggermente) al crescere di Q 2 Antishadowing (R A F2 >1 per <x< ) EMC effect (R A F2 <1 per <x<0.8) Riduzione della distribuzione dei quark di valenza nei nuclei con minimo per x≈0.6 L’EMC effect aumenta con il numero di massa A (come lnA) Fermi motion (R A F2 >1 per x>0.8) Sommario (2) Regione dove dominano i quark del mare e i gluoni Regione dove dominano i quark di valenza
Modelli teorici Due classi generali di modelli: Modelli fenomenologici che cercano di spiegare l’origine fisica dell’EMC effect e dello shadowing a partire dalla fisica nucleare e/o dalla QCD Soprattutto lo shadowing è in questo senso un importante banco di prova perché fornisce un test dell’applicazione della QCD a un fenomeno accessibile sperimentalmente Modelli che studiano l’evoluzione con Q 2 dei rapporti delle PDF attaverso le equazioni DGLAP a partire da una parametrizzazione dei valori misurati a una scala Q 0 2 Di grande utilità pratica perché forniscono la possibilità di calcolare le PDF nucleari da usare in calcoli teorici per la produzione di particelle di alto momento o contenenti heavy flavours in collisioni che coinvolgono i nuclei. 25
EMC: modelli fenomenologici Modelli fenomenologici per l’EMC effect: Modelli basati su x-rescaling Modelli basati su Q 2 -rescaling 26
EMC: x- rescaling (1) x-rescaling: L’idea di base di questi modelli è che ci sia uno shift della frazione x di momento portata dai quark di valenza La distribuzione in x è spostata a valori più bassi nei nuclei rispetto al caso di nucleoni liberi (softening) Questo dà origine a un rapporto R A (x) con la forma osservata sperimentalmente nel range 0.2<x<0.8 27
EMC: x-rescaling (2) Modelli basati su x-rescaling: L’idea di base di questi modelli è che ci sia uno shift della frazione x di momento portata dai quark di valenza Diversi modelli fenomenologici per spiegare l’origine di questo shift Pion models: La forza nucleare tra i nucleoni crea un eccesso di pioni virtuali nel nucleo che riducono la frazione di momento x portata dai quark di valenza Binding Models: Il potenziale nucleare attrattivo riduce la massa effettiva dei nucleoni e causa uno shift in x (x=Q 2 /2M ) 28
EMC: x-rescaling, binding models L’energia di un nucleone all’interno di un nucleo è: dove V è il potenziale nucleare attrattivo (<0) in cui si muove il nucleone Inperpretato come una massa effettiva del nucleone M eff =M+V<M modifica di x (=Q 2 /2M ) : con: dove è l’energia di separazione di un nucleone dal nucleo Quindi: PUNTO CRITICO: i valori di necessari per riprodurre i dati sperimentali sono troppo grandi (≈50 MeV) 29
EMC: x-rescaling, pion models Assunzione: l’interazione tra nucleoni all’interno dei nuclei provoca un aumento del campo di pioni rispetto a nucleoni liberi Il fotone virtuale può interagire non solo con i quark dei nucleoni, ma anche con quelli dei pioni La x a cui sono effettivamente i pioni e’ x =x*M nucleone /M Deve essere 0 < x < 1 0 < x < M /M nucleone ≈0.15 per cui F 2 e la sezione d’urto aumentano per x<≈0.15 Nella regione x > 0.15: siccome i pioni prendono una frazione del momento del nucleo: i nucleoni sono più lenti e i loro quark di valenza hanno momento (e x) piu’ basso Per descivere i dati sperimentali nel caso dell’Al si devono assumere 0.09 extra-pioni per nucleone che portano una frazione ≈ 0.05 del momento del nucleo Nel caso dell’Au i numeri diventano 0.11 pioni per nucleone e ≈ 0.06 PUNTO CRITICO: l’eccesso di pioni comporta un eccesso di anti-quark che mette il modello in disaccordo con le misure di Drell-Yan 30
EMC: Q 2 -rescaling (1) Il punto di partenza è l’osservazione che: con >1 Assunzione: la dimensione della regione in cui sono confinati i quark in un nucleone all’interno di un nucleo ( A ) è maggiore che in un nucleone libero ( N ): Aumento della dimensione della regione di confinamento dei quarks e quindi del raggio dei nucleoni all’interno del nucleo. Questo causa una riduzione del momento di Fermi dei quark di valenza e quindi della larghezza della loro distribuzione in momento Questo dà origine a un rapporto R A (x) con la forma osservata sperimentalmente nel range 0.3<x<0.8 31
EMC: Q 2 -rescaling (2) Il punto di partenza è l’osservazione che: con >1 Assunzione: la dimensione della regione in cui sono confinati i quark in un nucleone all’interno di un nucleo ( A ) è maggiore che in un nucleone libero ( N ): In termini di QCD questo implica che il fattore di scala (=1/ è diverso per nucleoni legati e liberi Il valore effettivo di Q 2 (cioe Q 2 / ) per nucleoni legati deve essere riscalato a valori più alti per essere confrontato con quello per un nucleone libero Ragioni fisiche per l’aumento del raggio di confinamento: Overlap di nucleoni Formazione di clusters di nucleoni 32
EMC: Cluster models Congettura: all’interno del nucleo si formano gruppi di nucleoni i cui quark di valenza sono liberi di muoversi su volumi maggiori Due nucleoni separati da una distanza <2R formano un cluster di 6 quark. Se c’è un altro nucleone a distanza < 2R, si ha un cluster di 9 quark… Modello basato su una frazione g cl di particelle nel nucleo Per riprodurre i dati sperimentali deve essere g cl =10% Spiega la dipendenza da A in base alla maggiore probabilità di formare cluster in nuclei più grossi 33
Shadowing: modelli fenomenologici Modelli fenomenologici per lo shadowing: Modelli basati sulla fluttuazione del fotone virtuale in una sovrapposizione di stati adronici con i numeri quantici del fotone, cioe’ mesoni vettore (GVMD, Generalized Vector Meson Dominance) I mesoni vettori interagiscono con sezioni d’urto adroniche con il nucleo e vengono assorbiti dai nucleoni sulla superficie del nucleo. I nucleoni interni risultano oscurati (“shadowed”) da quelli sulla superficie e qundi la sezione d’urto per nucleone risulta ridotta rispetto a quella di un nucleone libero Modelli partonici in cui lo shadowing è attribuito a uno svuotamento di partoni nella regione di basso x In un sistema di riferimento in cui il nucleo si muove ad alta velocità, i partoni a basso x sono diffusi su una grande distanza longitudinale Partoni appartenenti a nucleoni diversi possono sovrapporsi, interagire e fondersi Riduzione delle densità di partoni a basso x (shadowing) e aumento a x più alto (anti-shadowing) 34
Shadowing: GVMD models (1) Il meccanismo fisico è: Fluttuazione del fotone virtuale in uno stato adronico con i numeri quantici del fotone (J PC =1 -- ), cioe’ un mesone vettore Multiple-scattering = sequenza di scattering con i nucleoni singoli Dai calcoli degli shift di fase si ricava un termine di interferenza distruttiva che riduce la sezione d’urto per nucleone e dà origine allo shadowing Condizioni : La differenza di energia tra il fotone virtuale e il mesone vettore è La fluttuazione adronica si estende su una distanza (coherence length) Considerando il libero cammino medio l VM =1/( VM n 0 ), si ha shadowing se: Per un dato valore di Q 2, lo shadowing diminuisce al crescere di x 35 X r~1/Q d~2 /(Q 2 +M VM 2 ) 1/Mx
Shadowing: GVMD models (2) Diversi modelli che differiscono nel modo di calcolare la sezione d’urto *N: VMD: includono solo i mesoni vettori con massa minore ( , e ) GVMD: includono anche i mesoni vettori più pesanti Diagonal models: non considerano interferenza tra i diversi stati di mesone vettore Off-diagonal: considerano questa interferenza 36
Shadowing: partonic models (1) In un sistema di riferimento in cui il momento del nucleo è grande: Un partone che porta una frazione x del momento P del nucleone è localizzato longitudinalmente in una regione z~1/xP I nucleoni nel nucleo sono separati da una distanza: Quando z N < z, partoni appartenenti a diversi nucleoni si sovrappongono: Questo avviene quando: Quando z diventa maggiore del diametro del nucleo Lorentz-contratto i partoni di tutti i nucleoni alla stessa coordinata trasversa si sovrappongono e possono interagire e fondersi Questo avviene quando: Riduzione della densità di partoni a basso x Per conservare la frazione di momento portata dai partoni, lo svuotamento a basso x provoca un aumento della densità di partoni a x più alto Spiegazione naturale per shadowing e antishadowing 37
Shadowing: partonic models (2) Il modello riproduce il valore x N a cui gli effetti di shadowing e antishadowing entrano in gioco Più complicato è calcolare la dipendenza degli effetti nucleari in funzione di x. I modelli fenomenologici calcolano la dipendenza da x a partire dalle sezioni d’urto per i processi partonici di QCD coinvolti Radiazione di gluoni, fuzione di gluoni, conversione di gluoni in coppie q-qbar, gluon splitting… Accoppiato con i modelli di Q 2 -rescaling per la regione EMC 38
Modelli teorici Due classi generali di modelli: Modelli fenomenologici che cercano di spiegare l’origine fisica dell’EMC effect e dello shadowing a partire dalla fisica nucleare e/o dalla QCD Soprattutto lo shadowing è in questo senso un importante banco di prova perché fornisce un test dell’applicazione della QCD a un fenomeno accessibile sperimentalmente Modelli che studiano l’evoluzione con Q 2 dei rapporti delle PDF attaverso le equazioni DGLAP a partire da una parametrizzazione dei valori misurati a una scala Q 0 2 Di grande utilità pratica perché forniscono la possibilità di calcolare le PDF nucleari da usare in calcoli teorici per la produzione di particelle di alto momento o contenenti heavy flavours in collisioni che coinvolgono i nuclei. 39
DGLAP evolution (1) Si parte da una parametrizzazione dei rapporti: valutato a una scala Q 0 2 =1-2 GeV 2 f i A (x,Q 2 ) sono le parton distribution functions Q 0 2 deve essere abbastanza alto da consentire un calcolo perturbativo Si applicano le equazioni (perturbative) DGLAP per calcolare il rapporto R i A a valori più alti di Q 2. Diversi approcci che differiscono per la forma funzionale delle parametrizzazione alla scala Q 0 2, il valore di Q 0 2, i set di dati sperimentali usati, l’ordine (LO o NLO) dell’evoluzione DGLAP … 40
DGLAP evolution (2) Confronto con i dati (NMC) per uno dei modelli (EPS09) Confronto tra diversi modelli 41
Sommario Molti modelli fenomenologici Manca una descrizione unitaria Modelli con diversi parametri liberi ottimizzati sui dati Riproducono ragionevolmente bene i dati osservati, ma hanno scarso potere predittivo, quindi sono difficili da “falsificare” 42 GVMD partonic pions and binding Q 2 rescaling
Appendice: scattering, deep-inelastic scattering, PDF
Scattering elastico
45 Cinematica Le particelle dello stato finale sono le stesse dello stato iniziale. Il nucleo (nucleone) bersaglio resta nel suo stato fondamentale variando solo la sua energia cinetica. Si parte dalla conservazione del quadrimpulso: Da cui: Ad alte energie si può tracurare m e e si può approssimare E≈pc
46 Variabili cinematiche (I) Torniamo sulla cinematica dello scattering elastico per introdurre tre nuove variabili cinematiche: Definiamo il quadrimpulso trasferito come: con La conservazione del quadrimpulso diventa quindi: Introducendo Q 2 =-q 2 si ha:
47 Variabili cinematiche (II) Quadrimpulso trasferito: Da cui: Se si trascura m e e si approssima E≈pc: Che si può ricavare anche da una semplice visualizzazione geometrica Quindi:
48 Scattering elastico Caratteristiche dello scattering elastico: L’energia dell’elettrone nello stato finale e l’angolo di scattering sono univocamente correlati La cinematica di uno scattering elastico è caratterizzata da un solo parametro: E’ o L’energia di rinculo del bersaglio cresce con il rappoto E/M tra l’energia del proiettile e la massa del bersaglio Conclusioni sulla forma del bersaglio possono essere dedotte dalla dipendenza del rate di scattering dall’energia del fascio e dall’angolo di scattering La più grande lunghezza d’onda che può risolvere strutture di dimensione lineare x è data dalla lunghezza d’onda di de Broglie ridotta che deve essere < di x Per studiare i nuclei che hanno raggio dell’ordine di qualche fermi, il momento del fascio deve essere dell’ordine di MeV/c Per risolvere i nucleoni, che hanno raggi di circa 0.8 fm, servono fasci con momenti di qualche centinaio di MeV
49 Sezione d’urto elastica Sezione d’urto Rutherford: Valida nell’ipotesi di: Interazione coulombiana Proiettile e bersaglio puntiformi Non si considera lo spin Rinculo del nucleo trascurabile Se si prendono in considerazione gli effetti dovuti allo spin dell’elettrone, si ottiene la sezione d’urto Mott: Che nel caso in cui 1 si riduce a: Valide se raggio del nucleo << della distanza di massimo avvicinamento del proiettile al bersaglio
50 Sezione d’urto elastica Note: A energie relativistiche ( =1), la sezione d’urto Mott diminuisce più rapidamente della sezione d’urto Rutherford al crescere dell’angolo di scattering La sezione d’urto Mott non include lo spin e il rinculo del bersaglio
51 Fattore di forma elettrico Effetto dell’estensione spaziale del bersaglio: Diffusione da una carica estesa: l’elettrone scatterato non “vede” tutta la carica del bersaglio, ma solo una parte di essa Descritto dal fattore di forma elettrico: Che è la trasformata di Fourier della distribuzione di carica La divisione per Ze serve per rendere il fattore di forma adimensionale Sperimentalmente si determina il fattore di forma dal rapporto tra la sezione d’urto misurata e la sezione d’urto di Mott:
52 Fattori di forma nucleari: esempi puntiforme costante esponenziale gauss sfera omogenea dipolo gauss oscillante sfera con superficie diffusa oscillante elettrone protone 6 Li 40 Ca rr |q| (r) F(q 2 )esempio
Invarianza di scala Nelle formule di Rutherford e Mott non c’è nessuna dipendenza da una lunghezza. Queste formule descrivono lo scattering su oggetti puntiformi e sono “invarianti di scala”. Quando il bersaglio ha dimensione non nulla, le formule devono essere modificate moltiplicandole per un fattore di forma F(q 2 ). Questo fattore, pur essendo esso stesso adimensionale, è però funzione di una quantità, q 2, che e’ associata ad una lunghezza: L’introduzione del fattore di forma distrugge l’invarianza di scala. 53
54 Fattori di forma dei nucleoni Esperimenti di scattering elastico di elettroni sui nuclei più leggeri (idrogeno e deuterio) forniscono informazioni su protoni e neutroni Bisogna introdurre dei temini correttivi nella sezione d’urto Mott Tenere conto del rinculo del nucleone Perché sevono energie più alte dell’elettrone (tra 100 MeV e qualche GeV), compatibili con la massa del nucleone Usare una trattazione relativistica con 4-vettori In particolare, il quadri-momento trasferito:
55 Effetto del momento magnetico Se il bersaglio ha spin 0, un proiettile con carica elettrica 0 è soggetto al campo magnetico prodotto dal momento di dipolo magnetico del bersaglio Il campo di dipolo magnetico scala come 1/r 3, importante a soprattutto a piccole distanze, cioè grandi impulsi trasferiti Per particelle di Dirac (puntiformi con spin 1/2) Il momento magnetico vale: La probabilità di interazione magnetica va sommata a quella coulombiana. Si ottiene così la sezione d’urto Dirac: Il termine magnetico è grande per grandi quadri-impulsi trasferiti Q 2 e per grandi angoli di scattering g=2 è il rapporto giromagnetico
56 Fattore di forma magnetico Se la particella bersaglio ha una struttura con una densità di magnetizzazione M(r), nell’elemento di matrice M if per l’accoppiamento magnetico, compare la trasformata di Fourier di M(r), detta fattore di forma magnetico: Se la particella ha rapporto giromagnetico g 2, è un oggetto esteso ed ha momento magnetico anomalo, g=2(1+ ) la sezione d’urto Dirac viene modificata nella sezione d’urto Rosenbluth:
57 Sezione d’urto Rosenbluth Riscrivendo i fattori di forma come: La sezione d’urto Rosenbluth diventa: Se si introduce: Si riscrive:
58 Fattori di forma dei nucleoni Misure effettuate a SLAC: fattori di forma G E e G M di protoni e neutroni ben riprodotti dalla formula a dipolo:
Scattering inelastico
60 Variabili cinematiche (I) Nel caso di scattering inelastico il bersaglio frammenta in uno stato X di massa W > M Con: L'energia E’ e l'angolo dell'elettrone nello stato finale sono variabili indipendenti Nel caso in cui il bersaglio è a riposo:
61 Variabili cinematiche (II) Il quadrimpulso trasferito Q 2 e l’energia trasferita sono variabili indipendenti Si possono definire diverse regioni nel piano Q 2 -2M : Limite di scattering elastico Eccitazione di stati risonanti del nucleone con massa M R Continuo della diffusione inelastica: Regione del deep-inelastic scattering
62 Sezione d’urto inelastica Si usa un’espressione simile alla sezione d’urto elastica, con termini analoghi ai fattori di forma G E e G M, chiamati funzioni di struttura W 1 e W 2 : NOTA: le funzioni di struttura sono funzioni di 2 parametri indipendenti Q 2 e. Si può riscrivere la sezione d’urto in funzione di Q 2 e come: Dato che:
63 Scattering inelastico e - -p (1) Note: Ci sono risonanze fino a W≈1.8 GeV Distribuzione continua per valori W>max(M R ) La regione W>1.8 GeV in cui non ci sono strutture è quella del DIS
64 Scattering inelastico e - -p (2) Note: Non è mostrato il picco della diffusione elastica, centrato a W=M Il picco elastico diminuisce rapidamente all'aumentare di Q 2 per effetto del fattore di forma F(Q 2 ). Al crescere del quadri-impulso trasferito, la sezione d'urto diminuisce, diventa sempre più importante il contributo del continuo inelastico rispetto alla diffusione elastica e all'eccitazione di risonanze. Risonanza , M =1.232 GeV/c 2
65 Scattering inelastico e - -p (3) Il contributo della sezione d'urto inelastica diventa molto maggiore di quella elastica per valori di Q 2 appena al di sopra dei valori corrispondenti all'eccitazione di risonanze
66 Bjorken scaling Nel 1967 Bjorken dimostrò che nella regione di DIS (Q 2 >>M 2 e >>M), se si definisce la variabile E’ una quantità adimensionale e Lorentz-invariante E’ una misura del grado di inelasticità del processo Per processi elastici si ha Q 2 =2M e quindi x=1 le funzioni di struttura hanno, per Q 2 ∞ e ∞, limiti finiti che non dipendono da Q 2 e separatamente, ma solo dal loro rapporto adimensionale x Bjorken scaling: le funzioni che descrivono la struttura del nucleone non dipendono da variabili che hanno dimensioni fisiche non dipendono dal quadri-impulso trasferito Q 2 e dalle dimensioni del nucleone c’e’ invarianza di scala come nel caso della diffusione elastica
67 Misure di DIS Le prime misure di deep-inelastic scattering a SLAC hanno mostrato che il Bjorken scaling è in buona approssimazione valido nel range di Q 2 e x esplorato Il fatto che la sezione d’urto non dipende da Q 2 (cioe’ che e’ un invariante di scala) indica che gli elettroni vengono scatterati da particelle puntiformi, dette partoni I nucleoni sono oggetti estesi formati da costituenti puntiformi
68 Interpretazione del Bjorken scaling Ad alto Q 2 l’elettrone “vede” i costituenti puntiformi del nucleone (i partoni) e avviene una somma incoerente di scattering elastici e - partone Riscrivendo la sezione d’urto in funzione di x e Q 2 si ha: Confrontando questa formula con le sezioni d’urto elastiche di Mott e Dirac, per particelle di massa m=xM, si ricava Partoni con spin=0 F 1 (x)=0 Partoni con spin=1/2 2xF 1 (x)=F 2 (x) (relazione di Gross-Callan)
69 Interpretazione del Bjorken scaling In un sistema di riferimento in cui il nucleone bersaglio ha impulso elevato (|P|>>M) e quindi si può trascurare la massa dei partoni e il loro moto relativo all’interno del nucleone: L'interazione inelastica con quadri-impulso trasferito Q e energia trasferita è il risultato dell’ interazione elastica con un partone che ha una frazione x dell’impulso P del nucleone Se introduciamo la variabile x i che rappresenta la frazione di impulso del nucleone portata dal partone che partecipa allo scattering elastico, x i risulta coincidere con la variabile di scaling x: La sezione d’urto si può riscrivere come: dove F 2 (x)/x rappresenta la funzione di distribuzione dei partoni nel nucleone (Parton Distribution Function, PDF)