NIETZSCHE (lo spirito tragico) prof. Michele de Pasquale
la tragedia è la chiave che apre alla vera comprensione dell’essere nella “Nascita della tragedia” (1871) Nietzsche formula per la prima volta la sua filosofia utilizzando categorie estetiche: l’arte è in grado di spiegare l’essenza del mondo e della vita, ad essa deve affidarsi la comprensione filosofica individua nella categoria del tragico la dimensione caratteristica della realtà: la tragedia è la chiave che apre alla vera comprensione dell’essere Nietzsche rifiuta l’immagine della grecità d’impronta classicistica (lo spirito armonioso, sereno, misurato dei greci, produttore di opere altrettanto armoniose e misurate) perchè si concentra su una fase della storia in cui lo spirito greco non ha ancora smarrito le radici vitali delle origini
Nietzsche è influenzato dall’immagine del mondo di Schopenhauer, un mondo governato dal principio irrazionale del dolore rispetto a cui l’esistenza umana non è che un istante transeunte destinato alla morte ma alla noluntas schopenhauriana,oppone la coraggiosa accettazione del dolore quale viene testimoniata dagli eroi della tragedia greca: l’accettazione dell’irrazionalità dell’esistenza, l’amore per le cose problematiche e terribili di cui è fatta la vita
è influenzato da Goethe ed in particolare dal motivo della celebrazione positiva della vita, della vita in quanto volontà, forza espansiva infinita è influenzato dalla concezione musicale di Wagner come specchio della vita elementare dei sensi: la musica supera e spezza i vincoli della ragione e restituisce all’uomo l’esistenza nella sua originaria dimensione produttiva, creativa
Dioniso è il dio dell’ebbrezza, del caotico, dello smisurato: la tragedia è la massima espressione artistica e culturale della civiltà ellenica perchè in essa si incontrano le due grandi forze che animano lo spirito greco: il dionisiaco Dioniso è il dio dell’ebbrezza, del caotico, dello smisurato: il dionisiaco simboleggia l’energia istintuale, l’eccesso, il furore, impulso di liberazione e di abbandono; la sua forma espressiva è la musica che genera la passione l’apollineo Apollo è il dio della chiarezza, della misura: l’apollineo esprime la tensione verso la forma perfetta espressa nella scultura e architettura greche
(Nietzsche, La nascita della tragedia) “Avremo fatto un grande acquisto alla scienza estetica, quando saremo giunti non solo al concetto logico, ma anche all'immediata certezza dell'intuizione che lo sviluppo dell'arte è legato alla dicotomia dell'apollineo e del dionisiaco, nel modo medesimo come la generazione viene dalla dualità dei sessi in continua contesa fra loro e in riconciliazione meramente periodica. Questi vocaboli li prendiamo a prestito dai greci... Sulle loro due divinità artistiche, Apollo e Dioniso, è fondata la nostra teoria che nel mondo greco esiste un enorme contrasto, enorme per l'origine e per il fine, tra l'arte figurativa, quella di Apollo, e l'arte non figurativa della musica, che è propriamente quella di Dioniso. I due istinti, tanto diversi tra loro, vanno l'uno accanto all'altro, per lo piú in aperta discordia, ma pure eccitandosi reciprocamente a nuovi parti sempre piú gagliardi, al fine di trasmettere e perpetuare lo spirito di quel contrasto, che la comune parola «arte» risolve solo in apparenza; fino a quando, in virtú di un miracolo metafisico della «volontà» ellenica, compaiono in ultimo accoppiati l'uno con l'altro, e in questo accoppiamento finale generano l'opera d'arte, altrettanto dionisiaca che apollinea, che è la tragedia attica.” (Nietzsche, La nascita della tragedia)
il contrasto primigenio degli opposti (caos-ordine, nascita-morte, il contrasto primigenio degli opposti (caos-ordine, nascita-morte, ..) è il fondamento ontologico della vita la sensibilità greca avverte con profondità la tragicità della vita, la limitatezza e la finitudine dell’esistenza, nel gioco dialettico tra l’illusione che rende accettabile la vita racchiudendola in forme stabili ed armoniose (apollineo) l’esperienza del perdersi ogni forma stabile nel flusso della vita (dionisiaco)
il dionisiaco assume un ruolo prevalente nell’origine della tragedia “ Il fascino dionisiaco non ripristina solamente i vincoli tra uomo e uomo: anche la natura, straniera o ostica o soggiogata, celebra la festa di riconciliazione col suo figliuol prodigo, l'uomo. La terra getta di buon grado i suoi doni, e le belve rapaci delle rupi e dei deserti si avvicinano in pace... Ecco che lo schiavo è libero, ecco che tutti infrangono le rigide, nemiche barriere, che il bisogno, l'arbitrio o «la moda insolente» hanno piantato tra gli uomini. Ecco che nel vangelo dell'armonia universale ognuno si sente non solo riunito, riconciliato, fuso col suo prossimo, ma si sente fatto uno con lui, quasi che il velo di Maia fosse squarciato... Nel canto e nella danza l'uomo si palesa come componente di una comunità superiore: egli ha disimparato a camminare e a parlare, e danzando è in atto di volarsene via nell'aria. Nei suoi atteggiamenti parla la magia. E come frattanto gli animali ora parlano e la terra dà latte e miele, cosí anche da lui si propaga alcunché di soprannaturale: si sente come un dio, ed ora egli stesso incede rapito e sublime, come vide in sogno incedere gli dei. L'uomo non è piú artista; è divenuto egli stesso opera d'arte.” (Nietzsche, La nascita della tragedia)
l’eccitante incertezza cede il posto al razionalismo della realtà la tragedia muore nel momento in cui il pensiero greco - con Socrate - pretende di racchiudere in concetti l’esistenza, imponendo così alla vita il primato della ragione: l’eccitante incertezza cede il posto al razionalismo della realtà a partire da Socrate inizia un’età di decadenza che espelle Dioniso dall’orizzonte della cultura occidentale: all’uomo tragico si sostituisce l’uomo teoretico che con la potenza della ragione e della scienza costruisce un imponente mondo di apparenze per affermare il suo dominio tecnico sulla vita sospinto da un bisogno di rassicurazione, dall’esigenza di rendere tollerante il disordine della vita (le filosofie antitragiche che occultano il tragico con l’ottimistica pretesa di imporre al mondo un ordine razionale o ipostatizzando essenze e strutture metafisiche) Nietzsche scorge, nella cultura del suo tempo, i primi sintomi del fallimento di questa pretesa e ritrova nell’opera wagneriana la concezione tragica del mondo