Genocidio del Ruanda, 1994 Hutu contro Tutsi.

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Genocidio del Ruanda, 1994 Hutu contro Tutsi

Il Ruanda è un piccolo Stato dell’Africa centrale, che si trova nella regione dei Grandi Laghi, terra fertile e densamente popolata, considerata una delle aree più ricche del mondo. In questa zona vi è il 30% del cobalto mondiale, una quantità analoga di rame e poi diamanti, oro, petrolio e tanti minerali rari e preziosi.

LA QUESTIONE Alla fine del XIX secolo questa regione dei grandi laghi venne spartita fra Gran Bretagna (Kenya e Uganda), Belgio (Congo), e Germania (Ruanda e Burundi). Così solo nell’ottocento, nel contesto dell’affermazione del colonialismo europeo tedesco nel Ruanda, si comincia a parlare di Huto e Tutsi, differenze che vengono fortemente accentuate dai tedeschi per poter controllare meglio l’amministrazione del paese. Ma in realtà Tutsi e Hutu fanno parte dello stesso ceppo etnico culturale Bantu; lingua, religione e tradizioni sono assolutamente le stesse per entrambi i gruppi. Gli “Hutu” rappresentavano la maggioranza della popolazione, circa l’85% mentre i “Tutsi” erano solo il 14%. I Tutsi, seppure minoritari rispetto agli Hutu vennero integrati nell’amministrazione coloniale, come uomini di fiducia dei colonizzatori.

… IN SEGUITO Così in Ruanda venne introdotto il concetto di etnia, che trova la sua massima espressione razziale nel 1933 quando i belgi, successivi colonizzatori, inseriscono l’etnia di appartenenza (Hutu e Tutsi) sui documenti di identità ruandesi. Dopo la prima guerra mondiale con il trattato di Versailles il Ruanda assieme al Burundi caddero sotto il dominio coloniale Belga che adotto la stessa identica politica di rigida contrapposizione fra queste due etnie. I rapporti tra i due gruppi entrano in uno stato di tensione quando i colonizzatori tedeschi, prima, e i belgi poi, nei primi decenni del Novecento, inseriscono i più ricchi e colti tutsi nell’amministrazione coloniale ponendoli al di sopra degli hutu accendendo così una violenta rivalità. I belgi redigono carte d’identità etniche rendendo chiusi i due gruppi quando prima non lo erano.

L’appoggio belga ai Tutsi termina negli anni ’50, a seguito del malcontento provocato dallo sfruttamento coloniale, che portò gli Hutu a ribellarsi ai Tutsi e i Tutsi a progettare l’indipendenza del paese dal Belgio. I colonizzatori scelsero allora di appoggiare la rivolta degli Hutu. Difatti negli anni ’50, con l’affermazione del Parmehutu, il partito per l’affermazione degli Hutu, fondato da un gruppo di intellettuali Hutu, inizia la lotta di denuncia del dominio razzista dei Tutsi che proponeva una nuova rivoluzione sociale basata, questa volta, sulla superiorità razziale degli Hutu.

La fine degli anni ’80 vede il Ruanda in piena crisi economica: LA RIVOLUZIONE La rivoluzione hutu del partito Parmehutu ebbe successo e portò il Ruanda a dichiarare l’indipendenza nel 1962 mettendo fine a decenni di colonialismo: viene così abolita la monarchia e proclamata la repubblica con Gregoire Kayibanda, che ovviamente a sua volta instaura un regime razzista contro i Tutsi. Iniziano così le persecuzioni razziste e le vendette contro i Tutsi, che sfociano in sanguinosi scontri con decine di migliaia di morti e provocarono l’esodo di centinaia di migliaia di tutsi verso i paesi confinanti (soprattutto verso nord, in Uganda); persecuzioni che continueranno anche col regime di Juvenal Habyarimana, che sale al potere nel 1973 con un colpo di stato, promettendo progresso e riconciliazione. Nel 1987 a seguito della diaspora, nasce il FPR (il Fronte Patriottico Ruandese) dei Tutsi con a capo Fred Rwigyema e Paul Kagame, con l’obiettivo di favorire il ritorno dei profughi in patria, anche attraverso la conquista militare del potere. La fine degli anni ’80 vede il Ruanda in piena crisi economica:

L’INIZIO DEL GENOCIDIO Il 6 aprile del 1994 inizia il genocidio. L’aereo presidenziale di Juvenal Habyarimana (al potere con un governo dittatoriale dal 1973), di ritorno da Dar es Salaam, dove aveva concordato una nuova formazione ministeriale, venne abbattuto da un missile in fase di atterraggio a Kigali. Il 7 aprile a Kigali e nelle zone controllate dalle forze governative (FAR, Forze Armate Ruandesi), con il pretesto di una vendetta trasversale, iniziano i massacri e l’eliminazione fisica della popolazione tutsi e dell’opposizione democratica da parte della Guardia Presidenziale, dei miliziani dell’ex partito unico (Movimento Rivoluzionario Nazionale per lo sviluppo) e dei giovani Hutu.

È l’inizio del genocidio che si protrasse per 100 giorni tra massacri, stupri e barbarie di ogni tipo. Tutti gli hutu sono stati chiamati al genocidio:chi non partecipava al lavoro era considerato un nemico, e quindi andava eliminato. Le operazioni erano coordinate da Radio Mille Colline, che dava notizie ed esultava per le azioni più spettacolari, invitando i Tutsi a presentarsi alle barriere per essere uccisi. Molti adulti si sacrificano, nel tentativo di proteggere e salvare i bambini. Per cancellare i Tutsi dal Ruanda i miliziani uccisero coi machete, le asce, le lance, le mazze chiodate, le armi da fuoco. Per i Tutsi non esistevano luoghi sicuri; persino le chiese vennero violate.

Il 22 giugno Francia, Gran Bretagna e Belgio inviarono truppe, la tristemente e vergognosa operazione turquoise, per la protezione e l’evacuazione dei propri cittadini. Salvati gli europei, la comunità internazionale e l’ONU abbandonarono i ruandesi alla furia dei machete, mentre discutevano se si trattasse o meno di genocidio. L’intervento venne però utilizzato dagli autori dei massacri per proteggere la propria fuga dal paese. L’FPR (Fronte Patriottico Ruandese) dei Tutsi, guidato da Paul Kagame, prese il potere a luglio e nei mesi successivi si verificò uno spaventoso esodo di massa degli Hutu, terrorizzati dalla sanguinosa vendetta operata nei loro confronti. Circa 2 milioni di profughi fuggirono verso l’allora Zaire, Tanzania e Burundi. Tra loro si nascondevano anche miliziani e molti dei colpevoli dei massacri.

CONSEGUENZE I pubblici ministeri ed i giudici del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, quando si trovarono a giudicare i maggiori responsabili del genocidio, si resero conto che oltre ai feroci omicidi di massa si era perpetrata sistematicamente la violenza sessuale. Anche se quasi tutte le donne furono uccise prima di poter raccontare le loro storie, un rapporto delle Nazioni Unite ha concluso che durante il genocidio almeno 250.000 ruandesi furono sistematicamente stuprate. Le violenze, per lo più compiute da molti uomini in successione, furono spesso accompagnate da forme di tortura fisica e furono eseguiti pubblicamente per moltiplicare il terrore e la degradazione. Molte donne li temevano a tal punto da implorare di essere uccise. Spesso gli stupri erano preludio della morte, ma a volte le vittime non venivano uccise: l’umiliazione avrebbe così colpito non solo la vittima ma anche le persone a lei più vicine. Per di più, l’elevata diffusione dell’AIDS, condannava le sopravvissute ad una lenta e dolorosa agonia.

I sopravvissuti Tutsi al genocidio sono stimati in 300. 000 I sopravvissuti Tutsi al genocidio sono stimati in 300.000. Migliaia le vedove, molte stuprate e oggi sieropositive. 400.000 i bambini rimasti orfani, 85.000 dei quali sono diventati capifamiglia. Il genocidio terminò col rovesciamento del governo Hutu e la presa del potere, nel luglio del 1994 del Fronte Patriottico Ruandese. Il massacro dei Tutsi segnò l’inizio dello sconvolgimento di tutti gli assetti di potere presenti in quest’area. Da allora è stata sempre guerra, oggi in questa zona si scontrano non meno di sei eserciti, in una zona e in un continente dove non esiste una fabbrica di armi, tanto sono importanti gli interessi internazionali in campo.                                          Oggi ancora i responsabili sono impuniti e i paesi europei coinvolti nella progettazione e nell’attuazione del genocidio negano le proprie responsabilità, Francia e Belgio, soprattutto i secondi, non solo hanno permesso il genocidio ma lo hanno favorito creando ad hoc una polveriera.

Le principali colpe sono sicuramente imputabili al colonialismo, prima della dominazione franco-belga entrambe le etnie non avevano problemi, vivevano assieme e si sposavano fra di loro, poi i coloni diedero all’uno il dominio sull’altro innescando molto odio, poiché gli hutu erano dediti alla terra e più poveri rispetto ai tusti che controllavano il loro operato, quando scoppiò la rivolta l’ONU ben sapendo non mosse un dito ed è questa la vera vergogna.

Realizzato da: Federica Laccertosa Elisa Bizzocchi Martina Policella Matteo Polverino classe: V°A (a.s. 2015-2016)