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PubblicatoClemente Mele Modificato 8 anni fa
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La DOMUS romana Se molto spesso sta fuori durante il giorno, in tempo di pace il Romano torna a casa ogni sera. Il latino dice «a casa e in guerra», così come «in città e in campagna» o «in terra e in mare». La casa e l’esercito: due modi di dormire, due modi di mangiare, due comunità di vita (DUPONT, La vita quotidiana nella Roma repubblicana, Laterza 2000).
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Vivere da poveri L’interno di un antico caseggiato di Ostia antica Con gli appartamenti appiccicati l’uno all’altro, con le finestre che davano sulla strada, il chiasso entrava da tutte le parti. Seneca si lamenta che al piano di sotto c’è un bagno; Marziale che c’è una scuola; Giovenale che dalla via sottostante salgono rumori di ogni specie. Solo le case signorili, per la loro struttura, erano abbastanza protette dai rumori esterni; fra tante ingiustizie sociali c’era anche questa, che il tranquillo sonno della notte era un privilegio dei ricchi: «in Roma, per poter dormire» dice Giovenale, «ci vogliono di gran quattrini».
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La casa romana e la casa moderna La casa romana tipica è occupata di regola da una sola famiglia e differisce dalla casa moderna per queste caratteristiche: è orientata verso l’interno e non, come la nostra, verso l’esterno; l’aria e la luce penetrano dalle due aree centrali intorno alle quali si raggruppano gli altri ambienti: cioè dall’atrio e dal giardino del peristilio. manca di prospetto esterno, infatti le finestre esterne sono rare, aperte irregolarmente e poco ampie; spesso mancano e sono comunque sempre prive di un incorniciamento esterno. è normalmente a un piano solo; i vari ambienti sono destinati a un unico uso: per esempio il cubiculum è una camera da letto, il triclinium una stanza da pranzo, il tablinum una sala di riunione.
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Vivere da ricchi parte posteriore Intimità: camere da letto, dispense, cucina, bagno parte anteriore Immagine sociale del padrone di casa
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Vestibulum e fauces Nella casa romana non si entrava come nella casa moderna, per una porta situata immediatamente sulla strada: al contrario, vi era l’uso di costruir la porta a metà di quel corridoio che dall’esterno conduceva nell’atrio. Il corridoio per tal modo veniva distinto in due parti: il vestibulum, avanti la porta; le fauces, dopo. Nel vestibulum, decorato con statue e colonne, si accalcavano i clienti per la salutatio matutina. Nell’atrio si trovava il larario, un altarino dedicato ai Lari, divinità protettrici della casa e del focolare; in questo ambiente le famiglie nobili esponevano le imagines maiorum, le maschere di cera dei propri antenati.
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Il tablinum era una grande stanza che si apriva in tutta la sua ampiezza nella parete dell’atrio situata di fronte alla porta. Nell’età più antica vi risiedeva il paterfamilias; originariamente qui si trovava l’archivio familiare o, secondo altre ipotesi, il letto nuziale. In seguito il tablinum fu adibito a sala di soggior- no e di rappresentanza, una sorta di ampliamento dell’atrio dove il padrone di casa riceveva i clienti e gli altri ospiti. impluvium
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A partire dal II sec. a.C. la crescente ricchezza della nobiltà e la progressiva assimilazione della cultura ellenistica portarono a moltiplicare il complesso degli ambienti, specie degli ambienti di soggiorno, che anche nella terminologia (peristylium, tricli- nium, exĕdra, oecus: forse un tricilinio più grande del comune, dal greco oikos, “casa, stanza”) conservano un esplicito richiamo a tipologie ellenistiche.
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