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PubblicatoFaustino Colombo Modificato 8 anni fa
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Le colture preparate direttamente da un tessuto si dicono colture primarie; le cellule isolate da un qualsiasi tessuto animale sono in grado di compiere un numero finito di divisioni cellulari in vitro, dopodiché vanno incontro a degenerazione e morte. Tale fenomeno avviene indipendentemente dalla presenza di metaboliti appropriati per la crescita e si indica come senescenza. In genere il numero di “cicli” che una cellula è in grado di effettuare in vitro dipende dall’età dell’animale. Colture Cellulari Le linee cellulari continue derivano da singole cellule in cui mutazioni spontanee o indotte hanno annullato il programma genetico della senescenza. Si dicono perciò immortali: proliferano in modo continuo in presenza degli opportuni metaboliti. Molte linee cellulari continue sono state ottenute a partire da tessuti tumorali (es HeLa). Le cellule trasformate, invece, presentano caratteristiche simili alle cellule cancerose: sono immortali, proliferano in vitro fino a raggiungere una densità maggiore delle cellule normali e, spesso, crescono senza aderire ad alcuna superficie.
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Le colture si distinguono a seconda che le cellule siano in sospensione o aderenti. Le cellule di origine emopoietica, che normalmente crescono in mezzo fluido, crescono in sospensione e si moltiplicano in vitro senza aderire. Le cellule che, invece, fanno parte di tessuti solidi crescono in vitro aderendo alla superficie delle piastre da coltura. Cellule confluenti in monosrato (100 x magnification) L929 mouse fibroblast cells.
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La crescita delle cellule in vitro viene assicurata dalla presenza di elementi nutritivi di base (glucosio, aminoacidi, sali minerali) e fattori di crescita (presenti nel siero) Terreni per colture I terreni usati per le colture cellulari (BME; MEM; DMEM; …)differiscono tra loro per il contenuto in amminoacidi e sali, e per la concentrazione di glucosio. La composizione esatta dei singoli terreni ed il tipo di terreno adatto per una data linea cellulare viene di solito specificato dalla ditta produttrice. Per la crescita, le cellule richiedono un valore di pH del mezzo compreso tra 7.2 e 7.4. Per mantenere costante tale valore di pH, si ricorre per lo più ad incubatori con una fase gassosa contenente il 5% di CO 2 e terreni contenenti NaHCO 3. In soluzione acquosa il bicarbonato dissocia va incontro ad idrolisi (tende a riformare l’acido debole di partenza). La CO 2 presente nell’incubatore tende a controbilanciare questo aumento, mantenendo così il giusto pH del terreno.
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Per avere un indicazione visiva del pH, i terreni vengono addizionati di rosso fenolo, un indicatore che ha un colore rosso-arancio a pH 7,3, vira al gialloarancio a pH acido e al rosso viola a pH alcalino. Con il proliferare della crescita cellulare, in incubatore al 5% di CO2, il terreno tenderà al giallo a causa dell’acidificazione prodotta dal metabolismo cellulare. Se le piastre tenute in incubatore, invece, virano al violaceo, significa che la regolazione della CO2 del macchinario è errata oppure che le cellule stanno morendo (non sono metabolicamente attive). I terreni liquidi normalmente non contengono antibiotici, siero e Lglutamina, perché instabili; questi composti vanno perciò aggiunti prima dell’uso. Il siero è una miscela complessa di proteine plasmatiche, fattori di crescita, minerali … Il siero di uso più comune nelle colture cellulari è il siero fetale bovino o di vitello (FBS o FCS). Controllo contaminazione Pur operando in condizioni di sterilità, lavorando con le colture cellulari c’è sempre rischio di contaminazione da parte di batteri, funghi, micoplasmi e virus. Mentre la contaminazione da batteri e miceti è facilmente identificabile (provoca un intorbidimento del terreno), quella da virus e da micoplasmi è più difficile da identificare (tranne che si riscontri un effetto citopatico). Per ridurre il rischi di contaminazioni, perciò, vengono aggiunti ai terreni da coltura degli agenti antibiotici (penicillina, streptomicina, kanamicina,…) e antimicotici (anfotericina B,…).
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Precauzioni per la prevenzione delle contaminazioni Per prevenire le contaminazioni occorre seguire alcune regole: 1)i terreni e le soluzioni che si usano devono essere tutti sterili; 2)si aggiunge penicillina-streptomicina per evitare contaminazioni da batteri; anfotericina B (se non tossica per le cellule) contro i miceti; 3) si destina un laboratorio solo alle colture cellulari; 4) si opera sempre sotto cappa a flusso laminare; 5) si utilizza solo materiale sterile (di vetro o di plastica); 6) si utilizzano pipettatori elettrici; 7) la cappa va pulita a inizio e fine lavoro; 8) i filtri della cappa vanno periodicamente controllati; 9) l’incubatore va pulito periodicamente;
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Piastre da coltura In commercio sono disponibili piastre per colture cellulari e piastre per batteriologia (queste utilizzabili anche per la coltura di cellule in sospensione). Sono tutte in polistirene, ma la superficie delle piastre da coltura è trattata chimicamente in modo da renderla idrofila e carica negativamente: il polistirene è, in tal modo, capace di legare i fattori di adesione..
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Conta delle cellule Prima del conteggio si devono staccare le cellule dalla piastra e eliminare gli aggregati cellulari mediante trattamento enzimatico o chimico (es. tripsina, EDTA). La conta del numero di cellule in genere si effettua con la camera di Burker. Questa è costituita da un vetro spesso, in cui è ricavata una camera capillare, la parete superiore della camera è costituita da un vetrino bloccato da due graffe laterali. Al microscopio diventano evidenti una serie di linee ortogonali tra loro, che definiscono una serie di aree e, quindi, di volumi.
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Per effettuare il conteggio: dopo aver pulito la camera, montata correttamente, depositato un dato volume di cellule, al microscopio si contano le cellule presenti nei quadrati delimitati da una doppia barra e quelle presenti su due lati dello stesso quadrato (non si contano, invece, quelle su gli altri due lati). Si ripete la conta per almeno tre quadrati, si fa una media del numero di cellule contate e si ricava il numero totale di cellule moltiplicando il numero ottenuto per 25x10 4 ; si corregge poi per il volume totale della sospensione (il numero che si ottiene è riferito, altrimenti, ad 1ml). Test di vitalità delle cellule Per discriminare tra le cellule vive e quelle morte si ricorre all’uso di Tripan blue (colorante che viene assunto solo dalle cellule morte). Le cellule vengono risospese in PBS, aggiunto il colorante e lasciate qualche minuto a temperatura ambiente. Si contano in camera di Burker. In tal modo si ricava la percentuale di cellule morte presenti nel campione esaminato.
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Colture di cellule aderenti Le cellule aderenti crescono fino ad occupare l’intera superficie disponibile: a questo stadio si dicono confluenti. A confluenza la crescita si arresta e le cellule devono essere staccate e trasferite in nuove piastre. A) Per il trasferimento si ricorre all’uso di EDTA (chela Ca2+ e Mg2+, indispensabili per l’adesione) e/o di tripsina (degrada le proteine della matrice). B) Avvenuto il distacco l’azione dell’EDTA e della tripsina viene neutralizzata dall’aggiunta di nuovo mezzo di coltura che contiene cationi divalenti in eccesso ed inibitori della tripsina. C) Le cellule vengono quindi contate e seminate in nuove piastre. Il tempo necessario alle cellule per duplicarsi è di circa 20-24 ore a seconda del tipo cellulare.
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Linee cellulari particolarmente utilizzate. 3T3 fibroblast (mouse) BHK21 fibroblast (Syrian hamster) MDCK epithelial cell (dog) HeLa epithelial cell (human) PtK1 epithelial cell (rat kangaroo) L6 myoblast (rat) PC12 chromaffin cell ( derived from a rat pheochromocytoma ) COS fibroblast (monkey) CHO ovary (chinese hamster) HEK-293 generated by transformation of embryonic kidney cells (human)
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Conservazione delle cellule in azoto liquido Per la conservazione delle cellule per lunghi periodi si ricorre alla conservazione in azoto liquido (-196°C). Il congelamento in azoto liquido mantiene le cellule vive in completa quiescenza per anni. Tramite congelamento, quindi, si può costituire uno stock di cellule che mantengono le caratteristiche fisiologiche e biochimiche delle cellule di partenza. Le reazioni enzimatiche cessano a –130°C circa. Le cellule prima del congelamento devono essere in fase logaritmica di crescita o devono aver appena raggiunto la confluenza. Il congelamento viene fatto in presenza di terreno di crescita, siero e agenti crioprotettivi (DMSO). La velocità con cui il campione viene congelato è molto importante perché congelamenti troppo rapidi portano alla formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle cellule, questi, al momento dello scongelamento, provocano lisi della membrana plasmatica. Il raffreddamento graduale comporta il mantenimento del campione dapprima in ghiaccio, poi si arriva lentamente a temperature di -70°C e quindi il campione viene trasferito in azoto liquido. Lo scongelamento, al contrario, deve essere rapido: il campione viene trasferito in un bagnetto termostatato a 37°C per pochi minuti e le cellule si risospendono in medium completo per la piastratura.
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Transfezione delle cellule L’introduzione di DNA esogeno nelle cellule in coltura consente di studiare la funzione e i meccanismi di controllo dei geni. Per facilitare l’ingresso del DNA esogeno nelle cellule sono stati sviluppati diversi metodi, ciascuno più efficace a seconda delle linee cellulari utilizzate. Essenzialmente il trasferimento genico nelle cellule animali si può realizzare in tre modi: 1) trasferimento diretto del DNA: mediante mezzi fisici, per esempio tramite microiniezione in vitro, o bombardamento con microscopiche particelle metalliche rivestite di DNA in vivo. 2) Trasfezione: metodi fisici e chimici che fanno sì che le cellule internalizzino il DNA presente nel terreno di coltura. La trasfezione può essere transiente o stabile, a seconda di quanto a lungo il DNA esogeno si integra o meno nel genoma della cellula bersaglio. Transfezione tramite liposomi: il DNA viene veicolato in micelle (i liposomi) che si fondono alla membrana cellulare. Le ditte che producono i kit di trasfezione tramite liposomi forniscono un gran numero di miscele diverse di lipidi, la cui efficienza varia a seconda del particolare tipo cellulare. La quantità di cellule da piastrare, la quantità di DNA da impiegare nella transfezione, il tempo richiesto per la transfezione e quello da attendere dopo che il DNA è stato messo in contatto con le cellule, variano a seconda del metodo scelto, della linea cellulare utilizzata e del tipo di effetto che si vuole valutare.
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Transfezione tramite elettroporazione: L’applicazione di brevi impulsi ad alto voltaggio provoca la formazione di micropori nelle membrane cellulari. Il DNA, pertanto, entra direttamente nel citoplasma e raggiunge poi il nucleo. I parametri dell’elettroporazione (intensità e durata dell’impulso) devono essere determinati empiricamente per ciascuna linea cellulare. Vantaggi: riproducibilità del metodo e semplicità; svantaggi: mortalità cellulare elevata (50%) Transfezioni transienti e stabili: La trasformazione di cellule animali mediata dal DNA avviene in due fasi distinte temporalmente: 1)introduzione del DNA nella cellula (trasfezione) 2)incorporazione eventuale nel genoma (integrazione). La prima avviene più facilmente, in quanto la maggior parte delle cellule trasfettate non integra il DNA esogeno nel genoma ma lo mantiene nel nucleo come elemento extracromosomico il quale viene via via diluito e degradato. Si parla di trasfezione transiente quando le proprietà della cellula sono state modificate grazie all’introduzione del DNA, ma tale cambiamento è di breve durata (qualche giorno). Nel caso di transfezioni transienti le cellule vengono, in genere, raccolte 24-48 ore dopo la transfezione per valutare l’effetto prodotto dal gene transfettato.
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Qualora il DNA esogeno, invece, si integri nel genoma e possa essere trasmesso ai discendenti, si parla di trasfezione stabile. Nel caso di transfezioni stabili si mira ad isolare e propagare cloni che contengano il DNA transfettato. In genere le cellule vengono mantenute, in questo caso, nel mezzo di coltura per 1-2 giorni, poi vengono divise e poste in un mezzo selettivo (in cui solo le cellule che hanno inserito il DNA esogeno riescono a vivere). Il mezzo selettivo viene poi usato per 2-3 settimane fino alla selezione delle singole colonie. Le trasfezioni stabili sono necessarie per la conduzione di esperimenti analitici di lunga durata o qualora si volesse ottenere una linea cellulare in grado di produrre proteine ricombinanti da utilizzare per lunghi periodi. Le trasfezioni transienti, invece, sono adeguate per condurre un gran numero d esperimenti di breve durata, come ad esempio per determinare l’efficienza di un dato promotore. Geni reporter e analisi di promotori I geni reporter (o geni marcatori saggiabili) codificano per un prodotto genico che può essere identificato con facilità, usando saggi semplici e poco costosi. Posti sotto il controllo di un promotore forte, i geni reporter rappresentano uno strumento utile per valutare l’avvenuta trasfezione (stabile o transiente). Infatti solo le cellule che hanno inserito il DNA esogeno sono in grado di esprimere la proteina reporter.
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Plasmide per l’espressione di proteine in cellule di mammifero
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