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METODOLOGIA PER LA CORRETTA CLASSIFICAZIONE DELLE SCORIE PRODOTTE DALLA COMBUSTIONE DEI RIFIUTI (a2a; GFambiente)

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1 METODOLOGIA PER LA CORRETTA CLASSIFICAZIONE DELLE SCORIE PRODOTTE DALLA COMBUSTIONE DEI RIFIUTI
(a2a; GFambiente)

2 PREMESSA L’Italia al fine di attuare la direttiva 2008/98/CE sui rifiuti ha approvato alla fine del 2010 il Decreto Legislativo 205 modificando in alcuni punti il Decreto Legislativo n ovvero il codice ambientale. La sezione III della direttiva 2008/98/CE definisce la proprietà che rendono i rifiuti pericolosi. Il nuovo Decreto 205/2010 introduce ex novo la definizione di rifiuti pericolosi all’articolo 183. Tra la diverse modifiche una, in modo particolare, ha creato molte problematiche nei gestori degli impianti di termocombustione dei rifiuti. La modifica dell’allegato I richiamato nell’articolo 183 del Decreto 205 concernente le caratteristiche di pericolo dei rifiuti ha introdotto al fine della corretta classificazione anche il codice H14 che conferisce il pericolo di ecotossico. La definizione del Codice H14 è riferita ai rifiuti che presentano o possono rappresentare un immediato o ritardato pericolo per uno o più settori dell’ambiente. L’applicazione della normativa considerando le caratteristiche di ecotossicità solamente da un punto di vista chimico e non biologico ha di fatto reso pericolosi diverse tipologie di rifiuti con particolare riguardo le scorie provenienti dalla combustione dei rifiuti urbani. Le scorie o ceneri pesanti prodotte negli impianti di incenerimento di rifiuti urbani risultano sempre in grandi quantità e l’attribuzione di un codice CER che definisce tali materiali pericolosi da un codice non pericolosi comporta notevoli problemi logistici ed economici nella gestione degli impianti. Per tale ragione diviene fondamentale applicare un protocollo corretto, certo e trasparente per poter classificare le scorie da incenerimento dei rifiuti urbani come rifiuti pericolosi o non pericolosi.

3 PROCEDURE PER LA CLASSIFICAZIONE
La classificazione dei rifiuti pericolosi si basa: Sull’origine: Il rifiuto viene classificato pericoloso in quanto tale, perché la pericolosità è insita nello stesso ed in particolare deriva dalla sua origine sostanzialmente riconducibile al fatto che questi rifiuti presentano una o più delle caratteristiche di pericolo di cui all’allegato I alla parte IV del D.Lgs. n. 205/11 (da H1 a H14). Sul contenuto di sostanze pericolose Sono identificati pericolosi con riferimento specifico o generico a sostanze pericolose in esso contenute, solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni tali (ad esempio percentuale rispetto al peso) da conferire al rifiuto una o più delle caratteristiche di pericolo di cui all’allegato I alla parte IV del D.Lgs. n. 205/11. Il criterio della concentrazione limite si applica esclusivamente nei casi in cui i rifiuti sono classificati con voci “speculari”, una riferita al rifiuto pericoloso e una al rifiuto non pericoloso, in funzione del contenuto di sostanze pericolose. Questo è il caso delle scorie che sono definite in base alla pericolosità e non pericolosità con un codice CER e Ai fini della definizione delle caratteristiche di pericolo (H) è necessario determinare le cosiddette frasi di rischio (R) le quali identificano una o più sostanze che singolarmente e/o in sommatoria hanno una concentrazione tale da attribuire per la rispettiva classe la pericolosità o non pericolosità del rifiuto. Riguardo la caratteristica di pericolo H14 le frasi di rischio da identificare risultano la R50-53 e R52-53 nelle quali rientrano molti metalli pesanti quali Rame, Nichel, Piombo e Zinco. Per alcuni metalli molto comuni (es. rame, zinco e piombo) solo alcuni composti risultano pericolosi i quali da un punto di vista analitico sono di difficile identificazione, pertanto nelle frasi di rischio le analisi di laboratorio indicano la concentrazione complessiva spesso tale da conferire la caratteristica di pericolo.

4 Schema blocchi delle procedure di classificazione
Prelievo randomizzato Analisi merceologiche scorie Campione da inviare al laboratorio Analisi chimiche secondo D.lgs 205/2010 e direttive CE Determinazione classi di pericolo (H) sulla base dei parametri delle frasi di rischio (R). Valore superiore per H14 determinazione ecotossicità con prove biologiche. Saggi specifici Vibrio fischeri Daphnia; Selenastrum. Sull’eluato da sottoporre ai saggi è stata praticata la diluizione prevista dal regolamento CE n. 440/2008 della Commissione che istituisce i metodi di prova ai sensi del regolamento CE n. 1907/2006 del Parlamento Europeo.

5 IL CONCETTO DI ECOTOSSICITA’
La storia della tossicologia ha radici molto antiche ed è tuttora in evoluzione. Un antico papiro del 1500 a.c. è la prima fonte disponibile che illustra gli effetti benefici e tossici di alcuni prodotti terapeutici. Aristotele e Ippocrate si interessano degli effetti prodotti dall'ingestione di piombo. Paracelso disse: "Tutte le sostanze sono velenose: la giusta dose differenzia un veleno da un rimedio". Nel caso dell'ecotossicità l'organismo bersaglio è un qualsiasi organismo vivente (vegetale o animale) escluso l'uomo. Per l'uomo il problema della tossicità è stato studiato in modo più approfondito e sono stati sviluppati modelli specifici per determinare gli effetti tossici e cancerogeni di numerosi tipi di sostanza (Tossicità umana). Le numerose sostanze chimiche che vengono emesse nell'ambiente in conseguenza delle attività umane contribuiscono al problema dell'ecotossicità quando danneggiano le funzioni e la struttura di un ecosistema esercitando effetti tossici sugli organismi che lo abitano. Se le concentrazioni di sostanze pericolose per l'ambiente raggiungono un livello elevato, gli effetti delle sostanze si possono manifestare immediatamente e in questo caso si parla di tossicità acuta. Nel caso dell'ecotossicità esso si concretizza principalmente nella morte dell'organismo. Nel caso di effetti tossici che non si manifestano in tempi rapidi, ma che sono conseguenza di una esposizione prolungata si parla di tossicità cronica. L'ecotossicità cronica è spesso causata da sostanze che hanno una bassa biodegradabilità e che rimangono nell'ambiente per lunghi periodi senza subire alcun tipo di modifica (sostanze persistenti). L'ecotossicità cronica di una sostanza è quindi legata alla tossicità intrinseca della sostanza, alla sua biodegradabilità e alla sua capacità di accumularsi nei tessuti. Il livello d'esposizione normalmente si determina attraverso approcci indiretti che partono dalla concentrazione del contaminante nel rilascio. Si utilizzano quindi modelli che descrivono il movimento del contaminante dalla sorgente d'emissione, all'ambiente fino all'organismo bersaglio attraverso la catena alimentare. Si verifica che la concentrazione di un contaminate aumenta passando dall'ambiente in cui viene rilasciato fino a raggiungere l'organismo bersaglio, in questo caso si parla di biomagnificazione. La tossicità di un inquinante viene valutata in relazione agli effetti biologici che provoca e non solo in base alla sua concentrazione. Al di sotto di una certa concentrazione nessuna sostanza può essere considerata tossica e alcune sostanze, come rame, cobalto e zinco, sono addirittura essenziali per il metabolismo a basse concentrazioni, mentre diventano tossiche solo ad elevate concentrazioni. Gli effetti ecotossicologici di una sostanza si differenzieranno anche in base al mezzo in cui si disperde tale sostanza, per cui è possibile distinguere una ecotossicità acquatica e un'ecotossicità terrestre

6 ECOTOSSICITA’ LE PROVE BIOLOGICHE
Perché una sostanza sia tossica per l’ecosistema è necessario che il principio attivo, che ne determina la pericolosità, attraverso un comportamento dinamico raggiunga i diversi livelli trofici causando specifici danni. Ad esempio la presenza di alcuni ossidi di metalli in composti ed il susseguente dilavamento può facilitare un forte incremento di rame, piombo e zinco nell’ecosistema con danni alcune volte irreparabili per la natura. Invece grandi quantità di metalli pesanti contenuti in composti non dilavabili ma praticamente inerti non costituiscono forme di tossicità per l’ecosistema. Per tale ragione, quando non si possono identificare le diverse forme in cui si trova un composto contenente sostanze potenzialmente tossiche è necessario eseguire una verifica diretta sulla sua potenziale pericolosità per l’ambiente. Eseguire una valutazione di ecotossicità di una sostanza specialmente quando si tratta di un rifiuto di cui non si ha certezza dei suoi composti a rigore di logica si impone lo svolgimento di test biologici a verifica del suo reale effetto sugli organismi viventi. Per definizione, quindi, non è corretto attribuire la caratteristica di ecotossico ad un rifiuto per via chimica ma questa deve essere conferita mediante analisi biologiche atte a verificare per via diretta i suoi effetti sulle specie viventi.

7 L’ESPERIENZA NELL’IMPIANTO DI ACERRA
Uno degli impianti fulcro della gestione dei rifiuti di Napoli è il termoutilizzatore di Acerra Esso è stato costruito su tre linee per trattare i rifiuti provenienti dalla linea sopravaglio dei diversi impianti di tritovagliatura attualmente in funzione in Provincia di Napoli (Caivano, Tufino e Giugliano). L’impianto tratta un rifiuto in buona parte costituito dalla frazione leggera con scarsa presenza di scarti di mensa. L’impianto non prevede nessuna forma di recupero dei materiali metallici ferrosi e non ferrosi. Prima fase dell’esperienza è stata quelle di condurre una seria campagna merceologica sui rifiuti in ingresso all’impianto per evidenziare soprattutto la presenza di scarti di metallo che alla fine del processo si trovano in grande prevalenza nelle scorie. Merceologia dei rifiuti

8 CARATTERIZZAZIONE DEI RIFIUTI
MERCEOLOGIA DEI RIFIUTI La parte preponderante è costituita da carta, plastica e stracci. Scarsa presenza di scarti di mensa < 10 % Contenuto in materiali metallici superiore al 4 %. Elevato contenuto di tessili e pannolini. Potere calorifico rifiuto in ingresso sul tale e quale circa kJ/kg

9 CARATTERIZZAZIONE DELLE SCORIE E CAMPIONAMENTO
Al fine di avere la significatività sulle caratteristiche del campione da sottoporre ad analisi, le scorie sono state prelevate direttamente sul nastro nell’arco di un turno di lavoro con cadenza temporale del prelievo ogni ½ ora. Su circa 50 kg di scorie prelevate ogni mezzora sono state eseguite le analisi merceologiche soprattutto per evidenziare la % dei componenti metallici. Complessivamente le scorie prelevate direttamente dal nastro di evacuazione sono state circa 300 kg Da ogni prelievo poi si è estratto il campione per le analisi di laboratorio in modo del tutto casuale . Alla fine dai 6 campioni prelevati durante la fase di caratterizzazione merceologica si è ottenuto un unico campione sul quale eseguire le analisi chimico fisiche e se necessarie quelle biologiche. Durante la fase di prelievo erano presenti i Responsabili dell’ARPAC; Istituzione deputata ai controlli ambientali.

10 CRITICITA’ ANALISI CHIMICHE
Applicando la nuova normativa senza considerare, erroneamente, i saggi biologici molto spesso le scorie risultano pericolose per il superamento dei limiti relativi alla frasi di rischio R50-53 necessarie per determinare la classe H14. I parametri che influiscono su tale decisione risultano principalmente: Rame; Zinco e Piombo. Il grafico sottostante indica i valori riscontrati in diverse prove e su diversi impianti di incenerimento di rifiuti urbani.

11 ANALISI CHIMICHE IMPIANTO ACERRA
Le analisi chimico fisiche sono state eseguite sui campioni prelevati secondo le procedure descritte da laboratorio altamente qualificato con certificazione SINAL e UNI ISO 9001/2008 e /2004. Tutte le prove, accreditate secondo gli attuali disposti legislativi hanno fornito i seguenti valori. In rosso sono indicate le frasi di rischio per le quali le scorie risulterebbero pericolose da un punto di vista chimico. Per il parametro pH il test sulla riserva alcalina (Young) ha dato esito negativo. Considerando i valori limiti superati per l’H14 l’indagine ha previsto l’esecuzione dei saggi biologici

12 SAGGI BIOLOGICI PER CLASSIFICAZIONE H14
I saggi biologici utilizzati in accordo con la normativa comunitaria approntati dal laboratorio sono stati i seguenti: Determinazione dell’effetto inibitorio di campioni acquosi sull’emissione di luce di Vibrio fischeri (prova su batteri luminescenti), Prova dell’inibizione di mobilità su Daphnia magna, Prova dell’inibizione della crescita sull’Alga Pseudokirchneriella subcapitata Vibrio fischeri Daphnia magna Pseudokirchneriella subcapitata

13 RISULTATI SUI SAGGI BIOLOGICI
Le prove sono state condotte secondo i sensi del Regolamento CEE 1272/2008/CE. I risultati, illustrati nei seguenti grafici, fornendo esito negativo consentono di definire le scorie con il codice CER ovvero ceneri e scorie diverse da quelle di cui alla voce quindi non pericolose. Valore secondo le procedure normativa comunitaria Zona Limite normativa

14 RISULTATI SAGGI BIOLOGICI: DAPHNIA MAGNA

15 RISULTATI SAGGI BIOLOGICI: VIBRIO FISCHERI

16 CONCLUSIONI La presente indagine si è posta come principale obiettivo l’individuazione di un protocollo sperimentale per la corretta classificazione delle scorie generate dalla combustione dei rifiuti urbani in un impianto di incenerimento. Nelle more di una corretta legislazione in materia si è operato applicando una metodologia tecnico-scientifica in armonia con il significato di pericolosità e non pericolosità delle scorie. In particolare l’indagine si è soffermata sulla caratteristica di ecotossicità e sulla conseguente applicazione di test biologici idonei per la corretta classificazione delle scorie. I test biologici si sono resi necessari perché la caratteristica di pericolosità H14 superava i limiti indicati nella normativa. Attualmente in Italia la Legge 24 Marzo 2012 n. 28 di conversione in Legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2012 n. 2 recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale ha, in parte, chiarito le modalità di valutazione della pericolosità delle scorie. La Legge recita: nelle more dell’adozione, che parte del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del Mare, di una specifico decreto che stabilisca la procedura tecnica per l’attribuzione della caratteristica H14, sentito il parere dell’Ispra, tale caratteristica viene attribuita ai rifiuti secondo modalità dell’accordo ADR per classe 9 – M6 e M7. Gruppo lavoro: G.Ferrari (GFambiente); M.Nenci, N. Ramazzini, A. Bonomo (a2a)


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