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POLITICA SOCIALE Le politiche del lavoro
Il lavoro ha una posizione centrale nell’esistenza di un individuo: sia in termini di identità che di posizione sociale. Il ruolo lavorativo è centrale nella definizione del Sé, come nella propria quotidianeità: il lavoro garantisce integrazione sociale (è un diritto, ma anche un dovere sociale: “chi non lavora, neppure mangi”, San Paolo ai Tessalonicesi). Art. 4 della Costituzione. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società Prof. Carmelo Bruni
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Il lavoro, quindi, ha una posizione centrale nella definizione del ben-essere (welfare) sia nella dimensione individuale che sociale. Individualmente garantisce: autonomia economica; autonomia decisionale; autonomia strategico-esistenziale. Socialmente favorisce l’inclusione. Il tema del lavoro è strettamente intrecciato al tema della formazione (capitale umano) e delle relazioni (capitale sociale). Prof. Carmelo Bruni
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Per «politiche del lavoro», quindi, s'intendono l'insieme di interventi pubblici rivolti alla tutela dell'interesse collettivo all'occupazione. Questi interventi si articolano lungo 3 direttrici: la regolamentazione del mercato del lavoro; il mantenimento o la garanzia del reddito; la promozione dell'occupazione. Prof. Carmelo Bruni
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La regolamentazione del mercato del lavoro: cioè, diritti e doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro; sicurezza e salute sul posto di lavoro; non discriminazione; modalità di incontro tra domanda e offerta di lavoro, condizioni d'ingresso e di uscita dal mondo del lavoro; controllo delle dinamiche retributive, concertazione delle politiche e della contrattazione collettiva. Dal punto di vista contrattuale il rapporto dominante è quello a tempo indeterminato, nel 2010 gli occupati erano circa , di cui a tempo indeterminato (circa sono part-time, l’1,7%) e a tempo determinato (il 9,5%). Prof. Carmelo Bruni
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Si distinguono 2 tipi di politiche del lavoro: passive o attive. Le prime riguardano il mantenimento o la garanzia del reddito contro il rischio di disoccupazione e di sospensione temporanea. Politiche passive: concernono le prestazioni monetarie erogate a favore dei disoccupati («ammortizzatori sociali»), che si articola generalmente in tre livelli o «pilastri»: un pilastro assicurativo; un pilastro assistenziale «dedicato»; un pilastro assistenziale «generale». Prof. Carmelo Bruni
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I tre «pilastri» compaiono in epoche diverse: pilastro assicurativo (tra il 1910 e il 1950), sotto forma di indennità di disoccupazione, erogate per una durata definita, a fronte del versamento di una determinata quota di contributi (le prime manifestazioni in Inghilterra, di carattere mutualistico nel 1831); pilastro assistenziale «dedicato» (tra il 1930 e il 1950), tramite sussidi di disoccupazione nel caso di impossibilità di accesso al primo pilastro oppure di esaurimento delle spettanze e persistenza dell'evento assicurato; pilastro assistenziale «generale» (dal 1980 circa), per tutti anche non lavoratori, che fornisce, a chi non ha reddito o patrimonio, un «reddito minimo garantito». Prof. Carmelo Bruni
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Dal punto di vista della disoccupazione, anche in questo caso i parametri da considerare sono tre: generosità degli importi e della durata: il tasso di sostituzione (rapporto tra ammontare della retribuzione e della indennità) varia da paese a paese (dal 2008 in Italia l’indennità spetta nella misura del 60% della retribuzione media lorda per 6 mesi, al 50% per i 2 mesi seguenti e al 40% per i restanti), così come la durata dell’erogazione. In Italia è di 8 mesi (per chi ha meno di 50 anni) o 12 mesi (per chi ha 50 o più anni) e varia anche l’ammontare; Prof. Carmelo Bruni
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modalità di finanziamento: in genere i finanziatori dell’indennità sono i lavoratori e i datori di lavoro, con proporzioni diverse da paese a paese (in Italia a carico dei secondi, in Danimarca dei primi). In caso di mancata copertura contributiva, o in caso di ulteriore proroga, interviene direttamente lo Stato mediante la fiscalità generale; Prof. Carmelo Bruni
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requisiti di accesso: involontarietà (licenziamento; sospensione per mancanza di lavoro; scadenza del contratto), cioè non si ha se il lavoratore si dimette a meno che non ci siano giustificati motivi (quali: molestie sessuali; mancato pagamento della retribuzione; modifica peggiorativa delle mansioni lavorative; mobbing; notevole variazione delle condizioni di lavoro a seguito della cessione dell’azienda; spostamento del lavoratore da una sede all’altra, senza comprovate ragioni; comportamento ingiurioso del superiore gerarchico). Prof. Carmelo Bruni
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essere disoccupato (ossia non svolgere alcun tipo di attività lavorativa, né autonoma né subordinata né parasubordinata); avere svolto un’attività lavorativa in regola almeno due anni prima del licenziamento; aver fatto domanda all’istituto erogatore e aver rilasciato la dichiarazione di immediata disponibilità sia a svolgere un’attività lavorativa sia a seguire il percorso proposto per la ricerca di una nuova occupazione; Prof. Carmelo Bruni
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anzianità contributiva (avere almeno un anno di contribuzione, x contributi settimanali, nei 2 anni che precedono la data di cessazione del rapporto di lavoro); essere in possesso della capacità lavorativa, sia pure residua (non avere cioè in corso malattie che provochino la temporanea inabilità al lavoro. In caso contrario, l’indennità sarà erogata a partire dal momento del recupero della capacità lavorativa). Prof. Carmelo Bruni
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La promozione dell'occupazione (o politiche attive): sia dal lato dell’offerta (persone in cerca di occupazione), che della domanda di lavoro, riguardano quegli interventi volti ad incidere direttamente sulla struttura complessiva del mercato del lavoro creando nuova occupazione o intervenendo, a scopo preventivo o solutivo, sulle possibili cause della disoccupazione. L’obiettivo costitutivo delle politiche attive del lavoro è, quindi, quello di evitare che una persona finisca col rimanere per lungo tempo «intrappolata» nel suo stato di disoccupazione, promuovendo dunque il passaggio da una tutela passiva del reddito ad una «tutela attiva» dell'individuo nel mercato del lavoro. Prof. Carmelo Bruni
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Per quanto riguarda le strategie proattive, l'OCSE ne distingue 5 grandi gruppi: sussidi all'occupazione (non alla disoccupazione): trasferimenti monetari per incentivare l’assunzione; creazione diretta e temporanea di posti di lavoro (soprattutto per le fasce deboli: disabili, ex-Td); formazione professionale (migliorare il Capitale Umano) ; sostegno finanziario e servizi per la nuova imprenditorialità (per donne e giovani); servizi per l'orientamento ed il collocamento lavorativo (servizi per l’impiego). Prof. Carmelo Bruni
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Le politiche attive hanno seguito uno sviluppo divisibile in tre fasi: Anni ‘50: formazione professionale, apprendistato e servizi pubblici di collocamento; Anni ‘70: dopo lo shock petrolifero e nella crisi, creazione diretta di posti di lavoro; Metà anni ‘90: paradigma dell’attivazione per favorire il veloce reingresso e l’impegno del lavoratore. Con disincentivi all’immobilismo (riduzione nel tempo dell’importo comunque a termine) e condizionando il sussidio alla dimostrazione di cercare lavoro (con prolungamento della durata). Prof. Carmelo Bruni
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Il paradigma dell’attivazione in UE ha portato anche alla modifica dei Servizi per l’Impiego (SPI): Nel decentramento territoriale delle funzioni; Nella comparsa di agenzie private di collocamento in collaborazione con il pubblico; Lo sviluppo di modalità di assistenza individualizzate; Il maggior controllo sui beneficiari delle indennità. Prof. Carmelo Bruni
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Spesa per politiche attive in % sul PIL 2005 2006 2007 2008 2009 UE 0,51 0,50 0,46 0,47 0,54 Italia 0,48 0,42 0,38 0,36 Germania 0,61 0,60 Danimarca 1,27 1,21 1,02 0,98 1,17 Spagna 0,58 0,63 0,65 Polonia 0,40 0,53 Prof. Carmelo Bruni
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Spesa per politiche attive per settore sul totale della spesa Totale in euro (milioni) SPI Formazione Incentivi occupazione GB 5.220 86,6 4,9 4,3 Ita 6.003 8,6 45,3 38,8 G 23.544 37,7 35,0 10,7 D 3.303 21,0 20,1 12,9 E 8.278 16,9 22,4 33,2 Pl 1.939 15,8 6,3 26,0 Prof. Carmelo Bruni
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Spesa per politiche attive per settore sul totale della spesa Posti di lavoro Occ. E formaz. Fasce deboli Incentivi imprenditorialità GB 1,3 2,9 0,0 Ita 1,5 5,2 G 6,0 3,7 7,0 D 46,0 E 10,2 3,5 12,6 Pl 4,4 26,0 13,5 Prof. Carmelo Bruni
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Il modello italiano di politica del lavoro si fonda su due gambe: Una legislazione di stampo garantista: contratti a tempo indeterminato e full time, contrasto al licenziamento, e ai contratti atipici; Ammortizzatori sociali di modello assicurativo, che crea discriminazioni; Monopolio pubblico del collocamento. Prof. Carmelo Bruni
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La regolazione dei rapporti di lavoro: anni ‘50-’70 Fino al 1942 i rapporti di lavoro non erano a tempo indeterminato. Al tempo stesso esisteva la libertà di licenziamento. Nel 1962 (L. 230) venne disciplinato il contratto di lavoro a tempo determinato, inizialmente previsto solo per alcune categorie e prestazioni (lavoratori stagionali, dello spettacolo, per servizi straordinari o occasionali). Nel 1966 (L. 604) venne disciplinato il licenziamento individuale: compaiono i concetti di “giusta causa” e di “giustificato motivo” e l’obbligo del reintegro o del risarcimento. Prof. Carmelo Bruni
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La regolazione dei rapporti di lavoro: anni ‘50-’70 Con l’“autunno caldo” del 1969 (connessione tra le rivendicazioni giovanili con la protesta operaia per il rinnovo del CCN del metalmeccanici), vennero abolite le «gabbie salariali», cioè i differenziali retributivi per aree geografiche stabiliti dalla contrattazione collettiva nell'immediato 2° dopoguerra. Sempre in questo clima fu adottato lo Statuto dei diritti dei lavoratori (legge 300/1970); Prof. Carmelo Bruni
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La regolazione dei rapporti di lavoro: anni ‘50-’70 Lo statuto dei lavoratori ancora oggi rappresenta il testo legislativo di riferimento, tocca numerosi temi tra i quali: i diritti di libertà sui luoghi di lavoro; la tutela del posto di lavoro (art. 18, licenziamento nelle aziende con più di 15 dipendenti); la protezione delle libertà sindacali; la disciplina della presenza sindacale sui luoghi di lavoro; la tutela giurisdizionale delle libertà e attività sindacali. Va poi ricordato l’accordo Lama-Agnelli del ‘75 sulla revisione della scala mobile (introdotta nel ‘46) Prof. Carmelo Bruni
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Il sostegno al reddito: anni ‘50-’70 In Italia lo schema di assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria è del 1919, e riguardava solo i lavoratori dell’industria con 2 anni di contribuzione e 52 contributi versati. Dopo il 2° conflitto mondiale, in un’Italia segnata da disoccupazione e inflazione fu introdotta, nel 1941 al Nord e dal 1945 al Paese, la Cassa Integrazione Guadagni (CIG), quale forma di sostegno al reddito per la «disoccupazione parziale o temporanea», ovvero per i casi di mancanza di lavoro dovuta alla sospensione transitoria delle attività produttive. Prof. Carmelo Bruni
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Il sostegno al reddito: anni ‘50-’70 Nel 1968 (L. 115) si ha l’introduzione della Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per gli operai dell'industria a seguito di crisi settoriali o locali delle attività produttive o nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione e riconversione aziendale. Prof. Carmelo Bruni
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Indennità di disoccupazione CIG CIGS Scopo Perdita del lavoro involontaria Sospensione temporanea dell’attività Ristrutturazione, riconversione, riorganizzazione. Crisi Procedura per averla A domanda se si ha diritto Su richiesta dell’azienda Importo Forfettario 80% del reddito Durata 6 mesi 13 settimane fino a 12 mesi 3 mesi, ma prorogabile sine die Finanziamento Contributi da datori Contributi da datori e Stato Lavoratori e Stato Prof. Carmelo Bruni
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Le politiche pro-attive: anni ‘50-’70 Nel 1949 la legge 264 (legge Fanfani) predisponeva una riforma complessiva del sistema del collocamento fondata sul monopolio pubblico sul collocamento: la competenza esclusiva del collocamento venne affidata al Ministero del Lavoro, il quale avrebbe operato sul territorio attraverso la rete degli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione (UPLMO); vietando a chiunque altro l'esercizio della mediazione della domanda e dell'offerta di lavoro. Prof. Carmelo Bruni
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Le politiche pro-attive: anni ‘50-’70 Il collocamento poteva avvenire in 3 modi: «richiesta o chiamata numerica»: il datore di lavoro indicava il numero, la categoria e la qualifica professionale delle assunzioni di cui abbisognava all'UPLMO di competenza territoriale, il quale provvedeva all'avviamento dei lavoratori sulla base di alcuni criteri; Prof. Carmelo Bruni
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Le politiche pro-attive: anni ‘50-’70 «richiesta o chiamata nominativa»: scelta diretta da parte del datore di lavoro del personale da assumere, nelle aziende con meno di 5 dipendenti (per una quota parte dei lavoratori in caso di assunzioni numericamente significative); per il personale impegnato in mansioni di vigilanza o custodia; per il primo avviamento di lavoratori in possesso di titoli di studio rilasciati da scuole professionali; «assunzione diretta»: solo nei casi di assunzione di un parente o affine; di assunzioni tramite concorso pubblico; di personale con funzioni direttive o destinato a servizi familiari; nel passaggio da un'azienda all'altra di un lavoratore occupato. Prof. Carmelo Bruni
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Le politiche pro-attive: anni ‘50-’70 Nel 1955 (L. 25) si ha l’introduzione dell’apprendistato per favorire l’occupazione dei giovani tra i 14 e i 20 anni e finalizzata all'acquisizione diretta di competenze tecnico-professionali per l'inserimento professionale delle nuove generazioni. Purtroppo sarà spesso utilizzato dagli imprenditori come una ghiotta occasione per usufruire: di manodopera sottopagata degli sgravi fiscali ad esso connessi. Prof. Carmelo Bruni
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Le politiche pro-attive: anni ‘50-’70 Nel 1978 venne promulgata la legge quadro sulla formazione professionale (L. 845/78), in cui il ruolo centrale è affidato alla Regione, con lo scopo di creare un sistema pubblico di formazione. Prof. Carmelo Bruni
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Le politiche del lavoro: anni ‘50-70 in sintesi In definitiva, alla fine degli anni '70 il sistema italiano si era andato definendo su alcune caratteristiche: il lavoratore adulto maschio come paradigma di riferimento; orientamento alla difesa del posto e del salario; monopolio pubblico di gestione del sistema; indennità di importo modesto, solo per chi aveva anzianità contributiva; discriminazione tra categorie professionali e settori produttivi (la Cig era per i settori industriali e altamente sindacalizzati; la disoccupazione per chi aveva lavorato almeno un anno, etc…). Prof. Carmelo Bruni
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Le sfide degli anni ‘80 Impennata dell'inflazione, aumento della spesa pubblica, automazione produttiva (tagli al personale meno qualificato), terziarizzazione del mercato del lavoro, significativo inserimento delle donne nel mondo del lavoro. In Europa e U.S.A. la tendenza è verso la stretta liberale (Thatcher e Reagan), la cosiddetta deregulation: contenimento dell'inflazione e della spesa pubblica (contrazione del Welfare), incremento dell'occupazione tramite flessibilizzazione degli ingressi, delle uscite e delle tutele riconosciute. Prof. Carmelo Bruni
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Le sfide degli anni ‘80 In Italia sono 2 le questioni cruciali attorno alle quali ruota l’agenda politica: da un lato il problema dell'inflazione a due cifre (che arrivò a crescere fin sopra il 20%) e, dall'altro lato, il dissesto dei conti pubblici; Sono gli anni della centralità del PSI di Craxi, ago della bilancia nella contrapposizione DC-PCI. Sono gli anni del primo Presidente del Consiglio non DC (Spadolini nel 1981); Evento centrale fu la “marcia dei ” del 1980: segnò la fine della stagione delle rivendicazioni sindacali fondate sulla contrapposizione e iniziate con l’autunno caldo. Prof. Carmelo Bruni
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Le sfide degli anni ’80 Alle difficoltà occupazionali ed economiche (inflazione: 21% nel 1980) il governo rispose attraverso la larga concessione di integrazioni salariali e con l'introduzione del prepensionamento e la contrattazione del blocco della scala mobile. Dopo il Protocollo Scotti (il ministro del lavoro) del 1983 segna la nascita della concertazione trilaterale (governo-confindustria-sindacati) e il prolungarsi della contrattazione Craxi tagliò per decreto la scala mobile di quattro punti ("decreto di San Valentino" del 1984), ottenuto con la sola concertazione della CISL e della UIL. Prof. Carmelo Bruni
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La regolazione dei rapporti di lavoro: anni ‘80 Nel 1984 vennero introdotti: i contratti di solidarietà (difensivi, cioè contratti collettivi aziendali che prevedono la riduzione dell'orario di lavoro per contrastare il rischio di esuberi del personale, a fronte della concessione di integrazioni salariali per gli operai e gli impiegati coinvolti ed esterni, cioè quelli in cui la riduzione dell'orario di lavoro è al contrario orientata all'incremento degli organici); il contratto di formazione lavoro; il part-time; l’abbattimento dei vincoli procedurali nelle assunzioni (chiamata numerica) a favore delle forme più libere. Prof. Carmelo Bruni
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Le misure di sostegno al reddito: anni ‘80 Centrale è l'introduzione del prepensionamento (con L. 155/81), che consente a donne di 50 anni o a uomini di 55 (con almeno 15 anni di contributi) di andare in pensione in deroga alle norme. In genere nasce come misura per favorire il ricambio da noi come tutela dell’occupazione esistente. Va segnalata, poi, l’introduzione dell’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti (L. 160/88), per tutti coloro che non potevano fruire di quella ordinaria. Prof. Carmelo Bruni
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Le misure di sostegno al reddito: anni ‘80 Il contratto di formazione lavoro (per i giovani dai 15 ai 29 anni, per max 24 mesi) nasce per favorire l’occupazione giovanile, che già allora era un problema. Altre misure saranno volte a favorire l’occupazione nel Mezzogiorno d’Italia. Prof. Carmelo Bruni
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Le politiche del lavoro: anni ‘80 in sintesi In definitiva, ci si trova di fronte a una perdurante crisi economica (inflazione) e occupazionale. I temi al centro delle politiche del lavoro: il meccanismo della scala mobile; far fronte all’eccessiva presenza di manodopera operaia in un’economia sempre più tecnologica e macchinizzata; un sistema di deregolazione strisciante controllata sindacalmente. Prof. Carmelo Bruni
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