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LE INFEZIONI OSPEDALIERE

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Presentazione sul tema: "LE INFEZIONI OSPEDALIERE"— Transcript della presentazione:

1 LE INFEZIONI OSPEDALIERE
PIA FONDAZIONE DI CULTO E RELIGIONE CARD. G. PANICO Polo Didattico Formativo Sede Corso di Laurea in Infermiristica LE INFEZIONI OSPEDALIERE Docente: Sr. Antonella Guarini ANNO ACCADEMICO

2 Le persone ricoverate in ospedale sono esposte ad una grande varietà di microrganismi e possono contrarre infezioni, in particolare se indebolite, stressate, malnutrite o affette da patologie che compromettono le difese immunitarie. Quando non vengono applicate le misure di sicurezza i degenti sono a rischio di INFEZIONI OSPEDALIERE.

3 INFEZIONI ACQUISITE IN UN CONTESTO DI CURA

4 INFEZIONI OSPEDALIERE
Le infezioni ospedaliere rappresentano un importante problema per tutta la collettività e in particolare per tutti coloro che operano in ospedale, per i cittadini e per gli amministratori, in quanto rappresentano oneri aggiuntivi sia sul piano umano ( sofferenza per il malato), sia sul piano economico ( aumento dei tempi di ricovero, aumento del consumo dei farmaci e presidi) che sul piano della responsabilità giuridica.

5 L’asepsi nelle pratiche mediche e chirurgiche è essenziale per prevenire malattie legate a pratiche sanitarie. Per prevenire la diffusione di microrganismi negli ambienti sanitari è fondamentale mettere in atto norme igieniche seguendo precise indicazioni legislative……

6 …per es. : -sangue umano e ogni materiale contenente sangue o suoi componenti ( sperma, secrezioni vaginali, liquido cerebrospinale, l. pleurico, l. pericardico, l. amniotico, l. sinoviale) sono considerati materiali infetti. In questo modo, tutte le persone sono trattate e protette allo stesso modo, indipendentemente dalla presenza o meno di infezione. Secondo tale approccio, qualsiasi liquido biologico ( urine, feci, sangue, espettorato) è contaminato.

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INFEZIONE e’…. L’invasione e la moltiplicazione di un microrganismo in un organo ospite. Questa situazione si accompagna spesso alla manifestazione di sintomi e di segni clinicamente evidenti, sia locali che sistemici dovuti alla proliferazione nei tessuti del microrganismo e alla conseguente reazione infiammatoria con ingrossamento dei linfonodi.

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COLONIZZAZIONE è... La semplice presenza di un microrganismo sulla cute, le mucose, ecc. senza manifestazioni cliniche evidenti.

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ANTISETTICO Sostanza chimica capace di prevenire o bloccare lo sviluppo di agenti patogeni, destinata in particolare all’applicazione su tessuti viventi. Poiché l’azione dell’antisettico dipende dalla sua concentrazione e dalle condizioni di impiego, tempo di contatto, temperatura, pH, presenza di sostanze organiche, ecc. la sua azione viene considerata oggi BATTERICIDA.

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ANTISEPSI Procedura atta a ridurre gli agenti patogeni presenti su tessuti viventi mediante distruzione o inibizione della moltiplicazione.

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ASEPSI Assenza di qualsiasi tipo di microrganismo anche sotto forma di spora, ottenuta mediante processo di sterilizzazione.

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BATTERICIDA Agente chimico o fisico in grado di uccidere soltanto i batteri, termine che viene riferito più ampiamente all’uccisione di tutti i microrganismi in fase vegetativa: batteri, miceti, virus.

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BATTERIOSTATICO Sostanza chimica che previene lo sviluppo dei batteri inibendone la moltiplicazione, ma senza ucciderli.

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DECONTAMINAZIONE Procedura attraverso cui il materiale contaminato viene reso sicuro da maneggiare, si effettua di norma prima del processo di sterilizzazione; consiste nell’immersione dei presidi medico- chirurgici venuti in contatto con materiale biologico in un disinfettante di provata efficacia prima del loro lavaggio manuale.

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DETERGENTE Sostanza che allenta la tensione tra sporco e superficie da pulire per facilitarne l’asportazione.

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DISINFESTANTE Sostanza chimica in grado di uccidere parassiti animali sulla cute, negli indumenti e negli ambienti.

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DISINFESTAZIONE Procedura atta a diminuire o eliminare parassiti animali con meccanismo chimico o fisico.

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DISINFETTANTE Sostanza chimica capace di eliminare agenti patogeni: batteri, funghi, virus, con esclusione delle spore batteriche, in modo non selettivo da superfici e dispositivi inanimati. Differisce dall’antisettico per un più elevato grado di tossicità e di azione irritante sull’organismo.

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SPORICIDA Agente capace di uccidere le spore batteriche che sono più resistenti delle cellule vegetative dei batteri.

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Sono definite quelle malattie di origine infettiva contratte da pazienti in ambiente ospedaliero che non sono evidenti all’ingresso ma che si manifestano durante e dopo il ricovero e da questo sono causate.

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Le I.O. possono essere classificate in due tipi: a seconda della sorgente dell’infezione: Infezioni Esogene o Crociate Infezioni Endogene

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Infezioni Esogene o Crociate Sono le infezioni contratte per un contagio interumano con altri pazienti o personale o per trasmissione di microrganismi da fonti inanimate; in ogni caso la sorgente è interna all’ospedale, ma è esterna al paziente;

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Infezioni Endogene Sono le infezioni causate da microrganismi che il paziente alberga in aree normali o settiche del suo corpo ( autoinfezione).

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LE CAUSE l’antibiotico-terapia e la profilassi antibiotica ( specialmente se somministrata in maniera errata); le manovre assistenziali e di diagnosi e cura (eseguite nel NON rispetto delle norme igieniche );

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LE CAUSE l’aumento del numero dei pazienti ospedalizzati suscettibili alle infezioni ( pz. sottoposti a trapianto; malati ricoverati in terapia intensiva e agli immunidepressi ); l’aumento delle procedure invasive ( per la diagnosi e la terapia es. infusioni endovenosa, cateterismo vescicale, interventi protesici, ecc.)

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LE CAUSE L’incremento del numero delle persone che vengono in contatto con uno stesso paziente (visitatori, amici e parenti, che in massima parte sono ignari delle norme di prevenzione). Ciascun individuo immette nell’ambiente, per minuto, un numero di batteri che può variare da 1500 a 5000, in funzione del tipo di attività svolta e dell’abbigliamento indossato!!!!

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LE CAUSE La maggiore mobilità del paziente all’interno dell’ospedale ( lo spostamento del soggetto da un luogo ad un altro lo espone all’attacco di altri batteri che incontra lungo il percorso o nel nuovo ambiente).

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LE CAUSE L’inadeguatezza delle strutture architettoniche e dei servizi ( spesso la carenza delle strutture determina una grossa difficoltà e in alcuni casi l’impossibilità di mettere in pratica una serie di comportamenti preventivi).

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FONTI E VEICOLI DI CONTAGIO L’UOMO L’ammalato stesso Personale di assistenza Altro paziente

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L’ammalato stesso Questi si verifica in caso di autoinfezione, in quanto l’infezione è dovuta a germi di cui il paziente stesso è portatore. In questo caso possono essere fonte di infezione: la cute, il naso, l’orofaringe, l’intestino; le mani possono invece costituire un veicolo.

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Altro paziente o personale di assistenza Essi sono sorgenti e/o veicoli. Particolare importanza assumono i cosiddetti “portatori sani”; nelle infezioni nosocomiali i “portatori sani” più frequenti sono rappresentati dal personale di assistenza.

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FONTI E VEICOLI DI CONTAGIO L’AMBIENTE Inteso come insieme di tutti quei substrati dove i batteri possono essere in grado di riprodursi ( strumenti medicali, materiale d’uso, pomate, cibi, ecc.)

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DOVE SI LOCALIZZANO? Circa l’80% delle infezioni ospedaliere si localizza a livello delle: infezioni del tratto urinario, della ferita chirurgica, delle basse vie respiratorie,

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QUALI I FATTORI DI RISCHIO? I fattori di rischio relativi alle infezioni ospedaliere sono relativi a: età: il rischio di infezione aumenta con l’aumentare dell’età, tipo di reparto: le chirurgie e le terapie intensive hanno tassi di infezione più elevati,

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QUALI I FATTORI DI RISCHIO? alla durata della degenza pre-operatoria, alla esposizione a manovre invasive quali il cateterismo vescicale, intravascolare, la respirazione assistita.

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QUALI LE MISURE DI CONTROLLO? Le indicazioni che oggi vengono fornite nell’ambito della prevenzione sono il risultato di studi clinici internazionali tra questi ricordiamo i CDC di Atlanta che continuano a rivedere e riproporre le raccomandazioni da adottare sulla logica di una classificazione di misure a tre livelli di efficacia:

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INFEZIONI OSPEDALIERE C.D.C. Di ATLANTA Cosa sono? Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie ( Centers for Disease Control and Prevention ) C.D.C. sono un importante organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti d'America. Hanno il compito di monitorare, prevenire e suggerire gli interventi più appropriati in caso di contagio diffuso ed epidemie.

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MISURE DI CONTROLLO ( CDC di Atlanta) LIVELLO 3 LIVELLO 1 LIVELLO 2

39 MISURE DI CONTROLLO ( CDC di Atlanta)
LIVELLO 1 Sono le misure vivamente raccomandate in quanto sostenute da studi clinici controllati che dimostrano l’efficacia nel ridurre il rischio di infezione ospedaliera. Es. sterilizzazione corretta, tecniche di lavaggio delle mani, cateterismo vescicale a circuito chiuso, gestione corretta dei cateteri intravascolari e dell’attrezzatura respiratoria.

40 MISURE DI CONTROLLO ( CDC di Atlanta)
LIVELLO 2 Si tratta di misure moderatamente raccomandate in quanto seppur sostenute da studi potrebbero non essere estese a tutte le realtà ospedaliere. Es. le misure di isolamento e l’educazione del personale sanitario.

41 MISURE DI CONTROLLO ( CDC di Atlanta)
LIVELLO 3 Sono le misure scarsamente raccomandate in quanto non sostenute da studi. Es. la disinfezione ambientale, le luci ultraviolette, la nebulizzazione con sostanze disinfettanti, sorveglianza microbiologica ambientale.

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STERILIZZAZIONE Processo fisico o chimico che ha l’obiettivo di distruggere ogni forma vitale comprese le forme sporigene, si applica su materiali e strumenti.

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OBIETTIVO …..è la distruzione di ogni microrganismo vivente, sia esso patogeno o non patogeno, in fase vegetativa o di spora.

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STERILE Strumento o materiale privo di microrganismi sulla sua superficie. Descritta come la possibilità di sopravvivenza di un microrganismo pari a 1: E’ comunque corretto definire la sterilità come la condizione in cui la sopravvivenza di un microrganismo è altamente improbabile.

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METODICHE DI STERILIZZAZIONE Due sono le metodiche di sterilizzazione utilizzate, secondo la diversa natura dell’agente sterilizzante impiegato: METODI FISICI METODI CHIMICI

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METODI FISICI CALORE SECCO CALORE UMIDO

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CALORE SECCO E’ il metodo che utilizza il calore secco (aria calda) come agente sterilizzante. Il processo di sterilizzazione si realizza con la combinazione di alcuni parametri importanti: il tempo la temperatura all’interno della camera di sterilizzazione

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Quale apparecchiatura si utilizza? L’apparecchiatura, detto forno di Pasteur, è simile ad un piccolo armadio in acciaio a doppia parete dotato di resistenze elettriche. Tale sterilizzatore deve essere dotato di una strumentazione minima: un termometro per la visualizzazione della temperatura, un termostato per la selezione della temperatura, un timer per impostare il tempo, indicatori luminosi per indicare il funzionamento.

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I parametri Temperatura (°C) Tempo (m’) 180 170 160 30 60 120 Temperature superiori incrementano il deterioramento del materiale ; temperature inferiori richiedono tempi eccessivamente lunghi.

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COSA STERILIZZARE? Strumenti metallici Vetreria Olii e polveri

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SVANTAGGI Lento riscaldamento dei materiali, lunga durata del processo, temperature molto elevate, deterioramento dei materiali tessili.

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CALORE UMIDO Il metodo del calore umido sotto pressione è considerato il metodo più diffuso per la sterilizzazione dei materiali sanitari in ambito ospedaliero.

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CALORE UMIDO Il vapore saturo sotto pressione è il metodo più efficace ed economico per la sterilizzazione del materiale sanitario termoresistente, ma occorre tenere presente che ogni processo di sterilizzazione è influenzato da alcuni elementi determinanti quali:

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CALORE UMIDO la tipologia e la quantità dei microrganismi, il tempo e la temperatura della fase di sterilizzazione.

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CALORE UMIDO Il tempo di sterilizzazione necessario a distruggere una determinata popolazione microbica deve essere calcolato a partire dal momento in cui la temperatura è stata realmente raggiunta nella camera della sterilizzatrice.

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STERILIZZAZIONE A VAPORE Il vapore saturo sotto pressione è stato il primo modello di sterilizzazione utilizzato in ospedale: dal 1880, anno in cui fu costruita la prima autoclave da Chambelain, si sono susseguite numerose variazioni fino ad arrivare al 1933, anno che ha visto l’inizio della moderna sterilizzazione.

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STERILIZZAZIONE A VAPORE Il vapore sotto pressione può uccidere microrganismi più velocemente ed efficacemente di quanto possa farlo il calore secco. Il vapore coagula la componente proteica di una cellula batterica nello stesso modo con cui viene coagulato l’albume di un uovo immerso in acqua bollente.

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STERILIZZAZIONE A VAPORE Questo procedimento sfrutta il principio fisico secondo cui l’acqua, sottoposta all’azione del calore in un contenitore chiuso, genera pressione in relazione alla temperatura prodotta e ne aumenta il punto di ebollizione.

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STERILIZZAZIONE A VAPORE Il vapore così generato e controllato garantisce la distruzione di forme batteriche sporigene altamente resistenti.

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CON QUALI APPARECCHIATURE? Per la sterilizzazione a vapore vengono utilizzate apparecchiature dette autoclavi o sterilizzatrici.

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L’AUTOCLAVE L’autoclave è costituita principalmente da una struttura in acciaio o in lega metallica, a sezione cilindrica o parallelepipeda, munita di una o due porte a tenuta ermetica, detta camera di sterilizzazione, al cui interno viene introdotto il materiale da sterilizzare.

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I MATERIALE E LE TEMPERATURE Tessili, strumenti e vetrerie confezionati ( 134 °C per 7 min.) Strumenti e vetrerie non confezionati ( 134 °C per 4 min.) Materiale in gomma o plastica autoclavabile ( 121 °C per 15 min.)

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METODI CHIMICI PEROSSIDO DI IDROGENO OSSIDO DI ETILENE RADIAZIONI FORMALDEIDE

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OSSIDO DI ETILENE ( Et.O.) L’ossido di etilene è un gas tossico utilizzato agli inizi del 1900 come pesticida; il suo valore come sterilizzante divenne evidente verso il 1940 con la prima applicazione per il trattamento di presidi sanitari in ospedale.

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OSSIDO DI ETILENE ( Et.O.) I parametri definiti fondamentali per i trattamenti di sterilizzazione a ossido di etilene sono: tempo, temperatura, pressione, umidità relativa, concentrazione di Et.O.

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OSSIDO DI ETILENE ( Et.O.) Le caratteristiche chimiche dell’Et.O. determinano problemi di natura tossica, di infiammabilità ed esplosività connessi al suo utilizzo. A livello operativo ciò si tramuta in problemi di sicurezza per gli addetti, per l’ambiente e, relativamente al residuo presente nel materiale trattato, per il paziente.

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OSSIDO DI ETILENE ( Et.O.) Un passo importante del processo, prima di poter utilizzare il materiale sterilizzato, è il DEGASAMENTO dello stesso, ovvero la rimozione dei residui di gas dalla superficie dello strumento, residui che risulterebbero altamente tossici per l’uomo.

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COSA STERILIZZARE? Tutto il materiale costituito da gomma, plastica, fibre ottiche ecc. Materiale di vetreria e metalli non confezionati non richiedono degasamento in quanto impermeabili all’ossido di etilene.

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PER IRRAGGIAMENTO Per quanto riguarda la sterilizzazione mediante radiazioni, questa agisce direttamente sulla struttura dell’oggetto sottoposto al trattamento, modificando le molecole delle sostanze plastiche che compongono il presidio.

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COSA STERILIZZARE? Alcuni tipi di materiali possono subire più trattamenti di sterilizzazione mediante radiazioni ( metalli ); in caso di materiali plastici, invece, si dovrà verificare la dose già somministrata e la tipologia di plastica in oggetto.

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FORMALDEIDE Questo tipo di sterilizzazione fu sviluppata nel quando un sistema combinato di vapore e formaldeide fu utilizzato ad una temperatura di °C. Con una temperatura bassa del vapore si evidenziò come batteri vegetali venissero rapidamente uccisi, non così le spore che richiedevano tempi più lunghi di esposizione e concentrazioni maggiori di formaldeide.

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FORMALDEIDE La sterilizzazione con formaldeide è una alternativa alla sterilizzazione a bassa temperatura di presidi termolabili. Rispetto all’Et.O la formaldeide presenta minori rischi legati alla infiammabilità ed esplosività, anche se altri rischi sono connessi alla natura tossica del gas.

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PEROSSIDO DI IDROGENO ( GAS PLASMA) La sterilizzazione con gas plasma si basa sul principio che un gas, attraversato da un campo elettrico, genera reazioni di ionizzazione e produzione di radicali liberi incompatibili con la sopravvivenza cellulare microbica. Il sistema più diffuso utilizza una soluzione di perossido di idrogeno.

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PEROSSIDO DI IDROGENO ( GAS PLASMA) Il sistema è basato sul principio che prevede l’impiego di piccoli quantitativi di perossido di idrogeno al 58% introdotto nello sterilizzatore e vaporizzato in condizioni di vuoto. Attraverso la creazione di un campo elettromagnetico il vapore viene trasformato allo stato di gas plasma.

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PEROSSIDO DI IDROGENO ( GAS PLASMA) I componenti così sviluppati hanno la capacità di interrompere le funzioni vitali dei microrganismi, con particolare azione a livello degli acidi nucleici e delle membrane cellulari.

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PEROSSIDO DI IDROGENO ( GAS PLASMA) Il processo si realizza alla temperatura di 45-50° C con successive fasi di vuoto, ventilazione, iniezione- diffusione ( 2 volte) e ventilazione finale. Al termine del ciclo, della durata complessiva di circa 75 minuti, tutti i componenti attivi si ricombinano a formare composti stabili, non tossici, in larga misura costituiti da acqua e ossigeno.

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PEROSSIDO DI IDROGENO ( GAS PLASMA) Il processo è documentabile attraverso l’emissione di una registrazione di tutte le fasi del ciclo. Il sistema include l’esecuzione di test di controllo chimici e biologici e…..

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PEROSSIDO DI IDROGENO ( GAS PLASMA) ...inoltre l’apparecchiatura è dotata di sistema automatico di annullo del ciclo in caso di anomalie registrate durante il processo. La prova biologica si effettua con l’impiego di spore di Bacillus subtilis da seminare, in seguito, in terreni di coltura.

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PREPARAZIONE DEL MATERIALE Anche in questo caso il materiale deve essere attentamente decontaminato e pulito. La fase di asciugatura è fondametale per questo tipo di sterilizzazione; il caricamento di strumenti ancora umidi farebbe abortire il ciclo prolungando notevolmente i tempi per ottenere la sterilità dello strumento.

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PREPARAZIONE DEL MATERIALE Particolare attenzione va posta nella sterilizzazione di strumenti e altri presidi provvisti di canali interni di lunghezza superiore ai 50 cm, i quali richiedono l’utilizzo di “adattatori” particolari per permettere la diffusione dell’agente sterilizzante all’interno dei canali.

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COSA STERILIZZARE? Questa nuova tecnologia è stata messa a punto avendo come obiettivo la sterilizzazione di strumenti termolabili. Il sistema è incompatibile con materiali (involucri o presidi ) contenenti cellulosa o comunque porosi.

83 I CONTROLLI DI QUALITA’ del processo di sterilizzazione
INFEZIONI OSPEDALIERE I CONTROLLI DI QUALITA’ del processo di sterilizzazione Gli indicatori di sterilizzazione possono essere suddivisi in tre classi: INDICATORI CHIMICI DI PROCESSO INDICATORI CHIMICI DI STERILIZZAZIONE INDICATORI BIOLOGICI DI STERILIZZAZIONE.

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INDICATORI CHIMICI DI PROCESSO Indicano che uno strumento è stato sottoposto ad un ciclo di sterilizzazione corretto. L’esempio più comune è fornito dai rotoli di carta adesiva con inchiostro cromoforo.

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INDICATORI CHIMICI DI PROCESSO Questa tipologia di indicatore è generalmente sensibile ad un solo parametro; appartengono a questa categoria anche gli indicatori prestampati presenti su alcuni materiali di confezionamento.

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TEST DI BOWIE-DICK Studiando la distruzione delle spore in condizioni di sotto-vuoto, Bowie e Dick videro che: 1) le spore resistenti al vapore secco sono molto più sensibili in condizioni di sotto-vuoto; 2) sotto-vuoto le sostanze protettive sono allontanate per evaporizzazione lasciando la spora scoperta e quindi più facilmente aggredibile dal calore.

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TEST DI BOWIE-DICK Si evidenzia quindi che la presenza di aria è il fattore che impedisce maggiormente una corretta sterilizzazione, creando sbalzi termici all’interno della camera di sterilizzazione per cui alcune parti del materiale possono rimanere a temperatura più bassa.

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Qual è il principio di questo test? Se durante il ciclo di sterilizzazione l’aria non è correttamente rimossa dalla camera, viene spinta e convogliata dalla pressione del vapore in una zona, sotto forma di bolla. Essendo l’aria cattiva conduttrice di calore , nella zona della bolla non si raggiungeranno le temperature idonee alla sterilizzazione a causa della ridotta penetrazione del vapore.

89 INFEZIONI OSPEDALIERE
Qual è il principio di questo test? Sul foglio appositamente usato per il test, si evidenzierà un viraggio disomogeneo. Non è un test di sterilizzazione ma valuta solo la capacità di eliminazione dell’aria nella camera vuota della sterilizzatrice, individua cioè la presenza di bolle di aria all’interno dell’autoclave.

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TEST DI BOWIE-DICK Rappresenta la prova giornaliera dell’efficacia della penetrazione del vapore e della rimozione dell’aria per sterilizzatrici a vuoto e deve essere eseguita all’inizio dell’attività lavorativa.

91 INFEZIONI OSPEDALIERE
TEST DI BOWIE-DICK Questa prova è importante in quanto se non avvenisse una rimozione ottimale dell’aria non ci sarebbe sterilizzazione: i residui di aria, infatti, non consentono il raggiungimento della temperatura di sterilizzazione.

92 GLI INDICATORI CHIMICI NON ATTESTANO LA STERILITA’ DEL PRESIDIO,
INFEZIONI OSPEDALIERE GLI INDICATORI CHIMICI NON ATTESTANO LA STERILITA’ DEL PRESIDIO, MA SOLO CHE TUTTI I PARAMETRI PER I QUALI E’ PREDISPOSTO SONO STATI RISPETTATI.

93 INFEZIONI OSPEDALIERE
INDICATORI BIOLOGICI DI STERILIZZAZIONE Lo scopo degli indicatori biologici ( IB) è quello di determinare l’efficacia di un particolare ciclo di sterilizzazione, la capacità cioè di uccidere microrganismi. Le spore utilizzate per il controllo biologico sono generalmente di due tipi: bacillus stearothermophilus ( per vapore e ac. peracetico) bacillus subtilis ( per perossido di idrogeno e ossido di etilene))

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La prova biologica La prova biologica consiste nel sottoporre ad un ciclo di sterilizzazione una confezione contenete una preparazione standardizzata di Spore ( sopra menzionate).

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La prova biologica Trattasi di spore non patogene, conosciute ed altamente resistenti, la cui mancata sopravvivenza alle condizioni presenti all’interno della sterilizzatrice è indice che il processo di sterilizzazione si è compiuto. Lo svantaggio degli indicatori biologici è il lungo tempo di attesa del risultato microbiologico.

96 INFEZIONI OSPEDALIERE
La prova biologica La prova biologica prevede sempre l’effettuazione di una controprova che si esegue incubando ( in laboratorio di microbiologia) una confezione di spore, prelevata dal medesimo lotto, non sottoposta al processo di sterilizzazione in modo tale da potere controllare la vitalità delle spore ed un risultato di confronto.

97 INFEZIONI OSPEDALIERE Refertazione dei risultati
I controlli fisici effettuati sui processi di sterilizzazione devono essere conservati per almeno un anno. Il Test di Bowie-Dick e i referti dei test biologici, dovrebbero essere conservati per almeno 2 anni.

98 SIMBOLI USATI PIU’ FREQUENTEMENTE SUI DISPOSITIVI MEDICI

99 RINTRACCIABILITA’ STERILITA’’ STOCCAGGIO

100 RINTRACCIABILITA’

101 STERILITA’

102 STOCCAGGIO

103 ALTRE INDICAZIONI

104 Il marchio CE «La marcatura CE indica la conformità del prodotto alla legislazione UE applicabile che ne dispone l'apposizione. La marcatura CE è un indicatore fondamentale (ma non una prova) della conformità del prodotto alla legislazione dell'UE e consente la libera circolazione dei prodotti all'interno del mercato del SEE ( Spazio Economico Europeo) e della Turchia, a prescindere dal fatto che siano fabbricati nel SEE, in Turchia o in un altro paese».

105 Il marchio CE «La marcatura CE non indica che un prodotto è stato fabbricato nell'Unione europea, bensì indica la sua conformità a tutti i requisiti stabiliti dagli atti di armonizzazione dell'Unione in questione. Di conseguenza è da considerarsi un'informazione essenziale per le autorità degli Stati membri e per altre parti interessate (ad esempio i distributori).

106 Il marchio CE «La marcatura CE non serve per scopi commerciali, ossia non è uno strumento di marketing. La marcatura CE è il risultato visibile di un intero processo che comprende la valutazione della conformità in senso lato e indica che un prodotto è dichiarato conforme alla normativa di armonizzazione dell'Unione dal fabbricante». ( Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea)

107 Il marchio CE Ovviamente, anche il marchio C E, come tutti i marchi, può essere contraffatto o apposto illegittimamente. Nessuno, perciò, può garantire in anticipo che ogni prodotto con tale marchio sia completamente sicuro. In tal senso un esempio è rappresentato dal marchio CE, che sta invece per China Export, che potrebbero avere seri problemi alla dogana o sarebbero, comunque, soggette al rischio di sequestro della merce.

108 Il marchio CE Il marchio C E, che sta per Comunità Europea, presenta una maggiore spaziatura tra la “C” e la “E”: lo spazio è quasi pari ad un’altra C rovesciata. Le lettere C ed E del marchio non devono essere più piccole di 5 millimetri e, nel caso siano più grandi, le loro proporzioni vanno comunque rispettate. Il marchio dev’essere apposto o sul prodotto stesso, o sulla sua targhetta segnaletica. Se ciò non è possibile a causa della natura del prodotto, il marchio C E deve essere apposto sull’imballaggio e/o sui documenti di accompagnamento.

109 Ecco le differenze tra i due marchi:

110 Nel “China Export”, la C e la E sono meno distanti, anzi quasi unite.
Un metodo pratico efficace per comprendere se il marchio è originale o meno è il seguente: se unendo virtualmente le lettere, come rappresentato in figura, si forma un otto, il marchio è originale. In caso contrario è una contraffazione.

111 GRAZIE PER L'ATTENZIONE!


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