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PubblicatoGiacomo Valsecchi Modificato 6 anni fa
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Il fattore temporale nella coscienza Di Benjamin Libet
MIND TIME Il fattore temporale nella coscienza Di Benjamin Libet Davide Giacometti
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Cenni Biografici Benjamin Libet (Chicago, 12 aprile 1916 – Davis, 23 luglio 2007) è stato un neurofisiologo e psicologo statunitense, nonché professore emerito di Fisiologia all’University of California di San Francisco. Dedicò l’intera sua vita allo studio della coscienza umana, che esaminò attentamente attraverso una serie di esperimenti che lo resero un pioniere nella neurofisiologia e lo condissero ai vertici del successo scientifico e accademico. Giunto all’età della pensione, condensò tutte le sue ricerche nel suo libro Mind Time.
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Come si può studiare il cervello?
Studi di elettrofisiologia. (elettroencefalogramma) Quando le terminazioni nervose di una fibra del cervello, per trasmettere informazioni, entra in contatto con le terminazioni nervose di un’altra fibra, si genera una SINAPSI. In una sinapsi avviene una modificazione del campo elettrico che a sua volta genera corrente elettrica (PE) Studi specializzati attraverso le scoperte di Bertram Feinstein in ambito di Neurochirurgia stereotassica.
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Primo esperimento Era già noto che stimolando elettricamente una specifica area del cervello ad un soggetto sveglio si sarebbe prodotta una sensazione cosciente di prurito in un’altra specifica parte del corpo. La domanda dunque era: «quale era l’imput più debole che poteva comunque essere percepito dal soggetto?» Si procedette dunque ad applicare degli elettrodi sulla superficie della corteccia superiore e a produrre dei treni di impulsi ( al secondo) di intensità e durata differenti.
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Risultati Per ottenere che il soggetto sperimentale dichiarasse di aver provato una qualsiasi sensazione, di indifferente intensità, anche minima, sembrava necessario che gli impulsi avessero una durata di almeno 0.5 secondi Un treno di impulsi di < 0.5 s non avrebbe provato nessuna sensazione nel soggetto. Il soggetto affermare di non sentire assolutamente nulla. Ciò non cambiava in nessun caso, a meno che non si alzasse di molto l’intensità degli impulsi, arrivando però a intensità che difficilmente si vivranno mai in vita naturalmente. Il timing dunque risultava indipendente sia dall’intensità che dal tipo di impulso. Comprovato dai precedenti esperimenti di Jensen.
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I dati in questione fanno sorgere 3 domande
Tutti noi abbiamo un ritardo di 0.5 msec nell’ottenere consapevolezza di qualsiasi input che ci proviene dal cervello Il nostro tempo presente si riferisce sempre ad un tempo già passato da 0.5 msec. Esistono dunque due concezioni di tempo differenti Tempo della realtà effettiva Tempo della mente Con un’asincronia di 500 millisecondi I dati in questione fanno sorgere 3 domande
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1- Come è possibile questo ritardo?
Gli esperimenti confermano un ritardo di 0.5 msec, ma quando sfioro una superficie, sono immediatamente consapevole di ciò. Sono stati fatti molti esperimenti da Libet per cercare di risolvere a questo interrogativo SI VERIFICA UN’ATTRIBUZIONE SOGGETTIVA DEL TIMING. Il nostro cervello CORREGGE l’informazione e ce la riporta indietro nel tempo, dandoci l’idea di averla provata in quel preciso momento. Questa correzione avviene automaticamente dal cervello e noi ne siamo sin da piccoli abituati che ormai non ce ne rendiamo più conto. Percezioni diverse della realtà come conferma di questo ritardo del TM rispetto al TR
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3- Che cosa accade in questi 0.5 msec.
2- sensazioni che ci sembrano durare poco Sfioro per un attimo una superficie, sono consapevole di questa sensazione e che è durata meno di 0.5 secondi. Come è possibile? Libet: per ogni atto consapevole, il PE nel nostro cervello sarà di almeno 0.5 msec. È il cervello che RETRODATANDOCI l’esperienza percepita ci da l’idea della simultaneità 3- Che cosa accade in questi 0.5 msec. Durante questo tempo, per Libet, il cervello «lavora» normalmente, svolgendo immediatamente gli stimoli . MA NOI DIVENTIAMO CONSAPEVOLI SOLAMENTE DI QUEGLI STIMOLI CHE DURANO ALMENTO 0.5 MSEC. Il resto viene svolto dal cervello direttamente, in maniera a noi inconsapevole. Esperimento della consapevolezza
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Subito dopo , il soggetto dovrà spingere uno degli altri tre pulsanti.
Un soggetto viene posto difronte a due pulsanti che si illuminano in maniera alternata della durata di 1 sec ognuno. Viene contemporaneamente stimolata la parete corticale con un treno di impulsi di intensità e durata differenti. Il soggetto, ogni volta, deve dire, spingendo l’adeguato pulsante, in quale secondo è stato percepito lo stimolo Subito dopo , il soggetto dovrà spingere uno degli altri tre pulsanti. Contemporaneamente vengono rilevati i PP LEGENDA L1 e L2= pulsanti che si illuminano alternatamente #1 = Forte intensità dello stimolo #2 = Bassa intensità dello stimolo #3 = Non ho percepito nulla, la mia scelta è casuale
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Risultati #1 i soggetti hanno indovinato circa il 100%
Mentre i #1 e#3 confermano la logica dell’esperimento. Ma anche quando l’intensità e la durata dello stimolo era molto bassa, il soggetto, per quando inconsapevole, diede comunque risultati corretti intorno al 70%. Non solo quindi molte delle nostre azioni quotidiane e non avvengono in maniera a noi assolutamente inconsapevole, ma possiamo supporre che anche tutte le attività di cui abbiamo consapevolezza, sono state per un certo tempo (0.5 msec.) inconsapevoli.
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ALLA LUCE DI QUESTI ESPERIMENTI, QUANTO SIAMO EFFETTIVAMENTE AUTORI DELLE NOSTRE AZIONI?
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Tema già affrontato empiricamente da altri due scienziati H. K
Tema già affrontato empiricamente da altri due scienziati H. K. Kornuber e L. Deecke i quali scoprirono che un atto volontario è preceduto da un lento innalzamento della negatività elettrica, registrabile in un’area del cuoio alla sommità della testa. Secondo questi scienziato il cambiamento elettrico comincia circa 800 o più millisecondi prima che un soggetto compia l’azione apparentemente volontaria. Questo cambiamento elettrico viene dunque chiamato PP ovvero potenziale di prontezza. Per il premio nobel Sir John Eccles l’intenzione cosciente è da ricercare prima degli 800 msec del PP. Libet non è d’accordo per due motivi. Gli sembra troppo presto contando la reattività del cervello Non ci sono effettive evidenze a sostegno di questa opinione Dove si pone dunque l’intenzione cosciente nella reattività del cervello?
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ESPERIMENTO DEL LIBERO ARBITRIO
Utilizzo di un oscilloscopio a raggi catodici Il soggetto su cui fare l’esperimento viene posizionato difronte all’oscilloscopio e gli verrà chiesto di continuare a fissare il centro di questo, prestando attenzione al muoversi del punto luminoso Viene poi applicata sulla sua testa un casco per rilevare i PP Viene applicato sul suo polso un rilevatore del contrarsi del muscolo.
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1- Al soggetto viene dunque richiesto di compiere un’azione volontaria, specificatamente di flettere il polso in maniera improvvisa e non premeditata. Non doveva infatti decidere prima quando farlo, ma lasciare che l’azione si verificasse “da sola”. 2- Gli viene anche chiesto di associare la prima consapevolezza della sua intenzione di flettere il muscolo con la posizione del punto luminoso nell’orologio e di riferirlo solamente dopo del rilevamento, alla fine dell’esperimento. Questo tempo verrà indicato con W di “wanting”. 3- Vennero fatte 40 prove
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PP1 = il potenziale di prontezza delle azioni premeditate
nella maggior parte dei casi i soggetti hanno confermato di aver fatto movimento spontanei e non premeditati. Contrariamente a quanto ci si aspettava le risposte dei soggetti circa l’esatta posizione del punto luminoso risultarono molto precise ed attendibili. L’errore standard verrà considerato dunque di più o meno 20 millisecondi L’esperimento dunque può essere considerato attendibile. Sono stati presi in esame anche i casi dei soggetti che hanno riferito di aver premeditato l’azione da fare. Chiameremo dunque PP1 = il potenziale di prontezza delle azioni premeditate PP2 = il potenziale di prontezza delle azioni spontanee
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RISULTATI
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CONCLUSIONI Dagli esperimenti fatti finora risulta che in ordine i processi a cui il cervello da inizio sono 1) Azione volontaria di compiere un atto motorio PP1 e PP2 2) Il soggetto diventa in seguito consapevole, ovvero dopo msec dal PP 3) Si compie effettivamente l’atto motorio. Le nostre azioni consapevoli hanno un substrato iniziale di carattere inconscio: siamo dunque liberi? Il ruolo consapevole del veto per Libet Teoria della percezione di Bergson
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