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I LIMITI ALL’ESERCIZIO DEI POTERI DATORIALI

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Presentazione sul tema: "I LIMITI ALL’ESERCIZIO DEI POTERI DATORIALI"— Transcript della presentazione:

1 I LIMITI ALL’ESERCIZIO DEI POTERI DATORIALI
Il procedimento disciplinare, la videosorveglianza, il mutamento di mansioni

2 DIREZIONE E GERARCHIA NELL’IMPRESA
art c.c.: l’imprenditore è posto a capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori art c.c.: il datore di lavoro ha il potere di impartire direttive a cui il lavoratore deve attenersi con diligenza astenendosi da quelle condotte che possano arrecare pregiudizio all’organizzazione e/o alla produzione aziendale.

3 Tradizionalmente, i poteri datoriali sono riconducibili a tre tipologie:
il potere direttivo, esercitato per conformare la prestazione lavorativa alle esigenze dell'organizzazione d'impresa; il potere di controllo, esercitato per verificare l'esatto adempimento degli obblighi da parte del dipendente; il potere disciplinare, esercitato per sanzionare il lavoratore inadempiente. Questi poteri non sono indiscriminati, ma devono essere esercitati nel rispetto di una serie di limiti che la legge pone a garanzia del loro corretto esercizio.

4 L’ESERCIZIO DEI POTERI DATORIALI LIMITI E CONTROLLI DEGLI ORGANI ISPETTIVI
L’ordinamento riconosce al datore di lavoro alcuni poteri connessi all’esercizio dell’attività impresa, ma il loro esercizio non può comprimere i diritti fondamentali del lavoratore (ad es. privacy nell’esercizio del potere di controllo)

5 Esercizio del potere direttivo
Art c.c. (ante Jobs Act) Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza diminuzione della retribuzione. Sul punto la giurisprudenza aveva precisato: “Il divieto per il datore di lavoro di variazione in "pejus" ex art cod. civ., opera anche quando al lavoratore, nella formale equivalenza delle precedenti e nuove mansioni, siano assegnate di fatto mansioni sostanzialmente inferiori, dovendo il giudice accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente, senza fermarsi al mero formale inquadramento dello stesso” (Cass. civ. Sez. lavoro, 05/08/2014, n ).

6 Il nuovo testo dell’art. 2103
(art. 3 Dlgs. N. 81/2015) Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. E’ dunque più ampio il perimetro di riferimento all’interno del quale è possibile adibire a nuove mansioni i lavoratori, con il solo limite del rispetto dello stesso livello di inquadramento previsto dal contratto collettivo. Viene meno la conservazione della storia professionale del lavoratore

7 E’ stato eliminato il principio dell’equivalenza delle mansioni, pertanto, sparisce il riferimento alla competenza professionale specifica acquisita dal dipendente e al suo accrescimento. Si è privilegiato il dato formale ed economico a scapito della professionalità del lavoratore nell’ottica di un processo innovativo intrapreso con il jobs act, che prevede una maggiore flessibilità lavorativa. Il datore di lavoro potrà assegnare unilateralmente il dipendente a qualsiasi mansione purchè riconducibile allo stesso livello e categoria di inquadramento di quelle ultime effettivamente svolte, avuto (solo) riguardo alle declaratorie ed ai profili professionali del contratto collettivo (mobilità orizzontale)

8 Viene in sostanza superata la definizione della legittimità dell’esercizio del potere direttivo di origine giurisprudenziale: nella vigenza della precedente norma, il Giudice, per accertare la legittimità della modifica unilaterale (da parte del datore di lavoro), non si limitava a verificare l'eguaglianza retributiva e la riconducibilità delle nuove mansioni al medesimo livello di inquadramento contrattuale, quanto piuttosto l'equivalenza professionale

9 IL DEMANSIONAMENTO «FUNZIONALE»
2° comma nuovo art. 2013 In caso di "modifica degli assetti organizzativi che incidono sulla posizione del lavoratore", il datore di lavoro può assegnare a quest'ultimo mansioni appartenenti ad un livello di inquadramento inferiore purchè rientranti nella medesima categoria legale. Il datore di lavoro può, quindi, decidere unilateralmente di modificare la propria attività produttiva e/o la propria organizzazione del lavoro e, conseguentemente, attribuire al lavoratore mansioni appartenenti ad un livello contrattuale più basso purchè rientranti nella medesima categoria di inquadramento legale   La contrattazione collettiva potrà disciplinare ulteriori ipotesi nelle quali il datore di lavoro sarà legittimato a demansionare il lavoratore, con i limiti di cui sopra (un livello di inquadramento inferiore ma ferma la iniziale categoria legale).

10 IL DEMANSIONAMENTO «FUNZIONALE»
Nei casi in cui il demansionamento è connesso alla modifica degli assetti organizzativi aziendali, oppure rientra nei casi previsti dalla contrattazione collettiva, sono previste ulteriori tutele per il lavoratore: Il mutamento di mansioni deve essere comunicato per iscritto, a pena di nullità il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, all’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.

11 GLI ACCORDI INDIVIDUALI «ASSISTITI»
Nelle sedi di cui all’articolo 2113, ultimo comma, o avanti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo 76 del decreto legislativo n. 10 settembre 2003, n. 276, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita.

12 Le mansioni superiori Rispetto al testo precedente, le mansioni superiori si acquisiscono dopo un periodo di assegnazione più lungo (ex lege, in mancanza di previsioni contrattuali): 6 mesi di assegnazione continuativa

13 Esercizio del potere di controllo
Il potere di controllo riconosciuto al datore di lavoro ha una duplice funzione: È il naturale complemento del potere direttivo ed è volto a verificare il corretto adempimento della prestazione lavorativa È finalizzato alla salvaguardia del patrimonio aziendale Lo Statuto dei lavoratori ne limita l’esercizio in funzione della salvaguardia della dignità e della riservatezza dei lavoratori

14 I soggetti del controllo
Imprenditore e suoi collaboratori (art c.c.) Art. 2 St. lav. Guardie giurate (solo per esigenze di tutela del patrimonio aziendale) Art. 3 St. lav. Personale interno di vigilanza (controllo sull’attività lavorativa), il cui nominativo deve essere comunicato ai lavoratori interessati

15 VISITE PERSONALI DI CONTROLLO (ART. 6 ST.LAV.)
Solo se necessarie per la tutela del patrimonio aziendale e correlate alla qualità degli strumenti di lavoro (es. azienda orafa) Solo all’uscita dei luoghi di lavoro Sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività dei lavoratori Accordo con le rappresentanze sindacali aziendali Giurisprudenza non uniforme sulla legittimità di controlli effettuati sugli effetti personali del lavoratore (borsa, automobile, etc.)

16 IL CONTROLLO C.D. OCCULTO O DIFENSIVO
è ammesso solo se: Sussiste ex ante un ragionevole motivo di dubitare della correttezza del dipendente (la cassiera che sottrae denaro) Non c’è la possibilità di ricorrere ad altre misure per accertare l’illecito IL CONTROLLO C.D. OCCULTO O DIFENSIVO

17 GLI STRUMENTI DEL CONTROLLO
Art. 4 c.1 St. lav. “E’ vietato l’uso di impianti audiovisivi o altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori” Tuttavia Se richiesto “da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro” (ad es. per sorvegliare fasi di lavorazione particolarmente delicate) e qualora comporti un controllo a distanza sull’attività lavorativa è richiesto l’accordo con le Rap. sindacali aziendali o, in difetto d’accordo, provvede la Dpl.

18 Il controllo vietato è quello: “continuo del comportamento del lavoratore o comunque attuabile in qualsiasi momento a discrezione della direzione aziendale” Le apparecchiature elettroniche ed informatiche rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 4 St. lav.?

19 INTERPELLO N. 2/2010 gli “impianti e apparecchiature” che consentano, anche indirettamente, il controllo dell’attività dei lavoratori, implicano una verifica propedeutica alla attivazione delle procedure di accordo o autorizzatorie indicate dallo stesso art. 4. La norma in questione non trova applicazione quando sussistono importanti cautele che non consentono di risalire alla identità del lavoratore (le voci di clienti e operatori vengono criptate in fase di registrazione, in modo tale da essere non riconoscibili e non riconducibili all’identità del singolo operatore e cliente; i primi secondi di conversazione vengono eliminati con conseguente impossibilità di ascoltare il nome dell’operatore; il sistema di monitoraggio non fornisce alcun report di informazioni sul singolo operatore; non vengono tracciati né il nome dell’operatore, né alcun altro dato che possa condurre alla sua identificazione; l’accesso ai dati registrati è rigorosamente tracciabile e limitato ai soggetti autorizzati rispetto alle finalità di monitoraggio).

20 Le nuove regole dei controlli a distanza
Il Dlgs. 149/2015 (in vigore dal 24 settembre 2015) ha riscritto l’art.4 della legge 300/1970:(Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo) Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilita' di controllo a distanza dell'attivita' dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unita' produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in piu' regioni, tale accordo puo' essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente piu‘ rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unita' produttive dislocate negli ambiti di competenza di piu' Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 2.

21 Le nuove regole dei controlli a distanza
La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. 3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalita' d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.».

22 COSA È CAMBIATO? Il secondo comma del nuovo art. 4 della legge n 300/1970 prevede che l’utilizzo degli strumenti necessari al lavoratore per svolgere la propria prestazione lavorativa, come pure quello delle apparecchiature di rilevazione e di registrazione degli accessi e delle presenze, non richiedono la sussistenza delle causali (organizzative, produttive di sicurezza e di tutela patrimoniale) e non esigono il preventivo accordo sindacale né l’autorizzazione degli uffici ministeriali (territoriale o centrale). La relazione tecnica sul punto precisa che accordo o autorizzazione non occorrono neppure quando dagli strumenti e dalle apparecchiature di lavoro “derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore”, con ciò significando un sensibile varco rispetto alle tutele originarie in materia, laddove ogni forma di possibile controllo a distanza dei lavoratori era soggetta al vaglio sindacale o ministeriale. Questa è la novità sostanziale, si ammette che il controllo a distanza possa essere «un effetto secondario»

23 DISTINGUIAMO: UTILIZZO DI STRUMENTI NECESSARI ALL’ATTIVITÀ LAVORATIVA O PER LA RILEVAZIONE DELLE PRESENZE In questi casi non occorrono «filtri», non occorre alcun accordo sindacale o autorizzazione della Direzione del Lavoro Il lavoratore deve avere adeguata informazione circa le modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli, nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice della Privacy)

24 DISTINGUIAMO: CASI IN CUI SIA POSSIBILE IL CONTROLLO PER INSTALLAZIONE DI VIDEOCAMERE
Il datore di lavoro che voglia installare negli ambienti di lavoro tali sistemi deve prima di procedere all’installazione dell’impianto: Stipulare un accordo con la rappresentanza sindacale unitaria o le rappresentanze sindacali aziendali; oppure, in caso di assenza delle rappresentanze sindacali che per mancato raggiungimento dell’accordo, chiedere un’autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, in relazione alla sede operativa dove si vorrebbe installare il sistema; in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, chiedere un’autorizzazione al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ciò vale anche per i sistemi di controllo a distanza diversi dalla videosorveglianza, come rilevazioni satellitari, GPS

25 RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE ALLA DTL
Deve essere presentata una specifica istanza, a mano o inviata a mezzo posta: per ogni tipologia di sistema\impianto di potenziale controllo a distanza; per ogni unità produttiva nella quale tale impianto viene installato; per il controllo delle aree interne ed anche di quelle esterne (es. parcheggi, ingressi,piazzali ecc.), se di pertinenza dell’azienda e se vi si svolge attività lavorativa;

26 Il terzo e ultimo comma del novellato art
Il terzo e ultimo comma del novellato art. 4 dello Statuto dei lavoratori stabilisce che le informazioni raccolte dal datore di lavoro sia con strumenti e apparecchiature oggetto di intesa sindacale o autorizzati dalle strutture ministeriali, sia con gli strumenti di lavoro “sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”. Si tratta di una apertura notevole: l’utilizzabilità dei dati raccolti mediante gli strumenti di controllo a distanza, per dimostrare l’inadempimento contrattuale del lavoratore e a sostegno di procedimenti disciplinari. In ogni caso l’utilizzo delle informazioni raccolte dagli strumenti a distanza è sottoposto ad una duplice condizione dal terzo comma dell’art. 4 della legge n. 300/1970 riscritto dall’art. 23 dello schema di decreto sulle semplificazioni: - al lavoratore deve essere stata data una adeguata informazione circa le modalità di impiego degli strumenti e delle apparecchiature, nonché in merito alle modalità di svolgimento dei controlli; - nei confronti di tutti i lavoratori va in ogni caso rispettata la normativa in materia di tutela della privacy (d.lgs. n. 196/2003).

27 La sanzione penale Si conferma la tutela penale del divieto di operare controlli a distanza con impianti, strumenti e apparecchiature non accordate o non autorizzate preventivamente. La violazione del nuovo art. 4 della legge n. 300/1970 si struttura come ipotesi di reato punita in combinato disposto con l’art. 38 della stessa legge n. 300/1970.

28 Esercizio del potere disciplinare
Nel codice civile Il potere disciplinare trova fondamento positivo nell'art c.c. La norma stabilisce che la violazione, da parte del lavoratore, degli obblighi di diligenza (art c.c.) e fedeltà (art c.c.) previsti dal codice disciplinare può essere sanzionata dal datore di lavoro mediante l'applicazione di sanzioni disciplinari che devono essere proporzionate alla gravità dell'infrazione.

29 Lo Statuto dei lavoratori art. 7
L'art. 7 dello Statuto dei lavoratori disciplina con precisione le forme e le procedure attraverso le quali il datore di lavoro può esercitare il proprio potere disciplinare La norma è caratterizzata dalla finalità di garantire, prima dell'irrogazione della sanzione disciplinare, un effettivo contraddittorio con il lavoratore e un pieno esercizio del suo diritto di difesa. Proprio in ragione delle finalità che la norma è chiamata a tutelare, l'eventuale inosservanza delle forme e delle procedure previste dall'art. 7 è sanzionata con l'invalidità dell'intera procedura disciplinare e dell'eventuale provvedimento adottato all'esito di questa.

30 PUBBLICITÀ DEL CODICE DISCIPLINARE
il datore deve predisporre e portare a conoscenza, con mezzi idonei, di tutti i lavoratori il c.d. “codice disciplinare”, mediante affissione in luogo accessibile la prevalente giurisprudenza ritiene che l’obbligo di far conoscere ai dipendenti il codice disciplinare, mediante l’affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti, sussiste non solo quando il predetto codice sia frutto di unilaterale determinazione del datore di lavoro, ma anche quando esso consista nella mera recezione delle norme contrattuali collettive ovvero nella fissazione di regole accessorie e integrative rispetto a quelle poste dalla normativa disciplinare collettiva

31 TIPICITÀ DELLE SANZIONI DISCIPLINARI. ADEGUATEZZA E PROPORZIONALITÀ
Le sanzioni comminabili sono stabilite dalla legge e dalla contrattazione collettiva e devono essere proporzionali all’infrazione posta in essere. Esse sono: il richiamo verbale l’ammonizione scritta la multa la sospensione e come extrema ratio, il licenziamento “disciplinare”. La scelta della sanzione concreta da applicare alla specifica violazione del lavoratore non è rimessa tout court alla discrezionalità del datore di lavoro ma, al contrario, deve essere conforme ai principi di adeguatezza e proporzionalità. Nella valutazione di tale caratteristica, dunque, l’esercizio del potere disciplinare dovrà essere necessariamente parametrato all’infrazione commessa dal dipendente

32 SPECIFICITÀ Sentenza n.14586 del 22 Giugno 2009
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro in caso di licenziamento per giusta causa, spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una valutazione astratta del fatto, bensì tenendo conto di ogni aspetto della vicenda processuale che risulti, in concreto, sintomatico della gravità della condotta, assegnando preminente rilievo, a questo scopo, alla qualificazione che delle mancanze addebitate faccia il contratto collettivo, ma anche all’intensità dell’elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, alle modalità di attuazione del rapporto di lavoro (durata e assenza di precedenti sanzioni), alla sua natura e tipologia.

33 IMMEDIATEZZA E SPECIFICITÀ
L’addebito deve essere  contestato con atto scritto al lavoratore. La contestazione deve essere:  immediata, specifica e immutabile. IMMEDIATEZZA: è fondamentale per garantire al lavoratore di difendersi adeguatamente da ciò che viene contestato, inoltre manifesta l’interesse del datore di lavoro rispetto all’applicazione della sanzione. Salvo che, a causa della complessità della struttura organizzativa dell’azienda, il datore di lavoro eserciti il proprio potere disciplinare a distanza di tempo dalla infrazione.

34 La specificità della contestazione impone al datore di contestare, se sussistente, l’eventuale recidiva indicando gli specifici precedenti disciplinari che la integrino. In mancanza la recidiva non contestata non potrà influire sulla determinazione della sanzione disciplinare. Sempre a tutela del diritto di difesa del lavoratore è previsto il principio dell’immutabilità della contestazione. I fatti posti a fondamento del provvedimento sanzionatorio, dunque, dovranno coincidere con quelli contestati e sui quali il dipendente abbia fondato la propria difesa.

35 PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Dopo la contestazione è previsto uno spazio temporale per le eventuali difese del lavoratore, che preclude al datore ogni possibilità di irrogare subito la sanzione. Tale lasso di tempo, in assenza di una maggiore previsione della contrattazione collettiva, è stabilito in 5 giorni

36 AUDIZIONE ORALE Il lavoratore al quale venga contestata la sanzione disciplinare ha diritto di difendersi nella più ampia misura possibile. Può presentare difese scritte e chiedere, di essere ascoltato personalmente: nel caso in cui faccia espressamente tale richiesta, la sua audizione diventa imprescindibile ai fini della corretta applicazione della sanzione

37 APPLICAZIONE SANZIONE TERMINE
Una volta esaurite le difese del lavoratore, il datore di lavoro dovrà valutare – alla luce di quanto emerso a seguito delle giustificazioni fornite dal dipendente - se applicare o meno la sanzione e, in caso di risposta affermativa, quale sia quella proporzionata ai fatti commessi. Successivamente, stabilita la sanzione da irrogare per la specifica violazione, il datore di lavoro ha l’onere di comunicarla al lavoratore tempestivamente e comunque, entro il termine indicato dalla contrattazione collettiva

38 IMPUGNAZIONE DELLA SANZIONE DISCIPLINARE
Il Collegio di Conciliazione ed Arbitrato Il comma 6 dell’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori consente al dipendente al quale sia stata irrogata una sanzione disciplinare, fatta salva la sua facoltà di adire l’autorità giudiziaria, di chiedere la costituzione di un “Collegio di Conciliazione e Arbitrato”. Tale opzione deve essere esercitata nei 20 giorni successivi all’applicazione della sanzione tramite un’istanza rivolta alla DTL. Il collegio, in tali casi, è composto da tre arbitri: due scelti in rappresentanza delle parti contrapposte e uno scelto di comune accordo ovvero, in caso di mancato accordo, nominato dal Direttore della DTL. In tal caso la sanzione disciplinare rimane sospesa fino all’emissione del lodo o comunque fino alla definizione della procedura arbitrale

39 PERCHÉ CONVIENE CHIEDERE IL COLLEGIO ARBITRALE
qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio. La giurisprudenza ha affermato che la decisione presa dal Collegio è parificabile a quella emessa a seguito di arbitrato irrituale pertanto, il lodo non è impugnabile dinanzi all’Autorità Giudiziaria in ordine alle valutazioni di merito che sono state affidate alla discrezionalità degli arbitri


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