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PubblicatoUberto Valentino Modificato 6 anni fa
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E’ compito delle Regioni adoperarsi perché i valori limite non vengano superati, e a questo fine elaborano un “piano di risanamento e tutela della qualità dell'aria” che indica tutte le azioni da svolgere e le cautele da adottare per tenere sotto controllo la situazione e migliorarla.
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• la descrizione della qualità dell'aria in luoghi ed aree regionali sprovvisti di sistemi di rilevamento in situ avviene grazie al ricorso alla modellistica numerica; • alla modellistica numerica si richiede la previsione della dispersione degli inquinanti emessi dalle sorgenti per periodi di tempo che vanno da alcune ore dal momento dell'immissione in atmosfera fino alle proiezioni sulla qualità dell'aria per gli anni futuri.
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La disponibilità di strumenti previsionali della concentrazione di inquinanti in relazione a quelle che sono le specifiche caratteristiche dell’emissione, le condizioni atmosferiche e l'orografia della zona di interesse, risulta di grande utilità: nell'esecuzione delle valutazioni di impatto ambientale relative a nuovi impianti industriali, tracciati stradali, etc.; in fase di definizione dei limiti normativi di emissione in relazione agli standard di qualità dell'aria; in sede di previsione di situazioni critiche di inquinamento in aree geografiche a rischio, quali i centri urbani o i grandi agglomerati industriali.
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• le simulazioni numeriche sulla dispersione degli inquinanti sono soggette ad incertezze che sono dipendenti anche dal tipo di modello usato per la simulazione. Tali incertezze sono rilevanti quanto il risultato stesso della simulazione.
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L’approccio modellistico diventa particolarmente problematico quando il territorio è orograficamente complesso, e nelle aree urbanizzate, dove alla diversa distribuzione e tipologia delle fonti inquinanti si associa la diversa tessitura urbana.
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Per descrivere su base quantitativa l'inquinamento atmosferico c’è la necessità di rappresentare al meglio le caratteristiche dinamiche del mezzo nel quale gli inquinanti sono immessi, ovvero l'aria. Da ciò si deduce il ruolo di primaria importanza delle variabili meteorologiche, che sono ovviamente legate al clima dell'area geografica in cui avviene lo studio della dispersione.
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I modelli off-line usano i dati meteorologi, ottenuti tramite una simulazione, come uno degli input per il calcolo della dispersione, quindi non ci sono effetti degli inquinanti dispersi sui campi meteorologici usati.
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Nei modelli on-line la simulazione meteorologica viene usata come input per quella dispersiva, ma essa stessa riceve degli input da quella dispersiva.
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Dal punto di vista delle tecniche di risoluzione delle equazioni fondamentali della dispersione, i modelli numerici sono classificabili secondo tre tipi fondamentali di modello: • gaussiano • lagrangiano • euleriano
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I modelli gaussiani hanno una lunga storia e sono ancora tra i più comunemente applicati. Il loro frequente uso deriva dalla facilità di implementazione e dalla buona qualità dei risultati che essi producono nel caso di sorgenti puntiformi con inquinanti semplici e di dispersione su aree caratterizzate da una orografia non articolata. Curve di isoconcentrazione di NOx calcolate nelle immediate vicinanze del pennacchio prodotto da un impianto industriale.
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I modelli gaussiani simulano la turbolenza atmosferica disperdendo l'inquinante rispetto alla traiettoria principale individuata dal vento medio; l’immissione può essere discontinua (modelli a “puff”). Curve di isoconcentrazione di NOx calcolate nelle immediate vicinanze del pennacchio prodotto da un impianto industriale.
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I modelli lagrangiani descrivono la dispersione dell'inquinante immesso nell'atmosfera seguendo l'evoluzione cinematica di volumi elementari d'aria. Computazionalmente ogni volume elementare viene seguito nella sua traiettoria. In ciascun volume la concentrazione dei diversi inquinanti viene descritta simulando la dispersione tramite dei processi stocastici. I modelli euleriani adottano un approccio descrittivo complementare a quello lagrangiano. L'immissione dell'inquinante in atmosfera e la sua evoluzione vengono descritte eseguendo la dispersione attraverso delle celle elementari che sono mantenute fisse e solidali con il sistema di riferimento utilizzato per lo spazio in cui si svolge la simulazione.
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La ricchezza dei modelli appllicati è uno degli elementi necessari alla valutazione dell'incertezza intrinseca alle simulazioni realizzate, i cui fattori limitanti sono in genere i tempi imposti all'esecuzione delle simulazioni e le risorse computazionali disponibili.
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E’ possibile ottenere modelli diffusionali predittivi che siano credibili? Come si fa a validarli?
Il primo approccio è di confrontare simulazioni diverse, permettendo di quantificare l'errore della previsione o della diagnosi eseguita tramite i modelli applicati. In genere però i modellisti hanno molta fiducia dei loro prodotti.
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La prova del nove deriverebbe però dal confronto con NUOVI dati sperimentali di misura raccolti durante campagne di rilevamento. Questo viene attualmente fatto utilizzando gli stessi punti di misura che sono alla base della serie storica di dati analizzati. Un simile approccio non è rigoroso: viene a mancare infatti la verifica della bontà previsionale nel 99,99% dei punti del territorio che non sono coperti da dati sperimentali.
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Una ulteriore soluzione è offerta dall’uso delle «famose» centraline semoventi…
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3) Il territorio è in genere orograficamente complesso, e molti fattori possono intervenire a influenzare la distribuzione degli inquinanti. Ciò è tanto più vero in aree urbanizzate, dove alla diversa distribuzione e tipologia delle fonti inquinanti si associa la diversa tessitura urbana.
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E’ possibile ottenere modelli diffusionali predittivi che siano credibili? Come si fa a validarli?
Curve isoconcentrazione di NOx calcolate nelle immediate vicinanze del pennacchio prodotto da un impianto industriale.
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La disponibilità di strumenti di previsione della concentrazione di inquinanti (in relazione alle specifiche caratteristiche della emissione, alle condizioni atmosferiche e all'orografia della zona di interesse) risulta di grande utilità: nell'esecuzione delle valutazioni di impatto ambientale relative a nuovi impianti industriali, tracciati stradali, etc.; in sede di previsione di situazioni critiche di inquinamento in aree a rischio, quali i centri urbani o i grandi agglomerati industriali.
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a) sviluppo di modelli matematici di diffusione degli inquinanti nell'atmosfera basati su soluzioni analitiche dell'equazione differenziale della diffusione, atti a descrivere il fenomeno tenendo conto di diversi aspetti specifici (presenza di inversione termica in quota, deposizione secca, deposizione umida, presenza di reazioni chimiche, etc.) e con riferimento a diverse scale temporali (emissioni stazionarie e di breve durata, modello climatologico, etc.). b) definizione di modelli matematici specificatamente dedicati al calcolo di alcuni parametri caratteristici dell'emissione e dell'atmosfera (altezza effettiva di emissione, profili di velocità del vento e del coefficiente di diffusione turbolenta al variare della quota, coefficienti di dispersione, etc.) e integrati con i modelli diffusionali.
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c) analisi critica e validazione dei singoli modelli diffusionali attraverso il confronto con i dati sperimentali raccolti durante campagne di rilevamento.
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La nuova indagine conclusa nell’estate 2014 ha interessato un’area di 176 chilometri quadrati, estesa dal Carso monfalconese alla pianura, tra la confluenza Isonzo-Vipacco e la foce dell’Isonzo, e suddivisa in 44 Unità di Campionamento Principale (UCP) di 2 km di lato. Trieste, 12 marzo 2015
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Specifiche tecniche simulazione numerica CRMA-ARPA per Tribunale di Gorizia
Il modello di dispersione utilizzato è CalPuff. Gli inquinanti sono stati considerati inerti Parametri da simulare: media annua delle concentrazioni delle polveri (intese come solo PM10). Dominio di calcolo: area 30 30 km centrata sulla CTE, con maglia di 500 m Periodo simulato: intero anno 2005 Dalla scheda AIA allegata alla richiesta si ricavano i dati delle emissioni massime potenziali: PTS [ton/anno]: (CF1) (CF2) (CF3) (CF4) = * 10^6 [g/ton] / (8760 [ore/anno] * 3600 [sec/ora]) = 4.8 [g/s]
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Sorgente - Dati dichiarati dal gestore per l’anno 2005 relativi ai 2 gruppi a carbone + 2 gruppi a OCD, riportati nella tabella B.7.1. richiesta AIA 2009 - Dati aggregati con un unico camino virtuale di pari superficie, come segue: Velocita uscita: 23,1 m/s Temperatura: 122 ◦C Diametro equivalente: 8.3 m
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Ulteriori caratteristiche peculiari:
• copertura nuvolosa per la stima della turbolenza nelle ore notturne (da dati di analisi prodotti dal modello GFS del US NCEP, National Center for Environamental Prediction); • boa virtuale per la descrizione dello Strato Limite sopra il mare (da dati di analisi prodotti dall’ECMWF); • uso del suolo e orografia (da prodotti USGS); • dati meteo al suolo ricavati dalle stazioni meteorologiche OsMeR (sono 3: Staranzano, Monfalcone, Doberdò); • profili verticali dell’aria desunti dal radiosondaggio di Udine Campoformido (39 km di distanza!); • I flussi emissivi, vengono considerati stazionari per tutto l’anno di ferimento, ipotizzando un funzionamento continuo per 8760 ore (=1 anno)
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Valori simulati da 2 modelli diffusionali per la stessa sorgente
Materiali e metodi Valori simulati da 2 modelli diffusionali per la stessa sorgente Anno meteorologico di riferimento (2005) 6 mesi pre-raccolta (set – feb. 2014) 26
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I modelli diffusionali dovrebbero sempre essere considerati non la realtà, ma delle semplici ipotesi di lavoro, che necessitano – come tutte le ipotesi - di una o più verifiche. La validazione dei modelli potrebbe beneficiare grandemente delle tecniche di biomonitoraggio, soprattutto per la loro speditezza; elevata densità del campionamento sul territorio.
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Studio pregresso: Strategie Ambientali srl, 2001
Scopo del lavoro - Introduzione CENTRALE TERMOELETTRICA (CTE) di Monfalcone (proprietà attuale a2a spa): 4 gruppi di combustione: 2 alimentati a carbone e 2 alimentati a OCD disattivati nel 2012 Obiettivo di una indagine preliminare svolta nel 2013: valutare l’entità dell’impatto ambientale indotto dall’attività della CTE in alcuni punti “caldi” del territorio. Studio pregresso: Strategie Ambientali srl, 2001
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Modelli diffusionali (1994)
Scopo del lavoro - Introduzione Modelli diffusionali (1994)
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Modelli diffusionali (1994)
Scopo del lavoro - Introduzione Modelli diffusionali (1994)
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Area di studio – M&M coordinate di un punto del reticolo nazionale (18 x 18 km) contenuto in IBL – ANPA
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Modelli diffusionali (1994)
Scopo del lavoro - Introduzione Modelli diffusionali (1994) UCP potenzialmente alterate in base ad uno dei due modelli UCP di controllo, con stesso uso del suolo delle precedenti
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Strategia di campionamento – M&M
Coppia n. PA C 1 F2 F3 2 G1 G4 3 A6 A8 4 D6 D5 5 E6 G6 Campionamento per gruppi appaiati. Le UCP scelte vengono suddivise in 2 gruppi: 1) UCP potenzialmente alterate 2) UCP di controllo
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Scelta degli organismi biomonitors – M&M
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Criteri per il prelievo dei campioni: Co-presenza
Prelievo del materiale lichenico – M&M 1 3 Criteri per il prelievo dei campioni: Co-presenza Stessa specie di forofita Posizione del forofita Coppia Gruppo UCP Specie forofita Numero forofiti Numero repliche F. caperta X. parietina 1 C F3 Acer campester 5 3 PA F2 2 G4 Juglans regia G1 A8 Quercus sp. A6 4 D5 Acer platanoides D6 G6 Pawlonia tomentosa E6 2 Numerosità campionaria prevista = (3 repliche x 2 specie x 10 UCP) = 60
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10 campioni costituiti da 1 a 3 repliche: 24 di Flavoparmelia caperata
confronto tra le UCP di una stessa coppia - Risultati 10 campioni costituiti da 1 a 3 repliche: 24 di Flavoparmelia caperata di Xanthoria parietina TOTALE: 42 campioni
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I campioni sono stati puliti e macinati manualmente.
mineralizzazione e analisi elementare - M&M I campioni sono stati puliti e macinati manualmente. Mineralizzazione (HNO3 + H2O2 + HF) Analisi elementare Al, Ca, Cd, Cr, Cu, Fe, Hg, Li, Mn, Ni, Pb, Ti, Zn ICP-AES GFAAS DMA
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Confronto tra UCP - Risultati
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Confronto tra UCP - Risultati
Rapporto percentuale degli elementi tra l’UCP potenzialmente alterata (in nero) e quella di controllo (in verde) per ciascuna delle cinque coppie di UCP di Fig. 10. Tale rapporto è stato calcolato in base ai valori medi dei campioni di Flavoparmelia caperata (F) e Xanthoria parietina (X) di Tab : dati assenti; in blu: valori minori dell’80% (impoverimento); in rosso: valori maggiori del 120% (arricchimento).
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Confronto tra UCP - Risultati
Valori di probabilità (P value) associati al test di Wilcoxon applicato per verificare se le due UCP (potenzialmente alterata: in nero; di controllo: in verde) di ciascuna delle cinque coppie di UCP differiscono statisticamente; i valori significativi sono segnati in rosso; sono stati analizzati tutti i metalli, quindi è stato escluso il mercurio (per l’assenza di dati in tre UCP), quindi gli elementi sono stati suddivisi in due gruppi, il primo dei quali è generalmente associato ad apporti terrigeni
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E6/G6: 12 metalli in F. caperata e 9 in X. parietina
confronto tra le coppie di UCP - Discussione 2005 E6/G6: 12 metalli in F. caperata e 9 in X. parietina G1/G4: arricchimento di 9 metalli in F. caperata e 8 in X. parietina ma nella UCP di controllo (G4!!!)
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Scala di naturalità-alterazione
Interpretazione dei valori in base alle scale di naturalità/alterazione - Discussione 2005 Scala di naturalità-alterazione Colore F. caperata X. parietina n Metalli (UCP) Naturalità molto alta 105 103 Naturalità alta Naturalità media Naturalità bassa/alterazione bassa 4 Zn (E6); Mn (F2, F3) 6 Cu, Zn (E6); Mn (F2, F3) Alterazione media Cd (E6) Cd (E6); Cr (G6) Alterazione alta Alterazione molto alta
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L’alterazione riconducibile all’attività della CTE è assente oppure
Conclusioni Il campionamento per coppie appaiate si è dimostrato uno strumento utile per perseguire gli obiettivi. L’assenza di uno scostamento significativo tra 3 delle UCP PA e le rispettive UCP di controllo suggerisce che: L’alterazione riconducibile all’attività della CTE è assente oppure Il modello diffusionale del 1994 per la sola CTE non descrive correttamente la ricaduta al suolo delle sue polveri. La seconda ipotesi è congruente con la significativa inversione osservata tra le UCP G4 e G1, e trova conferma in quel NUOVO modello diffusionale che abbiamo già discusso (vedi lezione precedente).
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Conclusioni
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Conclusioni È probabile che le alterazioni osservate in E6 e in misura minore in D6 per Cd, Cu, Pb e Zn siano riconducibili anche all’attività di altre industrie (metal-meccaniche, elettromeccaniche e di cantieristica navale) operanti nel territorio, confermando il secondo modello diffusionale.
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