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Corso di Economia Aziendale

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Presentazione sul tema: "Corso di Economia Aziendale"— Transcript della presentazione:

1 Corso di Economia Aziendale
STRATEGIA Prof. Michele Pizzo

2 Introduzione L’obiettivo primario della strategia consiste nel guidare le decisioni manageriali al raggiungimento di risultati di eccellenza mediante la ricerca di un vantaggio competitivo. Prof. Michele Pizzo

3 Definizione “La strategia è un modello decisionale, unitario ed integrato; determina ed esplicita lo scopo dell’impresa in termini di obiettivi di lungo periodo, programmi di azione e allocazione di risorse; - seleziona i business in cui un’impresa opera o sta per entrare; Prof. Michele Pizzo 3

4 Definizione - si sforza di conseguire un vantaggio competitivo difendibile nel tempo in ciascuno dei business in cui opera, rispondendo alle minacce ed opportunità esterne nonché ai punti di forza e di debolezza interni; - interessa tutti i livelli gerarchici dell’impresa (corporate, business e funzionale) e definisce la natura del contributo economico e non che l’impresa intende dare ai propri stakeholder” (Hax e Majluf, 1990). Prof. Michele Pizzo 4

5 Il processo di formulazione della strategia
Passaggi: • analisi delle competenze e delle risorse disponibili (cosa so fare e in che modo; dispongo dei mezzi per fare, ecc.); • analisi delle variabili macroambientali (quali sono le opportunità e le minacce del contesto esterno; quali le possibili evoluzioni, ecc.); Prof. Michele Pizzo 5

6 Il processo di formulazione della strategia
• analisi del mercato (esiste un a domanda per la mia offerta; quali sono le sue dimensioni e le sue prospettive di sviluppo, ecc.); • analisi della concorrenza (chi sono e di quali risorse dispongono i miei concorrenti, quali sono i possibili nuovi entranti, ecc.); • definizione degli obiettivi quantitativi coerenti con le risorse e le competenze disponibili e con le opportunità e le minacce dell’ambiente e delle azioni da realizzare per conseguirli; Prof. Michele Pizzo 6

7 Il processo di formulazione della strategia
• messa a punto dei “sistemi amministrativi” occorrenti per realizzare il disegno strategico (sistema informativo, di budgeting e controllo, di pianificazione, di gestione delle risorse umane, organizzativo); • affidamento dei compiti a diversi soggetti nel rispetto delle competenze di ciascuno. Prof. Michele Pizzo 7

8 Piano strategico Seguendo uno schema logico di questo tipo si perviene alla definizione del Piano strategico. In esso sono indicati gli obiettivi, gli strumenti per conseguirli e la responsabilità di ciascuno nella formulazione della strategia. Nella realtà, però, il processo di formazione della strategia e del piano strategico possono aver luogo in modi molto diversi, ricostruibili solo ex-post. Prof. Michele Pizzo 8

9 I percorsi di sviluppo della strategia
Prof. Michele Pizzo 9

10 Strategia realizzata La strategia realizzata è l’esito della combinazione di quattro percorsi: • la strategia intenzionale. E’ il frutto di una volontà deliberata; • la strategia rimossa o non realizzata. Tale strategia è l’effetto di una scelta di abbandono; Prof. Michele Pizzo 10

11 Strategia realizzata • la strategia imposta. E’ la soluzione obbligata a eventi non predeterminati né controllabili da parte del management. Per esempio, potrebbe essere l’effetto di una misura stabilita da un governo o da un’autorità di regolamentazione del mercato; • la strategia emergente. E’ il frutto dei processi sociali, culturali, politici che si svolgono all’interno dell’organizzazione e delle relazioni tra l’impresa e i suoi stakeholder. Prof. Michele Pizzo 11

12 Strategia ed ambiente L’ambiente esterno, invece, comprende l’intera gamma dei fattori economici, sociali, politici e tecnologici che influenzano le scelte e i risultati dell’organizzazione. Particolare importanza è rivestita dal settore, definito dalle relazioni dell’impresa con i clienti i concorrenti e i fornitori. L’ambiente interno all’impresa individua tre insiemi di caratteristiche chiave: gli obiettivi e i valori; le risorse e le competenze; la struttura e i sistemi organizzativi. Prof. Michele Pizzo 12

13 Imprese ed ambiente Prof. Michele Pizzo 13

14 Ambiente esterno Prof. Michele Pizzo 14

15 L’analisi dell’ambiente esterno
L’analisi degli scenari Lo scenario rappresenta un modello descrittivo di un possibile futuro costruito sulla base di un insieme di fattori determinanti e coerenti gli uni con gli altri. La costruzione degli scenari prevede solitamente tre fasi: 1. l’analisi sistemica; 2. l’analisi fattoriale; 3. la costruzione degli scenari. Prof. Michele Pizzo 15

16 Metodologia per la costruzione degli scenari
Prof. Michele Pizzo 16

17 L’analisi dell’ambiente esterno
1. L’analisi sistemica ha lo scopo di individuare i fenomeni di maggior interesse e definire il sistema oggetto di indagine. 2. L’analisi fattoriale serve a identificare i fattori con il più elevato livello di influenza. 3. Infine si passa alla costruzione degli scenari; ciascuno scenario rappresenta una condizione estrema e non un’ipotesi probabilistica del futuro. Ovvero non si cerca di “prevedere” l’unico futuro che si materializzerà. Piuttosto si creano diverse ipotesi basate su di elementi coerenti tra di loro. Prof. Michele Pizzo 17

18 Il modello delle cinque forze di Porter
Prof. Michele Pizzo 18

19 Il modello delle cinque forze di Porter
Limiti: a) si basa sull’assunto che tra gli attori rilevanti del sistema competitivo esistano solo rapporti di natura conflittuale, mentre nella realtà si vanno sempre più diffondendo rapporti tra imprese basati sulla collaborazione (ad esempio, partnership con fornitori, collaborazioni con i concorrenti per affermare nuovi standard tecnologici, ecc.). Prof. Michele Pizzo 19

20 Il modello delle cinque forze di Porter
b) l’analisi basata sul modello della concorrenza allargata di Porter, pur consentendo di valutare il grado di attrattività e il livello di redditività medio di un settore, non permette però di spiegare perché alcune imprese all’interno dello stesso settore realizzano profitti più elevati di altre. Prof. Michele Pizzo 20

21 L’analisi dei raggruppamenti strategici
Metodologia di analisi basata su una riclassificazione delle imprese in raggruppamenti strategici. Un raggruppamento strategico è dato dall’insieme delle imprese che all’interno del settore seguono strategie simili lungo dimensioni strategiche ben definite e rilevanti per il settore stesso, rispetto alle quali può essere valutata l’omogeneità – o al contrario, la diversità – delle strategie perseguite dalle imprese sono molteplici, ad esempio: Prof. Michele Pizzo 21

22 Dimensioni strategiche
• specializzazione: l’ampiezza della gamma dei prodotti, dei gruppi di clienti serviti, delle aree geografiche di mercato raggiunte; • qualità dei prodotti; • scelte riguardanti i canali distributivi: lunghezza del canale (canale diretto, corto o lungo), tipologia e numero di intermediari (dettaglio specializzato, grande dettaglio – distribuzione intensiva, selettiva o esclusiva), grado di copertura distributiva; • identificazione della marca; Prof. Michele Pizzo 22

23 Dimensioni strategiche
• strategia push o pull: la strategia push consiste nello “spingere” il prodotto nei canali di distribuzione e motivare gli stessi affinché lo promuovano presso la clientela potenziale (ad esempio, attraverso sconti, buoni, premi per i dettaglianti, i grossisti, ecc.). La strategia pull al contrario, consiste in investimenti (prevalentemente pubblicitari) rivolti direttamente alla clientela finale, affinché sia quest’ultima a ”tirare” i prodotti dell’impresa dai canali distributivi; Prof. Michele Pizzo 23

24 Dimensioni strategiche
• integrazione verticale; • livello di servizio; • strategie di prezzo: prezzi di penetrazione o di scrematura del mercato; • livello di servizio. Prof. Michele Pizzo 24

25 Le forze che influenzano i profitti potenziali dell’impresa nei raggruppamenti
Prof. Michele Pizzo 25

26 L’analisi dell’ambiente interno
Le risorse tangibili e intangibili dell’impresa Le competenze organizzative (capacità di combinare risorse e sfruttarle per il raggiungimento delle proprie finalità) Prof. Michele Pizzo 26

27 Le fonti del vantaggio competitivo e la catena del valore
Il raggiungimento di un vantaggio competitivo richiede di identificare ciò che l’impresa sa fare meglio dei concorrenti. Occorre cioè identificare quelle risorse e quelle competenze – le cosiddette competenze distintive - che sono centrali per il successo dell’impresa in quanto contribuiscono in modo determinante alla creazione del valore per il cliente e sono fondamentali per realizzare elevate performance. Prof. Michele Pizzo 27

28 Vantaggio competitivo
Il vantaggio competitivo di un’impresa può derivare da una più efficace o efficiente gestione delle attività generatrici di valore rispetto ai concorrenti, oppure dalla capacità di individuare e sfruttare in maniera ottimale i legami esistenti tra le attività componenti la catena stessa (i cosiddetti collegamenti orizzontali). Prof. Michele Pizzo 28

29 La strategia competitiva
Un’impresa può ottenere un vantaggio competitivo, ovvero realizzare performance superiori ai concorrenti, in due modi: può fornire un prodotto o servizio identico ad un prezzo inferiore oppure può offrire un prodotto o servizio differenziato per il quale il cliente è disposto a pagare un prezzo superiore, che eccede il costo della differenziazione. Nel primo caso l’impresa ha un vantaggio di costo; nel secondo, di differenziazione. Prof. Michele Pizzo 29

30 Strategia di leadership di costo
Si ottiene quando i processi di creazione del valore sono svolti con costi più bassi dei concorrenti, ovvero in modo più efficiente. Prof. Michele Pizzo 30

31 Strategia di leadership di costo
Tale profilo dovrebbe essere così caratterizzato: • il mercato è di massa (si escludono i segmenti non di volume); • il profitto è conseguito facendo leva su prezzi unitari bassi e volumi di vendita elevati; • il flusso dei profitti è controllato attraverso un monitoraggio minuzioso dei costi; • i processi e le attività svolti internamente sono quelli per i quali più rilevanti sono le opportunità di economie di scala e di esperienza e l’impresa è in grado di sfruttarle. Prof. Michele Pizzo 31

32 Strategia di leadership di costo
Rischi: • i cambiamenti tecnologici possono annullare vantaggi di costo precedenti; • le fonti del vantaggio competitivo sono facilmente comprensibili e imitabili; • l’enfasi sui costi crea nel management una scarsa attenzione e attitudine all’innovazione o al marketing; • l’incremento dei costi può annullare il differenziale di prezzo rispetto ai concorrenti. Prof. Michele Pizzo 32

33 Il vantaggio di differenziazione
Si acquisisce quando il sistema di offerta fornisce qualcosa di unico ed è in grado di soddisfare meglio dei concorrenti le aspettative e le esigenze dei clienti (si crea maggior valore per i clienti rispetto ai concorrenti). Prof. Michele Pizzo 33

34 Il vantaggio di differenziazione
Quindi nel caso di una strategia di differenziazione: • l’impresa deve possedere le risorse e le competenze in grado di distinguere il proprio sistema di offerta con le unicità che creano valore per il cliente; • l’impresa deve gestire con maggiore efficacia quelle attività della catena del valore che sono determinare per creare le unicità del sistema di offerta; Prof. Michele Pizzo 34

35 Il vantaggio di differenziazione
• c’è la possibilità per l’impresa di imporre prezzi più elevati per i suoi prodotti; tuttavia tale strategia comporta anche costi più elevati a causa dei maggiori e più qualificati impieghi di risorse in ricerca e sviluppo, innovazione di prodotto e di processo, comunicazione, input utilizzati nel processo produttivo, e così via. La strategia consentirà all’impresa di acquisire un vantaggio competitivo quando il prezzo più elevato che i clienti sono disposti a pagare rispetto all’offerta dei prodotti concorrenti è superiore ai costi sostenuti dall’impresa per differenziarsi. Prof. Michele Pizzo 35

36 Il vantaggio di differenziazione
Rischi: • il differenziale di prezzo rispetto ai concorrenti che puntano sul vantaggio di costo è troppo elevato; • i diversi fattori di differenziazione non influenzano le scelte dei consumatori; • l’imitazione limita la dimensione e la durata della differenziazione. Prof. Michele Pizzo 36


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