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PubblicatoCostantino Spada Modificato 6 anni fa
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Senso e contenuto della psicologia nel penitenziario
Dr. Antonio Violo
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Lo psicologo viene introdotto nel penitenziario come consulente (esperto ex art. 80, circa 480 in tutta Italia) con la Legge della Riforma Penitenziaria 354 del ‘75, per l’Osservazione Scientifica della Personalità, al fine di “individuare le possibili cause del disadattamento e i bisogni della personalità di ciascun soggetto, in base ai quali elaborare un trattamento”. Successivamente, intorno agli anni ‘80, con l’aumentare del disagio psichico, allo psicologo è stata attribuita una seconda funzione che, in base alla regolamentazione giuridica (Legge 56/1989), è propria della sua professione: La Tutela della Salute Psichica e prevenzione del rischio suicidario ed autolesionistico.
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Osservazione Scientifica della personalità Intervento Psicologico
consulenza alla magistratura per l’adozione di benefici consulenza all’equipe per la formulazione di un programma di trattamento valutazione per prevenire il disagio psichico e il rischio suicidario Processo di DIAGNOSI PSICOLOGICA Intervento Psicologico Intervento Psicologico con “presa in carico” del soggetto dare completezza alla valutazione e senso al processo evolutivo “riabilitazione” e /o “prevenzione e contenimento del disagio psichico”
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Assistenza Psicologica
Svolta dagli psicologi esperti ex art. 80 (384 in tutto il territorio nazionale) per 34 anni Fasi Osservazione Scientifica Intervento Psicologico Anni ‘90: introduzione in ruolo della figura professionale Psicologi di ruolo: 19 per gli adulti e 44 per i minori in tutto il territorio nazionale
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Assistenza psicologica offerta:
TRE ORE L’ANNO PER CIASCUN DETENUTO!!!! Conseguenze Inosservanza dei Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria di natura psicologica impossibilità di garantire una continuità agli utenti
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Lo psicologo svolge un lavoro di consulenza alla Magistratura di Sorveglianza per l’adozione di misure alternative il trattamento psicologico fornisce gli strumenti tecnico scientifici per facilitare, attraverso un processo di crescita personale, l’interiorizzazione di valori socialmente condivisi, revisione critica del reato ed assunzione di responsabilità Finalità contenere la tensione all’interno degli istituti prevenire la recidiva
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processo psicopatologico
Il disagio psichico in carcere viene concepito come processo psicopatologico Viene affrontato con risposte basate esclusivamente sul controllo: psicofarmaci sorveglianza a vista procedimenti disciplinari Allo stato attuale, non è possibile alcuna forma di assistenza, né di trattamento psicologico né di osservazione!!!!!
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Psicologo penitenziario
La funzione dello psicologo nel carcere è di “prendersi cura”, utilizzando se stesso come strumento, la propria capacità di ascoltare e di entrare in una relazione emotiva profonda per proteggere le parti vitali del sé che alcune esperienze, compresa quella detentiva, possono avere congelato, per contenere le emozioni ed accompagnare la persona in un percorso di crescita personale (H. Williams).
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Fattori di prevenzione dei comportamenti aggressivi
umanizzare la pena, darle un senso, un fine, renderla meno afflittiva ridurre l’isolamento possibilità di canalizzare costruttivamente le energie ed il tempo creare una rete di ascolto e relazioni di tutti gli operatori che compongono il gruppo istituzionale penitenziario consentire la progressione del trattamento che porti a recuperare il rapporto con la società ed i contatti con l’esterno interventi psicologici individuali e di gruppo (es. teatro-terapia, etc.)
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POPOLAZIONE CARCERARIA NEL LAZIO
capienza regolamentare (dati aggiornati al 6 luglio 2009) detenuti presenti 5.706 presenze stranieri (36,15%) il 54% dei detenuti in Italia è in attesa di una condanna definitiva, la percentuale più alta d’Europa l’80% dei detenuti è malato il 21% dei detenuti è tossicodipendente, ma il dato è in aumento. La tossicodipendenza è spesso associata a disagio psichico, HIV, Epatite C il 17% è affetto da patologie virali croniche il 16% presenta un disturbo psichiatrico solo nelle carceri di Regina Coeli, Rebibbia e Civitavecchia, circa persone sono seguite dal reparto di malattie infettive dello Spallanzani e di queste, circa il 6% è affetto da Hiv. La maggiore causa dell’infezione resta, comunque, la tossicodipendenza (71% dei casi sempre nel Lazio)
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il 3,33% è affetto dal virus dell’Hiv, la più alta percentuale in Italia (media 1,98%)
dall’inizio del 2009 alla fine di aprile sono 6 i decessi accertati fra le persone sottoposte a limitazioni della liberà personale. L’anno precedente si è contata la cifra record di 18 decessi in tutta la regione in 10 anni nelle carceri italiane sono morti quasi detenuti, di cui oltre 1/3 per suicidio la correlazione tra decessi/suicidi e sovraffollamento è significativa, come indicato da Dossier “Morire di carcere” del Centro Studi Ristretti Orizzonti nel presentare la Relazione 2009 sulle Tossicodipendenze al Parlamento (sui dati del 2008), Carlo Giovanardi ha aperto il suo intervento sul tema dei tossicodipendenti in prigione, segnalando un’ulteriore crescita tra quanti entrano in carcere (+ 6% rispetto al 2007); insieme all’aumento, fra la popolazione incarcerata, di chi ha violato l’art.73 della legge antidroga, la norma che punisce la detenzione a fini di spaccio (+3,7% rispetto al 2007)
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Art. 27, comma 3, Costituzione Italiana:
“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”
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Decreto Legislativo 22 Giugno 1999 n
Decreto Legislativo 22 Giugno 1999 n.230 (Riordino della medicina penitenziaria) “I detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, all’erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci e appropriate. (Art.1.1). Il SSN assicura, in particolare, ai detenuti e agli internati: Livelli di prestazione analoghi a quelli garantiti ai cittadini liberi; Azioni di protezione, di informazione e di educazione ai fini dello sviluppo della responsabilità individuale e collettiva in materia di salute; Informazioni complete sul proprio stato di salute all’atto dell’ingresso in carcere, durante il periodo di detenzione e all’atto della dimissione in libertà; Interventi di prevenzione, cura e sostegno del disagio psichico e sociale (Art.1.2).
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DPR 9 ottobre 1990 n. 309 “Chi si trova in stato di custodia cautelare o di espiazione di pena per reati connessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza o sia ritenuto dall’autorità sanitaria abitualmente dedito all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope o che comunque abbia problemi di tossicodipendenza ha diritto di ricevere le cure mediche e l’assistenza necessaria all’interno degli istituti carcerari a scopo di riabilitazione. (Art. 96.1).
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Lo psicologo del SerT in carcere:
valuta lo stato di salute psichica del paziente tossicodipendente all’ingresso, con una serie di colloqui in cui si accoglie e si prende in carico la persona, iniziando un percorso, in collaborazione con gli altri operatori, di continuità terapeutica formula una diagnosi psicologica che, all’interno del carcere, vuol dire soprattutto il comprendere la dinamica intrapsichica evidenziando quei passaggi evolutivi che hanno condotto la persona ad intraprendere un percorso di devianza ed emarginazione definisce il trattamento terapeutico psicologico previa condivisione del paziente, con obiettivi precisi, strategie personalizzate e utilizzando, in un’ottica di rete, anche risorse esterne al carcere effettua colloqui di sostegno e psicoterapeutici individuali o di gruppo e colloqui valutativi per inserimento comunitario redige le relazioni psicologiche inerenti le misure alternative al regime di detenzione collabora con il personale dell’Istituto per interventi in equipe
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Presidi Nuovi Giunti per il Colloquio di Primo Ingresso
Protocollo operativo I livello Nella fase di accoglienza sono coinvolti il Servizio Nuovi Giunti, che effettua un primo colloquio (definito di primo ingresso) con tutti i detenuti mirato soprattutto alla valutazione del rischio di auto ed etero lesionismo, e gli psicologi del SerT, che effettuano una presa in carico dei detenuti tossicodipendenti ed alcolisti. Inoltre, lo psicologo pone particolare attenzione alle persone che presentino evidente disagio psichico o altri fattori di vulnerabilità che potrebbero esitare in un “trauma da ingresso”, come ad es.: persone con evidenti problemi psichiatrici pazienti già in terapia presso DSM persone alla prima esperienza detentiva cittadini stranieri con difficoltà di comunicazione linguistico-culturale soggetti estranei alla criminalità comune
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Tra gli “eventi critici” da osservare rientrano:
i comportamenti autolesionistici la depressione, anche legata alla situazione contingente “agiti” volti ad attirare l’attenzione su di sé e sulle proprie vicende se sussiste un’incompatibilità con il regime carcerario Lo psicologo stilerà l’anamnesi psicologica tenendo conto di: elementi emotivi, del contesto di provenienza, di elementi culturali e logistici, della valutazione delle risorse di base anche tecnico-professionali. Lo psicologo dovrà emettere diagnosi psicologica, basata oltre che sulla descrizione dei sintomi e del profilo di personalità anche sulle categorie stabilite dal DSM IV e/o ICD 10; potrà avvalersi anche di strumenti psicodiagnostici, che verranno con relativa relazione conservati in cartella.
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II livello Si attiva per i soggetti a rischio e che pertanto necessitano di un periodo di osservazione (uno o più colloqui). Lo psicologo ha il compito di osservare il detenuto e monitorare periodicamente tutti i casi segnalati come a rischio (tutti i dati rilevati sono raccolti nella cartella clinica).
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Il Servizio di Osservazione e Trattamento
Procedure espletate: osservazione scientifica della personalità per i detenuti definitivi e per quelli in attesa di giudizio programma trattamentale per i detenuti definitivi riunione d’equipe: gli psicologi curano, insieme agli altri componenti dell’equipe (educatore, rappresentante della polizia penitenziaria, delegato del Direttore, ecc.) l’osservazione scientifica della personalità dei condannati, compilando le note di osservazione e la relazione di sintesi, per giungere poi ad un programma di trattamento rieducativo finalizzato a modificare gli atteggiamenti e gli orientamenti devianti del detenuto
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relazioni per la richiesta di misure alternative alla detenzione
revoca o conferma della misura cautelativa della Grande Sorveglianza relazioni richieste dalla Magistratura, dalla Direzione o dai Medici colloqui di Trattamento psicologico continuativi e costanti, ed approfondimento delle tematiche individuali, prestando scrupolosa osservanza delle disposizioni contenute nella circolare n del 12/05/2000 (“Atti di autolesionismo e suicidi in ambiente penitenziario. Linee guida operative ai fini di una riduzione dei suicidi nelle carceri”)
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GLI ISTITUTI PENITENZIARI
La prigione, o carcere, o penitenziario, è il luogo dove vengono trattenuti individui privati della libertà personale in quanto riconosciuti colpevoli (o anche solo accusati – si parla in questo caso di “carcerazione preventiva”) di reati per i quali è prevista la pena della detenzione. ADULTI Carceri: le case di reclusione con detenuti condannati in via definitiva le case circondariali per i detenuti in attesa di giudizio - gli istituti di massima sicurezza
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MINORI Gli Istituti Penali Minorili sono istituti di detenzione destinati alla restrizione di ragazzi che hanno commesso reati tra i 14 e i 18 anni. Sono sottoposti al medesimo ordinamento penitenziario degli adulti ma con pene diminuite; tuttavia, possono esservi rinchiusi anche i minori degli anni 14 non imputabili se vengono ritenuti socialmente pericolosi dopo aver commesso un crimine di particolare gravità. Possono inoltre essere trattenuti presso carceri minorili, sino al compimento del ventunesimo anno di età, ragazzi che hanno commesso reati prima dei 18 anni.
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SERVIZI DI GIUSTIZIA MINORILE
Regio Decreto Legge n.1404 del 1934: istituisce i Tribunali per i Minorenni Legge 354 del 1975, Ordinamento Penitenziario per gli adulti: tuttora disciplina gli Istituti Penali Minorili con minimi adattamenti DPR 448 del 1988: riforma il codice di procedura penale per i minorenni ed istituisce Centri di Prima Accoglienza Uffici di Servizio Sociale Minorile Istituti penali minorili
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Dal 1997 sono stati assunti in ruolo ed immessi nei servizi di giustizia minorile di tutta Italia 39 psicologi di ruolo. Attualmente sono 44 e sono dipendenti ASL. Vengono interessati dalla riforma (DPCM del 2008) anche i minori sottoposti a misura penale (non solo quelli “detenuti”): tutte le misure penali alternative e sostitutive della detenzione le misure cautelari esterne
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Bibliografia Brunori L., 1998, “Il carcere, una comunità non terapeutica”, Il Ponte Vecchio; Ferracuti S., 2002, “Conseguenze psicologiche e psichiatriche dei regimi detentivi di massima sicurezza”, da “Barriere di vetro”, Palombi; Giannelli P., 1996, “Essere psicologico in carcere, alla ricerca di uno spazio da condividere”, da “Interprofessionalità”, n.52; Giannelli P., 2007, “Psicologia in carcere: significato, contenuti, potenzialità”, da “Carcere: uno spazio per la persona”, Libreria Ateneo Salesiano; Gonnella-Astarita-Bonatelli-Marietti, 2006, “Dentro ogni carcere”, Carocci; Williams H., 1984, “La restituzione della violenza”, Il Pensiero Scientifico;
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