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I sistemi di classificazione
Prof. Giovanni B. Camerini
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Sistemi di classificazione DSM e ICD per l’infanzia
I due più importanti manuali di classificazione diagnostica psichiatrica, usati in tutto il mondo, sono: 1. Il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM; American Psychiatric Association). Il DSM-5 è stato pubblicato nel 2013 e tradotto in italiano nell’aprile 2014. 2. la Classificazione Internazionale dei Disturbi (ICD; World Halth Organization), la decima ed ultima versione risale al 1992 ed è espressa con la sigla ICD-10
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Obiettivi di un sistema di classificazione psichiatrica:
Questi strumenti sono indispensabili per pensare e per comunicare. Gli obiettivi che ne hanno determinato la costruzione sono molti e molto diversi: Comunicazione tra ricercatori: la ricerca nell’ambito della psicopatologia infantile richiede gruppi di bambini ragionevolmente omogenei rispetto all’oggetto di indagine che quindi deve essere definito chiaramente e soprattutto riconosciuto successivamente dai clinici che si avvarranno delle conclusioni raggiunte dagli studi condotti. Comunicazione tra professionisti: i clinici, maggiormente a contatto con situazioni specifiche, differentemente dai ricercatori, hanno bisogno di sapere come applicare le scoperte scientifiche al singolo caso ed è per questo che è indispensabile avere uno strumento di classificazione largamente diffuso e condiviso. Inoltre in ambito clinico è utile avvalersi di tale strumento per definire quando è necessario l’intervento.
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3. Epidemiologia e salute pubblica: la semplicità e la solidità dei sistemi di classificazione diviene ancora più importante in questi ambiti, in cui è necessario definire la popolazione a rischio o che necessita di un intervento precoce. 4. Comunicazione con gli utenti: per spiegare e descrivere il disturbo, rilevando le credenze e le convinzioni del paziente nei confronti del disturbo. La varietà delle proposte di classificazioni ha condotto l’Organizzazione Mondiale della Sanità a riconoscere una “famiglia di classificazioni”, a condizione che i diversi sistemi non divergano troppo, siano in grado di comunicare tra loro, siano confrontabili le definizioni dei disturbi e ci sia un generale accordo in merito a cio che è un disturbo e ciò che non lo è.
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Le “sindromi psicopatologiche”
Essendo difficile parlare di malattie (di cui sono note cause e sintomi) in ambito mentale si parla di sindromi psicopatologiche ovvero di “Un raggruppamento di segni e sintomi, basato sulla frequente co-occorrenza, che può far supporre una patogenesi sottostante, un decorso, un quadro familiare e una scelta di trattamento comune” American Psychiatric Association, 1994
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La complessità dei disturbi in età evolutiva:
E’ possibile trovare bambini che: Non hanno disturbi né limitazioni funzionali Presentano i criteri diagnostici e limitazioni Presentano criteri diagnostici senza limitazioni Presentano parte dei criteri diagnostici ma hanno comunque limitazioni
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PRO e CONTRO Ateoretici – classificare significa scegliere
Criteri soglia (perché 8 e non 6 criteri?) Mancano la prospettiva dimensionale (sincronica): mancano la famiglia, la società, l’integrazione bio-psicosociale Manca la prospettiva evolutiva (diacronica) La classificazione consente di raggruppare i fenomeni e di organizzarli in modo da rendere possibili generalizzazioni in rapporto alle osservazioni Consente di comunicare all’interno della comunità scientifica
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Tipi di classificazione: categorie vs dimensioni
La scelta tra un sistema di classificazione categoriale ed uno dimensionale è stata oggetto di molti dibattiti. L’approccio categoriale è spesso descritto come modello medico, anche se tale prospettiva risulta fuorviante, poiché il modello medico include sia l’approccio dimensionale che quello categoriale (es. pressione sanguigna). Tuttavia ci sono molte ragioni per le quali il modello categoriale è favorito rispetto a quello dimensionale. L’approccio categoriale permette di rispondere in modo più veloce ad alcuni quesiti frequenti nella pratica clinica (es. necessità di trattamento), ed è quindi considerato più conveniente, anche se la convenienza può essere più apparente che reale: potrebbe essere molto rischioso determinare il trattamento esclusivamente sulla base della diagnosi, senza tener conto degli aspetti specifici del caso individuale.
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Questione interculturale
In generale, l’idea di usare un’unica classificazione per tutti i paesi ha funzionato bene, e molti tipi di problemi hanno dimostrato di rimanere sostanzialmente invariati nelle diverse culture. - Una differenza potrebbe riguardare la variazione di fattori di rischio e fattori protettivi. Ad esempio, una società con una forte matrice religiosa potrebbe creare sia supporti per le persone con disabilità, sia occasioni per l’insorgere di ansie spirituali. - Un’altra differenza riguarda il diverso modo di dare peso ad un problema nelle diverse culture, come ad esempio il fatto che in Tailandia ci si preoccupa meno per i disturbi d’ansia e di più per i comportamenti oppositivi al contrario di quanto avviene negli Stati Uniti (Weisz, Suwanlert, Chaiyasit et al, 1993).
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DSM Secondo gli intendimenti degli autori e dell'APA, dovrebbe essere: nosografico: i quadri sintomatologici sono descritti a prescindere dal vissuto del singolo, e sono valutati in base a casistiche frequenziali ateoretico: non si basa su nessun tipo di approccio teorico multiassiale: raggruppa i disturbi su 5 assi, al fine di semplificare e indicare una diagnosi standardizzata Sindromico: ovvero fa riferimento a un sistema di segni e sintomi individuati in quanto ricorrenti.
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Per prima cosa indagare i sintomi essenziali e la loro gravità
Poi, solo se si riscontrano, indagare la presenza di sintomi e segni accessori, cioè meno specifici Se non sono presenti i sintomi essenziali, non perdere tempo nel completare la lista dei sintomi per ogni disturbo
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Il DSM-5: non multiassiale
Disturbi Neuroevolutivi: Disabilità intellettiva Disturbi della Comunicazione Disturbi dello Spettro Autistico ADHD Disturbi Specifici di Apprendimento Disturbi Motori
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Spettro Schizofrenico
Disturbi Bipolari Disturbi Depressivi Disturbi d’Ansia Disturbi Ossessivo-Compulsivi Disturbi da Trauma e da Stress Disturbi Dissociativi Disturbi da Sintomi Somatici Disturbi dell’Alimentazione Disturbi dell’Evacuazione Disturbi Ipnagogici Disfunzioni Sessuali Disforia di Genere Disturbi Dirompenti, di Controllo degli Impulsi e della Condotta Disturbi da Sostanze Disturbi Neurocognitivi Disturbi di Personalità Disturbi Parafilici
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Altre Condizioni che possono avere un Focus di Attenzione Clinica
Problemi Relazionali (Problemi correlati all’allevamento dei figli, Altri problemi correlati al gruppo di sostegno primario) Abuso e Trascuratezza (infantile e nell’adulto) Problemi relativi all’istruzione e all’attività lavorativa Problemi abitativi ed economici Altri problemi correlati all’ambiente sociale Problemi legati al crimine ed all’interazione col sistema giudiziario Problemi legati ad altre circostanze psicosociali, personali ed ambientali
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Sistema diagnostico 0-3 Proposta nel 1994 dal National Center for Clinical Infant Programs di Washington Fra le aree rilevanti nella diagnosi occorre rilevare: i sintomi e i comportamenti manifesti, il percorso di sviluppo, il funzionamento familiare, le caratteristiche dei genitori, le caratteristiche della relazione adulto-bambino, i pattern di interazione, le caratteristiche costituzionali e maturazionali del bambino, gli aspetti ricorrenti dell’affettività, nel linguaggio, nelle attività cognitive, motorie e sensoriali.
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0-3: un sistema multiassiale
Asse I - classificazione primaria del disturbo Asse II – classificazione della relazione genitore bambino Asse III- condizioni o disturbi fisici, neurologici, evolutivi e mentali Asse IV - agenti stressanti di natura psicosociale Asse V - livello di sviluppo del funzionamento emotivo La vera novità è l’asse II sulla relazione genitore bambino (ipercoinvolgimento, ipocoinvolgimento, relazione ansiosa/tesa, arrabiata/ostile, disturbo relazionale misto, maltrattamento)
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