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La costruzione simbolica dei movimenti sociali
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La riscoperta del «lavoro politico» Mobilitare il consenso
I movimenti sociali non nascono meccanicamente dall’accumulo di frustrazioni. Il passaggio all’agire collettivo presuppone tutto un lavoro sulle rappresentazioni che dia un linguaggio al malcontento Dare un linguaggio alla protesta significa trasformare il malessere diffuso in ingiustizia, in scandalo, legittimarlo rispetto a un sistema di norme e valori, insomma «passare alla dimensione generale», trasformare un caso in una causa La categoria del «diritto a…»
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Dare un linguaggio significa anche individuare dei responsabili, formulare delle rivendicazioni predisponendo le soluzioni possibili Il linguaggio comporta una dimensione cognitiva fornendo le parole, le classificazioni, le spiegazioni che mettono ordine nelle cose La dimensione simbolica del linguaggio dice il bene e il male, il «noi» e il «loro» e implica una componente identitaria. Quindi, rendendo possibile la formulazione di lagnanze e richieste, essa inaugura un registro espressivo
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Le due sequenze del movimento sociale
Mobilitazione del consenso poggia sull’attività di propaganda che ha lo scopo di produrre, per mezzo di un lavoro militante fatto di manifesti, riunioni, volantinaggi, la diffusione di un punto di vista sul mondo, sul «problema» in oggetto, nonché la costituzione di un pubblico favorevole alla causa Mobilitazione dell’azione mirante a trasformare il capitale di simpatia accumulato in impegni concreti, come a d esempio la partecipazione ad una manifestazione
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I quadri dell’esperienza
L’analisi degli schemi interpretativi designa ciò che consente agli individui di «localizzare, percepire, individuare, classificare gli eventi del loro ambiente e del loro vissuto» (Goffman) L’operazione più radicale è la trasformazione completa dello schema: si tratta di cancellare uno schema sociale di interpretazione e di sostituirvi una griglia di lettura completamente altra La connessione fra schemi (bridging) consiste nell’evidenziare le convergenze fra temi comuni a due diverse mobilitazioni
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Rappresentazioni e mobilitazioni mediatiche
Raramente il pubblico è un recettore acritico (Gamson) Due caratteristiche del discorso della stampa sfavorevoli ai movimenti sociali: Le difficoltà e le poste in gioco vi sono rarissimamente problematizzate; l’idea di un potere d’influenza su queste poste in gioco grazie all’azione collettiva è praticamente estranea al discorso giornalistico
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Comunicazione e media Alle manifestazioni tradizionali, realizzate soprattutto per creare un rapporto di forza e permettere l’espressione del gruppo, si sono aggiunte manifestazioni di «secondo grado». Organizzate con l’aiuto di esperti in comunicazione, con il ricorso a regie elaborate, queste ultime mirano a produrre un’immagine valorizzante del gruppo e delle sue rivendicazioni attraverso i media Il «potere» reale dei media sulla riuscita di numerose mobilitazioni è difficile da misurare oggettivamente
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I media, attori dei movimenti sociali
Giornalisti e professionisti dei media possono essere considerati a pieno titolo attori die movimenti sociali. Sono tante le situazioni in cui attivisti e giornalisti si trovano nell’ambigua relazione di rivali-complici Le influenze mediatiche su un movimento contestatario vanno dalla stimolazione di ondate di adesione alla trasformazione dei leader in divi, fino ad un completo riorientamento delle energie militanti
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La costruzione mediatica dei movimenti non deriva, essenzialmente, da un disegno politico esplicito dei giornalisti o dei proprietari dei giornali. Essa risulta dalla rete interattiva che struttura il lavoro mediatico, in modo particolare la televisione; il tutto legato ai fini dell’ordine e della raccolta di finanziamenti pubblicitari La soluzione politica di numerosi problemi sociali viene oggettivamente ostacolata e complicata dallo sforzo giornalistico di dare degli stessi una visione semplicistica o sconvolgente
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Il registro terapeutico
I media svolgono un lavoro di natura terapeutica nei confronti delle vittime per effetto della rappresentazione che danno dei disagi. La «terapia», quarta branca da aggiungere al trittico di Hirschman (defezione – lealtà – protesta) La categoria «problema di comunicazione» gioca un ruolo particolarmente strategico. Riduce la conflittualità ad una patologia nata da carenze pedagogiche che impedisce ai soggetti di comprendere le soluzioni che s’impongono
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Una sociologia della costruzione dei problemi pubblici
I «problemi sociali» nascono da un lavoro di trasformazione – e di creazione – dello scontento in rivendicazioni argomentate, di costruzione di rapporti di forza per ottenere risposte e provvedimenti I responsabili dei movimenti sociali hanno tutto l’interesse a cercare solide connessioni con gli altri circuiti di trattamento dei problemi sociali. Il supporto più efficace al processo di mobilitazione rimane l’inserimento a pieno titolo nei negoziati con le autorità amministrative e governative
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La forza dell’istituzione
Risparmiare in termini di mobilitazione permanente nella gestione di un problema pubblico implica, per un movimento sociale, una logica d’istituzionalizzazione La tensione di ogni movimento sociale (Piven e Cloward): a) giocare solo sul registro della mobilitazione; b) tentare di affiancare al registro della mobilitazione altri modi di conservazione del «suo» problema in agenda, assumendo il rischio di entrare in uno scenario di addomesticamento
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