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Figure e problemi della storia della filosofia- Docente Prof

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Presentazione sul tema: "Figure e problemi della storia della filosofia- Docente Prof"— Transcript della presentazione:

1 Figure e problemi della storia della filosofia- Docente Prof
Figure e problemi della storia della filosofia- Docente Prof. Roberto Garaventa Il rapporto tra etica e economia nel pensiero contemporaneo. Dott.ssa Valentina Erasmo, Università degli Studi G. d’Annunzio, Chieti-Pescara

2 Problemi e figure di riferimento
1) Qual è il rapporto sussistente tra l’etica e l’economia nell’età contemporanea? 2) Quali sono i contenuti della critica di Sen all’etica utilitaristica? 3) Cosa si intende per ‘uguaglianza’ entro una prospettiva etico-economica? 4) Quale ruolo per la giustizia? Quale relazione con la libertà? 5) Qual è differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo? Analisi di alcuni casi pratici tratti dalla politica. Figure: John Rawls ( ), filosofo statunitense Amartya Sen (1933), economista e filosofo indiano John Harsanyi ( ), economista, filosofo e psicologo ungherese.

3 Qual è il rapporto sussistente tra l’etica e l’economia nell’età contemporanea? (1)
Nell’età antica, l’economia era intesa come ‘oikonomia’, amministrazione della casa. Per Aristotele, era una delle scienze pratiche a servizio della politica, che si occupava dei tre rapporti interpersonali fondamentali per il vivere sociale: marito-moglie, padri-figli e padrone-schiavi. Il suo studio era inscindibile da quello dell’etica. Nell’età moderna, si è assistito alla circoscrizione dei contenuti delle singole branche dello scibile umano. In questo modo, l’economia è diventata una disciplina scientifica, dotata di una sua specifica razionalità, rendendosi progressivamente autonoma dalla filosofia, fino a diventarne indipendente. Nell’età contemporanea, si è assistito a quello che Giovanola (2013) definisce un crescente ‘processo di economizzazione’, ossia di estensione dell’economia in ambiti non economici. Questa estensione non riguarda solo il sapere, ma un po’ tutti gli ambiti dell’esistenza umana che vengono così interpretati secondo criterio di efficienza o analisi costi-benefici.

4 Qual è il rapporto sussistente tra l’etica e l’economia nell’età contemporanea? (2)
Causa del processo di economizzazione: la difficoltà di dialogo tra etica e economia emersa nel Novecento. A sua volta, questa è prodotta, da un lato, dall’esasperazione dell’approccio economico di tipo quantitativo, dall’altro lato, dalla separazione tra economia positiva e economia normativa. L’esasperazione dell’approccio quantitativo comporta la perdita di valori qualitativi (ad esempio, la dimensione etico-sociale dell’esistenza umana); La separazione dell’economia positiva/normativa comporta una visione parziale sulla realtà in quanto: A. l’economia positiva si occupa dei soli mezzi materiali per raggiungere fini; B. l’economia normativa si occupa della sola discussione dei fini, ma non dei mezzi per raggiungerli.

5 Qual è il rapporto sussistente tra l’etica e l’economia nell’età contemporanea? (3)
Effetti del processo di economizzazione: sono di natura etica, coincidono con: 1)il rovesciamento del rapporto mezzi-fini: l’uomo diventa quel centro di creazione di sempre nuovi mezzi per raggiungere i fini, senza tener conto delle conseguenze di ciò; 2)la necessità di riflettere sulle nozioni di razionalità etica e di razionalità economica, nonché del rapporto sussistente tra queste due nozioni: A. La razionalità economica intende l’uomo come un insieme di preferenze (bisogni) che può tradurre in una scelta vera e propria attraverso l’azione. Esempi: 1)in filosofia, il soggetto monologico cartesiano, che individua i suoi obiettivi in maniera chiara e distinta così da poter attuare un calcolo ottimale dei mezzi necessari per conseguirli; 2) in economia, il modello del consumatore razionale per cui le sue scelte di consumo (vincolate dal suo reddito) saranno conformi solo alle sue preferenze, mirate alla massimizzazione del suo interesse personale (o utilità). Esempio, l’antropologia neoclassica dell’ homo oeconomicus; B. La razionalità etica è confinata nell’ambito dell’economia normativa, includendo il ruolo razionale delle credenze e dei desideri, che costituiscono l’insieme dei miei valori;

6 Qual è il rapporto sussistente tra l’etica e l’economia nell’età contemporanea? (4)
Razionalità economica e razionalità etica si sono ritrovate separate e distinte a causa della scissione tra economia normativa e economia positiva: «La concezione della razionalità economica basata sull’interesse personale comporta inter alia un netto rifiuto della concezione della motivazione ‘collegata all’etica’. Cercare di fare del proprio meglio per raggiungere ciò che si vorrebbe raggiungere può far parte della razionalità, e questo può includere il perseguimento di obiettivi non dettati dall’interesse personale ai quali diamo valore e desideriamo giungere. Vedere qualsiasi allontanamento dalla massimizzazione dell’interesse personale quale prova di irrazionalità significa negare all’etica un ruolo nell’effettiva presa di decisioni (a meno che per etica non si intenda una qualche variante di quell’esotica concezione morale nota come ‘egoismo etico’)» (A. Sen, On Ethics and Economics, 1987, p. 23)

7 Qual è il rapporto sussistente tra l’etica e l’economia nell’età contemporanea? (5)
Amartya Sen (1987) si inserisce in questo scenario come inversione di tendenza rispetto al problema dell’espansione dell’economia in ambiti non economici, con il suo tentativo di riconciliazione tra economia normativa e positiva che passa attraverso una visione unitaria del concetto di razionalità. Difatti, un agente economico può essere razionale anche se vuole «includere il perseguimento di obiettivi non dettati dall’interesse personale», ma ai quali attribuisce un valore e ai quali desidera giungere. Tuttavia, Sen non afferma che i comportamenti di un individuo sono sempre altruistici, bensì afferma che si possa essere razionali pur non adottando sempre condotte morali egoistiche, come avviene presso gli economisti neoclassici.

8 Quali sono i contenuti della critica all’etica utilitaristica di Sen
La teoria economica neoclassica si rifà all’etica utilitaristica, il cui fine è la massimizzazione del benessere dell’individuo. Le due principali accezioni nel pensiero filosofico del Novecento sono: 1)l’utilitarismo dell’atto: rispetto alla diade atto/regola è l’atto da privilegiare, perché produce e, al contempo, spiega il benessere. Si tratta di una teoria: A. universalistica rispetto ai bisogni dell’uomo, per cui l’utilità individuale* si identifica con quella collettiva, dunque può valere solo in un mondo astratto; B. particolaristica rispetto alla natura umana, per cui l’uomo può conoscere solo i suoi stati mentali, ossia le sue esperienze soggettive; *stima del benessere individuale

9 Quali sono i contenuti della critica all’etica utilitaristica di Sen
2) l’utilitarismo della regola (uno dei massimi esponenti è Harsanyi): rispetto alla diade atto/regola è la regola da privilegiare, perché, se viene osservata con assoluta imparzialità, è quella che consente di produrre il benessere (elemento deontologico: si avvicina al ‘velo d’ignoranza’ rawlsiano). Si tratta di una teoria: Particolaristica rispetto ai bisogni dei singoli individui: si avvicina alla morale comune per legittimare l’anteporre il proprio interesse personale a quello collettivo, purché questo non violi le regole di riferimento. Riconosce la possibilità di conoscere gli stati mentali altrui con un’apertura all’altro assente nell’utilitarismo tradizionale, dove ciò era impedito da ragioni gnoseologiche (impossibilità di conoscenza degli stati mentali altrui).

10 Quali sono i contenuti della critica all’etica utilitaristica di Sen
Sen (1976, 1977) respinge l’etica utilitaristica, in particolare l’utilitarismo della regola di Harsanyi (1955) (particolarismo dei bisogni), perché, nonostante i tentativi di conciliazione tra gli interessi individuali/collettivi, permane uno spiccato individualismo etico. Limiti individualismo: A. sotto un profilo etico-morale, tendenza egoistica nell’agire; B. sotto un profilo anche economico, impossibilità di cogliere l’eterogeneità dei bisogni (utilitarismo dell’atto) o l’intensità dei bisogni (utilitarismo della regola); Fondamento dell’individualismo etico: l’antropologia dell’homo oeconomicus.

11 Quali sono i contenuti della critica all’etica utilitaristica di Sen
L’antropologia dell’ homo oeconomicus risale alla teoria economica classica: essa intende l’uomo: A. come soggetto perfettamente razionale (razionalità economica): qualsiasi forma di interesse non economico è respinto perché irrazionale; B. la razionalità si manifesta come un comportamento coerente con le proprie preferenze e con alcuni assiomi predefiniti C. l’agire è solo in vista della massimizzazione del proprio benessere. Conseguenze: A. pur guardando al benessere collettivo, non vengono considerate le disuguaglianze interne alla società, le quali risultano accentuate dal fenomeno della globalizzazione; B. è assente una razionalità etica che tenga conto delle implicazioni etiche di queste disuguaglianze socioeconomiche (non solo in termini di reddito, ma di qualità della vita condotta).

12 Cosa si intende per ‘uguaglianza’ entro una prospettiva etico-economica? (1)
Ci sono diverse concezioni di uguaglianza nelle riflessioni del Novecento. Le tre principali sono: Utilitaristi: l’uguaglianza non è centrale; non si tiene conto dei più svantaggiati; conta la sola sommatoria collettiva del benessere (utilità), a partire da quello individuale. (es. meglio una torta più grande a una più piccola, così da poter avere delle fette sempre più grandi, trascurando la ‘fame iniziale’ di chi la mangerà!). A livello individuale, ognuno cerca di favorire se stesso. Rawls (1971): tiene conto delle disuguaglianze di partenza, ma non dell’intensità dei bisogni, guardando alla disuguaglianza in termini solo economici, non etico-sociali. L’uguaglianza può essere raggiunta attraverso una distribuzione dei beni primari (redditi, ricchezza) secondo il criterio del maximin, per cui vengano favoriti sempre gli individui più svantaggiati. (es. dell’applicazione del maximin, unica dose di antibiotico, due pazienti, un malato terminale e un uomo sano, entrambi affetti da polmonite. Occorrerà darlo al malato terminale)

13 Cosa si intende per ‘uguaglianza’ entro una prospettiva etico-economica? (2)
Sen (1980): problema delle disuguaglianze è centrale nell’accezione socioeconomica, così come la sua soluzione. Il limite degli utilitaristi è il non tener affatto conto delle disuguaglianze; Il limite di Rawls è soprattutto antropologico, ossia riconducibile alla mancata analisi dell’eterogeneità dei bisogni, dovuta all’appartenenza a gruppi etnici e sociali diversi. Analisi solo economica. Secondo Sen, se gli uomini fossero simili, i beni primari potrebbero essere un strumento valido per ripristinare l’uguaglianza; Al contrario, gli uomini sono profondamente diversi tra loro, per ragioni sia economiche che antropologiche.

14 Cosa si intende per ‘uguaglianza’ entro una prospettiva etico-economica? (3)
E’ davvero possibile l’uguaglianza in Sen? Se sì, come? In realtà, in Sen non si arriva mai ad un livellamento economico rispetto ad un equo possesso di beni tra gli uomini, tantomeno è ambìto dall’autore sia per ragioni etiche che economiche. Tuttavia, egli auspica un livello minimo di basic capabilities tra gli uomini, al di sotto del quale non si vive dignitosamente, mentre al di sopra del quale sono moralmente ammesse delle differenze. In questo consiste una società equa e giusta. Basic capabilities: descrivono ciò che “a person being able to do certain basic things”. Cit. A. Sen, Equality of What?, 1980, pag. 218. La cifra dell’urgenza del bisogno umano è colta nella sua natura di abilità relazionale tra il soggetto e il bene o servizio di cui si dispone. Una mancata abilità è frutto di una deprivazione. Nelle sue opere successive, si comprende meglio il valore anche del contesto ambientale, il che dà vita alla triade agente-bene strumentale-contesto ambientale.

15 Quale ruolo per la giustizia? Quale relazione con la libertà? (1)
Le origini del dibattito sulla giustizia risalgono a Platone, precisamente alla Repubblica, come tema centrale e ispiratore, nodo da sciogliere per elaborare la sua filosofia politica; La giustizia è vista come la virtù (areté) più alta, al contempo virtù individuale e sociale; Aristotele riflette sulla giustizia sia nella Politica che nell’ Etica Nicomachea; Politica: il giusto si realizza dove c’è una giusta costituzione; Etica Nicomachea, libro V: La giustizia è una virtù etica, ossia coinvolge la parte appetitiva dell’anima razionale e richiede che la ragione faccia assumere all’uomo un comportamento virtuoso attraverso l’abitudine. E’ una virtù completa perché in essa ogni virtù è ricompresa.

16 Quale ruolo per la giustizia? Quale relazione con la libertà? (2)
Grazie ad Aristotele, si è avuta la distinzione ancora presente nella filosofia contemporanea tra giustizia distributiva e giustizia correttiva. Giustizia distributiva: regola la distribuzione di beni e di riconoscimenti tra i membri di una certa comunità di riferimento (es. cose eguali distribuite a persone eguali, cose diseguali a persone diseguali); La giustizia distributiva non deve annullare le diseguaglianze, ma le deve assumere come punto di partenza per una possibile redistribuzione proporzionale; Giustizia correttiva: regola i rapporti tra privati secondo criterio di proporzionalità aritmetica (es. eguaglianza tra chi ha subìto e chi ha inferto un danno). Emerge che il giusto è proporzionale, al contrario dell’utilitarismo contemporaneo. La giustizia come proporzionalità consente di comprendere il discorso di Aristotele della giustizia come reciprocità che schiude la possibilità della giustizia sociale.

17 Quale ruolo per la giustizia? Quale relazione con la libertà? (3)
Filosofia contemporanea: deve ancora tanto a Aristotele, sebbene la giustizia sociale abbia lasciato lo spazio ad una centralità delle istituzioni, in quanto struttura fondamentale della società. Rawls (1971): la giustizia sociale va compresa entro la dimensione istituzionale e distributiva. Le disuguaglianze sono frutto della lotteria della sorte; alle istituzioni spetta il ruolo di gestirle. Come definire la giustizia sociale rawlsiana? E’ una giustizia intesa come equità, semplificando: A. l’uguaglianza in senso stretto deve aversi solo nell’ambito delle libertà fondamentali; in questo peculiare rapporto consiste il suo egualitarismo liberale B. altrimenti, vale l’equa eguaglianza delle opportunità per membri di pari talento, a prescindere dalle condizioni di partenza

18 Quale ruolo per la giustizia? Quale relazione con la libertà? (4)
In Rawls il rapporto tra libertà e giustizia fa sì che la giustizia sia uguaglianza in senso stretto solo per le libertà fondamentali; Sen (2009): la sua riflessione sulla giustizia subisce influenze sia da parte di Rawls che della cultura indiana. Nella lingua indiana esistono due termini diversi per indicare la giustizia, quali: niti, è l’onesta politica rispetto del codice etico (nitiparak); Nyaya, è la giustizia realizzata. Sen ritiene preminente la giustizia come nyaya sulla giustizia come niti, in una chiara accezione aristotelica.

19 Quale ruolo per la giustizia? Quale relazione con la libertà? (5)
Le disuguaglianze vengono accentuate dal fenomeno della globalizzazione: sono presenti sia nelle nazioni povere che in quelle ricche; Come definire la giustizia sociale di Sen? E’ una giustizia intesa come uguaglianza delle capacitazioni fondamentali, come si è già visto. Diversamente da Rawls: A. la giustizia sociale seniana vede come centrale lo spazio sociale, anziché quello istituzionale, per la discussione delle problematiche connesse alla giustizia; B. vuole superare il ‘feticismo dei beni primari’, in quanto individui diversi avranno una capacità diversa di far funzionare questi beni (es. un uomo occidentale e uno appartenente a un Paese del Terzo Mondo, faranno due usi diversi di uno smartphone) La realizzazione della giustizia corrisponde ad un ampliamento delle libertà come acquisizione di sempre maggiori capacitazioni, cioè maggiori possibilità di agire e di relazionarsi con l’ambiente, con le persone e con gli oggetti circostanti. E’ possibile solo in democrazia. Tanto maggiori saranno queste libertà, tanto più una nazione potrà dirsi sviluppata.

20 Qual è differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo
Qual è differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo? Analisi di alcuni casi pratici tratti dalla politica (1) Crescita: viene stimata con indicatori unidimensionali, come il Pil (prodotto interno lordo), che esprimono la ricchezza prodotta da una nazione da un anno all’altro. Restituisce un’istantanea rispetto al quadro economico del Paese, solitamente nell’arco di un anno. Non a caso, viene chiamato il ‘termometro dell’economia’. Il Prodotto interno lordo è solo una media della ricchezza prodotta, non fornisce informazioni sulle disuguaglianze e sulla qualità della vita di una popolazione: i benefici della crescita possono concentrarsi nelle mani di pochi o non sono accessibili a tutti. Sviluppo: viene stimato con indicatori multidimensionali, come l’Hdi (Human Development Index, ideato da Dréze e Sen), restituisce la qualità della vita di una nazione: 1) aspettativa di vita alla nascita (mortalità infantile, qualità dei servizi sanitari, sicurezza pubblica); 2) livello di alfabetizzazione e frequenza scolastica (libertà di espressione e di pensiero, capacità della produzione di rendersi competitiva nel mercato globale); 3) standard di vita in relazione al Pil a parità di potere d’acquisto. Dà idea delle disuguaglianze relative alla qualità della vita.

21 Qual è differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo
Qual è differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo? Analisi di alcuni casi pratici tratti dalla politica (2) Questi dati risultano importanti per i politici e per gli studiosi per scegliere le linee decisionali più idonee per la propria nazione. Come potrete immaginare, non si tratta di una decisione facile o sempre indovinata (il più delle volte, non lo è); Un esempio di politica di sostegno alla crescita (non allo sviluppo) potrebbe essere quella assistenzialistica, ossia sostegno agli strati più deboli della popolazione. Es. il reddito di cittadinanza, sussidio diretto alle famiglie per aumentare la produzione nazionale tramite aumento dei consumi.

22 Qual è differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo
Qual è differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo? Analisi di alcuni casi pratici tratti dalla politica (3) Un esempio di politica a sostegno dello sviluppo può essere può essere l’adozione di un modello welfaristico ‘scandinavo’: assistenza sanitaria universale, investimenti massicci in R&S per un’economia competitiva a livello globale (importanza conoscenza), sistema previdenziale efficiente, centralità del cittadino con la più bassa differenza salariale tra uomini e donne (venir meno delle differenze di genere). Crescita e sviluppo non procedono necessariamente di pari passo: 1) Una nazione può avere una crescita più marcata del suo sviluppo: Es. Qatar (nazione più ricca al mondo 2018)

23 Qual è la differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo
Qual è la differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo? Analisi di alcuni casi pratici tratti dalla politica (4) 2) Una nazione può avere uno sviluppo più marcato della sua crescita: Es. La Svizzera (seconda per Hdi al mondo) 3) Crescita e sviluppo possono procedere sostanzialmente di pari passo, come nella maggioranza della nazioni (nazioni povere e poco sviluppate, nazioni ricche e molto sviluppate). Es. USA (13-esima per Hdi) Perché?

24 Qual è la differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo
Qual è la differenza tra i concetti di crescita e di sviluppo? Analisi di alcuni casi pratici tratti dalla politica (5) Lo sviluppo… A. migliora la qualità della vita degli uomini perché mira a ridurre le disuguaglianze grazie a più eque condizioni di partenza rese possibili dal miglioramento della sanità, aumento dei livelli di istruzione e di formazione, minori disparità nel potere di acquisto all’interno di una realtà democratica; B. può essere un solido fondamento per una crescita economica duratura (quando aumenta l’Hdi di una nazione, ha grosse probabilità anche di crescita del Pil); Solo un miglioramento della qualità della vita, con riferimento a investimenti ad hoc in settori come quello della formazione e dell’istruzione è capace di rendere un’economia competitiva nel mercato globale, facendo leva sulla domanda economica dal lato dell’export (si esporta solo ciò che ha un elevato rapporto qualità-prezzo o che si differenzia per qualità in termini assoluti sugli altri prodotti); Una crescita senza sviluppo può essere sintomatica di profonde disuguaglianze, come nel caso del Qatar.


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