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Omelia di don Ferruccio Terza Domenica di Quaresima
Anno A
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Dal Vangelo secondo Giovanni.
In quel tempo Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: 'Dammi da bere!', tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna».
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che zampilla per la vita eterna (Gv. 4,14)
Chi berrà di quest’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno, anzi l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna (Gv. 4,14)
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Vicino ad un pozzo, nell’ora più calda della giornata,
una donna incontra Gesù che stravolge la sua vita. E cosa fa Gesù? Per introdurre un dialogo che trasformerà la vita di quella donna, chiede un po’ d’acqua a Lui, che dirà: «Io sono l’acqua viva discesa dal cielo…».
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Sant’Agostino ci ricorda che Gesù, che domandava da bere, aveva sete
della fede della samaritana.
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Gesù non condanna nessuno.
Ciò che importa a Gesù non è il nostro passato, ma ciò che possiamo diventare sotto l’azione della sua grazia. Non importa più ciò che un uomo possa aver fatto; importa che diventi una «creatura nuova». Gesù non condanna nessuno.
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È inutile aspettare! Se ci accorgiamo di aver smarrito la strada,
occorre immediatamente cambiare rotta. È inutile aspettare!
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Non perdiamo tempo! "Oggi". Non domani!
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Tu non sei più quello di prima!
Gesù ti aspetta sempre e nel sacramento della Riconciliazione ti accoglie e ti perdona. Tutte le tue debolezze, anche i peccati più gravi sono cancellati, annullati. Tu non sei più quello di prima!
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Tutto è pagato! Sulla croce, Gesù ha preso su di sé ogni peccato del mondo per farci ritrovare la bellezza e la libertà dei figli.
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Papa Francesco ci dice in una sua catechesi sulla confessione: «Non avere paura della Confessione.
[…] Poi quando finisce la confessione esci libero, grande, bello, perdonato, bianco, felice e questo è il bello della Confessione.
Io vorrei domandarvi, ma non rispondete a voce alta, ognuno lo faccia nel suo cuore: “Quando è stata l’ultima volta che ti sei confessato?” Due giorni, due settimane, due anni? Venti anni? Quaranta anni? Ognuno faccia il conto e ognuno si chieda: “Quando è stata l’ultima volta che io mi sono confessato?” E se è passato tanto tempo, non perdere un giorno di più, vai avanti, ché il sacerdote sarà buono; c’è Gesù lì e Gesù è più buono dei preti e Gesù ti riceve, ti riceve con tanto amore; sii coraggioso e avanti alla Confessione.»
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Giovedì 6 marzo papa Francesco ci ha raccontato un fatto della sua vita:
«A Buenos Aires c’era un confessore famoso, era sacramentino, quasi tutto il clero si confessava da lui. […] Nella Chiesa del Santissimo Sacramento c’era sempre la coda. In quel tempo io ero Vicario Generale e abitavo nella curia e ogni mattina presto scendevo al fax, per controllare se c’era qualche comunicazione nuova; il mattino di Pasqua ho letto un fax del Superiore della Comunità: «Ieri mezz’ora prima della Vigilia Pasquale, è mancato il padre Aristide a 96 anni. Il funerale ci sarà a tal giorno». La mattina di Pasqua […] sono sceso nella cripta e c’era la bara con solo due vecchiette, che pregavano, con nessun fiore. Pensavo: per questo prete che ha perdonato i peccati a tutto il clero di Buenos Aires, anche a me, neanche un fiore… Sono salito, e sono andato ad una fioreria e ho comprato i fiori e sono tornato e ho cominciato a preparare bene la bara con i fiori.
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E ho guardato il rosario che aveva in mano e subito mi è venuto in mente quel ladro, che tutti noi abbiamo dentro e mentre sistemavo i fiori, ho preso la croce del rosario e con un po’ di forza l’ho staccata . In quel momento l’ho guardato e gli ho detto: “Dammi la metà della tua misericordia!”. Ho sentito una cosa forte che mi ha dato il coraggio di fare questo gesto e questa preghiera. La croce l’ho messa in tasca e siccome le camicie del Papa non hanno tasche; io porto sempre con me una bustina di stoffa e quella croce, da quel giorno è con me. E quando mi viene un cattivo pensiero contro alcune persone, la mano va subito sulla croce, che porto con me e sento la Grazia e mi fa bene.
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“Dio, sorgente della vita, tu offri all’umanità
riarsa dalla sete l’acqua viva della grazia, concedi al tuo popolo il dono dello Spirito perché sappia professare con forza la sua fede e annunzi con gioia le meraviglie del tuo amore”.
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Per ascoltare un bel canto
clicca sulla riga sottostante Il canto dell’acqua
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