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POLIGONO DI WILLIS Il Poligono di Willis è una vasta anastomosi presente alla base della scatola cranica. Rappresenta la confluenza di tre arterie principali:

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1 POLIGONO DI WILLIS Il Poligono di Willis è una vasta anastomosi presente alla base della scatola cranica. Rappresenta la confluenza di tre arterie principali: l'arteria basilare, che è formata dalla confluenza delle arterie vertebrali destra e sinistra (prime collaterali della succlavia), e le due arterie carotidi interne (destra e sinistra). Il Poligono di Willis può essere ricondotto ad un eptagono avente come lati: anteriormente le 2 arterie cerebrali anteriori (destra e sinistra) che si uniscono attraverso l'arteria comunicante anteriore; posteriormente le 2 arterie cerebrali posteriori (destra e sinistra); tra arteria cerebrale anteriore e posteriore di ogni lato c'è l'arteria comunicante posteriore. Quindi andando in senso orario troviamo: 1) arteria cerebrale anteriore di sinistra. 2) arteria comunicante anteriore. 3) arteria cerebrale anteriore di destra. 4) arteria comunicante posteriore di destra. 5) arteria cerebrale posteriore di destra. 6) arteria cerebrale posteriore di sinistra. 7) arteria comunicante posteriore di sinistra. Tutti questi rami, ad eccezione dell'arteria cerebrale posteriore, ramo dell'arteria basilare, derivano dall'arteria carotide interna. Questa vasta anastomosi garantisce un'equa distribuzione di sangue alle strutture encefaliche, che si realizza attraverso un continuo compenso pressorio tra le arterie carotidi e le arterie vertebrali.

2 POLIGONO DI WILLIS

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4 COAGULAZIONE DEL SANGUE
Le arterie e le vene hanno pareti più spesse costituite da tre strati concentrici: 1) La tunica intima: è lo strato che si trova a diretto contatto con il flusso sanguigno ed è formato da tessuto endoteliale (epitelio interno) che poggia su fibre elastiche con abbondante sostanza intercellulare. 2) La tunica media: è formata da diversi strati di fibre muscolari lisce disposte ordinatamente e intercalate da fibre elastiche e collagene. 3) La tunica avventizia: è anch’essa costituita da fibre elastiche e collagene, ma intercalate da tessuto connettivo. La parete dei grossi vasi arteriosi ha però uno spessore maggiore ed è più elastica

5 IMMAGINI DEI VASI

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7 COAGULAZIONE DEL SANGUE
La coagulazione del sangue è il risultato di una serie di processi nei quali, all'interno o all'esterno di un vaso sanguigno si viene a formare un coagulo o un trombo. Il processo di coagulazione è unico, ma si può distinguere una sua versione fisiologica che è detta EMOSTASI e conduce alla riparazione di una ferita, mentre la versione patologica della coagulazione, la TROMBOSI, può portare a conseguenze anche gravi.

8 COAGULAZIONE DEL SANGUE
La coagulazione del sangue consiste in una complessa e ordinata sequenza di reazioni enzimatiche che avvengono a livello della lesione vascolare, e portano alla trasformazione di una proteina solubile il fibrinogeno in fibrina Per far sì che il fibrinogeno venga attivato esistono due vie, una intrinseca ed una estrinseca. Queste due vie differiscono tra di loro principalmente per: l'agente iniziale che le attiva; il numero di fattori coinvolti nella cascata. La via estrinseca è più rapida per il minor numero di fattori che vi prendono parte. Le due vie si congiungono, originando la via comune, che ha inizio con l'attivazione del fattore X.

9 COAGULAZIONE DEL SANGUE
Emostasi normale La cascata della coagulazione L'emostasi normale è l'effetto di alcuni processi che, se ben regolati, svolgono due importanti funzioni: mantenere il sangue in uno stato fluido nei vasi normali; indurre un tappo emostatico in modo rapido e ben localizzato presso la sede del danno al vaso. Questo tappo emostatico rappresenta una formazione transitoria, in condizioni fisiologiche, necessaria per permettere ai meccanismi di riparazione delle ferite di riparare la lesione. Nel caso di trombosi, il trombo che si è formato presso la lesione tarda a distaccarsi e può tendere all'aumento di volume, aumentando la sua potenziale pericolosità. Danno endoteliale L'iniziale danno alla superficie interna del vaso provoca il rilascio da parte delle cellule dello stesso tessuto di alcuni fattori chiamati endoteline, che inducono il restringimento del vaso a livello della lesione, in modo tale da contrastare l'eventuale perdita di materiale. Emostasi primaria Sempre l'endotelio secerne il fattore di von Willebrand (vWF) che fa aderire ad esso le piastrine; queste espellono ADP e trombossano A2, con l'effetto di richiamare altre piastrine.

10 COAGULAZIONE DEL SANGUE
Emostasi secondaria Questa fase è caratterizzata dalla stabilizzazione dell'aggregato, grazie all'attivazione della fibrina. In questo frangente l'endotelio secerne il fattore tissutale (TF) e le piastrine espongono sulla loro superficie particolari fosfolipidi, favorendo l'adesione. Il processo di attivazione della fibrina segue invece un meccanismo a catena che vede la partecipazioni di molti più fattori. La fibrina si trova normalmente sotto forma di fibrinogeno che non può dar luogo ad un aggregato. Per far sì che il fibrinogeno venga attivato esistono due vie, una intrinseca ed una estrinseca, ma la divisione tra queste non è così netta, poiché elementi dell'una possono influenzare l'attivazione dell'altra. Queste due vie differiscono tra di loro principalmente per: l'agente iniziale che le attiva; il numero di fattori coinvolti nella cascata.

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13 ENDOTELINE Le endoteline (ET) sono una famiglia di polipeptidi ad azione vasocostrittrice e ipertensiva. Vengono prodotti dall’endotelio vascolare (da cui deriva il nome) e svolgono un ruolo omeostatico nella regolazione del flusso ematico periferico e della pressione arteriosa. Oltre ad essere un potente vasocostrittore, l’ET è anche un potente mitogeno, implicato nei meccanismi di rimodellamento vascolare e della matrice extracellulare. Esistono tre isoforme di ET, la ET-1, la ET-2 e la ET-3 che si legano a due recettori specifici, ETA e ETB, con funzioni contrapposte: recettori ETA: si localizzano sulla membrana delle cellule muscolari lisce delle pareti vasali e la loro attivazione determina vasocostrizione e ritenzione di Na+ recettori ETB: si localizzano sulla membrana delle cellule endoteliali e la loro attivazione determina la liberazione di ossido nitrico (NO), con conseguente vasodilatazione e natriuresi. E’ un meccanismo che tende a compensare gli effetti dell’attivazione dei recettori ETA.

14 NO (OSSIDO NITRICO) Nell'organismo umano l'ossido di azoto (fattore di rilascio endotelio-derivato, dall'acronimo inglese EDRF) viene sintetizzato a partire da arginina e ossigeno per azione di enzimi noti col nome di ossido nitrico sintetasi. Possiede la capacità di agire sulla muscolatura liscia dei vasi sanguigni provocando vasodilatazione con conseguente aumento del flusso ematico e funzione omeostatica.Oltre ad essere un potente vasodilatatore, inibisce anche l'adesione e l'aggregazione piastrinica. La nitroglicerina è un classico esempio di farmaco che agisce per metabolismo primario con rilascio di ossido nitrico. Es. infarto miocardico. La nitroglicerina migliora la perfusione del miocardio per vasodilatazione coronarica (effetto positivo sul vasospasmo coronarico); riduce lo stress sulla parete cardiaca, induce dilatazione dei vasi epicardici e favorisce la redistribuzione del flusso ematico nelle zone ipossiche e ischemiche del cuore.

15 NITROGLICERINA La nitroglicerina è il farmaco di scelta nel trattamento dell'attacco acuto anginoso per la rapidità d'azione (entro pochi minuti) e per la breve durata (20-30 minuti). Il farmaco è somministrato per via sublinguale sottoforma di confetti da spezzettare o di spray. Nelle sindromi coronariche acute, la nitroglicerina è indicata nelle prime ore in caso di infarto miocardico e insufficienza cardiaca, infarto anteriore destro, persistente ischemia o ipertensione; dovrebbe essere continuata, oltre le 48 ore, se il paziente manifesta angina ricorrente o congestione polmonare persistente. Il farmaco è impiegato nell'infarto

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17 OSSIDO NITRICO Un'ulteriore meccanismo responsabile degli effetti biologici dell'ossido nitrico è la sua capacità di "nitrosilare" i residui di cisteina delle proteine, effettuando cosi' una modulazione di tipo "redox". Proteine cellulari sensibili a questa modificazione includono alcuni canali ionici, enzimi biosintetici e del metabolismo. Questo composto assolve diverse altre funzioni fisiologiche, tra le quali: viene sintetizzato dai macrofagi durante la risposta immune e può contribuire ad un diretto effetto battericida; ha un ruolo nel ciclo di crescita del capello; determina il turgore del pene durante la fase di erezione. L'intervento dell'ossido nitrico in patologia è anch'esso riconosciuto in svariate situazioni: è uno dei mediatori del danno cellulare ossidativo che si verifica nella riperfusione dopo un'ischemia (es. cerebrale o cardiaca o intestinale); è una delle molecole citotossiche che provoca fenomeni neurodegenerativi (dimostrato nel morbo di Parkinson e nella sclerosi multipla); è il principale mediatore del collasso cardiocircolatorio che si ha nello shock settico causato da batteri Gram-negativi; è uno dei cofattori che provocano la morte delle cellule del pancreas, in caso di diabete autoimmune (di tipo I).

18 COAGULAZIONE DEL SANGUE
Si distinguono quattro vasi: La fase vascolare è il primo evento finalizzato ad arresare l’emorragia. E’ rappresentata da una immediata contrazione delle cellule muscolari liscie della parete vascolare. La fase piastrinica è il momento immediatamente successivo. Avviene una adesione delle piastrine nel sito di danno vascolare e il rilascio di segnali chimici (i più importanti dono il trombossano A2 e il PAF, fattore attivante le piastrine) e fisici (turbolenza del flusso ematico) che stimolano l’adesione del fattore von Willebrand (vWF) con una glicoproteina (recettore Ib) presente sulle membrane delle piastrine. Il vWF funge da ponte molecolare, legando le piastrine con il collagene. con un recettore presente sulla membrana delle piastrine . Le piastrine così attivate esprimono sulla loro superficie un altro recettore, detto IIb/IIIa il quale lega il fibrinogeno. Ogni molecola di fibrinogeno può legare due recettori piastrinici IIb/IIIa, generando una cascata di aggregazione di nuove piastrine, che a loro volta vengono attivate, rilasciando ulteriori mediatori chimici La fase plasmatica è una cascata di eventi finalizzata a trasformare il fibrinogeno in coagulo, ovvero in una densa trame proteica costituita da fibrina. Questa fase è caratterizzata da una serie di eventi a cascata con una successione molto specifica tale da impedire che un enzima possa attivare solamente quello successivo nella catena di eventi. Avvenuta la riparazione del vaso prende via il fenomeno della fibrinolisi. Il plasminogeno, viene trasformato in plasmina dall’attivatore tissutale del plasminogeno (t-PA). La plasmina è un enzima litico che degrada il coagulo di fibrina e ripristina, la situazione antecedente alla lesione vascolare.

19 COAGULAZIONE DEL SANGUE
Per evitare un’attivazione patologica, quindi non desiderata, della cascata della coagullazione, esistono meccanismi di controllo. L’antitrombina: inibisce la trombina e il fattore X attivato. la proteina C della coagulazione: per mezzo della proteina S della coagulazione, inibisce il fattore V attivato e il fattore VIII. il TFPI (Tissue Factor Pathway Inibitor): legandosi al fattore X attivato blocca il complesso TF-fattore X. La fibrina: esercita un feed-back negativo sull’attivazione della trombina.Quindi con la formazione del il tappo coagulativo, aumenta lo stimolo allo spegnimento della cascata coagulativa.

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21 COAGULAZIONE DEL SANGUE
I FATTORI DELLA COAGULAZIONE I fattori coagulanti sono 13, indicati da un numero romano e da un nome. Comprendono numerose proteine plasmatiche, in gran parte sintetizzate dal fegato e presenti nel sangue come precursori inattivi, ed una proteina tessutale (tissue factor) normalmente assente dal plasma in genere, presente nelle cellule delle superfici epiteliali, delle capsule di rivestimento degli organi, dei glomeruli renali, della corteccia cerebrale, nei miociti cardiaci.

22 COAGULAZIONE DEL SANGUE
NUMERAZIONE DENOMINAZIONE FORMA ATTIVATA TIPO DI COMPOSTO VIA I FIBRINOGENO FIBRINA PROTEINA COMUNE II PROTROMBINA TROMBINA SERINA PROTEASI III FATTORE TISSUTALE COFATTORE ESTRINSECA IV CALCIO ELEMENTO CHIMICO V PROACCELERINA VI ACCELLERINA VII PROCONVERTINA CONVERTINA VIII FATTORE ANTIEMOFILICO A INTRINSECA IX FATTORE ANTIEMOFILICO B X FATTORE DI STUART XI PTA XII FATTORE DI HAGEMAN XIII TRANSGLUTAMINASI ENZIMA

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24 COAGULAZIONE DEL SANGUE
La coagulazione per sola via intrinseca può verificarsi in condizioni patologiche, all'interno di vasi la cui superficie endoteliale sia danneggiata. Anche la via estrinseca, pur avendo il vantaggio di essere veloce, da sola non porta alla formazione di un coagulo stabile, se non viene rafforzata dall'attivazione della via intrinseca. Il principale meccanismo attraverso cui viene iniziata la cascata coagulativa in vivo è rappresentata dall’interazione del fattore VII con il fattore tissutale esposto dalla lesione vascolare .

25 COAGULAZIONE DEL SANGUE

26 COAGULAZIONE DEL SANGUE
MECCANISMI DI CONTROLLO DELLA COAGULAZIONE I piu’ importanti sistemi specifici che presiedono al controllo della coagulazione sono rappresentati dagli inibitori degli enzimi della coagulazione: Antitrombina (inibisce la trombina e il fattore Xa) Heparin cofactor II inibisce solo la trombina Sistema della proteina C che inattiva i fattori Va e VIIIa TFPI inibitore del fattore tissutale

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28 COAGULAZIONE DEL SANGUE
FIBRINOLISI Il momento finale dell’emostasi è la fibrinolisi che rimuove i depositi di fibrina, permettendo la dissoluzione del tappo emostatico definitivo ed il ripristino dell’integrità vascolare. Due reazioni: Attivazione del proenzima plasmatico il PLASMINOGENO IN PLASMINA da enzimi specifici detti “attivatori del plasminogeno” t-PA. Degradazione e solubilizzazione della fibrina formatasi a livello vascolare o di un trombo ad opera della PLASMINA. L’azione della plasmina sulla fibrina porta alla formazione di un gruppo di frammenti solubili, i prodotti di degradazione della fibrina (FDP).

29 TROMBOSI Viene comunemente definita come trombosi la massiva coagulazione del sangue dei vasi. Esistono trombosi venose ed arteriose. I fattori predisponenti alla trombosi vengono riassunti nella cosiddetta “triade di Virchow”: A) alterazioni delle pareti dei vasi o del cuore B) rallentamento della corrente sanguigna C) modificazioni dei costituenti del sangue

30 TROMBOSI DIFFERENZA TRA TROMBO E COAGULO
il trombo, è un accumulo di piastrine, fibrina, globuli rossi e bianchi, all'interno di un vaso; è aderente alla parete vascolare, ha consistenza friabile ed una superficie irregolare, una struttura disomogenea e, per definizione, si forma solo in vivo (cioè all'interno di un organismo vivo); il coagulo, differentemente, si localizza fuori dal vaso, è facilmente rimovibile, ha una superficie liscia e levigata ed una consistenza elastica, è resistente alla trazione e si può formare anche in vitro (cioè anche all'esterno di un organismo vivo).

31 TROMBOSI ALTERAZIONI DEI VASI
1. Le alterazioni dei vasi (disendotelizzazione) rappresentano un punto di inizio ed uno stimolo alla aggregazione piastrinica che è il momento iniziale del processo di emostasi. Le cause di un’alterazione dei vasi puo’ essere: l’usura per il continuo sforzo meccanico cui sono sottoposte le biforcazioni delle grosse arterie le lesioni aterosclerotiche le lesioni infiammatorie delle vene (flebiti), Le lesioni da anossia e da stasi le lesioni infiammatorie dell’endotelio parietale e valvolare del cuore (endocardite)

32 RALLENTAMENTO DELLA CORRENTE SANGUIGNA
TROMBOSI RALLENTAMENTO DELLA CORRENTE SANGUIGNA Rende piu’ difficile la frammentazione dell’aggregato piastrinico, facilita l’accumulo di altre piastrine sulla superficie lesa e permette la liberazione dei fattori piastrinici necessari per la formazione della trombina.(biforcazione arteriose, sacche aneurismatiche, valvole venose, negli arti inferiori di pazieni degenti a letto da lungo tempo, dopo interventi chirurgici, insufficienza o scompenso cardiaco)

33 MODIFICAZIONI DEI COSTITUENTI DEL SANGUE
TROMBOSI MODIFICAZIONI DEI COSTITUENTI DEL SANGUE Alterazioni della funzionalità piastrinica (IPERCOAGULABILITA’)

34 ASPETTI MICROSCOPICI E MACROSCOPICI
TROMBOSI ASPETTI MICROSCOPICI E MACROSCOPICI CLASSIFICAZIONE DEI TROMBI I trombi vengono classificati in base a tre caratteristiche: la loro composizione in elementi corpuscolati e fibrina, le loro dimensioni e la loro sede. In base alla composizione si distinguono tre tipi di trombi, dovuti ai diversi effetti possibili della velocità del flusso ematico e della rapidità della coagulazione:

35 TROMBOSI In base alla composizione si distinguono tre tipi di trombi, dovuti ai diversi effetti possibili della velocità del flusso ematico e della rapidità della coagulazione: bianchi: formati da piastrine, fibrina e pochi globuli rossi e pochi globuli bianchi, peculiari delle arterie, dove il flusso veloce non permette di catturare globuli rossi; rossi: formati da piastrine, fibrina e molti globuli rossi e molti globuli bianchi, peculiare delle vene, per la lentezza del flusso; variegati: sono trombi con zone chiare e zone rosse alternate, dovuti ad un lento processo di aggregazione piastrinica che ha intrappolato alcuni globuli rossi, nei momenti di bassa velocità del flusso ematico, condizione che si verifica dopo ogni contrazione a livello del cuore e del primo tratto dell'aorta.

36 TROMBOSI In base alle dimensioni si distinguono in trombi:
ostruttivi: che occludono l'intero lume del vaso; parietali: che non occludono tutto il vaso; a cavaliere: situati sullo sprone di una biforcazione.

37 TROMBOSI A seconda della posizione assunta si distinguono:
Trombi parietali o murali che aderiscono alla parete e non occludono il vaso sanguigno Trombi occludenti che occupano tutto il lume del vaso Trombi polipoidi aderenti alla parete e beanti nel lume vasale.

38 TROMBOSI Infine i trombi si possono ancora suddividere per sede:
arteriosi: sono quelli che causano gli infarti, presenti in particolare presso le coronarie, le arterie cerebrali e degli arti inferiori; venosi: sempre occlusivi, si formano in sede di sfondamenti della parete del vaso (varici) o di ulcere, presenti in particolare negli arti inferiori; intracardiaci: localizzati in particolare negli atri.

39 EMBOLIA L'embolia è l'ostruzione di un'arteria o di una vena, causata da un corpo estraneo al normale flusso sanguigno, che viene denominato embolo e che può essere un coagulo di sangue, una bolla d'aria, o altre formazioni simili. Nei casi più gravi in cui l'embolia interessi un'arteria, l'embolia può provocare la morte del soggetto colpito.

40 EMBOLIA CLASSIFICAZIONE
L'embolia viene classificata sia in base all'apparato colpito che al tipo di corpo estraneo scatenante. A seconda del fattore scatenante si parla di: embolia gassosa, quando l'embolo sia causato da una bolla di gas (ad.es.: aria). A tale tipo di embolia è particolarmente esposto chi pratichi immersioni subacque, infatti nel caso in cui non vengano rispettati i tempi di decompressione, l'improvvisa variazione di pressione può portare alla formazione di bolle d'aria nel circolo sanguigno. Analogamente, la stessa cosa può succedere nel caso di volo ad alta quota in una cabina non pressurizzata. In generale comunque, eccezion fatta per i casi succitati, l'anossia gassosa è un evento molto raro.

41 EMBOLIA Embolia lipidica (chiamata anche liquida, adiposa o grassosa), quando l'embolo è costituito da un ammasso di grasso. I lipidi infatti essendo idrofobici e quindi insolubuli nel sangue idrofilo si dispongono a contatto a formare una micella che provocherà l'ostruzione del vaso. Tale embolia si verifica specialmente come effetto collaterale nel caso di eventi traumatici al bacino e agli arti inferiori. Embolia da liquido amniotico, nelle donne durante la gravidanza può accadere che del liquido amniotico venga spinto nel circolo sanguigno materno. Embolia settica.

42 EMBOLIA Embolia tumorale.
tromboembolo, quando un trombo si stacca dalla parete del vaso che lo contiene e migra in altra regione del circolo potendo ostruire altri vasi in distretti più importanti. Le più frequenti embolie venose sono le embolie polmonari, quelle arteriose sono caratteristiche dell'ictus cerebrale. In generale la causa più frequente di embolia sono coaguli sanguigni, quali quelli che si formano sulla parete cardiaca che ha subito un infarto miocardico

43 EMBOLIA A seconda dell'apparato colpito si distinguono in:
embolia cerebrale, un embolo in un'arteria che irrora il cervello è una delle cause più frequenti di ictus. embolia polmonare, molto spesso per una trombosi venosa profonda origina un trombo, una parte del quale si stacca e viene trasportata nel flusso sanguigno fino ad ostruire un'arteria polmonare, provocandovi l'embolia.

44 EMBOLIA Sintomatologia
I sintomi connessi all'embolia dipendono molto dal grado di ostruzione provocato dall'embolo e dalla velocità con cui esso entra in circolo. Per l'embolia polmonare il soggetto potrebbe presentare dolori al torace, affanno e svenimenti. L'embolia cerebrale provoca invece effetti diversi a seconda della parte del cervello che non viene irrorata dal sangue. Terapia La terapia consiste nel rimuovere l'embolo dove possibile, con un'operazione chirurgica (embolectomia) oppure attraverso farmaci che sciolgano i coaguli di sangue ed evitino il loro formarsi.


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