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Generalita' sull'inquinamento idrico
L'acqua pura in natura non esiste. Questa risorsa contiene già, anche negli ambienti più incontaminati, un certo grado di impurità, spesso indispensabile agli ecosistemi naturali. La risorsa viene definita contaminata quando contiene quantità eccessive di impurità naturali o di origine antropica. La definizione di inquinamento non è mai (o quasi) qualitativa, ma quantitativa. Si definisce inquinamento idrico (Direttiva CEE 76/464 art. 2 comma e): " lo scarico effettuato direttamente o indirettamente dall'esterno nell'ambiente idrico di sostanze o di energia, le cui conseguenze siano tali da mettere in pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi o al sistema ecologico idrico, compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi delle acque“ L'inquinamento idrico comporta dunque una degradazione della qualità dell’acqua che compromette la funzionalità dei sistemi ecologici e che ne preclude l'uso del tutto o in parte.
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L’accumularsi di sostanze anomale per l’ecosistema interagisce profondamente con la componente biotica, ossia con gli organismi viventi. Differentemente dall’aria che ha una composizione chimica costante da cui è facilmente rilevabile e quantificabile la deviazione da una situazione normale, l’acqua di fiumi e torrenti presenta grande varietà di situazioni. A conseguenza di ciò le leggi di tutela delle acque superficiali non contengono valori assoluti, ma relativi all'uso che si vuole fare dell'acqua. Pertanto nella normativa sono presenti parametri diversi: chimici, fisici, microbiologici e biologici che definiscono criteri di qualità ognuno dei quali esprime le condizioni richieste per un dato uso.
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Effetti delle sostanze organiche biodegradabili
Tossicità Effetti indiretti: eutrofizzazione, accumuli
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Effetti delle sostanze organiche non biodegradabili
Effetti diretti Riduzione della trasparenza dell’acqua, occlusione e infiammazione degli organi dei pesci Effetti indiretti deossigenazione dell'acqua ad opera di reazioni chimiche di ossido-riduzione o alterazione del pH.
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Effetti sulla temperatura
Effetti sulla portata
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L’inquinamento delle falde acquifere può avvenire con meccanismi diretti o indiretti:
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Allo scopo di tutelare le acque, secondo il testo aggiornato del D.Lgs. 11 Maggio 1999, n. 152 la qualità dell'acqua è definita secondo due categorie di obiettivi: la qualità ambientale la qualità per specifica destinazione. Qualità ambientale E’ definita in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. Qualità per specifica destinazione Individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.
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Schema per l’individuazione della qualità dei corpi idrici sulla base del D. Lgs. 152/99 (con particolare riferimento alla qualità ambientale
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I PARAMETRI DI QUALITA’ DEI CORPI IDRICI PER SPECIFICA DESTINAZIONE FUNZIONALE distinguono le acque come: Le Regioni hanno il compito di stabilire programmi, inseriti nel piano di tutela, e di fornire un elenco delle acque da aggiornare periodicamente. Acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile Acque destinate alla balneazione Acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci Acque destinate alla vita dei molluschi
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I PARAMETRI DI QUALITA’ AMBIENTALE DEI CORPI IDRICI
In linea generale lo stato di qualità ambientale per i corpi idrici viene definito in base allo stato chimico ed allo stato ecologico definiti a loro volta da parametri precisi. I metodi utilizzati per la valutazione dello stato chimico variano a seconda degli ambienti considerati: ACQUE SUPERFICIALI ACQUE SOTTERRANEE AMBIENTI MARINI E COSTIERI AMBIENTI DI TRANSIZIONE Ad esempio, i principali parametri chimici considerati in acque superficiali sono:
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Anche i metodi utilizzati per la valutazione dello stato ecologico variano a seconda degli ambienti considerati. Nel caso di ACQUE SUPERFICIALI viene utilizzato l'Indice Biotico Esteso (I.B.E.), integrato dall'analisi sui macrodescrittori chimici e microbiologici per ottenere un indice globale (indice SECA - Stato Ecologico dei Corsi d'Acqua). Per gli AMBIENTI LACUSTRI lo stato ecologico viene definito dallo stato di trofia delle acque (indice SEL - Stato Ecologico dei Laghi), ricavato in base ai parametri solitamente utilizzati in limnologia: trasparenza, ossigeno ipolimnico, clorofilla "a" e fosforo totale. Anche per le ACQUE MARINE in assenza di indici standardizzati basati sulle comunità animali e vegetali, la valutazione dello stato ecologico viene fatta in base a un indice di trofia (indice TRIX). Nel caso delle ACQUE DI TRANSIZIONE dal momento che lo stato delle conoscenze e delle esperienze di studio presenta un livello non sufficiente per definire compiutamente i criteri per il monitoraggio e lo stato ecologico, è stato previsto un indicatore generico, rappresentato dai giorni di anossia (insufficienza di ossigeno) che interessino oltre il 30 % della superficie del corpo idrico.
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La qualità ambientale delle ACQUE SUPERFICIALI viene descritta dallo stato ambientale, distinto in cinque classi che considerano insieme lo stato ecologico e chimico delle acque.
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Analisi per la valutazione dello stato chimico
Colonna d’acqua Parametri di base Macrodescrittori utilizzati per la classificazione Sedimenti Parametri addizionali Componenti biotiche
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Valutazioni sullo stato chimico
Lo stato chimico, secondo il D.Lgs. 152/99, è definito in base alla presenza di microinquinanti ovvero di sostanze chimiche pericolose. La valutazione dello stato chimico dei corpi idrici superficiali è effettuata inizialmente in base ai valori soglia riportate nella direttiva 76/464/CEE e nelle direttive da esse derivate. Matrice acquosa I parametri vengono rilevati innanzitutto nella matrice acquosa. Accumulo nei sedimenti e nelle componenti biotiche Al fine di una valutazione completa dello stato chimico, in particolare per quei microinquinanti che presentano una loro maggiore affinità coi sedimenti rispetto alla matrice acquosa e/o per la alta capacità di diluizione dei corpi idrici aperti come il mare, non si trovano in concentrazioni significative nelle acque, pur avendo potenziali effetti tossici sugli organismi a causa di fenomeni di bioaccumulo, deve essere attuata la rilevazione e la valutazione della qualità dei sedimenti, nonché la valutazione degli effetti sulle componenti biotiche degli ecosistemi.
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Matrice acquosa Per quanto riguarda la matrice acquosa, si devono determinare due gruppi di parametri: parametri di base e parametri addizionali. I parametri macrodescrittori vengono utilizzati per la classificazione; gli altri parametri servono a fornire informazioni di supporto per la interpretazione delle caratteristiche di qualità e di vulnerabilità del sistema. I parametri di base riflettono le pressioni antropiche e le caratteristiche idrologiche del trasporto solido. La determinazione dei parametri di base è obbligatoria.
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I parametri addizionali sono relativi ai microinquinanti organici ed inorganici di più ampio significato ambientale. La selezione dei parametri da esaminare è effettuata in relazione alle criticità conseguenti agli usi del territorio. Le analisi vanno effettuate nel caso in cui si individuino o si abbiano informazioni su sorgenti puntuali e diffuse che apportino una o più specie di tali inquinanti nel corpo idrico e nel caso in cui dati recenti dimostrino livelli di contaminazione, da parte di tali sostanze, delle acque e del biota o segni di incremento delle stesse nei sedimenti.
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Accumulo nei sedimenti e nelle componenti biotiche
L'eventuale necessità di integrare le indagini sulla matrice acquosa e sul biota, prevede l'esecuzione di analisi sui sedimenti, da considerarsi come supplementari per avere, ulteriori elementi conoscitivi utili a determinare le cause di degrado ambientale del corso d'acqua.
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Valutazioni sullo stato ecologico (biologico)
Per quanto riguarda il biota, si devono valutare gli impatti antropici sulle comunità animali che popolano il corso d'acqua, attraverso l'Indice Biotico Esteso (IBE). L’Indice Biotico Esteso IBE è un indice che valuta la comunità degli invertebrati bentonici (che vivono almeno una parte del loro ciclo biologico a contatto con i substrati del corso d’acqua). Un analisi più approfondita delle cause di degrado del corpo idrico prevede l'esecuzione di saggi di tossicità su organismi acquatici appartenenti alle diverse categorie trofiche dell'ecosistema (Crostacei, Alghe, Batteri, etc.) finalizzati ad evidenziare eventuali effetti a breve o lungo termine (acuti o cronici).
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Parametri utilizzati per la valutazione sintetica della qualità dei corsi d’acqua
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LIM = Livello Inquinamento Macrodescrittori
IBE = Indice Biotico Esteso SECA = Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua Per un’analisi globale della situazione delle acque di un comprensorio tali parametri sono espressi con la distribuzione di frequenza delle diverse classi.
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QUALITA’ DELLE ACQUE MARINE
Per la valutazione dello stato di qualità ambientale delle acque marine, il Dlgs 152/99 stabilisce l'applicazione dell' indice trofico denominato “TRIX”. Tale indice riassume in un valore numerico (in una scala di valori da 1 a 10) le condizioni di trofia del sistema di acque considerato, in pratica viene a considerare alcuni parametri normalmente monitorati, quali la clorofilla a, l’ossigeno disciolto, l’azoto minerale ed il fosforo totale. A partire da valori di TRIX di 5-6, le acque cominciano a manifestare un evidente rischio eutrofico.
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Le acque marine e costiere, dunque, vengono classificate esclusivamente in base ad un indice di trofia che fornisce delle indicazioni solo su alcune delle condizioni del sistema considerato. Approfondimento delle analisi Per una valutazione più completa dello stato di qualità ambientale è necessario un approccio integrato, che tenga conto, ad esempio, dei popolamenti vegetali o animali e delle caratteristiche chimiche e fisiche dei sedimenti, fondamentali per una corretta interpretazione dello stato degli ecosistemi marini. Del resto nel testo integrato dal Dlgs 258/00, come premessa alla classificazione viene detto (Allegato 1 par ): "In attesa della definizione di un approccio integrato per la valutazione dello stato di qualità ambientale la prima classificazione delle acque marine costiere viene condotta attraverso l'applicazione dell'indice trofico riportato in tabella 16, tenendo conto di ogni elemento utile a definire il grado di allontanamento dalla naturalità delle acque costiere. Tale classificazione trofica sarà integrata dal giudizio emergente dalle indagini sul biota e sui sedimenti".
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La necessità di poter disporre di un criterio oggettivo per la classificazione delle acque marine costiere riveste importanza essenziale nell'attività pianificatoria, quando è necessario definire gli obiettivi di qualità da raggiungere e le strategie di risanamento. L'introduzione dell'Indice Trofico e della relativa Scala Trofica, rende possibile la misura dei livelli trofici in termini rigorosamente quantitativi, nonché il confronto tra differenti sistemi costieri, per mezzo di una scala numerica che copre un'ampia gamma di situazioni trofiche, così come queste si presentano lungo tutto lo sviluppo costiero italiano, e più in generale, nella Regione Mediterranea. Indicatori biologici Per le acque marine costiere, così come per le acque interne, l'approccio biologico ha avuto negli ultimi anni un notevole sviluppo, ma, nonostante ciò, lo stabilire indicatori biologici per le acque marine costiere risulta essere una problematica molto più complessa, e di soluzione quindi meno immediata, rispetto alle acque dolci (specialmente quelle correnti), dove si fa già ampiamente uso di tali indicatori. La complessità dell'ambiente marino costiero, dove i fattori di variazione sono molto numerosi e con una gerarchia non sempre evidente, non permette però di individuare un gradiente prioritario che riassuma la maggior parte delle fonti di variazione.
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QUALITA’ DELLE ACQUE LAGUNARI E STAGNI COSTIERI (ZONE DI TRANSIZIONE)
Per la classificazione delle acque lagunari e gli stagni costieri si valuta il numero di giorni di anossia/anno, misurata nelle acque di fondo, che interessano oltre il 30 % della superficie del corpo idrico secondo la tabella sottostante. Approfondimento delle analisi Da questa analisi è evidente che per integrare e migliorare i criteri ecologici indicati dal D.Lgs 152/99 è importante lo sviluppo di progetti di ricerca il cui obiettivo ultimo sia la messa a punto e la validazione di descrittori di stato trofico e di descrittori di qualità e d'integrità ecologica degli ambienti di transizione.
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QUALITA’ DEI CORPI IDRICI SOTTERRANEI
Anche per i corpi idrici sotterranei lo stato di qualità ambientale prevede cinque classi ed è definito dallo stato quantitativo e chimico degli acquiferi. Sulla base delle caratteristiche dell'acquifero (tipologia, permeabilità, coefficienti di immagazzinamento) e del relativo sfruttamento (tendenza piezometrica e della portata, prelievi) viene determinato lo Stato Qualitativo delle Acque Sotterranee, attraverso l’indice “SQuAS”. Il monitoraggio delle acque sotterranee è articolato in una fase conoscitiva iniziale ed una fase di monitoraggio a regime. Per le attività di monitoraggio e classificazione dello stato di un corpo idrico sotterraneo è necessaria una preventiva ricostruzione del modello idrogeologico in termini di: * individuazione e parametrizzazione dei principali acquiferi; * definizione delle modalità di alimentazione-deflusso-recapito; * identificazione dei rapporti tra acque superficiali ed acque sotterranee; * individuazione dei punti d'acqua (pozzi, sorgenti, emergenze); * determinazione delle caratteristiche idrochimiche; * identificazione delle caratteristiche di utilizzo delle acque.
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Qualità delle acque sotterranee
Lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici sotterranei è definito sulla base dello stato quantitativo e dello stato chimico. Nella normativa attualmente in vigore (D. Lgs. 152/99), per le acque sotterranee sono definiti 5 stati di qualità ambientali.
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Definizione di compiti e scadenze
Il compito di identificare per ciascun corpo idrico significativo quale sia la classe di qualità, è affidato alle Regioni ed aveva scadenza 30 aprile del 2003; entro il 2008 la qualità di ciascun corpo idrico deve aver raggiunto lo stato sufficiente e entro il 2016 lo stato buono. Le Regioni definiscono e adottano le misure per il raggiungimento degli obiettivi di qualità ed hanno inoltre la facoltà di stabilire obiettivi anche meno rigorosi, a condizione che questi: non comportino l'ulteriore deterioramento del corpo idrico, non impediscano il raggiungimento degli obiettivi anche in altri corpi idrici all'interno dello stesso bacino idrografico, non comportino gravi condizioni, tali da rendere impossibile ed economicamente insostenibile il miglioramento dello stato di qualità del corpo idrico, siano compatibili con la natura geomorfologica del bacino di appartenenza, o comunque sussista l'esistenza di casi imprevisti o eccezionali come alluvioni e terremoti. Tutte le misure adottate sono inserite nel piano di tutela delle acque che viene rivisto ed aggiornato ogni 6 anni.
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Eutrofizzazione Come avviene nell’ambiente terrestre, anche in acqua la vita si organizza sulla base dei rapporti che si stabiliscono tra alcuni organismi chiamati produttori primari e altri (erbivori e carnivori) detti consumatori, tra i quali si collocano quelli denominati degradatori o decompositori. Dal punto di vista dell’eutrofizzazione, il massimo interesse rivestono i produttori primari, organismi vegetali che, con il processo della fotosintesi possono sintetizzare, in presenza di luce, la materia organica (zuccheri o carboidrati). Con elaborazioni successive e l’assunzione di altri composti minerali, i produttori primari possono sintetizzare ulteriori composti organici di grande interesse (grassi, proteine, vitamine, ormoni ecc.) utilizzando, come fonte di energia per queste sintesi, gli zuccheri da essi stessi prodotti.
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Fotosintesi I produttori primari in ambiente acquatico sono rappresentati da piante o macrofite sommerse, da piante emerse con radici acquatiche e da alghe microscopiche. Nelle acque interne non correnti, quali sono i laghi il gruppo vegetale che svolge il maggiore ruolo ai fini della produzione primaria di sostanza organica vivente o biomassa, è quello delle alghe microscopiche che stanno in sospensione nell’acqua e le cui dimensioni sono, di norma dell’ordine del millesimo di millimetro (Marchetti, 1994).
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Il meccanismo iniziale di mantenimento della vita in acqua è quello della trasformazione fotosintetica della sostanza minerale in sostanza organica (produzione primaria) e che la sostanza organica così prodotta costituisce un serbatoio di energia chimica derivata dalla luce solare, che i vari organismi si trasferiscono in successione (catena alimentare o trofica) via via esaurendolo per le varie esigenze vitali (riproduzione, crescita, mantenimento, movimento).
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La struttura delle catene alimentari possiede una influenza decisiva sulla qualità dell’acqua di un bacino idrico. La qualità è determinata soprattutto dalla presenza e dalla concentrazione dei nutrienti in acqua i quali, combinati con la disponibilità di luce (necessaria per il meccanismo della fotosintesi clorofilliana), possono provocare la crescita incontrollata di notevoli quantità di biomassa algale, meglio conosciuta come fitoplankton (sostanzialmente si tratta di alghe unicellulari e cianobatteri). Il fitoplankton risulta poi nutriente primario per lo zooplankton, il quale, a sua volta, viene consumato dai piccoli pesci; seguono nella catena i pesci di maggiori dimensioni, che si nutrono dei precedenti organismi. Il ciclo alimentare si chiude poi mediante i batteri che mineralizzano le sostanze organiche attraverso i processi di decomposizione.
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Cinque sono i fattori dai quali dipende la variazione della massa degli organismi vegetali nel tempo: la velocità iniziale con cui la biomassa iniziale si riproduce; la quantità di alghe neoformate che viene esportata dall’ambiente; l’entità della biomassa alloctona (prodotta altrove) che affluisce a quell’ambiente; la rapidità con cui la biomassa algale presente viene utilizzata dai consumatori primari e questi vengono predati dai livelli successivi; la velocità con cui la biomassa muore e hanno luogo i processi di decomposizione della sostanza organica morta. Benché tutti i cinque fattori elencati concorrano a determinare la dimensione della biomassa, il ruolo prioritario che ciascuno di essi assume, dipende dalle caratteristiche fisiografiche dell’ambiente in esame, quali la profondità, la velocità con cui si ricambiano le acque, il volume ecc. (Marchetti, 1994).
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E’ intuitivo, per esempio, che negli ambienti lotici (fiumi) propriamente detti, l’importazione e l’esportazione di biomassa generalmente prevarranno sulla produzione locale autoctona a differenza di quanto avviene per gli ambienti lentici (laghi) a basso ricambio. Negli ambienti lentici, se esistono condizioni di scarso ricambio, la produzione di biomassa algale dipenderà soprattutto dall’attività autoctona che aumenta o diminuisce principalmente in funzione della disponibilità di composti minerali (carbonio, azoto, fosforo), che le alghe assimilano e trasformano in sostanze organiche. Per questo motivo i composti minerali citati vengono denominati sali nutritivi o nutrienti o, più in generale, fattori trofici.
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Quando i sali nutritivi sono in difetto la produzione di nuova biomassa rallenta fino a cessare mentre, nel caso opposto, se la disponibilità di sali aumenta, anche la biomassa che si forma è maggiore. In questo caso la crescita algale può assumere un andamento esplosivo e dare luogo alla formazione di masse enormi di materiale vivente la cui presenza (e soprattutto la sua successiva decomposizione) innesca tutta una serie di fenomeni degenerativi. Si parla in questo caso di “blooms” algali cioè “fioriture algali”.
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Appare dunque evidente che, a parità di altre condizioni, il fattore più importante risulta la concentrazione dei sali nutritivi presenti in acqua di cui la biomassa iniziale può disporre. Se l’ambiente è povero di questi sali viene detto oligotrofo, se ne dispone in rilevante quantità è definito eutrofo, vi è inoltre una condizione intermedia detta mesotrofica e due condizioni estreme di ultra-oligotrofia e di iper-eutrofia o ipertrofia. L’eutrofizzazione è un fenomeno del quale si sta prendendo coscienza in maniera crescente negli ultimi venti anni in coincidenza di una reimmissione in ecosfera di grossi quantitativi di azoto e fosforo estratti dalle loro riserve geologiche per uso agricolo (fertilizzanti) ed industriale.
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Sul fenomeno “eutrofizzazione” sta crescendo la consapevolezza che esso è causa di una serie di effetti diretti ed indiretti sulle comunità biologiche, in funzione delle caratteristiche morfologiche ed idrodinamiche dell’ecosistema acquatico. Diverse sono le definizioni di eutrofizzazione. Una tra le prime coniate è stata quella dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) negli anni ‘70 : “l’eutrofizzazione è un arricchimento delle acque di sali nutritivi che provoca cambiamenti tipici quali l’incremento della produzione di alghe e piante acquatiche, l’impoverimento delle risorse ittiche, la generale degradazione della qualità dell’acqua ed altri effetti che ne riducono e precludono l’uso”. Altre definizioni coniate più di recente sono: “un aumento del tasso di fornitura di sostanza organica ad un ecosistema” Scott W. Nixon, (1995); “un fenomeno di instabilità ecologica causata da un eccesso nel tasso di fornitura di sostanza organica ad un ecosistema” Izzo et al., (1998).
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L’aumento di sali nutritivi, generalmente sali di fosforo e azoto (principali fattori limitanti), all’interno di un qualsiasi ecosistema acquatico comporta un aumento della biomassa algale (consumatori primari); ciò, a sua volta, provoca un proporzionale aumento ai livelli successivi della catena alimentare e un incremento della produttività peschiera. Quando la crescita algale non è più controllata dalla riduzione dei nutrienti o da altri fattori, si forma una biomassa sempre più consistente il cui destino è quello di prendere la via della degradazione. Questa via viene denominata catena del detrito in contrapposizione alla catena del pascolo. Se in acqua è disponibile una quantità sufficiente di ossigeno disciolto, necessario alla respirazione degli organismi operanti in aerobiosi, la catena del detrito è mantenuta attiva da funghi e batteri e può procedere alla mineralizzazione della sostanza organica senza particolari problemi.
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Possono però instaurarsi processi di demolizione della biomassa che si realizzano con un consumo eccessivo di ossigeno. Tale consumo ha luogo con velocità diverse secondo vari fattori, tra i quali la quantità di biomassa presente e la temperatura dell’ambiente. Se la velocità di consumo è maggiore di quella di rigenerazione dell’ossigeno tramite fotosintesi e diffusione, il deficit si accumula e, alla scomparsa dell’ossigeno nelle acque, si instaura una condizione anaerobica o anossica. Quando si raggiunge la condizione di anossia, agli organismi aerobi subentrano gli organismi degradatori anaerobi che compiono i processi di demolizione della biomassa liberando composti che, nella maggior parte dei casi, sono tossici, quali ad esempio l’ammoniaca e l’idrogeno solforato.
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Quindi, da una condizione ipertrofica, riscontrabile con un maggior tasso di crescita e di produzione di micro- e macroalghe, di macrofite, di alghe galleggianti, radicate o sommerse, accompagnate da agglomerazioni batteriche o fungine, si passa ad una condizione di distrofia. Le acque si intorbidiscono e sul fondo, a causa dell’instaurarsi dei processi anaerobici, si ha produzione di cattivi odori, nonché morie dei pesci e della fauna bentonica. Condizioni anossiche, precedute da periodi più o meno lunghi di ipossia (bassa concentrazione di ossigeno), sono tipici delle acque profonde di laghi eutrofici, ma si possono instaurare condizioni analoghe in ambienti lotici, marini e lagunari (Albertozza, 1980; Sfriso et al., 1987; Damiani, 1990; Marchetti, 1994; Izzo, 1991).
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Questa premessa introduce all’importanza dei sedimenti; essi infatti conservano memoria dei principali fenomeni occorsi nel bacino ed inoltre rappresentano una sede di accumulo di energia chimica che influisce stagionalmente sulla stabilità dell’ecosistema. Per effetto degli intensi flussi di sedimentazione organica, i sedimenti contengono spesso riserve molto abbondanti di carbonio, azoto, e fosforo, che possono essere ceduti alle acque secondo modalità e flussi non sempre prevedibili. I nutrienti contenuti nei sedimenti sono trattenuti o rilasciati a seconda delle condizioni chimico-fisiche e delle attività batteriche ad esse associate. Le conseguenze negative dell’eutrofizzazione potranno essere risentite a livelli diversi nei vari ambienti.
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Il problema nelle acque correnti
Per le acque correnti è piuttosto improbabile che l’aumento dei sali nutritivi, che può dare luogo a un rilevante sviluppo di macrofite, possa tradursi anche in un aumento della componente vegetale planctonica vera e, cioè, delle alghe microscopiche viventi sospese in acqua. Questo per una questione di turbolenza, di velocità della corrente e quindi di tempi: la biomassa che si produce nel sistema viene esportata a una velocità che è superiore a quella con cui si moltiplica ed accresce.
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Ciò non esclude però che le acque correnti possano convogliare quantità notevoli di materiale vegetale fino a perdere di trasparenza e assumere colorazione verdastra. Si tratterrebbe in questi casi di un effetto negativo secondario dell’eutrofizzazione che può avere interessato i laghi tributari del corso d’acqua o zone collaterali del corso d’acqua stesso. Poco probabile è anche la possibilità che in acque correnti s’instaurino situazioni anossiche e, di conseguenza, si producano composti della degradazione anaerobica, determinati da un fatto eutrofico. Esistono, tuttavia, non pochi casi di corsi d’acqua in condizioni ipossiche e talora persino anossiche, da attribuire però agli effetti diretti di apporti inquinanti diversi dai sali nutritivi, quali possono essere scarichi civili putrescibili, altro materiale ossidabile o apporti da scarichi industriali in quantità superiori alle capacità autodepuranti del recettore (Marchetti 1994).
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Il problema nei laghi A differenza delle acque correnti, le conseguenze dannose dell’eutrofizzazione sono massime negli ambienti in cui il rimescolamento verticale, che favorisce la riossigenazione degli strati profondi e il ricambio d’acqua, è limitato, come avviene nei laghi. In questi ambienti la produzione di macrofite litorali può assumere aspetti invasivi e le alghe planctoniche possono svilupparsi a formare dense biomasse che, nei casi estremi, ricoprono come una coltre la superficie dell’acqua. Questa coltre può diminuire la trasparenza, impedendo già a pochi decimetri di prodondità la penetrazione della luce solare e la produzione fotosintetica di ossigeno. Logica conseguenza di questi processi è l’instaurarsi di condizioni anaerobiche con gli effetti negativi già descritti.
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Sui meccanismi che regolano l’eutrofizzazione, la stratificazione non è una condizione stabile nel tempo ma dipende dalle variazioni termiche e da altre caratteristiche del clima locale quale è il regime dei venti. In periodi caldi le acque si riscaldano e l’ambiente si stratifica in una lamina superficiale, detta epilimnio, che si sovrappone alla massa d’acqua fredda sottostante detta ipolimnio. Tra le due si inserisce una zona intermedia detta metalimnio, caratterizzata da un rapido salto di temperatura o termoclino. Nei periodi invernali o autunnali il mescolamento delle acque diventa possibile e quindi lo scambio di gas con l’atmosfera sono massime, mentre in estate la stratificazione preclude l’ossigenazione delle acque più profonde. temperatura profondità EPILIMNIO METALIMNIO IPOLIMNIO TERMOCLINIO
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Un corpo idrico ad elevato volume d’acqua come i grandi laghi potrà rispondere meglio all’apporto di sali nutritivi che non un corpo di modesto volume, essendo da un alto maggiore la capacità diluente e, dall’altro, più elevata la riserva di ossigeno. Più fragile potrà considerarsi un lago di bassa profondità nei confronti di uno profondo, essendo nel primo caso facilitati i processi di riciclo dei nutrienti e minore la riserva di ossigeno.
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