La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Bari, Università degli Studi, 17 aprile 2008 I distretti industriali del terzo millennio: dalle economie di agglomerazione alle strategie d’impresa (Il.

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Bari, Università degli Studi, 17 aprile 2008 I distretti industriali del terzo millennio: dalle economie di agglomerazione alle strategie d’impresa (Il."— Transcript della presentazione:

1 Bari, Università degli Studi, 17 aprile 2008 I distretti industriali del terzo millennio: dalle economie di agglomerazione alle strategie d’impresa (Il Mulino Editore, 2007) A cura di Fabrizio Guelpa (Servizio Studi, Intesa Sanpaolo) Stefano Micelli (Cà Foscari e TeDIS) I principali risultati empirici

2 Da dove siamo partiti: era fine 2002 1 Dalla seconda metà degli anni 90 i distretti cominciano a rallentare rispetto alle aree non distrettuali e con il nuovo millennio ad avere performance inferiori. A fine 2002 il Servizio Studi di Banca Intesa comincia a progettare un monitoraggio dei distretti, partendo dalle sue competenze settoriali. Esportazioni dei distretti La fase di crescita (1991 = 100)... le difficoltà recenti (1995 = 100) * solo nei comparti di specializzazione dei distretti

3 Un crescendo di iniziative e una metodologia articolata 2 Definizione di circa 100 distretti partendo dalle classificazioni settoriali (3 cifre) e provinciali: monitoraggio trimestrale dei dati delle esportazioni. Selezione di circa 40 distretti con una classificazione più “fine” settore/comune per le analisi più approfondite (come le Monografie).  Utilizzo di dati pubblici (commercio estero, censimento, movimprese, ecc.), banca dati Servizio Studi Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali e due survey condotte da TeDIS tra le imprese. Sviluppo di un approccio metodologico articolato su tre livelli:  Analisi statistica/econometrica (combinando bilanci e survey)  Analisi di un numero elevato di casi aziendali  Confronto tra distretti appartenenti allo stesso settore

4 Il distretto “classico” si sta trasformando... 3 Network di piccole imprese Centralità delle fasi manifatturiere Interazione informale su un territorio specifico che offre esternalità (saperi, conoscenze tacite, coesione sociale, ecc.); rapporti basati sulla fiducia Affermazione di imprese leader Crescente importanza dei fattori immateriali a monte (innovazione) e a valle (marketing, distribuzione) Internazionalizzazione produttiva (Ide, interazioni codificate con fornitori esteri, ecc.)

5 ... come documenta questa ricerca che offre due chiavi di lettura 4 Nel distretto assumono particolare importanza le strategie deliberate “individuali” delle imprese, in particolare delle imprese leader. Le specificità del distretto, da questo punto di vista, tendono ad affievolirsi. Il territorio di origine può ancora offrire vantaggi competitivi, anche se differenti rispetto al passato, se offre competenze di natura terziaria. “Sistema locale dell’innovazione”

6 5 Le pressioni competitive sui mercati internazionali hanno aumentato la dispersione dei risultati delle imprese (crescita e redditività) Si è creato un vero divario tra imprese che hanno implementato le giuste strategie per affrontare il nuovo scenario competitivo e quelle che non le hanno individuate I fattori individuali di competitività stanno facendo premio su quelli collettivi. Nel nuovo contesto competitivo i divari tra imprese sono molto più ampi che in passato... Fonte: Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali Nota: l’indice di dispersione è dato dalla differenza tra il terzo e il primo quartile, divisa per la mediana Dispersione dei risultati reddituali tra le imprese italiane (MOL/Fatturato)

7 6 Le imprese con migliori risultati rispetto al loro settore hanno maggiori probabilità, rispetto al passato, di vedere confermata la propria performance positiva. Diminuisce invece la probabilità di rimanere nella classe peggiore di redditività: la crescente concorrenza rende difficile restare sul mercato senza reagire.... e i vantaggi competitivi raggiunti sono più persistenti Matrici di transizione dei margini 1993-96 e 2001-04: % di imprese underperforming e overperforming (diff. MOL/Fatturato rispetto al settore) Fonte: Intesa Sanpaolo

8 Nei distretti è maggiore l’aumento della dispersione... 7 Dispersione dei risultati reddituali (MOL/fatturato) Un ambiente di vantaggi condivisi dovrebbe dare una dispersione più bassa: nei distretti era così, ma lo è sempre meno. Fonte: Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali Nota: l’indice di dispersione è dato dalla differenza tra il terzo e il primo quartile, divisa per la mediana

9 ... e della persistenza per le imprese migliori 8 Percentuale di imprese che rimangono over-performing Un ambiente come quello distrettuale “tradizionale” rende più difficile mantenere nel tempo un vantaggio competitivo: condivisione di risorse strategiche, imitazione, scambi informativi. Oggi è un po’ meno vero. Il modello dei distretti è cambiato: i fattori collettivi perdono peso. Fonte: Intesa Sanpaolo

10 La competitività è sempre meno determinata da fattori comuni (es. il cambio) e dai semplici costi 9 Innovazione R&S - Brevetti – Collaborazioni – Nuovi prodotti - Struttura dedicata al design Rapporto col Mercato Brand strategy – Reti commerciali Dotazione ICT (ERP, mail, web, Intranet/ Extranet, CRM, Supply Chain Management...) Internazionalizzazione produttiva Fornitori strategici all’estero - Subfornitori contoterzisti esteri - Stabilimenti produttivi

11 Si crea una frattura tra imprese e il “nuovo” vantaggio competitivo è più difficile da attaccare 10 Fattori competitivi di questo tipo non sono sfruttati da tutti, per cui crescono i divari. Alcune strategie presentano economie di scala e quindi possono sorgere divari tra grandi e piccole imprese Le imprese che basano la propria strategia su questi fattori sono poi difficilmente attaccabili, perché vengono costituite delle barriere. Le barriere sono rafforzate dalla cumulatività degli effetti delle diverse strategie.

12 Analisi sulla diffusione di queste strategie su 619 PMI in 41 distretti non solo del Centro-Nord 11 Abruzzo Abbigliamento Nord Abruzzese; Abbigliamento Sud Abruzzese Puglia Imbottito Murge; Calzatura - Salento; Abbigliamento – Salento; Calzatura Barletta Campania Calzatura e Abbigliamento – Napoli; Concia –Solofra Lombardia Mobile- Brianza; Calze - Castelgoffredo; Tessile – Como; Meccanica - Lecco; Metalli – Lumezzane Piemonte Tessile/abbigliamento - Biella; Oreficeria - Valenza Po; Casalinghi - Cusio; Meccanica - Pianezza Pinerolo Veneto Vetro – Murano; Calzature - Brenta; Sportsystem – Montebelluna; Concia - Arzignano; Occhiali – Belluno; Mobile - Q. del Piave; Tessile - Schio, Thiene, Valdagno; Inoxvalley; Meccanica - Schio, Thiene- Montecchio Friuli VG Sedie – Manzano; Mobile - Livenza; Emilia Romagna Ceramica – Sassuolo; Tessile - Carpi Macchine agricole - Reggio Emilia; Oleodinamica; Meccanica alimentare Toscana Tessile - Prato; Marmo - Carrara; Concia - S. Croce sull’Arno Marche Mobile – Pesaro; Calzatura - Fermo; Lazio Ceramica -Civita Castellana Nord Est: 17 Sud: 9 Nord Ovest: 9 Centro: 6 Indagine condotta nella primavera del 2004

13 Le PMI distrettuali innovano, ma con volumi forse insufficienti 12 Fonte: Tedis

14 Rapporto col mercato non sempre adeguato 13 Fonte: Tedis

15 ICT di base diffusa, mentre è ai primordi quella più avanzata Casa- Arredo Sistema Moda MeccanicaTotale Sito Web94%80%95%88% Intranet59%50%65%56% ERP39%27%49%36% Groupware18%16%27%20% Extranet fornitori17%16%14%16% Extranet distributori 13%11%17%13% Crm11%5%13%9% Scm7%4%11%7% Sfa7%5%7%6% 14 Fonte: Tedis

16 Internazionalizzazione soprattutto in forma “leggera”... 15 Fonte: Tedis

17 ... e perché si fa sempre più outsourcing sull’estero, anche via IDE, trattenendo la “testa” 16 MEDIO-ALTO Alimentare Piastrelle Cuoio Abbigliamento BASSO Meccanica strumentale Elettrodomestici Oreficeria ALTO Tessile Calzature Occhiali Mobili Grado di controllo dell’industria manifatturiera italiana sulle importazioni (2004)

18 L’identikit del vincente è caratterizzato dalla presenza di queste strategie 17 Un modello econometrico, che stima le performance (crescita del fatturato e margini operativi) in funzione di variabili strategiche, porta a queste conclusioni: Innovazione Rete commerciale ICT Internazionalizzazione Marchi Effetti positivi elevati Deboli effetti positivi Effetti positivi solo se in presenza di un budget di comunicazione sufficiente

19 Serve però un mix completo delle strategie 18 Dall’esame dei casi emerge che le imprese vincenti hanno spesso un mix articolato di strategie Innovano e ricercano (non puntano soprattutto sui costi) Sanno sfruttare i vantaggi di costo/mercato della delocalizzazione Valorizzano/difendono l’innovazione con politiche di marketing aggressive “Lubrificano” il meccanismo (in particolare le catene lunghe) con molta ICT.

20 L’interazione tra le strategie: ICT con internazionalizzazione; ICT con innovazione 19 La presenza simultanea di ICT e internazionalizzazione avviene in presenza di elevate performance: senza ICT è difficile gestire un network complesso all’estero La presenza simultanea di ICT e innovazione avviene in presenza di elevate performance: ICT facilita i processi innovativi...... o, in presenza di un contesto innovativo, è facile che vi sia una domanda elevata di ICT.

21 20 Per portare avanti queste strategie bisognerebbe essere più grandi La struttura dimensionale sta cambiando (peso % degli addetti per classe dimensionale) Durante gli anni Novanta la dimensione media delle imprese non è cresciuta. Nei distretti, tuttavia, il peso delle imprese più grandi (>250 addetti) è cresciuto del 25%. Segnali di crescita evidenti anche successivamente. Fonte: Intesa Sanpaolo su dati Istat di Censimento Distretti industriali Aree non distrettuali* * solo nei comparti di specializzazione dei distretti

22 21 Quale ruolo per la finanza? Le strategie competitive vincenti comportano investimenti onerosi, spesso altamente rischiosi e/o difficili da valutare (es. R&S) Elevata probabilità che l’impresa sia razionata Uno stretto legame di clientela (relationship lending) contribuisce a ridurre il divario informativo tra banca e impresa, ed i conseguenti rischi di razionamento

23 22 Il fenomeno tende a ridursi, mentre aumenta la quota di finanziamenti erogati dalla prima banca Multiaffidamento ostacolo all’instaurarsi di uno stretto rapporto banca-impresa Numero medio di banche per affidato

24 23 Ipotesi testata: la presenza di una stretta relazione di clientela riduce, a parità di altre condizioni, la probabilità che l’impresa sia razionata Risultati: la probabilità di razionamento del credito  dipende positivamente dal grado di rischiosità finanziaria dell’impresa;  dipende negativamente dalla redditività e dal tasso di crescita (fatturato) dell’impresa la presunta incapacità (o non volontà) del sistema bancario di assecondare le imprese in crescita - perché percepite come più rischiose - non trova conferma nei dati della rilevazione TeDis 2006  non dipende dalla presenza di una banca di riferimento principale, ma si riduce se almeno una delle banche affidanti è una banca locale  non dipende dalla localizzazione distrettuale dell’impresa Il rapporto banca-impresa influisce sulla probabilità di razionamento del credito?

25 24 Le imprese innovative hanno più o meno difficoltà ad ottenere credito? Ipotesi testata: le imprese più innovative sono maggiormente esposte al rischio di razionamento, a parità di altre condizioni Risultati:  la probabilità di razionamento del credito non dipende, a livelli statisticamente significativi, dalla propensione dell’impresa all’innovazione non vi sono evidenze a sostegno dell’ipotesi che il sistema bancario sia più severo nei confronti delle imprese innovative o non sia in grado di valutarne il merito di credito

26 I territori ricchi di competenze rimangono un vantaggio competitivo... 25 I territori “ricchi”, che offrono skill (soprattutto terziari) e infrastrutture, supportano le imprese che vi sono insediate:  I mobilieri della Brianza sono in un territorio ricco di competenze sul design e stanno avendo successo; i mobilieri della Murgia hanno soprattutto competenze manifatturiere e si trovano in difficoltà.  I conciari di Arzignano e S. Croce sull’Arno sanno gestire attività consortili (reflui; spedizioni) e riescono a fronteggiare i competitori nei paesi emergenti; non altrettanto i conciari di Solofra che hanno politiche individualiste. I territori “ricchi” riescono anche a trattenere la manodopera qualificata e a creare le potenzialità per generare nuove opportunità di lavoro. Attivazione di un circolo virtuoso.

27 Conclusioni: nodi ancora aperti... 26 La spinta verso un focus maggiore sulle attività a monte e valle nella catena del valore ha comportato una trasformazione più profonda nei distretti, perchè la manifattura era l’anima del distretto. Le competenze di natura terziaria, inoltre, sono caratterizzate spesso da fenomeni agglomerativi, in particolare presso le grandi città. I distretti sono stati schiacciati pertanto su due fronti: le loro competenze tradizionali dovevano essere sviluppate su un territorio non più soltanto locale; le nuove competenze necessarie avevano spesso una natura non locale. Ma che spazio può avere l’attività manifatturiera in Italia? Un’attività di coordinamento dei processi produttivi non può prescindere da una conoscenza degli stessi approfondita e condivisa con altri operatori. Analogamente, un’attività innovativa richiede una prossimità con la fabbrica e i suoi attori (tecnici, operai,...). Quanto ciò sia possibile con una limitata presenza produttiva nel territorio di origine dei distretti è tutto da verificare.

28 ... anche sul piano teorico 27 Pur con molte incertezze, i distretti industriali ci sembrano orientati a rappresentare ancora una delle peculiarità del nostro apparato produttivo, anche se con delle caratteristiche profondamente diverse rispetto al passato. Questa nuova figura di distretto non sarà però da interpretare anche facendo riferimento a modelli teorici differenti rispetto del passato ? Come osservato più volte da Becattini, infatti, una cosa sono i distretti industriali che si osservano nella realtà, che possono avere tra loro caratteristiche molto diverse, un’altra invece è il modello teorico di organizzazione che origina in Alfred Marshall. In passato, i distretti industriali italiani, ed alcuni di questi in particolare (ad esempio Prato), erano interpretabili in modo convincente con il modello teorico del distretto. Nell’attuale fase di trasformazione, tuttavia, i distretti che si stanno affermando hanno caratteristiche che rendono più flebile il loro legame con il modello teorico.


Scaricare ppt "Bari, Università degli Studi, 17 aprile 2008 I distretti industriali del terzo millennio: dalle economie di agglomerazione alle strategie d’impresa (Il."

Presentazioni simili


Annunci Google