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PubblicatoCosimo Pippi Modificato 9 anni fa
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PRATICHE E FORMATI DEI SOCIAL NETWORK Giacomo Nencioni Roma, 9 Aprile 2010 CONDIVIDERE CONTENUTI Broadcasting/Selfcasting
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Prove tecniche di filesharing Il boom della banda larga alla fine degli anni Novanta rende possibile la fruizione dei servizi internet in modalità always on (sempre connessi). “Attorno alla diffusione dei collegamenti always on si sviluppa una nuova generazione di servizi web caratterizzati da una forte interattività, transazioni complesse, collegamenti multimediali P2P sincroni, con effetti sociali molto rilevanti”. da E. Menduni, I media digitali. Tecnologie, linguaggi, usi sociali, Laterza, Roma-Bari, 2007
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Prove tecniche di filesharing In ambiente web 1.0 le prime esperienze di condivisione di file trovarono spazio sulle BBS (Bulletin Board System), o su IRC (Internet Relay Chat) principalmente per iniziativa di utenti esperti. Nel 1999 Shawn Fanning lancia Napster, un programma che permetteva la condivisione di file peer to peer, nel quale un sistema di server centrali gestiva transazioni di file (per gran parte file musicali in formato mp3) tra utenti privati.
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Prove tecniche di filesharing La struttura di Napster
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Prove tecniche di filesharing Nel 2001 una corte statunitense ordina la chiusura di Napster per violazione delle leggi sul copyright. Da allora si sono succeduti numerosi altri programmi di condivisione peer to peer, come Morpheus, Kazaa, Gnutella, eMule, alcuni dei quali, per la loro natura di server decentralizzati, hanno vinto la battaglia contro le major della discografia.
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Il cinema in cameretta La capillare diffusione di strumenti digitali di riproduzione dell’immagine a costi sempre più bassi e di dimensioni sempre più ridotte La creazione di software di editing di facile utilizzo e spesso incorporati nei sistemi operativi dei nostri PC (Windows Movie Maker, 2000, o iMovie, 2001) Connessioni veloci e piattaforme di condivisione online Rendono possibile la creazione e l’elaborazione e la condivisione di contenuti audiovisivi tra gli utenti. Questi contenuti sono detti User Generated Content (UGC) o User Created Content (UCC).
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Il filesharing in network Nato nel 2004, Flickr era uno degli strumenti a disposizione per i giocatori di Game Neverending, un gioco online multiplayer fortemente basato sull’interazione tra gli utenti. Inizialmente il sito focalizzava la sua attività su una chat (FlickrLive) sulla quale era possibile scambiarsi foto, ed era utilizzato principalmente dai bloggers come “magazzino” per le foto da pubblicare sui propri siti.
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Il filesharing in network
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Per Stewart Butterfield, co-fondatore di Flickr, il photo-sharing: “Si può manifestare come arte, o usando foto come mezzo per tenersi in contatto con gli amici e la famiglia, la “pubblicazione personale” o intima, per piccoli gruppi di condivisione. Comprende la “preservazione della memoria” (la comprensione de facto di ciò che anima l’industria fotografica), ma anche l’effimero che mantiene in relazione le persone tra loro: “Ti piace il mio nuovo taglio?”; “Devo comprarle queste scarpe?”; “Guarda cos’ho visto andando al lavoro!”. Ti consente di sapere chi è andato dove con chi, com’era la vacanza, quanto è cresciuto il bambino oggi, tutto quello che sta succedendo… E, più teatralmente, Flickr ti offre una finestra su cose che diversamente potresti non vedere mai”. Dal post “Eyes of the world”, Flickrblog, Marzo 2006. http://www.flickr.com/
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Broadcast Yourself? Se per Stewart Butterfield Flickr rappresenta “gli occhi del mondo”, YouTube allora è gli occhi e le orecchie del mondo. YouTube viene lanciato nel giugno 2005 da Chad Hurley, Steve Chen e Jawed Karim, tre impiegati di PayPal. Al momento del suo lancio la piattaforma era uno tra i diversi servizi in competizione per rimuovere le barriere che impedivano lo sharing video, caratterizzato da un’interfaccia molto semplice, da uno spazio limitato di upload dei video, dalla possibilità di collegare altri utenti e di inserire i video, attraverso codice HTML, sui propri blog o siti. Nell’Ottobre 2006 YouTube è stato acquistato da Google per 1,65 miliardi di dollari.
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Broadcast Yourself? Se è plausibile che, come raccontato da Karim, il successo del sito è stato determinato dall’introduzione di funzioni tipiche del social networking, si tende ad attribuire l’esplosione del fenomeno alla pubblicazione su YouTube di uno spezzone del Saturday Night Live intitolato Lazy Sunday, uno sketch comico che nei primi dieci giorni raggiunse un milione e duecentomila contatti.
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Broadcast Yourself?
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Il sottotitolo del sito nei primi mesi di vita era “L’archivio dei tuoi video digitali”, definizione in qualche modo in conflitto con l’ormai celebre imperativo “Broadcast yourself”, emblema dell’autoespressione pubblica dell’utente. Il primo video pubblicato su youtube, Me at the zoo, di Jawed Karim: http://www.youtube.com/watch?v=jNQXAC9IVRw La transizione tra queste due concezioni ci racconta di quanto l’identità di YouTube sia frutto di una negoziazione fra l’idea originaria della piattaforma e le pratiche degli utenti rese possibili dal web 2.0.
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Vaudeville 2.0 Henry Jenkins è Direttore del Comparative Media Studies Program del MIT. È autore e curatore di molti testi su vari aspetti dei media e della cultura popolare tra cui Fans, Blogger, and Gamers: Exploring Participatory Culture; Convergence Culture; From Barbie to Mortal Kombat: Gender and Computer Games.
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Vaudeville 2.0 Cultura partecipativa è una definizione spesso usata per indicare il legame apparente tra la maggiore accessibilità delle tecnologie digitali, i contenuti generati dagli utenti e un certo tipo di spostamento nelle relazioni di potere tra le industrie dei media e i loro consumatori. Secondo la definizione di Henry Jenkins nella “cultura partecipativa […] i fan e gli altri consumatori sono invitati a partecipare attivamente nella creazione e circolazione di nuovi contenuti”.
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Vaudeville 2.0 È proprio Jenkins, in un post sul suo sito internet, a notare consistenti analogie tra YouTube e il Vaudeville americano, forma di spettacolo aperta costituita da molti atti brevi (venti minuti), senza regia. Nel vaudeville gli attori sceglievano i propri pezzi migliorandoli secondo le reazioni del pubblico, facendo affidamento sull’attrazione, cercando il memorabile e lo spettacolare. http://henryjenkins.org/2006/11/youtube_and_the_vaudeville_aes.ht ml
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Vaudeville 2.0 I video-blog, o vlog, sembrano condividere in modo particolare questa vitalità e immediatezza basate sulla conversazione che ricordano il vaudeville. Forma non nuova per la rete (sono antenati della cultura delle webcam e dei blog del web 1.0) e parte di una cultura “confessionale” che caratterizza anche la televisone contemporanea, i vlog rappresentano una forma di partecipazione emblematica di YouTube.
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Una cultura da cameretta Alcuni esempi: Hey Clip. Il caso Lonelygirl15, tra realtà e finzione. What’s in my purse. Il bozzolo adolescenziale.
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Una cultura da cameretta Chris Crocker e le YouTube Celebrities.
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Una cultura da cameretta Le possibilità della falsa autenticità sono ora parte del bagaglio culturale di YouTube;[…] Il fatto di cercare di capire quanto un’azione su YouTube sia autentica, o quanto possa essere grande la sua squadra di produzione dimostra una conoscenza riflessiva sulla costruzione dei video di YouTube che ora è diventata parte della maniera stessa di partecipare al sito; nella realtà si è costruito un tipo di gioco che consiste nella corsa al lavoro investigativo per confermare o smentire il mito dell’autenticità di ogni nuovo caso. J. Burgess, J. Green, YouTube, Egea, Milano, 2009.
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