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Rischio idrologico-idraulico in ambiente urbano

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Presentazione sul tema: "Rischio idrologico-idraulico in ambiente urbano"— Transcript della presentazione:

1 Rischio idrologico-idraulico in ambiente urbano
Ing. Vincenza Notaro Tel

2 Introduzione Normativa di riferimento
Valutazione del rischio idraulico secondo la normativa vigente

3 Bacino Idrografico Si definisce BACINO IDROGRAFICO relativo ad una sezione di un corso d’acqua (sezione di chiusura) la porzione di territorio che raccoglie tutte le acque che defluiscono attraverso la sezione. Il bacino idrografico superficiale è delimitato dallo spartiacque topografico. Analogamente, per il bacino idrografico sotterraneo si definisce una linea di spartiacque sotterraneo o freatico. P(t) Appare evidente che il bacino idrografico superficiale e quello sotterraneo non necessariamente coincidono, e che è molto più agevole la determinazione del bacino relativo allo scorrimento superficiale. Q(t)

4 Bacino Idrografico La legge 18 maggio 1989, n 183 "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo" definisce invece all’art. 1 il bacino idrografico: "il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d’acqua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d’acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospiciente; qualora un territorio possa essere allagato dalle acque di più corsi d’acqua, esso si intende ricadente nel bacino idrografico il cui bacino imbrifero montano ha la superficie maggiore"

5 Il bacino idrografico All’interno del bacino idrografico distinguiamo tra reticolo idrografico e versanti: Il reticolo idrografico è il complesso di collettori è il complesso di collettori fluviali che raccolgono i deflussi idrici superficiali provenienti dai versanti e li convogliano sino alla sezione di chiusura del bacino Per versanti o pendici si indicano tutte le superfici laterali ai rami della rete Per asta principale della rete si intende la successione più lunga di segmenti che uniscono una sorgente alla sezione di chiusura del bacino. sorgenti: punti della rete posti all’estremità di monte Giuseppe Aronica – Corso di Idrologia Tecnica

6 Bacino Idrografico

7 Il reticolo idrografico
Dipartimento di Ingegneria Civile I processi idrologici Il reticolo idrografico Giuseppe Aronica – Corso di Idrologia Tecnica

8 Quadro di riferimento normativo
Legge 183/89 Difesa del suolo - Istituzione dell’Autorità di Bacino per la redazione dei Piani di Bacino; Legge 225/92 sulla Protezione Civile Legge 493/98 “Piani stralcio di Bacino per l'assetto idrogeologico”; D.P.R. 18/7/1995 “Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento concernente i criteri per la redazione dei piani di bacino”; D.L. 180/1998 “Decreto Sarno - Individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idraulico e adozione delle conseguenti misure di salvaguardia” convertito in Legge 267/1998; Decreto Regione ”Piano straordinario per l’assetto idrogeologico”; Direttiva 2000/60/CE Decreto legislativo 152/2006 Direttiva 2007/60/CE

9 DIFESA DEL SUOLO L.183 del 18/05/89
Norma di riferimento: L. 183 del 18/5/1989 (“Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”). Oggetto della norma: la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico, la tutela degli aspetti ambientali. La legge prevede la suddivisione dell’intero territorio regionale in “bacini idrografici”, di interesse nazionale, interregionale e regionale, all’interno di ciascuno dei quali le attività pertinenti l’uso del suolo e la gestione delle risorse idriche vengono sovrintese dall’”Autorità di Bacino”. Tale impostazione ha lo scopo di superare la storica frammentazione di competenze fra Stato, Regione ed Enti locali, proprio in materia di difesa del suolo e gestione delle risorse idriche.

10 DIFESA DEL SUOLO L.183 del 18/05/89
11 bacini di rilievo nazionale, di cui 7 nel versante adriatico (Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione, Adige, Po) e 4 nel versante tirrenico (Arno, Tevere, Liri-Garigliano, Volturno). 18 bacini di rilievo interregionale, di cui 11 nel versante adriatico, 2 in quello ionico e 5 in quello tirrenico. I bacini di rilievo regionale sono tutti i rimanenti. Per il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla legge, questa prevede la redazione di “Piani di bacino”, che vengono adottati dalle Autorità di bacino, per i bacini di interesse nazionale, e dalle Regioni, per gli altri bacini. I Piani di bacino costituiscono il piano territoriale di settore, nel quale sono pianificate e programmate le norme e le azioni finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e alla corretta utilizzazione delle acque.

11 DIFESA DEL SUOLO L.183 del 18/05/89
Le attività programmate nel Piano di bacino riguardano: la sistemazione dei bacini idrografici (interventi idrogeologici, idraulici, di forestazione e bonifica, etc.); la difesa e la sistemazione dei tratti terminali dei fiumi e delle foci a mare; la moderazione delle piene, anche con la realizzazione di serbatoi, casse di espansione, diversivi, etc., per la difesa dei territori dalle inondazioni; la disciplina delle attività estrattive; il consolidamento delle aree instabili e la difesa dei centri abitati dalle frane; la protezione delle coste e dei centri abitati costieri; l’uso razionale delle risorse idriche.

12 RISCHIO IDROGEOLOGICO: D.L. n.180 dell’11/6/1998
Atto fondamentale in tale settore è il D.L. n.180 dell’11/6/1998, convertito in legge dalla L. n.267 del 3/8/1998, contenente “misure urgenti per la prevenzione dal rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella Regione Campania”. La legge nasce quindi dall’esigenza contingente di intervenire a seguito di un ben preciso evento calamitoso (da qui il nome di “Decreto Sarno”, con cui tale norma è spesso citato), ma finisce per regolare la problematica della prevenzione dal rischio idrogeologico sull’intero territorio nazionale. Strumento previsto: “Piani di assetto idrogeologico”.

13 Quadro di riferimento normativo
Atto fondamentale in tale settore è il D.L. n.180 dell’11/6/1998, convertito in legge dalla L. n.267 del 3/8/1998, contenente “misure urgenti per la prevenzione dal rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella Regione Campania”. La legge nasce quindi dall’esigenza contingente di intervenire a seguito di un ben preciso evento calamitoso (da qui il nome di “Decreto Sarno”, con cui tale norma è spesso citato), ma finisce per regolare la problematica della prevenzione dal rischio idrogeologico sull’intero territorio nazionale. Strumento previsto: “Piani di assetto idrogeologico”.

14 Quadro di riferimento normativo
Obiettivo principale del D.P.C.M. 11 giugno 1998, n. 180 (Decreto Sarno): PIANI DI ASSETTO IDROGEOLOGICO (P.A.I.) ricerca di soluzioni quanto più immediate possibile per problemi locali ben individuati e circoscritti, ossia di singoli punti del bacino in cui sono state riscontrate condizioni di pericolo per l’incolumità. Obiettivo principale del D.P.C.M. 29 settembre 1998 (Atto di indirizzo e coordinamento …): Criteri generali per la realizzazione dei PAI omogeneità dell’azione pianificatoria allo scopo di uniformare i metodi di preparazione

15 Rischio idraulico: D.P.C.M del 29/9/1998
DEFINIZIONE DI 4 CLASSI DI RISCHIO IDRAULICO Rischio moderato (R1): danni sociali ed economici marginali; Rischio medio (R2): danni minori agli edifici e alle infrastrutture che non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici e lo svolgimento delle attività socio-economiche; Rischio elevato (R3): problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi e interruzione delle attività socio-economiche, danni al patrimonio ambientale; Rischio molto elevato (R4): perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici e alle infrastrutture, danni al patrimonio culturale, distruzione di attività socio-economiche.

16 Rischio Idraulico: D.P.C.M del 29/9/1998
“Entità del danno atteso in una data area e in un certo intervallo di tempo in seguito al verificarsi di un particolare evento calamitoso” P (Pericolosità): probabilità di accadimento dell’evento calamitoso entro un certo intervallo di tempo V (Vulnerabilità): grado di perdita prodotto su un certo elemento, o gruppo di elementi, derivante da un potenziale fenomeno distruttivo di una data intensità E (Valore esposto degli elementi a rischio): valore, espresso in termini quantitativi (o monetari) delle unità esposte a rischio

17 Rischio Idraulico: D.P.C.M del 29/9/1998
D (Danno): grado previsto di perdita a seguito del verificarsi dell’evento calamitoso P (probabilità di accadimento dell’evento) espressa in funzione del tempo di ritorno D (danno atteso) funzione della vulnerabilità e degli elementi a rischio: di difficile determinazione!

18 Il rischio idraulico AUMENTO DEL DANNO • Aumento del valore: insediamenti in aree storicamente esondabili (le aree in fregio ai corsi d’acqua sono state utilizzate per insediamenti industriali); • Aumento della vulnerabilità: servizio di servizio di piena peggiorato, mancanza di conoscenze sui rischi, perdita di memoria, sovrapposizione competenze, costruzione in zone di frana, o di esondazione, ecc. AUMENTO DELLA PERICOLOSITA’ • Variazioni climatiche (maggiore frequenza di eventi intensi e concentrati); • Trasformazioni di tipo estensivo (crescita della portata Q(t) di assegnato TR); • Trasformazioni di tipo intensivo (a parità di Q(t), la h è cresciuta [ovvero, abbiamo ristretto gli alvei con interventi antropici scriteriati !!!!).

19 Rischio Idraulico: D.P.C.M del 29/9/1998
ricorso alla formulazione R = P x V x E al solo fine di individuare i fattori che determinano il rischio, senza tuttavia valutare dal punto di vista quantitativo l’espressione D.P.C.M approccio di tipo empirico-moltiplicativo, in cui i fattori P, E e V tra loro indipendenti, possono essere ordinati in una matrice di interazione. approccio di tipo probabilistico orientato al calcolo di opportune espressioni Al fine di superare tali problemi, si fa riferimento a quanto proposto dal legislatore italiano (D.P.C.M 29 settembre 1998 “Atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto legge 11 giugno 1998, n.180”) che suggerisce il ricorso alla formulazione [1.1] al solo fine di individuare i fattori che determinano il rischio, senza tuttavia valutare dal punto di vista quantitativo l’espressione. Tali suggerimenti segnano il passaggio da un approccio di tipo probabilistico, orientato al calcolo di opportune espressioni, ad uno di tipo empirico – moltiplicativo, in cui i fattori P, E,e V tra loro indipendenti, possono essere ordinati in una matrice di interazione. Forte componente di soggettività nella modalità di composizione, ordinamento e aggregazione della matrice!

20 Rischio Idraulico: D.P.C.M del 29/9/1998
Il tempo di ritorno di progetto è stabilito in funzione del livello di pericolosità dell’area e del tipo di opera che si va a realizzare. D.P.C.M. 29 settembre 1998 Le aree soggette ad inondazione vengono caratterizzate secondo 3 differenti probabilità di evento (Classi di Pericolosità) Aree ad alta probabilità di inondazione: Tr = 20 – 50 anni. Aree a moderata probabilità di inondazione: Tr = 100 – 200 anni; Aree a bassa probabilità di inondazione: Tr = 300 – 500 anni;

21 Rischio Idraulico: D.P.C.M del 29/9/1998
l’elemento di rischio prioritario da prendere in considerazione è l’incolumità delle persone D.P.C.M. 29 settembre 1998 Ordine gerarchico di priorità Incolumità delle persone; agglomerati urbani; aree su cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo; infrastrutture a rete e vie di comunicazione di rilevanza strategica; patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante; aree sede di servizi pubblici e privati, di impianti sportivi e ricreativi, strutture ricettive ed infrastrutture primarie.

22 Rischio Idraulico: D.P.C.M del 29/9/1998
Classe Descrizione E1 Case sparse - Impianti sportivi e ricreativi - Cimiteri - Insediamenti agricoli a bassa tecnologia - Insediamenti zootecnici. E2 Reti e infrastrutture tecnologiche di secondaria importanza e/o a servizio di ambiti territoriali ristretti (acquedotti, fognature, reti elettriche, telefoniche, depuratori,…) - Viabilità secondaria (strade provinciali e comunali che non rappresentino vie di fuga) - Insediamenti agricoli ad alta tecnologia - Aree naturali protette, aree sottoposte a vincolo ai sensi del D. L.vo 490/99. E3 Nuclei abitati - Ferrovie - Viabilità primaria e vie di fuga - Reti e infrastrutture tecnologiche di primaria importanza (reti elettriche e gasdotti) - Beni culturali, architettonici e archeologici sottoposti a vincolo- Insediamenti industriali e artigianali - Impianti D.P.R. 175/88. E4 Centri abitati - Edifici pubblici di rilevante importanza (es. scuole, chiese, ospedali, ecc.).

23 Il Rischio idrogeologico: D.P.C.M 29/9/98
Per le aree a “rischio idraulico”, l’attività di pianificazione prevista dalla norma è stata suddivisa in tre fasi: individuazione delle aree soggette a rischio idrogeologico; perimetrazione delle aree, valutazione dei livelli di rischio e definizione delle misure di salvaguardia; programmazione delle attività finalizzate alla mitigazione del rischio. Analoga indagine viene prevista per le aree a “rischio valanghe” e a “rischio frane”.

24 Valutazione del Rischio idraulico: Fase 2
PERIMETRAZIONE DELLE AREE INONDABILI (FASE DUE) Fra i contenuti di maggiore interesse del D.P.C.M. del 29/9/1998 vanno citati: l’uso di informazioni storiche relative a eventi di allagamento avvenuti in passato, al fine di poter eseguire una rapida perimetrazione delle aree a rischio. l’uso di metodologie complesse, mediante le quali sia possibile calcolare la probabilità di accadimento degli eventi calamitosi in aree in cui non siano disponibili dati storici; ciò consente evidentemente la possibilità di intervenire anche in aree apparentemente non soggette a rischio;

25 Valutazione del Rischio idraulico: Fase 2
1) Studio idrologico: individuazione dell’evento critico di piena Analisi probabilistica delle precipitazioni Modelli di trasformazione afflussi-deflussi 2) Studio idraulico: simulazione della propagazione dell’onda di piena Perimetrazione delle aree inondabili 3) Studio di vulnerabilità: individuazione degli elementi esposti al rischio Realizzazione della carta degli insediamenti, delle attività antropiche e del patrimonio ambientale 4) Perimetrazione delle aree a rischio: valutazione dei livelli di rischio Sovrapposizione delle carte Assegnazione dei diversi livelli di rischio

26 Fase conoscitiva Mappa uso del suolo Dipartimento di
Ingegneria Idraulica ed Applicazioni Ambientali Fase conoscitiva Mappa uso del suolo SIMETO DITTAINO FOCE GORNALUNGA

27 Valutazione del Rischio idraulico: Fase 2
PERIMETRAZIONE DELLE AREE INONDABILI (FASE DUE) ANALISI IDRAULICA ANALISI IDROLOGICA + CARTA DELLE AREE INONDABILI per tre diverse probabilità d’evento Per esempio, il Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico della Regione Siciliana (art.1 D.L. 180/98 convertito con modifiche con la L.267/98 e ss.mm.ii) stabilisce di caratterizzare le aree soggette a inondazione in: Aree ad alta probabilità di inondazione (Tr= 50 anni); Aree a moderata probabilità di inondazione (Tr= 100 anni); Aree a bassa probabilità di inondazione (Tr= 300 anni);

28 Dipartimento di Ingegneria Idraulica ed Applicazioni Ambientali Pericolosità Pericolosità = matrice(altezze idriche; tempo ritorno evento) T1 (50 yrs) T2 (100 yrs) T3 (300 yrs) H1 (h<0.3 m) P1 H2 (0.3 <h<1.0) P2 H3 (1.0<h<2.0) P4 P3 H4 (h>2.0 m) Fonte: Piano Assetto Idrogeologico ARTA Regione Sicilia, 2003

29 Pericolosità Dipartimento di Ingegneria Idraulica ed
Applicazioni Ambientali Pericolosità

30 Valutazione del Rischio idraulico: Fase 2
ASSEGNAZIONE DEI LIVELLI DI RISCHIO Carta degli insediamenti e delle attività antropiche + Carta delle aree inondabili MAPPA DEL RISCHIO D’INONDAZIONE moderato (R1): i danni sociali ed economici sono marginali; medio (R2): sono possibili danni minori agli edifici ed alle infrastrutture che non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici, e la funzionalità delle attività economiche; elevato (R3): sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture (inagibilità edifici) interruzione attività socio- economiche; molto elevato (R4): perdita di vite umane, lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture, distruzione delle attività socio-economiche.

31 Mappa rischio inondazione
Dipartimento di Ingegneria Idraulica ed Applicazioni Ambientali Mappa rischio inondazione la rappresentazione del rischio idraulico è stata dedotta dal prodotto delle griglie di calcolo che identificano la pericolosità ed il valore degli elementi a rischio; Mappa delle pericolosità Mappa degli elementi a rischio x

32 Dipartimento di Ingegneria Idraulica ed Applicazioni Ambientali Rischio Rischio = matrice(pericolosità; valore elementi a rischio) E1 E2 E3 E4 P1 R1 R2 P2 R3 P3 R4 P4 Fonte: Piano Assetto Idrogeologico ARTA Regione Sicilia, 2003

33 Mappa rischio inondazione
Dipartimento di Ingegneria Idraulica ed Applicazioni Ambientali Mappa rischio inondazione

34 Valutazione del Rischio idraulico: Fase 3
MISURE DI SALVAGUARDIA PER IL RISCHIO IDRAULICO (FASE TRE) Aree a rischio elevato (R4) gli interventi idraulici volti alla messa in sicurezza delle aree a rischio, approvati dall'Autorità idraulica competente, tali da migliorare significativamente le condizioni di funzionalità idraulica, da non aumentare il rischio di inondazione a valle e da non pregiudicare la possibile attuazione di una sistemazione idraulica definitiva. gli interventi di demolizione senza ricostruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo, cosi come definiti alle lettere a) b) e c) dell'art. 31, legge n°457/78, e senza aumento di superficie o volume, interventi volti a mitigare la vulnerabilità dell'edificio; la manutenzione, l'ampliamento o la ristrutturazione delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico riferiti a servizi essenziali e non delocalizzabili nonché la realizzazione di nuove infrastrutture parimenti essenziali purché non concorrano ad incrementare il carico insediativo e non precludano la possibilità di attenuare o eliminare le cause che determinano le condizioni di rischio, e risultino essere comunque coerenti con la pianificazione degli interventi d'emergenza di Protezione Civile

35 Valutazione del Rischio idraulico: Fase 3
MISURE DI SALVAGUARDIA PER IL RISCHIO IDRAULICO (FASE TRE) Aree a rischio elevato (R3) interventi di cui alla precedente lettera a) nonché quelli di ristorazione edilizia, a condizione che gli stessi non aumentino il livello del rischio e non comportino significativo ostacolo o riduzione apprezzabile della capacità di invaso delle aree stesse ovvero che le superfici destinate ad uso abitativo o comunque ad uso economicamente rilevante siano realizzate a quote compatibili con la piena di riferimento; interventi di ampliamento degli edifici esistenti unicamente per motivate necessita di adeguamento igienico-sanitario, purché siano compatibili con le condizioni di rischio che gravano sull'area. A tal fine i progetti dovranno essere corredati da un adeguato studio di compatibilità idraulica; manufatti che non siano qualificabili quali volumi edilizi purché siano compatibili con le condizioni di rischio che gravano sull'area. A tal fine i progetti dovranno essere corredati da un adeguato studio di compatibilità idraulica.

36 Determinazione del rischio in Sicilia
Aree extra-urbane Aree urbane R = E × H ( Tr ) × V ( h ) R = E × H ( Tr ) × V ( h , U ) P = H ( Tr ) × V ( h ) P = H ( Tr ) × V ( h , U ) Vulnerabilità Severità T = 50 T = 100 T = 300 h < 0.3 m P1 0.3 < h < 1 m P2 1 < h < 2 m P4 P3 h > 2 m Vulnerabilità Severità T= 20 T= 100 T= 300 h < 0.3 m P1 U·h < 0.7 m2/s P2 U·h > 0.7 m2/s P4 P3 h > 1.5 m

37 Determinazione del rischio in Sicilia
Rischio idraulico E1 E2 E3 E4 P1 R1 R2 P2 R3 P3 R4 P4 Aree extra-urbane Rischio idraulico E3 E4 P1 R2 P2 R3 P3 R4 P4 Aree urbane Ambito urbano

38 Passaggio fondamentale nel processo di “risk management”
Analisi del rischio Passaggio fondamentale nel processo di “risk management” Stima quantitativa delle possibilità di danno in conseguenza del verificarsi di eventi calamitosi

39 Fase conoscitiva Descrizione del bacino Inquadramento geografico Caratteri geomorfologici del bacino Caratteri morfologici dell'alveo Caratterizzazione climatica e regime pluviometrico Analisi statistico-probabilistica delle precipitazioni intense Regime dei deflussi superficiali Trasporto solido Cenni di morfologia fluviale Caratterizzazione ambientale e paesaggistica Il sistema dei vincoli paesistico-ambientali

40 Fase conoscitiva Descrizione del sistema socio-economico presente nel bacino Assetto demografico ed abitativo Sistema produttivo Idrologia di piena Profilo storico dei principali eventi di piena Ricorsività delle esondazioni Analisi statistica degli eventi di piena Utilizzo della modellistica afflussi-deflussi Valutazione delle criticità idrauliche Evoluzione geomorfologica dell’alveo Descrizione delle misure proposte per la difesa idraulica dei territori Caratterizzazione dell’ambiente forestale


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