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Marco Tullio Cicerone Homo novus
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3 gennaio 106 a.C. Nasce ad Arpino (Lazio Meridionale, 30 km da Frosinone, situata alla stessa distanza da Roma e da Napoli (circa 120 km)
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Formazione filosofico-oratoria a Roma
Compie studi di retorica e filosofia a Roma, discepolo del giurista Q. Muzio Scevola e ascoltatore assiduo di Marco Antonio e di Licinio Crasso, i due oratori più apprezzati nel senato e fra il popolo. Nella casa di Scevola, viene a contatto con l'aristocrazia intellettuale romana raccolta intorno al "circolo degli Scipioni“, al cui interno erano salvaguardati i valori della gravitas, della dignità personale, ma anche il gusto della cultura.
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81-80-78 a.C. ingresso nella carriera forense
prima orazione pubblica Pro Quinctio, causa in cui ebbe come avversario il più celebre oratore del tempo, Quinto Ortensio Ortalo. esordio nell'oratoria a carattere politico: Pro Roscio Amerino, molto concitata ed a tratti enfatica. Cicerone difese con successo un figlio ingiustamente accusato di parricidio da un liberto del dittatore Silla, Lucio Cornelio Crisogono, che intendeva acquistare le proprietà terriere dell'ucciso dopo aver liquidato anche il figlio come autore del delitto : il parricidio era considerato tra i crimini peggiori, e i veri colpevoli dell'omicidio erano sostenuti dal liberto di Silla Crisogono ebbe una vasta risonanza politica e guadagnò una larga fama al giovane avvocato difensore che era riuscito a ottenere la piena assoluzione del suo assistito.
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Viaggio in Asia Minore e Grecia
79-77: allo scopo di perfezionare gli studi filosofici, in compagnia del fratello Quinto Ad Atene frequentò le lezioni di Antioco di Ascalona, filosofo eclettico che aveva ereditato da Filone di Larissa la guida dell’Accademia; a Rodi poté ascoltare Apollonio Molone (già conosciuto a Roma), un retore famoso, il quale aveva assunto sulla retorica una posizione equidistante tra le due tendenze dominanti, asianesimo ed atticismo.
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77 Sposa Terenzia dalla quale ebbe due figli, Tullia e Marco. divorzierà da Terenzia dopo trent'anni di matrimonio: ugual esito ebbe inoltre il matrimonio con la sua seconda moglie, Publilia.
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75 Questore a Lilibeo, Marsala
Nell'antica Roma i questori erano magistrati minori dello Stato, la cui carica (quaestura) costituiva il primo grado del cursus honorum e richiedeva come età minima 30 anni (28 per i patrizi). All'inizio possedevano giurisdizione criminale (quaestores parricidii), in seguito competenze amministrative, supervisionando e gestendo il tesoro e le finanze
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74 Ingresso in Senato come ex-questore
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70 Le città siciliane intentano un processo contro Verre, governatore della Sicilia dal 73 al 71 a.C. L’accusa è di concussione (de repetundis), reato consistente nel servirsi della propria posizione di pubblico ufficiale per ottenere denaro o altri vantaggi per sé o per terzi.
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70 L'accusa viene sostenuta da Cicerone, noto come avvocato e per aver amministrato con giustizia ed equità la questura nella Sicilia Occidentale. Verre viene condannato nonostante le manovre dei suoi avvocati e la protezione di suoi potenti amici politici.
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Il Cursus honorum prosegue…
69. edìle della plebe 66. pretore 63. console lex Tullia
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La congiura di Catilina
Repressione della congiura: 4 orazioni in senato, le Catilinarie Esecuzione dei congiurati
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58 Clodio, tribuno della plebe sostenuto da Cesare, fa condannare all’esilio C per aver mandato a morte dei cittadini romani con procedura sommaria, fa confiscare i suoi beni e fa demolire la sua casa sul Palatino. L’esilio a Tessalonica dura 16 mesi.
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57 Rientro a Roma su un carro dorato, fra splendidi festeggiamenti, grazie all’intervento di Pompeo e all’azione di vari amici.
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51 Proconsole in Cilicia
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48 Si schiera con Pompeo, in favore del Senato e delle libertà repubblicane: raggiunge i pompeiani in Grecia. Dopo la vittoria a Farsàlo si riconcilia con Cesare.
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46-44 Vive lontano dalla politica per i vari lutti e i problemi familiari
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44-43 Philippicae contro Marco Antonio
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7.12.43 I sicari di Antonio lo uccidono a Gaeta
Marco Cicerone all’arrivo dei tribuni si era allontanato dalla città, sapendo per certo, cosa che in effetti era vera, che non si poteva sottrarre alla vendetta di Antonio più di quanto Cassio e Bruto si potessero sottrarre a quella di Ottaviano. In un primo tempo era fuggito nella villa di Tusculo; di là, per vie traverse, parte per la villa di Formia, con l’intenzione di imbarcarsi da Gaeta. E dopo che, preso il largo di là parecchie volte, ora i venti contrari lo avevano riportato indietro, ora non poteva egli stesso sopportare il rollìo della nave in balia del mare agitato, lo prese infine il tedio della fuga e della vita, e ritornato alla villa precedente, che dista dal mare poco più di mille passi, disse: "Morirò nella patria spesso salvata da me". È noto che i suoi servi erano pronti a combattere coraggiosamente e fedelmente; ma egli ordinò di deporre la lettiga e di sopportare tranquilli ciò a cui l’iniqua sorte lo costringeva. A lui che si sporgeva dalla lettiga e che offriva il collo immobile fu tagliata la testa. Né questo fu abbastanza per la stolta crudeltà dei soldati; gli tagliarono anche le mani, rimproverandole di aver scritto contro Antonio. Così il capo fu portato ad Antonio e per suo ordine fu posto sui rostri fra le due mani. Livio, in Seneca, Suasoriae, VI, 17
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