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PubblicatoGiorgina Pagano Modificato 11 anni fa
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Introduzione allo Humanistic management Marco Minghetti Lezione 2 Pavia Ottobre – Novembre 2006
L’abbinata shakespeare e management può apparire incongrua. Innanzitutto perché non so quanti di voi conoscano il significato del termine management. Per management si intende quella disciplina che studia la gestione d’impresa, con particolare riferimento alle strutture organizzative, ai metodi e processi di lavoro, le metodologie per la selezione, la valutazione e la valorizzazione delle persone. Detto questo l’apparente incongruità resta: cosa c’entra shakespeare con la gestione delle aziende? Questa è la domanda cui cercherò di rispondere in questo intervento.
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Breve storia dello H.M. 1 Nella prima metà degli anni Novanta, Marco Minghetti pubblica una serie di saggi che descrive l’avvento di un “nuovo dominio manageriale in cui confluiscono, connettendosi e modificandosi reciprocamente, discipline un tempo separate.” Tuttavia, scrive nel 1993 su Mondo Economico, “il determinarsi del nuovo dominio manageriale è possibile solo all’interno dell’organizzazione d’impresa che adesso si sta affermando e, allo stesso tempo, esso è necessario per il corretto funzionamento di questo nuovo modello organizzativo. La nuova organizzazione cui mi riferisco si caratterizza per essere “piatta”, rapida, interfunzionale, reticolare. In una parola, l’organizzazione comunemente definita “post-tayloristica”, basata quindi non sulla massima divisione possibile del lavoro, ma sul principio opposto, vale a dire la massima compattazione possibile del lavoro e sulla riduzione delle entità non strettamente necessarie. Per questo motivo, l’organizzazione post-tayloristica può essere definita anche “organizzazione occamista”. Al filosofo Guglielmo d’Occam ( ) si fa infatti risalire la famosa frase “entia non sunt moltiplicanda sine necessitate” (le entità non devono essere moltiplicate oltre quanto è strettamente necessario). E’ il “rasoio di Occam” che gli stessi storici della filosofia chiamano “principio di economia”. E’ chiaro allora che se l’organizzazione tayloristica è caratterizzata da un moto centrifugo, che tende a distinguere e moltiplicare gli specialismi, nell’organizzazione occamista tutte le discipline manageriali sono soggette ad un processo centripeto, per il quale esse sono attratte le une verso le altre. La massima compattazione del lavoro genera quindi una tendenziale interdisciplinarietà e quello che abbiamo definito un nuovo dominio manageriale.”
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Breve storia dello H.M. 2 Nel 1995 Marco Minghetti dà vita a Biblioteca Agip, una collana di libri che Agip realizza in coedizione con Sperling & Kupfer e Jaca Book. Con il primo editore la collana pubblica libri di carattere manageriale, con il secondo opere letterarie dei Paesi in cui Agip (oggi Divisione Exploration & Production di ENI) opera. La Biblioteca Agip vive due anni e rappresenta il primo tentativo nato in ambito imprenditoriale di rinnovare la pionieristica esperienza delle Edizioni Comunità di Olivetti, di con-fondere autori specialisti in management con poeti e romanzieri di tutto il mondo, di sperimentare quella “conversazione permanente tra passione e ragione che deve andare insieme alla ricerca di quanto vi è di buono nelle altre civiltà”, posta ancora recentissimamente da Edgar Morin come priorità etica se si vuole guardare con serenità al futuro. Una decina i titoli pubblicati, tutti di altissimo livello, fra cui la raccolta di poesie Attento, Soul Brother, che fece conoscere in Italia lo scrittore nigeriano Chinua Achebe, e il volume vincitore del Pulitzer Il premio, di Daniel Yergin. In questo quadro, Minghetti firma Le cose e le parole, libro-inchiesta su prassi e strumenti per lo sviluppo della cultura d’impresa in 20 multinazionali (coautore Giorgio Del Mare) e cura il volume miscellaneo La metamorfosi manageriale: due testi nei quali si individuano alcuni concetti (ad esempio quello di “personigramma” e di “impresa circense”) che in seguito diverranno centrali nell’elaborazione dei principi dello humanistic management.
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L’esperienza di Hamlet
nasce nel marzo del 1997 come rivista ufficiale dell’AIDP destinata a imprenditori e manager mission: sperimentare una modalità innovativa di riflessione manageriale fondata sull’apporto delle diverse discipline umanistiche In realtà ci sono diverse possibili risposte. Innanzitutto va però chiarito perché è stato chiesto a me di rispondere al quesito. La ragione è che io da 15 anni opera nella Direzione del Personale e sono associato all’AIDP. Proprio per conto di AIDP nel marzo del 1997 ho fondato la rivista Hamlet, che si proponeva proprio di affrontare i temi manageriali con un linguaggio nuovo, che traesse ispirazione da Shakespeare. .
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Shakespeare nella letteratura manageriale
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L’approccio anglosassone
All’epoca di Shakespeare, l’alto dirigente veniva chiamato leader e aveva il compito di guidare una nazione, un clan o una contea. Gran parte delle sue opere mostrano quali sono i difetti del cattivo leader e le qualità del buon capo. I manager di oggi possono quindi trarre da queste opere lezioni di comportamento ancora attuali.
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Nasce lo humanistic management
Nell’impresa shakespeariana vi è invece un approccio metodologico che porterà nel 2004 alla nascita di un nuovo modello: lo humanistic management per il quale la poesia, l’arte, la filosofia: sono concepiti come strumenti operativi volti al superamento dei linguaggi settoriali si traducono in catalizzatori metadisciplinari -
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Necessità di un nuovo discorso
Di fronte ad un mondo ‘complesso’, in rapido e continuo mutamento occorre non un nuovo paradigma, non una nuova verità assoluta, assiomatica, ma piuttosto un nuovo tipo di discorso: che ci parli di come si coglie l’emergere del nuovo di come si impara ad imparare dunque di un discorso che metta al centro l’‘arte’, quale ci è mostrata in massimo grado da poeti, romanzieri, drammaturghi: da “umanisti” nel senso rinascimentale, narratori di storie, “facitori di senso” (sensemakers) tramite il romanzo, la poesia, l’autobiografia, il teatro, il cinema.
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Manifesto: Parte Prima. Concetti
Sezione 1: Il contesto: un approccio metadisciplinare La dimensione filosofica, ermeneutica, storica, economica, organizzativa, politica, strategica, sociologica Cosa ci chiede il post. Sei domande per il management umanistico (Piero Trupia). Il management della modernità riflessiva. La conoscenza come risorsa per esplorare e per condividere (Enzo Rullani) Da Esiodo al Duemilaventicinque. Un modello umanistico latino per le imprese (Domenico De Masi) Sezione 2: Il mondo vitale dell’impresa Valorizzare l'intangibile: esperienze, conoscenze , relazioni, intelligenze, emozioni, regole, morali, etiche Il capitale intellettuale. Come dischiudere la ricchezza nascosta dell’organizzazione (Franco D’Egidio) L’azienda razionale e l’azienda emotiva. Emozione ed intelligenza per lavorare divertendosi (Luca, Laura, Maria Ludovica, RiccardoVarvelli) L’azienda etica. L’impresa come protagonista di una storia che le persone desidererebbero sentire (Giampaolo Azzoni)
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Manifesto: Parte Seconda: Strumenti
Sezione 3: Identità individuale. La cura di sé. Letteratura, autobiografia, cinema. Un certo tipo di letteratura. Breve storia di un mondo possibile (Francesco Varanini). La scrittura di sé nell’autoformazione umanistica. L’impresa come spazio narrativo ritrovato (Duccio Demetrio) Nutrire l’enigma. Il cinema come strumento di pensiero e di comunicazione nelle realtà complesse (Giuseppe Varchetta). Sezione 4: Identità collettiva. La cura per gli altri. Networking, Business TV, Teatro d’impresa, Edutainment. Il Simposio platonico nel XXI secolo. Competenze di ruolo per la gestione della comunità e lo sviluppo della conoscenza negli ambienti virtuali (Paolo Costa) La business television. La tv come media e come schema mentale (Andrea Notarnicola). Esperienze e sogni di un formattore. La cultura d’impresa fra formazione, comunicazione e intrattenimento (Enrico Bertolino)
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Humanistic management 3
“Le nuove frontiere della Cultura d’Impresa. Manifesto dello humanistic management, pubblicato da Etas nel In quella occasione, un gruppo di noti esponenti della cultura italiana ha proposto una visione alternativa di che cosa sia e di come gestire il “mondo vitale” delle imprese: lo humanistic management. Una apertura al nuovo che guarda alle possibilità dell’Information & Communication Technology coniugate a discipline che solo da qualche tempo hanno cominciato ad essere utilizzate in contesti imprenditoriali – la letteratura, la filosofia, l’antropologia, la drammaturgia, la cinematografia. “Dalla poesia all’apprendimento”: così è sintetizzata la questione nella controcopertina del libro.
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Un nuovo tipo di discorso
“Un discorso che ci parli di come si coglie l’emergere del nuovo, di come si impara a imparare, di come avviare una riflessione sui fini, oltre che sui mezzi; che metta al centro l’“arte”, quale ci è mostrata in massimo grado da poeti, romanzieri, drammaturghi: da “umanisti” nel senso rinascimentale, narratori di storie, “facitori di senso” (sensemakers) tramite il romanzo, la poesia, l’autobiografia, il teatro, il cinema, ma anche i computer e persino la televisione” (Prima Variazione).
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Forma e contenuto Elementi oggettivi e soggettivi, forma e contenuto, devono essere perfettamente integrati. I due piani devono coesistere per poter "dire" il cambiamento in atto. L'idea musicale di Variazione pensa proprio questa persistenza nel cambiamento. Lo stesso vale evidentemente per la più musicale delle discipline letterarie: la poesia.
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Difficoltà Ha scritto Borges:
“ Non possiamo definire la poesia proprio come non possiamo definire il gusto del caffè, il colore rosso o l’amore per il nostro paese. Sono cose così profonde dentro di noi, che possono essere espresse solo da quei simboli comuni che tutti condividiamo.”
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La poesia rivela o occulta?
Opzioni per un poeta Dire la stessa cosa con altre parole, ma sempre la stessa. Con sempre le stesse parole dire una cosa tutta diversa o in modo diverso la stessa. Oppure tacere in modo eloquente. Hans Magnus Enzensberger
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Dalla poesia l’apprendimento
La multimedialità, l'ipertestualità, il networking, le diverse possibilità di interazione tra chi ascolta e chi racconta consentono di indagare la complessità in cui siamo immersi con tutte le sue contraddizioni. Dalla prosa del taylorismo si è passati a quella poesia manageriale che sola può guidare la riflessione continua e diffusa sugli obiettivi, oltre che sui mezzi per perseguirli; l’assunzione di responsabilità a tutti i livelli rispetto a fini anche non strettamente economici; la socializzazione e valorizzazione delle conoscenze; ovvero la costruzione delle imprescindibili basi delle organizzazioni attuali, siano esse private o pubbliche
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AD ALCUNI PIACE LA POESIA
cioè non a tutti. E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza. Senza contare le scuole, dove è un obbligo, e i poeti stessi, ce ne saranno forse due su mille. Piace - ma piace anche la pasta in brodo, piacciono i complimenti e il colore azzurro, piace una vecchia sciarpa, piace averla vinta, piace accarezzare un cane. La poesia - ma cos'è mai la poesia? Più d'una risposta incerta è stata già data in proposito. Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo come alla salvezza di un corrimano.
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Scrive Kundera: “simile a una donna che si trucca per poi affrettarsi verso il suo primo appuntamento, il mondo …ci corre incontro già truccato, camuffato, preinterpretato”. Occorre dunque, letteralmente, svelare il trucco, ovvero, come ha fatto Cervantes, prima di Fielding, quando ha inventato l’arte del romanzo creando il Don Chisciotte, strappare “il sipario della preinterpretazione”. Questo atteggiamento esistenziale è propriamente ciò che fa di entrambi – il romanziere e il manager - dei poeti. Come il romanziere dovrà allora comportarsi lo humanistic manager: non inseguire le ex-novità diventate “mode”, ma ricercare continuamente itinerari inesplorati per andare verso l”anima delle cose, attraverso scoperte che sono in certa misura sue proprie “invenzioni”.
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Scrivere il curriculum di Wislawa Szymborska
Cosa è necessario? E’ necessario scrivere una domanda e alla domanda allegare il curriculum. A prescindere da quanto si è vissuto il curriculum dovrebbe essere breve. E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti. Cambiare paesaggi in indirizzi e ricordi incerti in date fisse.
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Di tutti gli amori basta quello coniugale
e dei bambini solo quelli nati. Conta più chi ti conosce di chi conosci tu. I viaggi solo se all’estero. L’appartenenza a un che, ma senza un perché. Onoreficenze senza motivazione. Scrivi come se non parlassi mai di te stesso e ti evitassi.
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Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni. Meglio il prezzo che il valore e il titolo che il contenuto. Meglio il numero di scarpa, che non dove va colui per cui ti scambiano. Aggiungi una foto con l’orecchio scoperto. E’ la sua forma che conta, non ciò che sente. Cosa si sente? Il fragore delle macchine che tritano carta.
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Harvard Business Review, maggio 2004, presaenta i risultati di ricerca effettuata su «star», tutti stock analyst che hanno lavorato per banche d' affari statunitensi : il 46% dei talenti riduce di oltre il 20% le proprie prestazioni nell' anno di ingresso nella nuova impresa; nella maggioranza dei casi l' arrivo di un talento riduce le performance del gruppo in cui è inserito; il 36% dei talenti lascia la nuova impresa entro 36 mesi dall' arrivo; un altro 29% lascia entro i successivi 24 mesi.
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La storia del management
affonda le sue origini in testi come La ricchezza delle nazioni e nelle esperienze della rivoluzione industriale si impone come disciplina a sé stante agli inizi del Novecento, con gli scritti di Taylor e le pratiche della fabbrica fordista qui si radica lo “Scientific Management”.
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La storia del management
affonda le sue origini in testi come La ricchezza delle nazioni e nelle esperienze della rivoluzione industriale. Es. : Produzione di uno spillo in 18 fasi lavorative, affidata ciascuna ad un operaio diverso: totale 240 operai; si impone come disciplina a sé stante agli inizi del Novecento, con gli scritti di Taylor e le pratiche della fabbrica fordista qui si radica lo “Scientific Management”.
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Prima dell'avvento industriale, la bottega artigiana costituiva la cellula primaria e il modello più diffuso di organizzazione del lavoro. Il segreto del suo duraturo successo risiedeva nella forte coesione e concentricità degli elementi che la componevano: L'abitazione e la bottega convivevano sotto lo stesso tetto e spesso coincidevano spazialmente. I lavoratori coincidevano in gran parte con i membri della famiglia artigiana, che erano anche proprietari della casa-bottega e dei pochi mezzi di produzione. Il capo della famiglia coincideva con il capo dell'azienda, ne deteneva i segreti di produzione, il potere decisionale, quello formativo e quello disciplinare. L'acculturazione avveniva tramite apprendistato; l'allievo, anche quando era estraneo alla famiglia, veniva affiliato ad essa e ne mutuava i modelli di vita e di lavoro.
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Le mansioni domestiche e quelle professionali si intrecciavano e si confondevano sia sul piano temporale che su quello spaziale. La bottega produceva e gestiva il suo prodotto in ogni sua fase: la progettazione tecnica, il design, l'approvvigionamento di materie prime, la realizzazione, la vendita. Il mercato era ristretto e spesso il cliente collaborava alla progettazione dell'oggetto, ne controllava via via il processo produttivo e lo stato di avanzamento. I quartieri costituivano un insieme contiguo e coordinato di strutture per la vita domestica, il lavoro, il commercio, il tempo libero e la preghiera; le diverse botteghe interagivano tra loro all’interno della comunità, scambiandosi personale ed esperienze, ma ciascuna di esse costituiva un sistema autosufficiente. Nella vita lavorativo-familiare la dimensione affettiva ed emotiva prevaleva su quella razionale dando vita a quel sistema che Tönnies identifica nella “comunità” (Gemeinshaft).
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dalla commistione di lavoro fisico e mentale, esecutivo e creativo;
Il sistema informativo era dominato dalla comunicazione diretta, di tipo orale; I parametri di riferimento erano costituiti da una tecnologia ancora rudimentale, che non conosceva né l'energia a vapore né quella elettrica; dalla commistione di lavoro fisico e mentale, esecutivo e creativo; da una epistemologia improntata alla provvidenzialità e al fatalismo; da una prevalenza di bisogni elementari connessi alla semplice sopravvivenza; dalla dimensione localistica dei problemi e dell'economia; da valori prettamente patriarcali e matriarcali; dalla religiosità e dalla superstizione; da una cultura libresca di tipo classico nei gruppi egemoni, che faceva riscontro alla cultura spontanea e all'analfabetismo delle classi subalterne.
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La vetrinizzazione (Codeluppi, p. 8)
Davanti alla vetrina nei sistemi sociali caratterizzati dallo sviluppo dell’industrializzazione l’individuo ha imparato ad affrontare la vita in solitudine... a differenza delle comunità preindustriali dove tutti si conoscevano e ciascuno era potenzialmente disponibile ad aiutare gli altri… Proprio quando ha cominciato a trovarsi di fronte ad una vetrina e non più a una persona che vendeva i prodotti e gli era nota, ma ad una messa in scena preparata dal negoziante.
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Organizzare la precisione
A partire dalla metà del Settecento, l’universo della “precisione” ha insidiato e soppiantato il mondo del “pressappoco” attraverso quel fenomeno epocale costituito dall’industrialismo, le cui caratteristiche essenziali possono essere così sintetizzate: Concentrazione di grandi masse di lavoratori salariati nelle fabbriche e nelle aziende finanziate ed organizzate dagli imprenditori secondo il modo di produzione industriale. Prevalenza numerica degli occupati nel settore secondario, su quelli occupati nel settore primario e terziario. Prevalenza del contributo dato dall’industria alla formazione del reddito nazionale.
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Organizzare la precisione
Applicazione, nell’industria, delle scoperte scientifiche al processo produttivo. Progressiva razionalizzazione e scientificizzazione dell’organizzazione del lavoro. Divisione sociale del lavoro e sua parcellizzazione tecnica sempre più capillare e programmata.
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Organizzare la precisione
Separazione tra luogo di vita e luogo di lavoro, tra sistema familiare e sistema professionale, con progressiva sostituzione della famiglia nucleare alla famiglia estesa. Progressiva urbanizzazione e scolarizzazione delle masse. Compresenza conflittuale, nelle fabbriche e nella società, di due parti sociali - datori di lavoro e lavoratori - distinte, riconoscibili, contrapposte. Formazione di una classe media sempre più consistente, riduzione delle disuguaglianze sociali e diffusione della democrazia parlamentare. Ristrutturazione degli spazi in funzione della fabbricazione e del consumo dei prodotti industriali. Maggiore mobilità geografica e sociale. Produzione di massa e diffusione del consumismo.
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Organizzare la precisione
Fede in un progresso irreversibile e in un benessere crescente. Diffusione dell’idea che l’uomo, in conflitto con la natura, deve conoscerla e dominarla. Sincronizzazione dell’uomo non più sui tempi e sui ritmi della natura ma su quelli incorporati nelle macchine. Sistema informativo dominato dalla comunicazione indiretta (scrittura, telefono, telegrafo). Prevalenza accordata ai criteri di produttività e di efficienza intesi come unico procedimento per ottimizzare le risorse e i fattori di produzione. Convinzione che, per il raggiungimento degli scopi pratici attraverso l’organizzazione, esiste one best way, cioè una e una sola via ottimale da scoprire, predisporre e percorrere.
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Taylorismo e Fordismo Diversi elementi, alla fine dell’800 caratterizzano l’economia americana e il sistema della produzione di massa in USA: Grandi industrie Disponibilità di nuove tecnologie produttive Mano d’opera multinazionale culturalmente diversificata Offerta di lavoro dequalificata e processi di immigrazione Prospettiva di un mercato illimitato Ampio potere dei capi-reparto, che assumevano e licenziavano la manodopera ogni giorno Gestione arbitraria del lavoro, dei tempi e della qualità del prodotto.
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Il problema della direzione aziendale derivò dalla confluenza di due fattori:
la crescente complessità dei processi di fabbricazione; la crescente dimensione delle imprese industriali; dopo il 1870 il mercato rallenta e si acuisce il bisogno di ridurre i costi; la figura dell’ingegnere si enuclea da quella dell’imprenditore.
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Nel 1901, a seguito della fusione di 12 società, fu creata la U. S
Nel 1901, a seguito della fusione di 12 società, fu creata la U.S. Steel: capitale di dollari; 73 altiforni, 112 piroscafi; tonnellate di ghisa e tonnellate di acciaio; dipendenti. Fra il 1890 e il 1900 molte società si erano ingrandite o fuse.
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Come erano organizzate queste aziende? (1)
O senza organizzazione alcuna. O con una organizzazione di tipo militare. In particolare: Relazioni umane: si limitavano alla paga dei salari Esecuzione del lavoro: direzione “non sistematizzata”: canali di comunicazione informali, l’operaio sceglieva da sé gli utensili, ma esisteva la procedura del flusso di lavoro; direzione “sistematizzata”: magazzino con inventario continuo ed uso di moduli stampati. Nessun piano di produzione.
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Come erano organizzate queste aziende? (2)
Salari:data l’impossibilità di distinguere le attività produttive dalle non produttive (attesa materiali, ecc.) si ricorreva al cottimo. Contabilità e controllo dei costi. Non esistono unità di misura standard per fare un confronto con i costi reali; spesso è trascurata la registrazione dei conti di capitale e dell’ammortamento degli impianti. Le soluzioni: erano di natura empirica e non basate su studi scientifici; erano tenute quasi segrete da ciascuna azienda.
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Come erano organizzate queste aziende? (3)
Ne derivò la necessità di: scambi di esperienze tra azienda e azienda; formare i dirigenti; riesaminare la direzione aziendale e applicare nuovi metodi; creare una saldatura tra gli studi teorici e la pratica della direzione aziendale.
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Nel 1900 la “Cleveland Twist Drill Co
Nel 1900 la “Cleveland Twist Drill Co.” di Cleveland istituì uno dei primi programmi di relazioni umane: docce, refettori, spogliatoi, fontanelle, cassetta delle idee, sala di lettura e riunioni settimanali con orchestra di operai. Nelle altre fabbriche era considerato normale l’uso della forza fisica dei sovraintendenti.
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La direzione aziendale (come, del resto l’astronomia che si enucleò dall’astrologia, la chimica che si enucleò dall’alchimia, ecc.) si pose come scienza allorché si comprese la necessità di distinguere la scienza direzionale, comune a tutte le imprese, dai problemi tecnici propri di ciascuna azienda. Casi come la sociologia, anche la scienza della direzione aziendale volle applicare ai problemi direzionali le tecniche proprie della fisica e della matematica.
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1886 Maggio : Assemblea dell’A. S. M. E
1886 Maggio : Assemblea dell’A.S.M.E. (American Society of Mechanical Engineers) fondata nel 1880 Henry R. Towne Presidente della Yale & Towne Company presenta il documento:”L’ingegnere quale economista”. Occorre riconoscere la distinzione tra direzione aziendale e tecniche industriali. Occorre applicare alla direzione aziendale i principi dell’ingegneria. Occorre rendere pubbliche le esperienze fatte da ciascuna azienda in modo che tutte possano usufruirne.
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Henry C. Metcalfe Capitano dell’U.S. Ordinance Department
presenta il documento su “The Shop Order system of Accounts” (=“contabilità industriale”). Suggerisce il passaggio ad una direzione scientifica, basata sulla pianificazione e il controllo. Suggerisce una organizzazione basata sulla divisione tra lavoro di fabbrica e lavoro di ufficio. L’assemblea dell’ASME segna l’inizio del MOVIMENTO PER LA DIREZIONE AZIENDALE SCIENTIFICA
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Frederick Winslow Taylor (1856 – 1915) (1)
Dal 1878 al 1889 fu operaio, commesso, macchinista, caposquadra, capo operaio, disegnatore capo e ingegnere capo alla Midvale Steel Company. Poi divenne consulente industriale (soprattutto alla Bethlehem). Iniziò i suoi esperimenti di organizzazione scientifica nell’autunno del 1882, quando era capo operaio. Ebbe oltre cento brevetti per nuovi processi industriali.
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Frederick Winslow Taylor (1856 – 1915) (2 )
OPERE “Un sistema di cottimo” (1895) “Direzione di fabbrica” (1903) “L’arte di tagliare i metalli” (1906) “Principi di Direzione Aziendale Scientifica” (1911) (“Scientific Management”) Prima di Taylor l’operaio svolgeva due compiti: programmava il lavoro eseguiva il lavoro Taylor cercò di scindere i due compiti e demandarli a persone diverse
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Frederick Winslow Taylor (1856 – 1915) (3 )
PRINCIPI studio dei tempi elementari e degli standard cottimo separazione della programmazione dalla esecuzione metodi scientifici di lavoro controllo direzionale delle eccezioni e degli standard direzione funzionale. 1895: Ufficio Tempi e Metodi 1903: Concetto di standard 1903: Concetto di controllo per eccezione 1911: Concetto di organizzazione come scienza
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Frederick Taylor osserva
la casualità dei metodi di lavoro la loro indeterminatezza l’impossibilità di effettuare misurazioni standard la lentezza degli operai (p. 150 sgg) e propone l’ ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO. Taylor sottrae così all’operaio il potere di decidere su tempi e metodi, che invece verranno modellati dalla dirigenza dell’azienda. L’obiettivo è aumentare di 3, 4 volte la produttività individuale.
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La scomposizione del lavoro in elementi
Da qui la creazione: Prima di un Ufficio Tempi (1895) Poi di un Ufficio Programmazione (1903) Con funzioni di: analisi delle operazioni; identificazione dei metodi; fissazione dei tempi elementari; istruzioni scritte dagli esecutori.
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I rapporti con gli operai
Il paradigma di Taylor si basa su quattro principi (p. 166): sviluppo delle conoscenze su basi scientifiche; selezione scientifica della manodopera; preparazione del lavoro su basi scientifiche; collaborazione tra direzione e maestranze.
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L’OSL si basa sul principio della one best way
L’OSL si basa sul principio della one best way. Esistono diversi modi per svolgere un compito lavorativo, ma solo uno è il migliore. Il modo migliore si può individuare attraverso l’analisi dei tempi e dei metodi di lavoro per razionalizzare il processo lavorativo che, del resto, non richiederebbe lavoratori di particolare intelligenza. Taylor sostiene che il suo metodo (scientific management) ha successo se ogni singolo operaio viene coinvolto e convinto, creando delle sinergie tra capitale e lavoro, con l’eliminazione della conflittualità e l’aumento della produttività (p. 158). L’OSL si propone di garantire: massima efficienza all’impresa (p ) massimi profitti per l’imprenditore massimo benessere per i lavoratori (pag. 147)
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L’apporto di Taylor a vantaggio dell’operaio
Si può così riassumere: la scelta dell’operaio adatto al lavoro specifico (p. 171; 182); il fatto che la parcellizzazione del lavoro ne facilita l’apprendimento (entro certi limiti ); la partecipazione dell’operaio ai risparmi conseguiti con la razionalizzazione.
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L’apporto di Taylor a svantaggio dell’operaio
Si può così riassumere: il rifiuto di considerare le maestranze “parte sociale” e il conseguente ignorare il sindacato; la dequalificazione; la “spersonalizzazione” (“non siete pagati per pensare).
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“La zoologia insegna che da una somma di individui limitati può benissimo risultare un insieme geniale”. Musil Galbraith: “La reale conquista della scienza e della tecnologia moderna consiste nel prendere delle persone normali, nell’istruirle a fondo in un settore limitato e quindi riuscire, grazie ad una adeguata organizzazione, a coordinare la loro competenza con quella di altre persone specializzate, ma ugualmente normali. Ciò consente di fare a meno dei geni”.
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In sintesi i principi del taylorismo sono:
one best way, semplificazione del processo lavorativo the right man at the right place, l’uomo giusto al posto giusto organizzazione aziendale gerarchica collaborazione tra lavoratori e dirigenti, per obiettivi comuni e maggiori profitti OSL come scienza oggettiva prospettiva futura di uno sviluppo economico senza crisi
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Taylor subisce pesanti critiche per le conseguenze del taylorismo:
progressiva dequalificazione degli operai di mestiere parziale qualificazione della manovalanza semplice sistema di paghe differenziate e personalizzate divisione tra programmazione ed esecuzione del compito scarsa attenzione agli aspetti psicologici e sociali dei lavoratori Nella pratica il Taylorismo puro non ha avuto un grande successo (forti resistenze operaie: sciopero all’arsenale Militare di Watertown)
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Henry Ford Ford ha successo laddove Taylor aveva fallito
applica con successo di un sistema razionale e scientifico ai all’organizzazione del lavoro. Invece che far muovere il lavoratore, Ford fa muovere il lavoro, perché si convince che impossibile coinvolgere ogni singolo lavoratore. Introduce così la catena di montaggio, che scorre di fronte all’operaio (che resta fermo) e riduce i suoi movimenti a poche azioni, condizionate dalla linea di assemblaggio. Il prodotto è piuttosto semplice (modello “T”) ed economico; così facendo Ford rende l’operaio anche consumatore finale.
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La minaccia sindacale (del resto ancora poco sviluppata) viene ridotta con alti salari, servizi (polizia, giornali, scuola) e provvidenze assistenziali. La settimana lavorativa è ridotta a 48 ore. Il potere di Ford subisce delle limitazioni solo a partire dal 1942, quando è costretto ad applicare il Wagner Act, voluto dal Presidente Roosvelt, nell’ambito delle politiche del New Deal.
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Il modello dello scientific management (1)
A livello della produzione: serialità standardizzazione specializzazione del lavoro e delle mansioni A livello dello scambio: mercato di massa orientamento al prodotto e alla quantità.
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Il modello dello scientific management (2)
A livello cognitivo: massimizzazione dei risultati nel minor tempo possibile trionfalismo funzionale riduzionismo di ogni varianza deresponsabilizzazione personale sul risultato finale
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