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PubblicatoEliseo Romagnoli Modificato 10 anni fa
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1 IL TRATTAMENTO DEL RISCHIO NELLA VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI Università degli Studi di Parma
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2 Lincertezza nelle decisioni di investimento INCERTEZZA # RISCHIO n INCERTEZZA: Si ha incertezza nel caso in cui non sia possibile determinare a priori una distribuzione di probabilità da associare ai diversi esiti dellevento. n RISCHIO: Un investimento è considerato rischioso quando gli esiti da esso prodotti non possono essere determinati con certezza. Ai fini del presente capitolo INCERTEZZA = RISCHIO
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3 Lincertezza nelle decisioni di investimento n In generale, un investimento risulta tanto più rischioso quanto più i possibili risultati che da esso conseguono sono dispersi attorno alla media. RISCHIO = DISPERSIONE = VARIABILITÁ
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4 Le determinanti del rischio RISCHIO OPERATIVOFINANZIARIO Variabilità dei risultati che deriva dalla struttura operativa aziendale ed in particolare dalle sue attività. Comprende una serie di elementi: - rischio di credito; - rischio di tasso; - rischio di cambio.
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5 Le determinanti del rischio: il rischio operativo Definizione: n per rischio operativo di intende la variabilità dei risultati che deriva dalla struttura operativa dellazienda, ed in particolare dalle sue attività. COSTI Fissi (es.: ammortamenti) Variabili (es.: materie prime) n Il peso assunto dai costi fissi (e dai costi variabili) è un indice della rischiosità operativa dellazienda.
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6 Le determinanti del rischio: il rischio operativo n Il grado di rigidità di una struttura di costo condiziona in misura determinante la reattività del risultato operativo alla manovra della leva volumi. n La misura della reattività del risultato operativo è quantificabile rapportando il margine di contribuzione complessivo (MdC), inteso come differenza tra ricavi e costi variabili, al reddito operativo (RO). n Questo indicatore prende il nome di: Grado di leva operativa (GLO): GLO = MdC/RO
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7 Le determinanti del rischio: il rischio operativo n Quando più rigida è la struttura di costo, tanto maggiore è il valore del moltiplicatore e dunque la variabilità dei risultati. n Una struttura di costo pesantemente caratterizzata dalla presenza di costi fissi è dunque sinonimo di elevato rischio operativo.
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8 Le determinanti del rischio: il rischio operativo n Esempio: –tre aziende che operano nella stessa area daffari, presento la seguente struttura operativa: n Le tre aziende presentano lo stesso output e costo totale, ma una diversa ripartizione dei costi fissi.
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9 Le determinanti del rischio: il rischio operativo n Ipotizziamo un aumento della produzione pari a 10 ed un prezzo di vendita unitario pari a 10: n Lazienda ALFA, che presenta il GLO maggiore (pari a 4,66), è quella che sperimenta la maggiore oscillazione del risultato economico.
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10 Le determinanti del rischio: il rischio finanziario n È possibile distinguere tre componenti fondamentali: –rischio di credito; –rischio di tasso; –rischio di cambio.
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11 1. Il rischio di credito n È legato al concetto di leva finanziaria (o leverage), che esprime il rapporto tra indebitamento oneroso e mezzi propri. n La relazione principale è la seguente: ROE = ROI + (ROI-i)*(D/E) dove: n i = costo dei mezzi di terzi; n E = mezzi propri; n D = mezzi di terzi. n Al crescere del livello di indebitamento il rischio aumenta.
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12 1. Il rischio di credito n Levidenza empirica dimostra che, a parità di altre condizioni, una leva finanziaria elevata costituisce il principale fattore di rischio nella percezione degli interlocutori finanziari, il cui timore è che lazienda possa risultare insolvente. n Un elevato ricorso alla leva finanziaria (D/E), generando elevati oneri finanziari, determina una struttura di costo rigida. Per meglio indagare questo aspetto, è bene introdurre il concetto di Grado di leva finanziaria (GLF) GLF = RO/RN
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13 1. Il rischio di credito Esempio: n due aziende, che presentano una diversa leva finanziaria reagiscono diversamente ad una variazione del reddito operativo pari (ad esempio) al 10%: n Lesempio mostra come il grado di leva finanziaria esprima la misura in cui il risultato netto reagisce alle variazioni del risultato operativo.
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14 2. Il rischio di tasso Definizione: n Il rischio di tasso ha origine nella possibilità che data la struttura per scadenze, una variazione de tassi di mercato trovi nella discrepanza tra tassi attivi e tassi passivi una fonte di costo imprevista per l'azienda. n La bassa correlazione tra le variazioni dei tassi attivi e passivi è detta mismatching tra attivo e passivo patrimoniali.
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15 3. Il rischio di cambio Definizione: n il rischio di cambio attiene alle oscillazioni che si registrano nei tassi di cambio della valute in cui lattivo ed il passivo aziendale sono espressi.
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16 Il grado di leva complessiva n Per sintetizzare i due concetti di rischio presentati, si ricorre al grado di leva complessiva. Grado di leva complessiva: GLC = GLO*GLF
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17 I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza n Due considerazioni sulla formula : –il tasso di attualizzazione è assunto costante, ipotizzando implicitamente sia che per ogni progetto esista un livello di rischiosità noto e determinabile, sia che tale rischio non muta durante la vita del progetto. –Il denominatore (flussi di cassa) è supposto unico e quindi certo.
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18 I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza n FIGURA
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19 I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza n FIGURA
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20 I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza n Il REA è lo strumento eletto per il pricing dei titoli obbligazionari a reddito fisso, come risulta dalla formula: in cui: n C t è la cedola periodale; n r è il tasso di rendimento interno. n Le precedenti considerazioni ci portano a concludere che il REA mostra dei limiti qualora si debbano valutare degli investimenti in condizioni di incertezza (situazione comune per qualunque fenomeno aziendale).
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21 I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza I casi in cui lutilizzo del REA sconta limiti accettabili: n pricing dei titoli azionari dallandamento regolare; n valutazione di investimenti sostitutivi, per i quali si ritengono affidabili in ottica prospettica le performance di mercato verificate storicamente; n valutazione di business del tipo "cash-cow".
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22 I limiti del REA nelle valutazioni in contesti di incertezza REGOLA GENERALE n quando unattività finanziaria o un progetto reale di investimento sono sprovvisti di una delle dimensioni necessarie ad accomodare la specificità strutturale del REA, il ricorso a tale metodologia sconta necessariamente tutti i limiti di unanalisi condotta in ipotesi di certezza.
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23 Strumenti statistici per la misurazione del rischio 3 misure fondamentali di rendimento e rischio: n la media (o tasso di rendimento atteso); n la varianza; n lo scarto quadratico medio.
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24 Strumenti statistici per la misurazione del rischio Attribuzione di probabilità ai diversi scenari 2 fattori fondamentali: –disponibilità di dati oggettivi relativi al verificarsi di eventi che condizionano il manifestarsi degli scenari previsti; –volontà o capacità del decisore di utilizzare i dati.
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25 Strumenti statistici per la misurazione del rischio TABELLA - Distribuzione di probabilità dei flussi di cassa relativi al progetto X (1) Si assume un investimento pari a 100 allanno zero (2) Calcolato come: (Valore dopo 1 anno - 100) / 100
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26 La media (o tasso di rendimento atteso) dove: n R= rendimento atteso netto; n s= scenario; n n= numero complessivo di scenari previsti; n Ps= probabilità associata a ciascuno scenario; n Rxs= tasso di rendimento del progetto X al verificarsi dello scenario s.
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27 La media (o tasso di rendimento atteso) n Il tasso di rendimento atteso è una misura della tendenza centrale dei diversi valori che si prevede il progetto possa assumere. n La formula del tasso di rendimento atteso rappresenta la media ponderata dei diversi rendimenti che si ritiene il progetto possa generare; il fattore di ponderazione è in tal caso costituito dalle probabilità del verificarsi dei diversi scenari. Sulla base dei dati di TABELLA si ha: 0,10 (0,01) + 0,05 (0,.03) + 0,20 (0,05) + 0,55 (0,07) + 0,10 (0,10) = = 0,001 + 0,0015 + 0,01 + 0,0385 + 0,01 = 0,0610 Il rendimento medio atteso per il progetto X è pari al 6,1%
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28 La media (o tasso di rendimento atteso) n Se si confida in una certa costanza dei fattori che hanno determinato le performance passate, il rendimento atteso di un progetto può essere calcolato come: dove: n Ry = tasso di rendimento atteso per il progetto Y n N = numero di osservazioni; n Ryt = tasso di rendimento del progetto y nellanno t
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29 Tabella - Dati storici relativi al progetto Y
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30 La media (o tasso di rendimento atteso) n Il tasso di rendimento atteso è quindi il valore atteso di una distribuzione di probabilità. Facendo riferimento alla tabella precedente: Ry = 1.2103/20 = 0.060515
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31 La varianza n La varianza può essere calcolata sia sui rendimenti attesi da un progetto sia sui valori storicamente osservati. n Nel primo caso: dove: 2 x = varianza dei rendimenti dellinvestimento X n S = scenario n N = numero complessivo degli scenari n Ps = probabilità associata al verificarsi dello scenario s n Rxs = tasso di rendimento del progetto x al verificarsi dello scenario s n Rx = tasso di rendimento atteso del progetto X
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32 La varianza n Nel secondo caso: dove: n n = numero complessivo delle osservazioni n Rxt = tasso di rendimento del progetto X riscontrato nel periodo t
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33 Lo scarto quadratico medio (o deviazione standard) Definizione: n La deviazione standard è la radice quadrata della varianza ed ha il pregio di esprimere la rischiosità del progetto nella stessa unità di misura in cui sono espressi i valori attesi o osservati e la loro media.
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34 Il coefficiente di variazione (CV) n Si tratta di un altro indicatore di rischiosità, ottenuto mettendo a rapporto la deviazione standard ed il rendimento atteso da un investimento. n Il coefficiente esprime lammontare di rischio per unità di rendimento. n Lindicatore è utile nel caso in cui il decisore debba scegliere tra progetti alternativi che presentano misure di rendimento atteso e di deviazione standard tra loro molto diverse.
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