La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Lingua italiana (CT) Sociolinguistica (1)

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Lingua italiana (CT) Sociolinguistica (1)"— Transcript della presentazione:

1 Lingua italiana (CT) 2002-2003 Sociolinguistica (1)
La variazione linguistica: variazione diafasica e diastratica.

2 Argomenti della lezione
Questa lezione apre quelle dedicate ai concetti fondamentali di sociolinguistica dell’italiano. In essa ci si occupa, in particolare: del concetti di repertorio e variazione linguistica; delle varietà diafasiche (sottocodici e registri); delle varietà diastratiche (tangenzialmente di italiano standard e neostandard e specificamente di italiano popolare).

3 Il senso della questione
La comunicazione prevede che si mettano in opera, per il raggiungimento di fini precisi, strumenti linguistici ed extralinguistici di varia natura. Il loro impiego funzionale prevede, ovviamente, la loro conoscenza. In questa sezione del corso ci occupiamo degli strumenti linguistici messi a disposizione dal codice “lingua italiana”.

4 Italiano, insieme di varietà
A partire dall’unificazione nazionale, e con una decisa accelerazione nella seconda metà del Novecento, l’italiano, prima relegato sostanzialmente agli usi scritti e letterari, è divenuto lingua d’uso comune anche orale per milioni di persone. In questo processo si è reso disponibile per usi un tempo impensabili ed ha perduto la sua artificiosa uniformità, disgregandosi in uno spolverìo di varietà.

5 Varietà dell’italiano
Le varietà di una lingua sono realizzazioni particolari del sistema. Se ne riconoscono di quattro tipi: geografiche o diatopiche; sociali o diastratiche; situazionali o diafasiche; mediali o diamesiche.

6 Varietà dell’italiano, lo schema
DIATOPIA 7. Italiano aulico formale 8. Italiano tecnico-scientifico DIASTRATIA DIAFASIA 9. Italiano burocratico 1. Italiano standard letterario 2. Italiano neostandard DIATOPIA DIAMESIA 3. Italiano parlato colloquiale 4. Italiano popolare 5. Italiano informale-trascurato 6. Italiano gergale Adattato da Berruto 1993: 12.

7 Varietà situazionali

8 Varietà diafasiche Le varietà diafasiche sono manifestazioni dell’italiano che dipendono dalla situazione comunicativa. Si distinguono in: registri: varietà più o meno formali della lingua, caratterizzate da escursioni a tutti i livelli del sistema (esempi nelle nei testi 1 e 2); sottocodici: varietà più o meno specialistiche di lingua, caratterizzate soprattutto dal punto di vista lessicale (esempi nei testi 3 e 4).

9 Registri Un registro è in un certo senso una varietà completa della lingua, nel senso che implica sempre scelte a livello lessicale, sintattico, morfologico, fonologico ed anche testuale. Alcuni studi identificano all’estremo dell’asse della diafasia un registro aulico-formale ed all’altro un registro informale trascurato. Tra l’uno e l’altro si collocano in linea teorica infinite possibilità di variazione: anche quello dei registri è dunque un continuum. Un esempio di italiano informale-trascurato: Mah, guarda, è stato tutto un po’ un casino: prima c’è stato un casotto all’aeroporto: i voli in ritardo, i bagagli che non si sapeva dove metterli, una fila pazzesca agli stand della Meridiana; poi un nostro amico imbranato che ha lasciato la telecamera sul banco dell’accettazione, e allora telefona ai Carabinieri, telefona alla Polizia…; poi il Carlo e la Chiara che se ne fregavano sostanzialmente della compagnie e si facevano i cavoli loro e ci abbiamo pure litigato… Prossima volta si va da soli e fine! Lo stesso brano, in un registro più formale: In realtà abbiamo avuto vari problemi: in primo luogo vi sono stati dei disguidi all’aeroporto che hanno portato ad un notevole ritardo dei voli, e ciò ha creato varie difficoltà pratiche, non ultima quella della collocazione dei bagagli. In seconda istanza, proprio a causa dei ritardi, gli stand della nostra compagnia di volo, Meridiana, erano subissati di chiamate, tanto che si erano create lunghissime file di passeggeri in attesa per il check-in. Inoltre, un amico, nella ressa, ha dimenticato la sua telecamera sul banco dell’accettazione, per cui è stato necessario telefonare a Carabinieri e Polizia e perdere parecchio tempo nella compilazione della denuncia. Infine, una volta giunti a destinazione, abbiamo capito che la nostra compagnia non era solida come avevamo immaginato: Carlo e Chiara stavano appartati praticamente tutto il giorno, tanto che una sera abbiamo ritenuto di mettere in chiaro il nostro malumore. Penso che l’anno prossimo faremo le vacanze da soli.

10 Sottocodici I sottocodici (detti anche linguaggi settoriali) sono varietà del codice collegate a specifiche varietà o discipline. Sono caratterizzati soprattutto a livello lessicale. Si distinguono, in genere, in speciali e specialistici. speciali sono sottocodici a basso livello di esotericità; specialistici sono quelli meno accessibili agli utenti generali della lingua. Alcuni lessici specialistici sono irrigiditi in terminologie.

11 Le varietà diafasiche per exempla
Testo 1: Mah, guarda, è stato un po' tutto un casino: prima c'è stato un casotto all'aeroporto, i voli in ritardo, i bagagli che non si sapeva dove metterli, una fila pazzesca agli stand della Meridiana; poi un nostro amico imbranato che ha lasciato la telecamera sul banco dell'accettazione e allora telefona alla polizia, telefona ai Carabinieri...; poi il Carlo e la Chiara che se ne fregavano sostanzialmente della compagnia e si facevano solo i cavoli loro e ci abbiamo pure litigato... Prossima volta si va da soli e fine. Si noti, nel brano, la presenza vari elementi "marcati" come: a livello lessicale: voci come casino, casotto, pazzesco (in un'accezione particolare), imbranato, fregarsene e locuzioni come farsi i cavoli propri; a livello sintattico: un periodare poco coeso, costruito per semplice apposizione di elementi (i voli in ritardo, i bagagli che non si sapeva dove metterli...), e tutto giocato su semplici parallelismi (prima..., poi..., poi...), un caso di uso improprio del che con ripresa pronominale (il costrutto è chiamato che polivalente: i bagagli che non si sapeva dove metterli), l'uso dell'articolo determinativo con i nomi propri (il Carlo, la Chiara); a livello morfologico: l'uso esteso di ci per con loro; a livello testuale: l'uso di segnali discorsivi (come mah, guarda e fine).

12 Le varietà diafasiche per exempla
Testo 1: Mah, guarda, è stato un po' tutto un casino: prima c'è stato un casotto all'aeroporto, i voli in ritardo, i bagagli che non si sapeva dove metterli, una fila pazzesca agli stand della Meridiana; poi un nostro amico imbranato che ha lasciato la telecamera sul banco dell'accettazione e allora telefona alla polizia, telefona ai Carabinieri...; poi il Carlo e la Chiara che se ne fregavano sostanzialmente della compagnia e si facevano solo i cavoli loro e ci abbiamo pure litigato... Prossima volta si va da soli e fine. Si noti, nel brano, la presenza vari elementi "marcati" come: a livello lessicale: voci come casino, casotto, pazzesco (in un'accezione particolare), imbranato, fregarsene e locuzioni come farsi i cavoli propri; a livello sintattico: un periodare poco coeso, costruito per semplice apposizione di elementi (i voli in ritardo, i bagagli che non si sapeva dove metterli...), e tutto giocato su semplici parallelismi (prima..., poi..., poi...), un caso di uso improprio del che con ripresa pronominale (il costrutto è chiamato che polivalente: i bagagli che non si sapeva dove metterli), l'uso dell'articolo determinativo con i nomi propri (il Carlo, la Chiara); a livello morfologico: l'uso esteso di ci per con loro; a livello testuale: l'uso di segnali discorsivi (come mah, guarda e fine).

13 Le varietà diafasiche per exempla
Testo 1: Mah, guarda, è stato un po' tutto un casino: prima c'è stato un casotto all'aeroporto, i voli in ritardo, i bagagli che non si sapeva dove metterli, una fila pazzesca agli stand della Meridiana; poi un nostro amico imbranato che ha lasciato la telecamera sul banco dell'accettazione e allora telefona alla polizia, telefona ai Carabinieri...; poi il Carlo e la Chiara che se ne fregavano sostanzialmente della compagnia e si facevano solo i cavoli loro e ci abbiamo pure litigato... Prossima volta si va da soli e fine. Si noti, nel brano, la presenza vari elementi "marcati" come: a livello lessicale: voci come casino, casotto, pazzesco (in un'accezione particolare), imbranato, fregarsene e locuzioni come farsi i cavoli propri; a livello sintattico: un periodare poco coeso, costruito per semplice apposizione di elementi (i voli in ritardo, i bagagli che non si sapeva dove metterli...), e tutto giocato su semplici parallelismi (prima..., poi..., poi...), un caso di uso improprio del che con ripresa pronominale (il costrutto è chiamato che polivalente: i bagagli che non si sapeva dove metterli), l'uso dell'articolo determinativo con i nomi propri (il Carlo, la Chiara); a livello morfologico: l'uso esteso di ci per con loro; a livello testuale: l'uso di segnali discorsivi (come mah, guarda e fine).

14 Le varietà diafasiche per exempla
Testo 1: Mah, guarda, è stato un po' tutto un casino: prima c'è stato un casotto all'aeroporto, i voli in ritardo, i bagagli che non si sapeva dove metterli, una fila pazzesca agli stand della Meridiana; poi un nostro amico imbranato che ha lasciato la telecamera sul banco dell'accettazione e allora telefona alla polizia, telefona ai Carabinieri...; poi il Carlo e la Chiara che se ne fregavano sostanzialmente della compagnia e si facevano solo i cavoli loro e ci abbiamo pure litigato... Prossima volta si va da soli e fine. Si noti, nel brano, la presenza vari elementi "marcati" come: a livello lessicale: voci come casino, casotto, pazzesco (in un'accezione particolare), imbranato, fregarsene e locuzioni come farsi i cavoli propri; a livello sintattico: un periodare poco coeso, costruito per semplice apposizione di elementi (i voli in ritardo, i bagagli che non si sapeva dove metterli...), e tutto giocato su semplici parallelismi (prima..., poi..., poi...), un caso di uso improprio del che con ripresa pronominale (il costrutto è chiamato che polivalente: i bagagli che non si sapeva dove metterli), l'uso dell'articolo determinativo con i nomi propri (il Carlo, la Chiara); a livello morfologico: l'uso esteso di ci per con loro; a livello testuale: l'uso di segnali discorsivi (come mah, guarda e fine).

15 Le varietà diafasiche per exempla
Testo 2: Intento del mio lavoro era quello di esplorare, in diacronia, le caratteristiche linguistiche di un significativo specimine dell'epistolario dell'autore, al fine di scoprire le dinamiche sottese al lungo processo correttorio cui esso è stato assoggettato. L'analisi è consistita nell'esame di un'ampia serie di variabili ortografiche, grafiche, fonetiche, morfologiche e sintattiche per ciascuna delle quali si sono individuate tutte le principali varianti in gioco. Per ognuna di esse si è quindi determinata - sempre in diacronia - la frequenza media relativa, il cui valore è stato poi raffrontato con quello di un corpus rappresentativo di prose pratico-documentarie e letterarie coeve; ciò ha permesso di fare emergere numerosi dati in merito e alle tendenze operative dell'autore ed alla sua concezione della lingua in generale, e della lingua dell'espressione letteraria in particolare. Si osservi, in questo testo, la presenza di forme e strutture completamente differenti da quelle presenti in quello analizzato in precedenza; in particolare: a livello lessicale: tecnicismi come diacronia, variabile, variante; voci colte e latinismi come specimine 'campione', corpus; a livello sintattico: un periodare relativamente complesso, in cui sono abbastanza frequenti incisi e costruzioni parallele; a livello morfologico: una forma pronominale "ricercata" come ciò; a livello testuale: l'attenzione alla continuità tematica (coerenza) ed all'unità linguistica coesione; per questi concetti si veda anche la lezione sul testo).

16 Le varietà diafasiche per exempla
Testo 2: Intento del mio lavoro era quello di esplorare, in diacronia, le caratteristiche linguistiche di un significativo specimine dell'epistolario dell'autore, al fine di scoprire le dinamiche sottese al lungo processo correttorio cui esso è stato assoggettato. L'analisi è consistita nell'esame di un'ampia serie di variabili ortografiche, grafiche, fonetiche, morfologiche e sintattiche per ciascuna delle quali si sono individuate tutte le principali varianti in gioco. Per ognuna di esse si è quindi determinata - sempre in diacronia - la frequenza media relativa, il cui valore è stato poi raffrontato con quello di un corpus rappresentativo di prose pratico-documentarie e letterarie coeve; ciò ha permesso di fare emergere numerosi dati in merito e alle tendenze operative dell'autore ed alla sua concezione della lingua in generale, e della lingua dell'espressione letteraria in particolare. Si osservi, in questo testo, la presenza di forme e strutture completamente differenti da quelle presenti in quello analizzato in precedenza; in particolare: a livello lessicale: tecnicismi come diacronia, variabile, variante; voci colte e latinismi come specimine 'campione', corpus; a livello sintattico: un periodare relativamente complesso, in cui sono abbastanza frequenti incisi e costruzioni parallele; a livello morfologico: una forma pronominale "ricercata" come ciò; a livello testuale: l'attenzione alla continuità tematica (coerenza) ed all'unità linguistica coesione; per questi concetti si veda anche la lezione sul testo).

17 Le varietà diafasiche per exempla
Testo 3 Le particelle elementari [...]Con il termine di "particella elementare" si intende la più piccola porzione di materia "indivisibile". [...]Per il momento le particelle elementari sono circa trenta, comprendendo solo le particelle "stabili", a lunga vita e quelle che hanno una vita media di almeno secondi, dette "instabili". Ne esistono altre con vita media ancora più breve che vengono però chiamate "risonanze" con decadenza forte, ossia con vita media dell'ordine di soli secondi. [Le particelle...], per la maggior parte, sono state trovate matematicamente o sono state scovate mediante gli acceleratori, speciali macchine che imprimono alle particelle elevate energie cinetiche grazie a differenze di potenziale dell'ordine dei milioni di Volt. Ad esempio, accelerando dei protoni, con aumento della loro massa dovuto al movimento, e dirigendoli sul nucleo di un atomo, i protoni, a causa della brusca frenata dovuta alla collisione, scaricano la loro energia nell'atomo, con la conseguente emissione di mesoni, la cui massa corrisponde alla massa perduta dai protoni.

18 Le varietà diafasiche per exempla
Testo 3 Le particelle elementari [...]Con il termine di "particella elementare" si intende la più piccola porzione di materia "indivisibile". [...]Per il momento le particelle elementari sono circa trenta, comprendendo solo le particelle "stabili", a lunga vita e quelle che hanno una vita media di almeno secondi, dette "instabili". Ne esistono altre con vita media ancora più breve che vengono però chiamate "risonanze" con decadenza forte, ossia con vita media dell'ordine di soli secondi. [Le particelle...], per la maggior parte, sono state trovate matematicamente o sono state scovate mediante gli acceleratori, speciali macchine che imprimono alle particelle elevate energie cinetiche grazie a differenze di potenziale dell'ordine dei milioni di Volt. Ad esempio, accelerando dei protoni, con aumento della loro massa dovuto al movimento, e dirigendoli sul nucleo di un atomo, i protoni, a causa della brusca frenata dovuta alla collisione, scaricano la loro energia nell'atomo, con la conseguente emissione di mesoni, la cui massa corrisponde alla massa perduta dai protoni.

19 Le varietà diafasiche per exempla
Testo 4 Le dinamiche linguistiche al confine tra Toscana e Lazio: conservazione, innovazione e ristrutturazione A nord e a sud del confine meridionale tra Granducato di Toscana e Stato Pontificio, si scontrano pressioni linguistiche diverse (pur nel generico quadro accomunante di dialetti centro-italiani) che danno luogo a diverse sistemazioni della grammatica delle parlate confinarie, in una classica configurazione di contatto. L'esame delle parlate di ciascuna località prossima a questo confine è in sé interessante, ma l' insieme delle tensioni dell'area rende conto, almeno parzialmente, di vicende complesse della strutturazione dell'italo-romanzo nel territorio posto tra Firenze e Roma, che è del resto impossibile considerare senza tener conto dell'effetto, per Firenze, della contiguità con le situazioni alto-italiane e, per Roma, della vicinanza ad aree definibili di influenza napoletana, e della sua singolare e ben nota storia linguistica. [...]l'area che qui interessa, di suo fortemente conservativa sotto il profilo linguistico, è di fatto aggredita, da due varietà di 'toscano', quella fiorentino-senese nelle forme di un moderno toscano scarsamente tipizzato e in fase di trasformazione in koiné regionale, e quella romanesca, considerando il romanesco come prodotto della parziale ma essenziale toscanizzazione del dialetto di Roma, operatasi in epoca rinascimentale e postrinascimentale. Si osservi, nei due testi, pure così differenti dal punto di vista contenutistico e stilistico, la presenza di parole e locuzioni specialistiche (a volte, però, sono tali solo le accezioni): alcune sono probabilmente note anche al parlante di media cultura (acceleratore, energia cinetica nel primo brano, morfologia nominale, fonetica storica nel secondo), altre, invece, sono conosciute solo da chi abbia avuto almeno qualche studio non elementare di fisica e di linguistica (risonanza, decadenza, mesone nel primo stralcio; configurazione di contatto, conservativo, koinè nel secondo).

20 Le varietà diafasiche per exempla
Testo 4 Le dinamiche linguistiche al confine tra Toscana e Lazio: conservazione, innovazione e ristrutturazione A nord e a sud del confine meridionale tra Granducato di Toscana e Stato Pontificio, si scontrano pressioni linguistiche diverse (pur nel generico quadro accomunante di dialetti centro-italiani) che danno luogo a diverse sistemazioni della grammatica delle parlate confinarie, in una classica configurazione di contatto. L'esame delle parlate di ciascuna località prossima a questo confine è in sé interessante, ma l' insieme delle tensioni dell'area rende conto, almeno parzialmente, di vicende complesse della strutturazione dell'italo-romanzo nel territorio posto tra Firenze e Roma, che è del resto impossibile considerare senza tener conto dell'effetto, per Firenze, della contiguità con le situazioni alto-italiane e, per Roma, della vicinanza ad aree definibili di influenza napoletana, e della sua singolare e ben nota storia linguistica. [...]l'area che qui interessa, di suo fortemente conservativa sotto il profilo linguistico, è di fatto aggredita, da due varietà di 'toscano', quella fiorentino-senese nelle forme di un moderno toscano scarsamente tipizzato e in fase di trasformazione in koiné regionale, e quella romanesca, considerando il romanesco come prodotto della parziale ma essenziale toscanizzazione del dialetto di Roma, operatasi in epoca rinascimentale e postrinascimentale. Si osservi, nei due testi, pure così differenti dal punto di vista contenutistico e stilistico, la presenza di parole e locuzioni specialistiche (a volte, però, sono tali solo le accezioni): alcune sono probabilmente note anche al parlante di media cultura (acceleratore, energia cinetica nel primo brano, morfologia nominale, fonetica storica nel secondo), altre, invece, sono conosciute solo da chi abbia avuto almeno qualche studio non elementare di fisica e di linguistica (risonanza, decadenza, mesone nel primo stralcio; configurazione di contatto, conservativo, koinè nel secondo).

21 Varietà sociali

22 Varietà diastratiche Le varietà diastratiche sono manifestazioni dell’italiano che dipendono dallo status socioculturale dei parlanti/scriventi. Collochiamo tra le varietà diastratiche tre importanti manifestazioni sociali dell’italiano: l’italiano standard; l’italiano neo-standard; l’italiano popolare. Delle prime due varietà ci occuperemo a suo tempo in dettaglio; in questa sezione ci occuperemo soprattutto della terza.

23 Italiano standard: definizione
Definiamo italiano standard la varietà di lingua che - posseduta soprattutto dalle persone colte - viene assunta, anche implicitamente, come modello da tutti i parlanti e gli scriventi e che viene prescritta come esemplare nell'insegnamento. Esso è anche - per definizione - privo di coloritura regionale a tutti i livelli, incluso quello fonetico. Per il fatto di avere un notevole prestigio, l'italiano standard è altresì tradizionalmente riservato agli usi scritti più "nobili" e formali, come quello intellettuale, scientifico, letterario e burocratico.

24 Italiano neo-standard: definizione
Definiamo italiano neo-standard una forma semplificata e più o meno colorita regionalmente dell'italiano standard; esso è anche una varietà stilisticamente aperta dell’italiano. A differenza di quest'ultimo esso viene comunemente impiegato - sia nell'oralità che nella scrittura - da qualsiasi italiano normalmente scolarizzato per l'espressione e la comunicazione quotidiane a tutti i livelli di formalità, sia nello scritto che nel parlato.

25 Italiano popolare L’italiano popolare è la varietà della lingua nazionale posseduta dai parlanti meno colti ed in generale meno esposti all’effetto italianizzante delle agenzie di diffusione della lingua.* È una varietà diastratica dell’italiano marcata in diatopia (ossia, più o meno vistosamente segnata da fenomeni attinti a parlate regionali/dialettali). È dunque una forma di italiano regionale. È contraddistinto dalla presenza di numerosi fenomeni di semplificazione non collegate al sostrato dialettale/regionale; nelle diapositive che seguono prenderemo in considerazione gli uni e gli altri. Dal momento che la diffusione di questa varietà è correlabile con riconoscibili fattori socioculturali, la possiamo considerare una varietà sociale (e non situazionale) della lingua nazionale.

26 Italiano popolare: definizione
Definiamo dunque italiano popolare la varietà semplificata e dialettalmente interferita della lingua nazionale usata da parlanti (e scriventi) incolti e dialettofoni (parlanti e scriventi, cioè, che si sono avvicinati alla lingua comune in maniera non istituzionale, ma imitativa e che usano, nella comunicazione normale, il dialetto) a vari livelli di formalità.

27 Italiano popolare: tratti regionali
L’italiano popolare presenta fenomenologia regionale a quasi tutti i livelli del sistema, e cioè: a livello fonetico (con riflessi sulla grafia); a livello morfologico; a livello sintattico; a livello lessicale Alcuni caratteri regionali dell’italiano popolare (In questa sede faremo solo pochi esempi, perché descriveremo le caratteristiche regionali dell’italiano in una delle lezioni che seguiranno). Le varianti fonetiche e lessicali sono più diffuse e frequenti di quelle sintattiche e morfologiche. Elementi fonetici dell’italiano popolare Nella varietà settentrionale sono presenti i fenomeni che seguono: in tutte le regioni, una forte tendenza all’indebolimento delle consonanti intense, che vengono spesso pronunciate come scempie; in tutto il Settentrione, si ha la disocclusione delle affricate dentali; in Lombardia, la realizzazione apertissima di /e/ tonica in sillaba chiusa e in finale tonica di parola.  La varietà centrale, invece, mostra le seguenti caratteristiche: in molte regioni (anche meridionali), la tendenza di s a diventare z (zeta sorda, nell’AFI resa con il digramma /ts/) nei nessi -ls-, -rs- e -ns-: falze, forze, penzo. in Toscana ed in Umbria, la perdita dell’elemento occlusivo nelle affricate sorde e sonore in posizione intervocalica: asgile, ascido. La varietà meridionale, infine, ha, tra le sue peculiarità: in tutte le regioni, la pronuncia intensa di -b- e -g- se collocate tra vocali: abbate, aggiato. in tutte le regioni, la tendenza ad assimilare la dentale sonora [d] alle consonanti laterali [l] o [n] che la precedano, come in callo, bionno; in molte regioni, la sonorizzazione e l’indebolimento delle consonanti occlusive sorde ([p], [t], [k]) dopo una nasale ([n]): anghe. Il lessico degli italiani regionali Anche il lessico offre, al pari della fonetica, una documentazione estremamente abbondante ai fini dello studio e della descrizione degli italiani regionali: l’italiano parlato nelle varie aree amministrativo-storico-culturali della Penisola, infatti, è particolarmente ricco di voci specifiche, soprattutto nei domìni della cultura materiale e della vita quotidiana (e, cioè, per esempio, negli ambiti lessicali che riguardano la famiglia, la salute, il corpo, il sesso, l’abbigliamento, l’alimentazione, le professioni, il denaro, la vita sociale, l’ambiente). I regionalismi lessicali, che, hanno corrispettivi differenti in altre aree, sono chiamati – proprio per la loro caratteristica di essere sinonimi (► sinonimo) distinti per distribuzione areale – geosinonimi. Generalmente, le forme concorrenti sono due o tre, ma in qualche caso – invero piuttosto raro – si arriva a contarne anche una decina o più. Si pensi, per comprendere a quale realtà faccia riferimento il concetto di geosinonimia, ad un termine come idraulico: ad esso corrisponde – o corrispondeva, dal momento che, storicamente, molte forme regionali tendono a cadere in disuso – nell’italiano regionale settentrionale, la voce trombaio (si confronti il milanese trombée) o lattoniere, in quello centrale laziale stagnaro, in quello meridionale fontaniere. Ed allo stesso modo, il settentrionale bigiare, il centrale far forca, il romanesco far sega, il meridionale far filone, il sardo far vela corrispondono (o corrispondevano) alla voce italiana media marinare. Cappuccino S. (soprattutto a Milano) cappuccio; S. orientale (Trieste) caffelatte. Cocomero S. anguria; M. melone o mellone d’acqua. Gruccia S. Ometto, attaccapanni, appendiabiti; C. croce; M. appendino, stampella, crociera. Panino S. michetta; C. pagnotta, (romanesco) rosetta. Presina S. pattina; presina; M. mappina (più propriamente: ‘strofinaccio’). Schiaffo S. sberla, pacca; C. ceffone, (romanesco) sganassone. Lacci da scarpe S. stringhe; C. (toscano) aghetti; M. lacci, lazzi. La sintassi degli italiani regionali Per quanto forse meno appariscenti di quelle lessicali e fonetiche, anche le caratteristiche sintattiche contribuiscono all’individuazione delle varietà regionali di italiano. In particolare, sono caratteristiche comuni nell’italiano regionale settentrionale: in tutte le regioni, l’impiego dell’articolo determinativo davanti a nomi propri di persone, sia femminili che maschili (il primo è tratto documentato anche in Toscana ed in Umbria): la Anna, il Massimo; l’uso non è molto marcato; in tutte le regioni, l’uso della negazione semplice in luogo di quella composta con l’avverbio non: Ho mica tempo da perdere, io!; l’uso è marcato; In tutte le regioni, l’uso della perifrasi durativa essere dietro a (è dietro a traslocare) o essere lì che (è li che trasloca); l’uso è abbastanza marcato. Nell’italiano regionale meridionale si notano: in tutte le regioni, l’uso esteso di congiuntivo e condizionale nel periodo ipotetico, nei tipi se direi farei, se dicessi facessi; l’uso è marcato; in tutte le regioni, l’impiego del passato remoto in luogo del passato prossimo (il fenomeno è speculare a quello che si è visto, trattando dell’uso dei tempi, per l’italiano regionale settentrionale): questa mattina feci colazione presto; l’uso non è affatto marcato; in molte regioni, l’uso del congiuntivo imperfetto invece del presente: Scendesse le scale, forza!; l’uso è piuttosto marcato; in tutte le regioni, l’uso della preposizione a con il complemento oggetto (i linguisti chiamano questo costrutto oggetto preposizionale). Per es. Conosco a Mario invece di Conosco Mario; l’uso è piuttosto marcato. La morfologia degli italiani regionali I tratti morfologici che permettono di caratterizzare gli italiani regionali sono decisamente meno numerosi di quelli sintattici e – a maggior ragione – di quelli lessicali e fonetici, e tendono ad apparire, come è ovvio, soprattutto nelle varietà substandard (come l’italiano popolare).  Nell’italiano regionale settentrionale si riscontrano: In molte regioni, la ricostruzione arbitraria delle terminazioni desinenziali che, in molti dialetti settentrionali, non sono conservate; si pensi al sintagma milanese al me fioeu magiùr ‘il mio figlio maggiore’, ‘il mio figlio più anziano’: dal momento che la vocale terminale dell’aggettivo magiùr è caduta, un parlante dialettofono, quando dovrà usare l’italiano sarà costretto a reintegrarla; non sapendo esattamente quale usare, impiegherà quella che, per quanto ne sa, è usata con in nomi e gli aggettivi maschili (uomo alto), la -o. Il risultato sarebbe, in italiano, un’espressione come il mio figlio maggioro; in molte regioni, il passaggio di classe di alcuni nomi in –e, che vengono inquadrati nella classe in –o o in quella in –a: la mia guarigiona; una cosa facila. Non si tratta di una caratteristica esclusivamente settentrionale, ma nelle regioni del Nord la sua particolare frequenza è collegata al fatto – già citato – che molti dialetti non conservano le terminazioni desinenziali. Nell’italiano regionale centrale, invece, si evidenziano: in tutte le regioni, l’impiego della forma oggetto del complemento di II persona singolare nel ruolo di soggetto: vieni anche te al cinema? Soprattutto in Toscana, l’uso di si, se per ci, ce: noi tendiamo a ingobbirsi; siamo caduti senza accorgersene; questo uso è diffuso anche nell’Italia settentrionale: allora, si vediamo domani! Nell’italiano regionale meridionale, infine, si trovano: in tutte le regioni, il passaggio di genere di alcuni sostantivi ed aggettivi:  Lucia, passami lo scatolo, per favore;  in tutte le regioni, l’uso transitivo di verbi transitivi e viceversa: Maria, scendimi le chiavi!

28 Italiano popolare: tratti non regionali
L’italiano popolare presenta fenomenologia non regionale specifica a tutti i livelli del sistema, e cioè: a livello grafico (ortografico ed interpuntorio); a livello fonetico; a livello morfologico; a livello sintattico; a livello lessicale a livello testuale. Alcuni caratteri non regionali dell’italiano popolare La grafia dell’italiano popolare Un carattere particolarmente rilevato dell’italiano popolare (nelle sue manifestazioni scritte, ovviamente) è quello dell’irregolarità ortografica. Le devianze più comuni riguardano (a) l’interpunzione, (b) l’uso di elementi diacritici (apostrofo, accento, <h>), (c) la suddivisione delle parole, (d) la resa di alcuni nessi (► nesso), come quelli che trascrivono le consonanti palatali: il suono di gnocco, il suono di sciocco, il suono di gelo e quelli che rendono le geminate.  L’interpunzione, in particolare, quando non è quasi assente, mostra una distribuzione irregolare: sono pochissimo utilizzati i segni “intermedi” (il punto e virgola ed i due punti), mentre abbondano le parentesi ed – in testi anche mediamente informali – i grafemi (► grafema) deputati alla registrazione di fatti enfatico-intonativi (cioè il punto di domanda e quello esclamativo, che sono talora adoperati in serie). I segni diacritici (apostrofo, accento, <h>), allo stesso modo, sono sovente omessi o – soprattutto per quanto concerne i primi due – usati in maniera anomala. Nel caso dell’apostrofo, gli usi erronei sono spesso riconducibili a segmentazioni inesatte del continuum orale, che si risolvono in grafie come l’avaligia (o, con fenomenologia opposta, la varizia). Nell’ambito della trascrizione di nessi, come si è detto, sono soprattutto le consonanti palatali e quelle intense (‘doppie’ o ‘geminate’) a provocare difficoltà: le prime vengono spesso scritte con i di troppo; le seconde sono talora registrate come scempie. La “traduzione” graficamente corretta delle palatali, d’altra parte, è resa oggettivamente complessa dall’irrazionalità delle convenzioni ortografiche: nell’italiano normativo ad esempio, il suono di gnocco è talora reso da due, talora da tre grafemi (‘lettere’, segni grafici): si pensi a parole come frigna, frigniamo o carogna e incarogniamo), mentre quella delle doppie è talora inficiata dall’influenza dei dialetti o degli italiani regionali (a Settentrione, come si è chiarito nella sezione dedicata alla fonetica degli italiani regionali, le consonanti intense vengono spesso rese come scempie). La fonetica dell’italiano popolare È esito di una dinamica semplificatoria la tendenza all’eliminazione di alcuni nessi consonantici, inconsueti o difficili da pronunciare; in genere essi vengono soppressi tramite assimilazione (fenomeno per cui capotecnico diventa capotennico e picnic diviene pinnic) oppure mediante l’inserimento di una vocale (il fenomeno viene chiamato epentesi o, più correttamente, anaptissi: così biopsia è trasformato in biopisia; ►epentesi). La morfologia e la microsintassi dell’italiano popolare Più di altre varietà regionali di italiano – sicuramente più del neo-standard – l’italiano popolare si caratterizza, sia nel dominio dell’oralità che in quello della scrittura, per la presenza di numerosi usi morfosintatticamente marcati: molti hanno origine nel sostrato dialettale; altri sono da addebitare ancora una volta a tendenza alla semplificazione.  Tra i primi sono da ricordare, ad esempio, alcuni casi di trapasso di classe o genere (detti, tecnicamente, metaplasmi [►metaplasmo]; ne sono esempi la sale, nell’italiano settentrionale, lo scatolo in quello meridionale), l’espressione della negazione senza l’avverbio non (ho niente, io!: si tratta di un costrutto diffuso soprattutto a Settentrione), o l’uso di alcune perifrasi aspettuali (►aspetto; sono dietro a finire il lavoro ‘sto finendo il lavoro’; l’uso è settentrionale); tra i secondi, invece, vanno annoverati la cosiddetta concordanza a senso (che si manifesta, per esempio, nell’uso di verbi plurali con sostantivi collettivi: la gente dormivano), alcuni fatti di ridondanza pronominale (a me mi, suo di loro), vari trapassi nell’uso dei pronomi (noi si chiamiamo) ed alcune forme del che indeclinato (la ragazza che ci ho dato...: l’affermazione del costrutto non è peraltro del tutto esente da influssi dialettali). Il lessico dell’italiano popolare Le osservazioni che si sono fatte in merito al lessico degli italiani regionali, valgono anche per l’italiano popolare, che – soprattutto nelle sue manifestazioni orali – fa spazio a numerosi localismi. Leggermente differente, invece, è la situazione nello scritto: in documenti destinati a qualche forma di persistenza (ciò che viene vergato su un foglio è in genere tale), infatti, il controllo esercitato sulle modalità espressive fa sì che il numero di dialettismi lessicali sia in genere meno alto di quanto ci si potrebbe attendere. Così, nei testi scritti nella varietà popolare di italiano, pure a fronte di un numero interessante di tratti di ascendente regionale a livello ortografico, morfologico e sintattico, appare la rappresentanza di lessemi termini dialettali appare tutto sommato esigua. Più interessante e caratteristico, semmai, è l’uso concomitante di lessico povero e generico (Ho comprato un sacco di quelle robe lì dei mercatini, no, che costano un tanto al chilo) e di tecnicismi, cultismi, burocratismi ed esotismi, talora storpiati (è il fenomeno del malapropismo, di cui abbiamo visto nel paragrafo precedente le incarnazioni morfologiche). Strano in effetti, il rinvenimento, in testi scritti di italiano popolare marcati da vistose inesattezze ortografico-morfologico-sintattiche, di voci o espressioni anche preziose di alcune branche della scienza, a volte malamente reinterpretate. Una ricerca sulla scrittura dei semicolti condotta negli anni ‘90 presso l’Istituto di filologia moderna dell’Università degli Studi di Milano (Martinengo, Prada, Tanzi ) mostrava, in elaborati di studenti della scuola media inferiore, la presenza di cultismi attinti al lessico delle scienze o della religione e di stilemi (► stilema) burocratici o di luoghi comuni letterari, veicolati dalla narrativa di consumo, entro una lingua per altri versi del tutto grammaticalmente inaccettabile (ricordiamo, a puro titolo esemplificativo, forme come dentizione, liquido amniotico, vacino [così, nell’originale] antiallergologico, socializzare, fondo battesimale per fonte battesimale o fatilico per fatidico). Piuttosto diffusi, in quegli scritti come in molti altri documenti tipici dell’espressività popolare, erano anche i termini stranieri, spesso erroneamente adattati alla fonetica italiana (è il caso di Kemia ‘Kenia’, Thaindaindia ‘Thailandia’ o addirittura singol ‘single’).  Significativo, infine, di una spiccata tendenza alla resa formale dell’espressività è anche l’uso frequentissimo uso di suffissati alterativi (► derivazione); spesseggiano, in particolare, gli accrescitivi, i diminutivi ed i vezzeggiativi (come sorellina, grembiulino, ragazzina, filino, laghetti, casetta, bambolotto ed i superlativi come grandissimo, altissimo, bellissimo). La macrosintassi e la testualità dell’italiano popolare Come è forse lecito attendersi, nell’organizzazione sintattica dei testi scritti di italiano popolare la paratassi (la coordinazione) predomina vistosamente sull’ipotassi (la subordinazione); gli scriventi poco colti, infatti, mostrano una capacità limitata di organizzazione del testo e della frase e per questo ripiegano, in generale, su un periodare elementare, interamente o quasi interamente costituito di coordinate, sindetiche (unite, cioè, tramite una congiunzione) o asindetiche (senza congiunzione).  Esemplare, a questo riguardo, è il brano che segue, tratto da uno degli elaborati scolastici analizzati nell’indagine di Martinengo, Prada e Tanzi: Mi chiamo Massimo, sono alto 140 cm., peso 35 kg., ho gli occhi castani come i capelli. A 3 anni sono andato all’asilo, c’erano tanti amici e potevamo giocare. Una volta all’asilo mi sono dimenticato di portare il vestito di carnevale. Allora me l’hanno prestato le suore. Mi è rimasto in mente perché gli altri erano tutti vestiti e io no. Mi sentivo un pò [così nell’originale] diverso. Comuni sono poi, nella scrittura semicolta, cambi di progettazione, anacoluti, incoerenze, collegamenti a senso, ripetizioni, spiccata mimesi dell’oralità (ossia, imitazione dei modi propri del parlato), bruschi passaggi dal discorso diretto a quello riportato e viceversa; negli elaborati degli studenti della scuola media abbondano, per esempio, costrutti come i seguenti: Io mi ricordo un episodio che per me non mi sembrava vero… o E come tutti i bambini arriva anche l’ora delle elementari…; Infatti ora mai era diventata lei il centro di tutte le attenzioni, io se c’ero bene, se no, ma sarà andata a giocare.

29 Italiano popolare: un campione
Testo 4 [...]e poi il mio amico Romeo sentendo questo racconto gli fece una proposta e andò dal suo padrone della ragazza e gli disse: Se ci date una buona dote alla ragazza la sposo io e il bambino lo legittimo io, se viceversa tutto verrà svelato, e per il tentato suicidio diremo che si è sentita meno è svenuta e si è appoggiata alla ringhiera del ponte e non cera nessuno ad aiutarla e è precipitata nel fiume per disgrazia e se non gli date nulla sarà denunciato il vostro figlio per violenza carnale senza il consenso della giovane donna. Danilo Montaldi, autobiografie della leggera, Einaudi, Torino, 1961: 228.

30 Italiano popolare: un campione
Testo 5 Io non posso dire di avere avuto una bella vita fino adesso. La mia famiglia si iniziò a rovinare con la mia nascita perché quando io sono nato mio padre si andò a ubriacare così dopo prese il vizio di bere e smise anche di lavorare picchiava sempre mia sorella e me ma di più mia sorella perché non gli vuoleva mai dare raggione e mio padre così la picchiava quando siamo diventati grandi mia madre ha iniziato a lavorare e mio padre gli fregava i soldi del lavoro per poter andare a bere così mia madre fu costretta a chiedere la separazione ma mio padre non l’accetto cosi mia madre inizio a fare le pratiche del divorzio anche se mio padre non era d’accordo, dopo io mia madre e mia sorella andamma ad abitare in un altro paese ma mio padre ci continuava a tormentare ed a minacciare così verso Maggio io e mia madre partimo l’asciando mia sorella a finire la scuola io cosi dopo tante assenze e non ero riuscita a recuperare sono stato bocciata ,mia madre mi lascio alla spezia e lei venne qui a Milano e trovò lavoro dopo la ragiunse mia sorella e dopo io abbitando con mia zia per circa 2 anni adesso mio padre si è pentito però non è cambiato e cosi mia madre e ritornata giù in Calabria insieme a mia sorella lasciandomi qui con mia zia, e mio padre è anche lui giù in Calabria qualche volta li sento però mi manca la mia famiglia oedendo quelle dei miei compagni pera questo dico di non avere una bella vita. Un carattere particolarmente rilevato delle scritture in italiano popolare è quello dell'irregolarità ortografica. Le devianze più comuni riguardano l'interpunzione, l'uso di apostrofo, accento, h; la suddivisione delle parole, la resa di alcuni nessi (come quelli che trascrivono le consonanti palatali [gn] (il suono di gnocco), [sc] (il suono di sciocco), [dg] (come in gelo) e che rendono le geminate). L’italiano popolare, poi, si caratterizza, sia nel dominio dell'oralità che in quello della scrittura, per la presenza di numerosi usi morfologicamente e sintatticamente marcati: molti hanno origine nel sostrato dialettale; altri sono da addebitare ancora una volta a quella tendenza alla semplificazione che abbiamo già citato tante volte. Ricordiamo solo, a titolo di esempio, i casi di trapasso di classe o genere (metaplasmo: la sale, nell'italiano settentrionale, lo scatolo in quello meridionale), di concordanza a senso (la gente dormivano), e di uso di perifrasi aspettuali (v. la voce Aspetto nel Glossario: sono dietro a finire il lavoro 'sto finendo il lavoro'). Il lessico degli italiani regional fa spazio a numerosi localismi, soprattutto nell’uso orale; nello scritto il controllo esercitato dallo scrivente fa sì che il numero di spiccati dialettismi sia meno alto di quanto ci si potrebbe attendere. Interessante e caratteristico è anche l'uso concomitante di lessico piuttosto povero e generico (Ho comprato un sacco di quelle robe lì dei mercatini, no, che costano un tanto al chilo) e di tecnicismi, cultismi, burocratismi ed esotismi, talora storpiati (vacino antiallergologico, fondo battesimale per fonte b.).  Significativo, infine, di una spiccata tendenza alla resa formale dell'espressività è anche l'uso frequentissimo uso di prefissati e suffissati (soprattutto accrescitivi, diminutivi e vezzeggiativi come sorellina, grembiulino, ragazzina, filino, laghetti, casetta, bambolotto ed i superlativi come grandissimo, altissimo, bellissimo). Quanto, infine, alla sintassi ed all’organizzazione dei testi, nell’italiano popolare la coordinazione predomina vistosamente sulla subordinazione e sono molto frequenti cambi di progettazione, anacoluti, incoerenze, collegamenti a senso, ripetizioni, bruschi passaggi dal discorso diretto a quello riportato e viceversa.


Scaricare ppt "Lingua italiana (CT) Sociolinguistica (1)"

Presentazioni simili


Annunci Google