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PubblicatoTommasa Grilli Modificato 9 anni fa
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LEZIONE 12 DELLA SCUOLA DEL SABATO PAOLO: MISSIONE E MESSAGGIO SABATO 19 SETTEMBRE 2015 SABATO 19 SETTEMBRE 2015 3° TRIMESTRE 2015
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Secondo la cultura: giudaica e gentile. Usando delle similitudini: Atleti e soldati. La Legge di Dio. La morte e la resurrezione. I collaboratori di Paolo. Dal principio, Paolo dovette adattare il suo messaggio a una grande varietà di ascoltatori. Come insegnare le verità eterne a persone di diverse razze, culture e religioni? Insegnando verità universali: Lavorando in gruppo: Usando diversi metodi d’insegnamento:
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«I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza» (1ª Corinzi 1:22) «I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza» (1ª Corinzi 1:22) Giudei Necessità Pensavano che un messaggero divino si sarebbe manifestato con segni e prodigi, come fece Mosè in Egitto (Giovanni 6:30). Messaggio Parlava della storia d’Israele, di Gesù come discendente di Davide, e dei suoi miracoli, della sua morte e resurrezione. Gentili Necessità Cercavano una base razionale per il loro credo. Messaggio Usando i suoi scritti, parlava di Dio come Creatore, Sostenitore e Giudice; e come Redentore del peccato.
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«Non sapete che coloro i quali corrono nello stadio, corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo. Chiunque fa l'atleta è temperato in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, per una incorruttibile» (1ª Corinzi 9:24-25) Paolo utilizzava le cose che erano famigliari ai suoi ascoltatori per insegnare le verità eterne. Così come l’atleta corre nello stadio per raggiungere la meta, il credente deve vivere con lo sguardo fisso alla meta: la vita eterna. Il lottatore mantiene una vita di stretta temperanza per ottenere la vittoria; a maggior ragione, il credente deve adattare la sua vita alla norma divina prima di raggiungere la vittoria.
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I soldati romani erano sparsi in ogni angolo dell’Impero. Da essi, Paolo estrasse alcuni validi insegnamenti. Come il soldato è disposto a sopportare le difficoltà e a compiere gli ordini ricevuti per soddisfare chi lo ha arruolato, i credenti devono essere dei servi fedeli di Dio per essere grati a Gesù, che li ha chiamati nel suo Regno. In Efesini 6:10-18 e altri passaggi, Paolo usa l’armatura del soldato come esempio delle armi che deve usare il cristiano: la fede, la giustizia, la verità…
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«Annulliamo dunque la legge mediante la fede? No di certo! Anzi, confermiamo la legge.» (Romani 3:31) Paolo nelle sue lettere usa il termine «legge» in diverse forme: tra l’altro parla della «legge di Dio», della «legge di Mosè» (1Co. 9:9) e della «legge del peccato». (Ro. 7:25) A volte lo fa in modo contradditorio: Era «sotto la legge» (1Co. 9:21) ma «libero dalla legge». (Ro. 7:6) I giudei dovevano comprendere la differenza tra la Legge immutabile di Dio, eterna e obbligatoria per tutti gli uomini, e le leggi applicabili solo al popolo d’Israele come nazione. Non aveva senso obbligare i gentili a obbedire alle leggi cerimoniali o raziali (circoncisione), ma dovevano comprendere l’importanza di ubbidire alla Legge di Dio. Per questo, Paolo fece dei chiari riferimenti sull’osservanza dei comandamenti. (Ro. 13:8-10; 1Co. 7:19; Ef. 4:28; Ef. 6:2)
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«Il solo che possiede l'immortalità e che abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere; a lui siano onore e potenza eterna. Amen.» (1ª Timoteo 6:16) La dottrina dell’immortalità dell’anima è qualcosa di estraneo alla Scrittura. La Bibbia dice chiaramente che l’uomo quando muore smette di esistere (Ecl. 9:5; Salmo 115:17) e che Dio è l’unico a possedere l’immortalità. (1Tim. 6:16). L’immortalità sarà data ai salvati nel giorno della resurrezione, quando «il mortale si rivestirà d’immortalità» (1Co. 15:53). Infatti la morte è qualcosa che colpisce tutti gli uomini (Ebrei 9:27), è importante comprendere che la morte è come un sonno. Per questo Paolo, più volte, parla dei morti come di quelli che «dormono» (1Ts. 4:13; 1Co. 11:30; 1Co. 15:6).
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«Fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati». (1ª Tessalonicesi 4:13-14) Senza resurrezione, non c’è salvezza: «e se Cristo non è risuscitato, la vostra fede è vana; e siete ancora nei vostri peccati. Allora anche quelli che dormono in Cristo periranno». (1Cor. 15:17-18) Paolo insegna –concordemente al resto delle Scritture– che Gesù morì e rimase nel sepolcro fino alla sua resurrezione. Ugualmente, noi rimaniamo nel sepolcro dopo la nostra morte fino alla resurrezione. «Ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta». (1Cor. 15:23) La resurrezione di Gesù e quella dei credenti è una realtà inerente alla nostra fede.
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Paolo non lavorava solo. La Bibbia menziona vari dei suoi collaboratori: Barnaba, Giuda Barsabba, Sila, Giovanni Marco, Timoteo, Erasto, Tichico, Aristarco, Gesù il giusto, Dema e Luca. Questo c’insegna che una persona sola, seppur possedendo molti doni, non può fare il lavoro da solo. La missione è un lavoro di gruppo. Può succedere che possano sorgere delle difficoltà tra i membri del gruppo. Per esempio, Dema abbandonò Paolo nel momento di maggior bisogno (2Tim. 4:10). Dopo una seria discussione, Barnaba e Giovanni Marco si separarono da Paolo e andarono a lavorare in altri posti (Atti 15:36-41). Tuttavia, questo non fu uno scisma permanente. La riconciliazione è possibile quando si ha uno spirito perdonatore.
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«Chi può valutare gli effetti che ebbe per il mondo l'opera di Paolo? Quanto è dovuto alla predicazione di Paolo e dei suoi collaboratori, nei loro viaggi spesso inosservati dall'Asia alle coste d'Europa? Quanti benefici influssi che alleviano le sofferenze, che confortano nel dolore, che frenano il male, che nobilitano la vita sottraendola all'egoismo e alla sensualità ma la glorificano con la speranza dell'immortalità, derivano dal Vangelo del Figlio di Dio? Quale gioia nella vita è maggiore di quella che scaturisce dalla consapevolezza di essere stati strumenti di Dio? Quale gioia, nell'eternità, sarà maggiore di quella di colui che vede il risultato di una simile opera?» E.G.W. Principi di educazione cristiana pag. 42
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