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PubblicatoVittore Bevilacqua Modificato 10 anni fa
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CdLM in Economia e Management A.a. 2012/2013 Docente: Domenico Sarno
Teoria finanziaria CdLM in Economia e Management A.a. 2012/2013 Docente: Domenico Sarno
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Contenuti Rapporto tra l’impresa e coloro che forniscono il capitale
Teoria classica delle decisioni finanziarie Costi del dissesto finanziario e del fallimento La politica dei dividendi
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L’analisi classica delle decisioni finanziarie: le proposizioni di Modigliani-Miller
struttura finanziaria si intende la combinazione di mezzi propri e debito esiste una struttura finanziaria ottimale? le proposizioni di Modigliani-Miller dimostrano che, in assenza di imposte, un’impresa non può modificare il suo valore facendo variare la ripartizione tra azioni e debito l’ipotesi è che i manager massimizzano il valore dell’impresa (v) V = S + B dove S = mezzi propri e B = debito.
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La I^ proposizione di Modigliani-Miller
Consideriamo un’impresa priva di debito che produce e distribuisce utili (U). Vu = Su Consideriamo un individuo che acquisti il 15% delle azioni di questa impresa. Paga inizialmente 0.15 Vu e riceve ogni anno 0.15 U [I] ,15 Vu 0,15 U Consideriamo un’impresa indebitata con mezzi propri pari a Sd e debito pari a B. Il valore di questa impresa (Vd) è Vd = Sd + B
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I^ proposizione MM (segue)
L’impresa è identica a quella precedente tranne che per la struttura finanziaria. Quindi, produce utili lordi pari a quelli dell’impresa precedente (U) e utili al netto degli interessi sul debito (R) pari U-R Un individuo che fosse proprietario del 15% dell’impresa riceverebbe, perciò, un dividendo pari al 15% dell’utile al netto degli interessi [II] ,15 Sd 0,15 (U-R) Supponiamo, infine, che un individuo possa prendere a prestito dalla banca una somma pari al 15% del debito dell’impresa indebitata e con questa, assieme a fondi propri, acquistare il 15% delle azioni dell’impresa non indebitata.
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I^ proposizione MM (segue)
La situazione di questo individuo può essere sintetizzata come [III] ,15 Vu – 0,15 B 0,15 U – 0,15 R = 0,15 (U-R) Confrontiamo questa condizione con quella precedente (la [III] con la [II]). Gli investimenti iniziali sono rispettivamente 0,15 Sd e ,15 Vu – 0,15 B Poiché i rendimenti netti sono uguali e pari a 0,15 (R-U), anche gli investimenti devono essere uguali.
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I^ proposizione MM (segue)
Perché questo accada, occorre che Vu = Sd + B e visto che Vd = Sd + B, e Sd = Vd - B allora si deve avere Vu = Vd PROPOSIZIONE I di MODIGLIANI-MILLER: il valore di un’impresa è indipendente dalla sua struttura finanziaria. (naturalmente questo risultato è subordinato all’ipotesi che l’individuo possa contrarre prestiti allo stesso tasso dell’impresa).
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La II^ proposizione di Modigliani-Miller
Per sviluppare la II proposizione di MM occorre tenere presente il concetto di costo medio ponderato del capitale dove rB = tasso di interesse (costo del debito) rS = rendimento atteso del capitale (costo del capitale azionario) B = debito S = capitale sociale (valore delle azioni) Definiamo r0 il costo del capitale per l’impresa priva di debito
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II^ proposizione (segue)
La I PROPOSIZIONE implica che il costo medio ponderato del capitale è costante e indipendente dalla struttura finanziaria dell’impresa, deve essere Perciò, si ha Come si vede, quando r0>rB , rS aumenta col crescere del rapporto debito/mezzi propri dell’impresa.
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II^ proposizione (segue)
PROPOSIZIONE II di MODIGLIANI-MILLER: il rendimento richiesto sul capitale azionario è una funzione lineare del rapporto debito/mezzi propri. In presenza di debito, il capitale presenta un maggiore livello di rischio; il rendimento di questo capitale risente di questa maggiore rischiosità. La II proposizione MM implica che il costo del capitale dell’impresa non può essere ridotto sostituendo capitale azionario con debito, anche quando quest’ultimo è meno costoso. La ragione sta nel fatto che un aumento del debito accresce il livello del rischio e questo fa aumentare il costo complessivo del capitale.
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Proposizioni di MM con imposte
Le proposizioni di MM non tengono conto: - dell’esistenza di IMPOSTE - dei costi di dissesto (e fallimento) e dei costi di agenzia PROPOSIZIONI DI MM CON IMPOSTE (societarie) In presenza di imposte il valore dell’impresa è correlato positivamente con il debito in quanto che la normativa fiscale tratta gli interessi sul debito in modo diverso rispetto agli utili destinati agli azionisti. Gli interessi sono totalmente esenti dalla tassazione societaria, mentre gli utili sono tassati. Se l’utile (al lordo degli interessi e delle imposte – Earning Before Interests and Taxes-EBIT) è il flusso di cassa dell’impresa, allora il reddito imponibile di dell’impresa priva di debito è EBIT
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I^ MM con imposte (segue)
Supponendo che l’aliquota di imposta sia pari a TC, le imposte sono pari a EBIT TC e, quindi, l’utile al netto delle imposte è EBIT (1-TC) Per un’impresa indebitata, invece, il reddito imponibile è EBIT – rBB e le imposte totali (EBIT – rBB) TC e il flusso di cassa che va agli azionisti (EBIT – rB B) (1-TC)
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I^ MM con imposte (segue)
Il flusso di cassa che va agli azionisti e dell’impresa indebitata è EBIT (1-TC) + TC rBB che è maggiore, rispetto a quello dell’impresa priva di debito, per l’importo TC rBB Si tratta dello SCUDO FISCALE DEL DEBITO ed il suo valore attuale è TC rBB/rB = TC B se si utilizza come tasso di sconto il costo del debito.
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PROPOSIZIONE I di MM (con imposte): Il valore dell’impresa indebitata
I^ MM con imposte (segue) Il valore dell’impresa priva di debito è mentre quello dell’impresa indebitata è PROPOSIZIONE I di MM (con imposte): Il valore dell’impresa indebitata è uguale al valore dell’impresa priva di debito e del valore attuale dello scudo fiscale; cresce all’aumentare del debito.
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II^ MM con imposte (segue)
PROPOSIZIONE II di MM (con imposte) La proposizione II diventa:
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Proposizioni MM con imposte (societarie e personali)
Nel caso di imposte personali, il valore dell’impresa indebitata può essere espresso in termini dell’impresa priva di debito come TB è l’aliquota sui proventi finanziari (come gli interessi sul debito) e TS l’aliquota personale (sui dividendi ricevuti dagli azionisti). Quando TB =TS, si ha Il vantaggio del debito si riduce quando Ts <TB (perché in questo caso si pagano maggiori imposte per un’impresa indebitata piuttosto che per un’impresa priva di debito).
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Vd=Vu +TCB TB=TS V Vd < Vu + TCB TS<TB (1-TC)(1-TS)< (1-TB) Vd=Vu (1-TC)(1-TS) = (1-TB) Vd<Vu (1-TC)(1-TS) > (1-TB) B
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Costi del fallimento (dissesto finanziario)
Il debito offre dei vantaggi fiscali; tuttavia, i pagamenti degli interessi ed il rimborso del capitale sono impegni inderogabili. Quando questi impegni non sono mantenuti, l’impresa va incontro al DISSESTO FINANZIARIO La conseguenza estrema del dissesto finanziario è il FALLIMENTO, cioè il trasferimento della proprietà dagli azionisti ai creditori. I costi del dissesto finanziario (e del fallimento) tendono, perciò, a controbilanciare i vantaggi fiscali del debito. Il dissesto finanziario, ed il fallimento, hanno un effetto negativo sul valore dell’impresa; tuttavia non è il rischio di fallimento a ridurre il valore, quanto piuttosto i costi che si sopportano per ridurre quel rischio.
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Descrizione dei costi del dissesto
I COSTI DEL DISSESTO sono: COSTI DIRETTI: costi legali e costi amministrativi di liquidazione e di riorganizzazione; COSTI INDIRETTI: il fallimento altera il rapporto clienti-fornitori e comporta una perdita di credibilità, che pregiudica la prosecuzione dell’attività COSTI DI AGENZIA: nascono dal conflitto di interessi tra azionisti e creditori. Gli azionisti mettono in atto politiche volte a danneggiare i creditori e a favorire se stessi. Si tratta di strategie costose che riducono il valore di mercato dell’impresa.
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Politiche “egoistiche”
1) Intraprendere progetti ad elevato rischio Poiché l’impresa è indebitata esiste un incentivo ad intraprendere i progetti più rischiosi. 2) Incentivi a sotto-investire Gli azionisti di un’impresa vicina al fallimento sono portati a credere che nuovi investimenti finiscano per aumentare le perdite. 3) Prosciugare gli asset aziendali (“mungere la proprietà”) E’ una strategia tesa a ridurre il capitale azionario attraverso la distribuzione di dividendi extra e l’effettuazione di pagamenti agli azionisti nei periodi di difficoltà finanziarie; in questo modo, si sottraggono fondi a disposizione dei creditori.
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Gli strumenti per ridurre i costi del dissesto finanziario
Queste distorsioni si verificano solo in presenza di una probabilità di fallimento. Chi paga le conseguenze delle politiche “egoistiche”? In ultima analisi sono gli azionisti, in quanto i creditori razionali sanno che, nell’imminenza di un dissesto finanziario, non possono aspettarsi collaborazione da parte degli azionisti, e cercano di cautelarsi aumentando il tasso di interesse. I manager hanno, comunque, interesse a ridurre i costi del dissesto. Gli strumenti sono: a) clausole di protezione; b) concentrazione del debito.
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a) clausole di protezione
a) possono essere sia positive che negative. NEGATIVE - limitazioni riguardanti l’ammontare massimo dei dividendi distribuiti; - divieto per l’impresa di dare in garanzia ad altri creditori proprie attività; - divieto di fusione con altre imprese - divieto di alienazione di attività o parti di attività - divieto di emettere ulteriore debito a lungo termine POSITIVE - impegno a mantenere il proprio capitale ad un livello minimo - impegno a fornire un rendiconto finanziario periodico ai creditori Le clausole sul debito riducono i gradi di libertà del management, ma tendono ad aumentare il valore dell’impresa.
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b) concentrazione del debito
Una delle ragioni che fa aumentare i costi del fallimento è che le diverse classi di creditori sono in conflitto tra di loro. Nel caso in cui uno o più creditori si accollino l’intero debito si riducono i costi (laddove è possibile i creditori potrebbero anche acquistare azioni).
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INTEGRAZIONE TRA EFFETTI FISCALI E COSTI DEL DISSESTO
MM dimostrano che, in presenza di imposte, il valore dell’impresa aumenta col debito; questo significa che l’impresa dovrebbe scegliere il livello massimo di indebitamento. D’altra parte, i costi di fallimento riducono il valore di un’impresa indebitata. L’integrazione tra gli effetti fiscali e i costi dell’insolvenza può essere rappresentata graficamente. V Vu +TcB Scudo fiscale Costi dissesto Vu B* B
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