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Percorso: Bosco di Capodimonte
Appunti di viaggio 15 maggio 2006 Percorso: Bosco di Capodimonte FINE PRESENTAZIONE
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Il bosco di Capodimonte
Il parco di Capodimonte, polmone verde della città di Napoli, si estende su un'area di circa 130 ettari, popolata da oltre 400 specie vegetali con imponenti alberi secolari. Tra gli alberi più pregiati e antichi, si trovano tuttora olmi, querce, tigli, castagni, cipressi, pini. Il piano originario del parco fu opera dell'architetto Ferdinando Sanfelice, Il bosco, costituiva la riserva di caccia voluta da Carlo III di Borbone nel 1734, e circonda l'omonima reggia. All'interno del bosco, oltre alla reggia, sorgono altri sedici fabbricati tra residenze, casini, fabbriche artigiane, depositi e chiese, fontane e statue, orti e frutteti, dispositivi per la caccia e il cimitero dei Cappuccini dell'Eremo.
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NORD OVEST EST Pizzeria Bruno SUD
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Porta Piccola (ingresso realizzato alla fine del secondo decennio dell'Ottocento, durante la realizzazione della nuova cinta muraria; le due garitte laterali sono successive, del 1835).
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La Reggia di Capodimonte
La reggia di Capodimonte fu voluta dal sovrano Carlo III di Borbone, che intendeva con essa arricchire la sua vasta riserva di caccia sulla verde collina di Capodimonte. La costruzione del palazzo, progettato da Giovanni Antonio Medrano, cominciò nel 1738 e durò per circa venti anni. Al completamento della costruzione, Carlo III vi trasferì la preziosa collezione Farnese, ereditata dalla madre. Alla morte del sovrano, il suo successore Ferdinando IV incaricò l'architetto Fuga di ampliare la reggia e risistemare il parco, con l'importante contributo di specialisti provenienti dal Real Orto Botanico; nel corso del decennio francese, le opere d'arte furono spostate nell'edificio dell'attuale Museo Nazionale, e la reggia divenne residenza di Gioacchino Murat, per poi tornare ad ospitare Ferdinando al suo ritorno sul trono napoletano. Sotto i Savoia, la reggia di Capodimonte riveste il duplice ruolo di residenza e museo, per poi assolvere dal 1950 (anno di istituzione del Museo Nazionale di Capodimonte) solo quest'ultima funzione, ospitando collezioni di arte medioevale e moderna e il ritorno della collezione Farnese.
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Porta di Mezzo il viale, racchiuso tra le Scuderie e il Casino dei Principi (costruito nel 1828 come dependance per fare alloggiare i figli del re) conduce a Porta di Mezzo. La porta ci introduce in quella parte del parco che ha conservato il tracciato settecentesco, e da qui si dipartono cinque viali che si irradiano a ventaglio nel folto bosco ed altri due, appena accennati.
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Scuderie
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Casino dei Principi
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Porta di Mezzo
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I cinque viali a ventaglio
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Grottino, ossia un falso rudere
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“Vaccheria”, vera e propria azienda agricola.
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la Fontana di mezzo, situata in posizione baricentrica rispetto all'intero bosco; nella fontana vivevano una varietà di pesci e di capitoni ed era alimentata da una grande cisterna, situata presso il Fabbricato della Manifattura della porcellana
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Fabbrica della Manifattura di Porcellana, oggi sede del “Caselli”, scuola di ceramica
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"Cellaio" o Magazzino, vecchio fabbricato che era addetto ad usi rurali, dove dal Settecento venivano conservati botti di vino, fascine, legna, ghiande ma anche grano, miglio, fagioli, fave, prodotti che servivano ad alimentare la numerosa selvaggina del Bosco o che erano messi in vendita.
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"Chiesa di San Gennaro", eretta nel 1745 per dare assistenza religiosa ai numerosi lavoratori che abitavano il Parco;
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In Via Capodimonte, di fronte Porta Piccola, non poteva mancare un’antica pizzeria. Leggendo, scoprirete il perché…. Pizzeria Bruno Nascita della pizza margherita Siamo esattamente nel Il re Umberto I e la regina Margherita, trascorsero l’estate di quell’anno a Napoli, nella reggia di Capodimonte. La regina era incuriosita dalla pizza che non aveva mai mangiato e di cui forse aveva sentito parlare da qualche scrittore o artista. Ma non poteva andare in pizzeria così la pizzeria andò da lei, cioè fu chiamato a palazzo il più noto rinomato pizzaiolo del tempo, che si trovava alla salita Sant'Anna, a pochi passi da via Chiaia. Don Raffaele, utilizzando i forni delle cucine reali, e assistito dalla moglie donna Rosa, che era poi la vera maestra di pizze, presentò ai sovrani tre tipi di pizze: una con sugna (una sorta di strutto), formaggio e basilico; una con aglio, olio e pomodoro e una terza con mozzarella, pomodoro e basilico, cioè con i colori della bandiera italiana. Quest’ultima pizza entusiasmò in particolare la regina Margherita, e non solo per motivi patriottici. Don Raffaele, da bravo uomo di pubbliche relazioni, colse al volo l'occasione e chiamò questa pizza " alla Margherita", il giorno dopo la mise in lista al suo locale ed ebbe, come si può immaginare, innumerevoli richieste Tutti a tavola e…..BUON APPETITO!!!!!!
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