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PubblicatoBattista Lillo Modificato 8 anni fa
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TINTORETTO ( ) Figlio di un tintore di panni, nascita a Venezia nel 1518; all’età di 15 anni presenza nella bottega di Tiziano (1488/ , tonalismo) per un apprendistato, ma dopo un breve periodo allontanamento; documento del maggio 1539: Tintoretto "maestro pittore“; attività svolta a Venezia, tranne per un probabile viaggio a Roma (1545) e una visita a Mantova (1580); a Venezia, dopo la morte di Tiziano, contesa con Veronese per le grandi committenze (antagonisti).
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TINTORETTO ( ) In area veneta conoscenza del disegno di scuola fiorentina-romana; pittura di Michelangelo riferimento per disegno e scelta di soggetti. Jacopo Tintoretto, Studio di un arciere. Carboncino nero su carta quadrettata, 32,2x20,7 cm. Firenze, Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe. Segni non continui nei contorni indicanti che l’artista aveva preso come modello un manichino anziché una persona. Schizzo preparatorio su quadrettatura.
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Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo , 1548.
LA TECNICA di TINTORETTO “Vestendole di cenci [piccole figure in creta o cera], ricercandone accuratamente con le pieghe de’ panni le parti delle membra” … [posizionava i manichini] “entro piccole case e prospettive composte di asse e di cartoni, accomodandovi lumicini per le fenestre, recandovi in tale guisa lumi e le ombre” (Carlo Ridolfi, 1642, biografia di Tintoretto, in: G. Dorfles, C. Dalla Costa, G. Pieranti, Arte 2, Atlas, p. 363).
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Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo (Il miracolo di San Marco), Olio su tela, 415x541 cm. Venezia, Gallerie dell’Accademia.
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TINTORETTO ( ) Grandi innovazioni di Tintoretto: “l’immediatezza della resa” (G. Cricco, F. P. Di Teodoro, Itinerario nell’arte, vol. 2, p. 527) dei personaggi, il dinamismo, la luce. La luce: - mette in rilievo le figure, che sembrano emergere da un contesto scenografico; - anticipa soluzioni barocche e anche impressioniste; - nei ritratti contribuisce a connotare psicologicamente i personaggi e a descrivere i particolari. Jacopo Tintoretto, varie tipologie di ritratto.
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Caravaggio, Vocazione di San Matteo, ca 1599 – 1600
Caravaggio, Vocazione di San Matteo, ca 1599 – Olio su tela, 322x340 cm. Cappella Contarelli, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma.
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Claude Monet, La Cattedrale di Rouen, pieno sole, armonia blu e oro, Olio su tela, 107x73 cm. Parigi, Musèe D’Orsay. Ravvisabili influenze del Tintoretto nell’arte barocca e negli Impressionisti, i quali erano interessati alla pittura tonale veneta e alla vivezza della luce del Tintoretto.
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“Nella medesima città di Venezia, e quasi ne’ medesimi tempi è stato et è vivo ancora un pittore chiamato Iacopo Tintoretto, il quale si è dilettato di tutte le virtù, e particolarmente di sonare di musica e diversi strumenti, et oltre ciò piacevole in tutte le sue azioni, ma nelle cose della pittura stravagante, capriccioso, presto e risoluto, e il più terribile cervello che abbia avuto mai la pittura, come si può vedere in tutte le sue opere e ne’ componimenti delle storie fantastiche e fatte da lui diversamente e fuori dell’uso degli altri pittori: anzi ha superato la stravaganza con le nuove e capricciose invenzioni e strani ghiribizzi del suo intelletto, che ha lavorato a caso e senza disegno, quasi mostrando che quest’arte è una baia. Ha costui alcuna volta lasciate le bozze non finite, tanto a fatica sgrossate, che si veggono i colpi de’ pennelli fatti dal caso e dalla fierezza, piuttosto che dal disegno, e dal giudizio”.
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“Ha dipinto quasi tutte le sorti pitture a fresco, a olio, ritratti di naturale, e ad ogni pregio; di maniera che, con questi suoi modi ha fatto e fa per la maggior parte delle pitture che si fanno a Venezia. E perché nella sua giovinezza si mostrò in molte bell’opere di gran giudizio, se egli avesse conosciuto il gran principio che aveva dalla natura, et aiutatolo con lo studio e col giudizio, come hanno fatto coloro che hanno seguitato le belle maniere de’ suoi maggiori, e non avesse, come ha fatto, tirato via di pratica, sarebbe stato uno de’ maggiori pittori che avesse mai avuto Vinezia; non che per questo si toglia che sia fiero e buon pittore e di spirito svegliato capriccioso e gentile” (Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architetti) Vasari ne disprezza gli atteggiamenti stravaganti, il cattivo disegno superficiale, ma ne esalta le novità nello stile e la grande produttività (velocità).
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TINTORETTO ( ) Primo capolavoro: Il miracolo di San Marco (1548), per la Scuola Grande di San Marco, importante Confraternita laica veneziana di carità, con fini religiosi; temporanea rimozione dell'opera dalla Sala Capitolare, per eccessiva originalità del dipinto. - Ottenimento con questo dipinto dei primi successi da parte di Tintoretto, inoltre incarichi per edifici pubblici Veneziani e su commissione della stessa Scuola Grande (1562) realizzazione di altri teleri rappresentanti ulteriori miracoli del Santo.
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Linee-luce che definiscono i contorni degli edifici e le forme.
Jacopo Tintoretto, Trafugamento del corpo di San Marco, Olio su tela, 398x315 cm. Venezia, Gallerie dell’Accademia Linee-luce che definiscono i contorni degli edifici e le forme. Da: (G. Dorfles, C. Dalla Costa, G. Pieranti, Arte 2, Atlas, pp ).
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TINTORETTO ( ) Fantasia, estro, audaci scorci, bagliori di luce vivificanti e invenzioni pittoriche numerosi nelle sue opere, pur avendo operato nel clima della Controriforma, per committenze religiose; decisioni del Concilio di Trento ( ) che influenzarono la Chiesa per un lunghissimo periodo: l’arte doveva illustrare i principi della fede al popolo; definizione di regole severe contro i protestanti per controllare clero, fedeli, diocesi, libri e artisti, i quali erano obbligati a rispettare l’iconologia stabilita riguardo alle immagini sacre.
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Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo (Il miracolo di San Marco), Olio su tela, 415x541 cm. Venezia, Gallerie dell’Accademia.
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Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo , 1548.
Opera per la Scuola Grande di San Marco realizzata insieme ad altre tele relative ai miracoli di San Marco, per decorare la Scuola (confraternita di carità). Rappresentazione del Miracolo dello schiavo: un servo, che era andato a venerare le reliquie di san Marco, fu condannato dal padrone pagano ad essere ucciso, ma per intervento del Santo rimase illeso.
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Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo , 1548.
Approfondimento da: G. Dorfles, C. Dalla Costa, G. Pieranti, Arte 2, Atlas, p. 363 TECNICA di TINTORETTO Teleri ottenuti con tessuti di lino cuciti insieme; all’epoca i telai lavoravano tele fino ai 110 cm di altezza; trame diverse usate da Tintoretto, che non badava alla posizione delle cuciture; spesso stesura del colore sopra una base di gesso (e non gesso e colla come consueto) oppure direttamente sulla tela dipinta con fondo scuro; determinazione di soluzioni di “mobilità atmosferica” (G. Dorfles, C. Dalla Costa, G. Pieranti, Arte 2, Atlas, p. 363) attraverso tocchi rapidi e fluenti di colore oppure con la diversa consistenza delle pennellate; contrasti di luce; utilizzo di modelli di figure in creta e cera per lo studio degli effetti luminosi.
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Ambientazione: pergolato tra edificio e rovine in prospettiva;
dinamismo, movimento avvolgente, forza centrifuga che anima i personaggi: schiavo nudo (arnesi di tortura spezzati); aguzzino rivolto verso il giudice (o padrone pagano); Santo, in scorcio prospettico dal basso, non visibile ai presenti. Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo, Particolare.
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Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo , 1548.
Tre protagonisti (schiavo, santo, giudice) che si muovono lungo “linee salienti” contrapposte; scorci prospettici particolari; gli orientali con il turbante simboleggiano i nemici, i barbari infedeli; forme “serpentinate” michelangiolesche; movimento ondeggiante della folla: in avanti e in dietro.
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Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo , 1548. Particolare.
Michelangelo, Sacra Famiglia (Tondo Doni), ca Tempera su tavola, diametro 120 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi.
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Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo , 1548.
Conoscenza (forse indiretta) dei modelli michelangioleschi (calchi (?) delle sculture di Michelangelo per la Sagrestia Nuova di San Lorenzo); utilizzo della “linea dinamica” che diventa luce (P. Adorno, A. Mastrangelo, Espressioni d’arte 1, p. 524).
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Colore più pastoso e forte in primo piano (resa dei corpi), gradazioni sbiadite nello sfondo (resa della profondità prospettica), con bagliori di luce naturale; luce, proveniente da destra, protagonista, con effetti di “urti chiaroscurali” (P. Adorno, p. 525): parti illuminate, parti scure, luce innaturale di san Marco. Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo, 1548.
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architetture classicheggianti nello sfondo chiaro;
SINTESI Jacopo Tintoretto, Il miracolo dello schiavo , 1548. Dinamismo, movimento avvolgente, scorci prospettici particolari, forme serpentinate (modelli michelangioleschi); centralità della luce: parti illuminate in modo naturale; aree scure; luce innaturale del santo; uso vario del colore: più denso nei primi piani; più diluito nel fondo; architetture classicheggianti nello sfondo chiaro; rapidità esecutiva: foga pittorica.
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Jacopo Tintoretto, Crocifissione, ca 1565. Olio su tela, 536x1224 cm
Jacopo Tintoretto, Crocifissione, ca Olio su tela, 536x1224 cm. Venezia, Scuola Grande di San Rocco, Sala dell’Albergo.
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sapiente uso della luce di carattere visionario;
Jacopo Tintoretto, Crocifissione, 1565. Tela di grandi dimensioni per la Scuola Grande di San Rocco a Venezia; sapiente uso della luce di carattere visionario; capacità di dominare lo spazio e composizione affollata; episodio centrale, con Cristo isolato nello spazio “fantasma di luce” (Venturi), attorniato da molti episodi minori; studio delle relazioni tra l’opera e l’ambiente in cui doveva essere inserita, con impiego di modelli in legno; perfetto bilanciamento della composizione con episodi e personaggi contrapposti.
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Jacopo Tintoretto, Ultima cena, 1592-1594. Olio su tela, 365x568 cm
Jacopo Tintoretto, Ultima cena, Olio su tela, 365x568 cm. Venezia, Chiesa di San Giorgio Maggiore (Palladio).
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Leonardo, Il cenacolo, ca 1495-1497
Leonardo, Il cenacolo, ca Tempera e olio su intonaco, 460x880 cm. Milano Refettorio di Santa Maria delle Grazie.
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- ambientazione in un’osteria;
Jacopo Tintoretto, Ultima cena, Ultima opera del maestro. Novità: - ambientazione in un’osteria; - composizione che si sviluppa in trasversale, dilatando lo spazio: prospettiva scorciata della mensa (tavoli, soffitto, pavimento) a differenza dell’Ultima Cena di Leonardo.
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Jacopo Tintoretto, Ultima cena, 1592-1594.
Luce, anima dell’opera: - luce naturale della lampada a olio, i cui riflessi colpiscono varie parti: abito della serva, gatto, frutta, stoviglie; - luce fluorescente irradiata dagli Apostoli; - luce più forte che circonda Gesù illuminato da “una fonte luminosa autonoma” contrapposta al buio. (G. Cricco F. P. Di Teodoro, Itinerario nell’arte, vol. 2, Zanichelli, p. 531).
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realismo nella resa del clima della taverna.
Jacopo Tintoretto, Ultima cena, Luce degli angeli resa con filamenti dorati; diverse fonti di luce che mettono in evidenza alcuni personaggi e ne fanno scomparire altri (servi nello sfondo); realismo nella resa del clima della taverna.
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SINTESI Jacopo Tintoretto, Ultima cena, Novità nel contesto in cui è ambientata la scena, nella composizione, nella resa prospettica della mensa; luce che anima il dipinto: i bagliori della lampada, le aureole degli Apostoli, la luminosità emanata da Gesù, i lineamenti dorati degli angeli.
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