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PubblicatoFonsie Genovese Modificato 10 anni fa
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Il “modello mediterraneo di immigrazione” nel contesto italiano
Aspetti sociali, economici e normativi (prima parte) Anna Elia Sociologia del territorio a.a. 2011/12
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Le migrazioni nel post-fordismo
Paesi di destinazione “importatori riluttanti” Crescita di occupazione nei servizi e nella piccola impresa Fabbisogno diffuso di manodopera nelle nicchie dell’economa informale e negli ambiti più “sgraditi” dell’economia ufficiale Affidamento ad esterni di molte attività economiche (pulizia, trasporti, ecc.) Domanda di lavoro di cura (sud Europa): invecchiamento demografico, emancipazione femminile, mancato adeguamento delle politiche pubbliche di sostegno alla famiglia
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Anni ’70 l’Italia da paese di emigrazione diventa paese di immigrazione (1)
CAUSE: riduzione dei flussi migratori all’estero; emigrazione di rientro anni ‘66-’67. Esempio: emigrazione di rientro dalla Germania conseguenza della diminuzione della domanda di lavoro per la crisi petrolifera del ‘73; Sviluppo sociale e civile in Italia: emigrazione non più come soluzione a problemi di reddito e di occupazione: prospettiva disattesa di possibili investimenti nei luoghi di origine da parte degli ex-emigranti
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Anni ’70 l’Italia da paese di emigrazione diventa paese di immigrazione (2)
sviluppo del sistema del welfare soprattutto del sistema pensionistico; politiche assistenziali nel Mezzogiorno d’Italia (integrazioni al reddito: pensioni di vecchiaia e di invalidità. Destinatari soprattutto ex-emigranti). Anni ’70-’80 progressiva riduzione della migrazione interna verso le fabbriche: accresciuti livelli di scolarizzazione; riduzione dei livelli di occupazione
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Italia paese di immigrazione nel periodo post-industriale
Non vi è corrispondenza tra paese di arrivo e gruppi nazionali (es. ex-colonie). Eterogeneità nei paesi di provenienza (paesi africani e asiatici anche molto distanti) (Calvanese 1983) presenza femminile predominante in molte nazionalità (nelle migrazioni intraeuropee degli anni ’50 e ’60 la componente femminile era minoritaria).
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L’Italia nel quadro europeo (anni ‘80)
Politiche di controllo delle migrazioni a livello di CEE. Accordi di Schengen (l’Italia aderisce nell’85): visto di ingresso per cittadini extracomunitari – libera circolazione per i cittadini comunitari
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Ingresso riservato ai neocomunitari
ingresso nella UE nel 2004 di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta e Cipro Fino al 2004 i migranti di tale provenienze erano inseriti nelle categorie privilegiate: visto come turisti; iscrizioni alla camera di commercio per la ricerca di lavoro autonomo; formazione professionale; escamotage per inserirsi nel mercato del lavoro nero
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L’INGRESSO NELL’UNIONE EUROPEA DEI CITTADINI DELLA ROMANIA E DELLA BULGARIA SECONDO LE RECENTI INDICAZIONI MINISTERIALI (Circolari Ministeri Interno e Solidarietà sociale n 2 del 28 dicembre 2006 e n 3 del ) Ingresso libero in Italia senza alcun visto purché provvisti di documento di identità o di passaporto in corso di validità; Accesso al sistema di welfare nazionale in virtù della propria posizione lavorativa e della tipologia di attestazione di soggiorno Accesso differenziato nel mercato del lavoro conseguenza di processi di etnicizzazione del mercato del lavoro
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Modello mediterraneo di immigrazione con particolare riferimento al caso italiano (Pugliese 2002)
ingresso nel lavoro agricolo stagionale e nel terziario assenza iniziale di qualsiasi normativa di regolazione dei flussi migratori in ingresso; istituzioni facilitatrici (organismi di volontariato laico istituzioni ecclesiali, sindacato) di sostegno ai processi di sostegno-orientamento dei migranti emanazione di provvedimenti di sanatoria sempre più restrittivi; scarsa capacità di accesso dei migranti alle politiche sociali; dicotomia disoccupazione/immigrazione nel sud Italia
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Ingresso dei migranti nel lavoro agricolo stagionale (1)
Occupazione agricola nelle fasi della raccolta Inizialmente frequenti occasioni di rientro in patria Immigrazione maschile Carenza manodopera locale (elevati livelli di scolarizzazione; impiego di manodopera italiana fittizia) Sussidi della politica agricola dell’Ue (anni ’80-’90)
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Ingresso dei lavoratori migranti nel terziario (2)
Elevato impiego dei servizi alla persona (attività di collaborazione domestica, assistenza agli anziani e alle persone diversamente abili) Nei paesi del mediterraneo i migranti suppliscono alle carenze del sistema di welfare Nel sistema italiano l’aumento dei grandi anziani (metà anni ‘90) allarga progressivamente l’ausilio di “lavoratrici” migranti in ambito domestico
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Normativa di regolazione dei flussi e provvedimenti di sanatoria (3)
Apertura delle frontiere (anni ‘70) e grande facilità di ingresso Ruolo delle istituzioni facilitatrici Politiche di adeguamento agli orientamenti restrittivi dell’UE in materia di controllo delle frontiere Progressiva emanazione di politiche di sanatoria (normative di regolarizzazione) sempre più restrittive
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La dimensione territoriale di un modello di “integrazione subalterna” (Ambrosini 2005)
il modello dell’industria diffusa (piccole e medie imprese) nella Lombardia orientale e nelle regioni del Nord-Est; il modello delle economie metropolitane (grandi città, ma anche medi e piccoli centri) occupazioni nel basso terziario e nei servizi alle persone; il modello delle attività stagionali (Mezzogiorno): aree agricole in parte turistiche, lavoro di cura, lavoro stagionale informale; modello delle attività stagionali (Centro-Nord), attività agricole, turistiche, edili; le industrie di Stato nel sud Italia: i CARA e i CIE.
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