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René François-Ghislain
Magritte
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Magritte
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Nasce a Lessines, in Belgio, nel 1898
Nasce a Lessines, in Belgio, nel Suo padre, Léopard, è un mercante e si trasferisce con la famiglia a Châtelet nel Qui sua madre Adeline si toglie la vita nel 1912, gettandosi nel fiume Sambre. Con il padre e i due fratelli si trasferisce a Charleroi.
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Dopo gli studi classici, René volge i suoi interessi alla pittura, iscrivendosi nel 1916 all'Accademia di belle arti di Bruxelles, città dove la famiglia si trasferisce nel L'artista si interessa alle ricerche futuriste, conosciute attraverso Pierre Floquet e, nel 1919, espone la sua prima tela, Trois Femmes, presso la Galerie Giroux. Nel 1922 sposa Georgette Berger, incontrata quando aveva 15 anni.
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Nel 1923 vende il suo primo dipinto: il ritratto della cantante Evelyn Brélin. Nel frattempo lavora come grafico, principalmente nel design di carta da parati Secondo quando egli stesso ha scritto, la svolta surrealista avvenne dopo aver visto il quadro di De Chirico «Canto d’amore», dove sul lato di un edificio sono accostati la testa enorme di una statua greca e un gigantesco guanto di lattice. Nel 1925, aderisce al gruppo surrealista di Bruxelles L'anno successivo dipinge il primo quadro surrealista, Le Jockey perdu, e diversi disegni pubblicitari. Nel 1927 ha luogo la prima mostra personale, presso la galleria "Le Centaure" di Bruxelles, nella quale Magritte espone 61 opere;
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Nel 1926 prese contatto con Breton, capo del movimento surrealista, e l’anno successivo si trasferì a Parigi, per restarvi tre anni. Dopo di che la sua vita artistica si è svolta interamente in Belgio. Nel 1940, per timore dell'occupazione tedesca, si trasferisce con la moglie nel sud della Francia, a Carcassonne. In questi anni, sperimenta un nuovo stile pittorico, detto "alla Renoir" o "solare", che porta avanti sino al In quest'anno il critico Scutenaire pubblica la prima biografia dell'artista. Inizia il periodo "vache", una sorta di parodia del fauve. Nel 1954 ha luogo a Bruxelles un'importante retrospettiva con 93 opere. Nel 1965 soggiorna a Ischia, anche per motivi di salute, e visita Roma. Il Museum of Modern Art di New York organizza una retrospettiva. Dopo un ultimo, lungo viaggio fra Cannes, Montecatini e Milano, avvenuto nel 1966, muore l'anno successivo a Bruxelles.
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Magritte è l’artista surrealista che, più di ogni altro, gioca con gli spostamenti del senso, utilizzando sia gli accostamenti inconsueti, sia le deformazioni irreali. Con la sua pittura, non per vuole far emergere l’inconscio dell’uomo ma vuole svelare i lati misteriosi dell’universo. Ed è proprio su questo punto che la sua poetica conserva lati molto affini con quelli della Metafisica. I suoi quadri sono realizzati in uno stile da illustratore, di evidenza quasi infantile. Volutamente le sue immagini conservano un aspetto "pittorico", senza alcuna ricerca di illusionismo fotografico. Già in ciò si avverte una delle costanti poetiche di Magritte: l’insanabile distanza che separa la realtà dalla rappresentazione. E spesso il suo surrealismo nasce proprio dalla confusione che egli opera tra i due termini.
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È il caso del quadro «Ceci n’est pas une pipe», dove una riproduzione perfetta di una pipa è accompagnata dalla scritta "questa non è una pipa". L’iniziale mistero di una simile incongruenza va ovviamente sciolto nella constatazione che un quadro, anche se rappresenta una pipa, è qualcosa di molto diverso da una pipa reale.
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In altri quadri Magritte gioca con il rapporto tra immagine naturalistica e realtà, proponendo immagini dove il quadro nel quadro ha lo stesso identico aspetto della realtà che rappresenta, al punto da confondersi con esso. Di notevole suggestione poetica sono anche i suoi accostamenti o le sue metamorfosi. Combina, nel medesimo quadro, cieli diurni e paesaggi notturni. Accosta, sospesi nel cielo, una nuvola ed un enorme masso di pietra. Trasforma gli animali in foglie o in pietra. Il suo surrealismo è dunque uno sguardo molto lucido e sveglio sulla realtà che lo circonda, dove non trovano spazio né il sogno né le pulsioni inconsce. L’unico desiderio che la sua pittura manifesta è quello di "sentire il silenzio del mondo", come egli stesso scrisse. In ciò quindi il surrealismo di Magritte si colloca agli antipodi di quello di Dalí, mancandovi qualsiasi esasperazione onirica o egocentrica.
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L’assassin menacé olio su tela ; 150,4 x 195,2 New York, The Museum of Modern ArtHa scritto Arturo Schwarz: “Per Magritte il mistero era lo strumento più idoneo per distruggere le abitudini visive e la logica dei luoghi comuni”. Per raggiungere il giusto scopo affidato alle sue immagini, infatti, Magritte ambiva a disorientare e sviare lo spettatore, conducendolo a scoprire la poesia interna, l’invisibile del visibile, e il mistero assoluto delle cose. L’idea del mistero concretizzato in visione era stata alimentata, oltre che dalla pittura di De Chirico, che fu un modello per Magritte, anche dalla propria cultura personale, fatta dalle letture colte dei filosofi ma anche da quelle dei fumetti e dei romanzi popolari, d’orrore o gialli. Un personaggio che egli amò molto fu Fantomas, l’eroe del crimine, le cui avventure avevano ispirato anche i film di Louis Feuillade, il cineasta prediletto di Magritte. Una delle scene della pellicola cinematografica di Fantomas del 1913, fu la fonte di ispirazione di questo dipinto che evoca un’atmosfera enigmatica e metafisica, dove, in un’insolita dimensione narrativa, si attende un evento che dovrà accadere tra breve. L’assassino che ha appena compiuto il suo gesto criminoso sul corpo nudo della donna, che giace senza vita sul letto, risulta indifferente alle evidenti minacce della realtà, così, mentre osserva tranquillamente il grammofono, gira la schiena alle tre teste che lo spiano senza vedere neppure chi è già pronto a colpirlo o a catturarlo. L’assassin menacé
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Les amants 1928 olio su tela ; 54 x 73 New York, Richard S
Les amants 1928 olio su tela ; 54 x 73 New York, Richard S. Zeisler CollectionLa tipica strategia compositiva del surrealismo, ossia quel senso di spaesamento creato dallo spostamento di un oggetto dal suo contesto ambientale, acquista nella pittura di Magritte un’aura misteriosa e poetica data dal sovvertimento trasgressivo della logica comune. Così due amanti che si baciano appassionatamente si ritrovano con le teste coperte da un velo bianco che impedisce loro la comunicazione, in un’atmosfera di inquietudine e di “dolce cecità”, che si ritrova anche in altre opere. Secondo alcuni, i personaggi velati, che spesso abiteranno le tele di Magritte a partire da questo periodo, evocano il ricordo del suicidio della madre dell’artista che fu ripescata nel fiume Sambre, col volto interamente nascosto dalla camicia da notte che si era ribaltata. Egli era appena quattordicenne quando accadde questo che sembra essere stato l’unico evento drammatico a gettare un’ombra sulla sua vita apparentemente tranquilla. Secondo altri, neanche ciò avrebbe scosso particolarmente l’esistenza piccolo-borghese del pittore, per cui i volti velati e mascherati testimonierebbero piuttosto l’interesse di Magritte per i film di Louis Feuillade. Les amants
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Le model rouge Le model rouge
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In memoriam Mack Sennet
In memoriam Mack Sennet 1937 olio su tela ; 73 x 54 La Louvière (Hainaut), Collezione della cittàIl dipinto è dedicato al regista e produttore cinematografico Mack Sennet ( ), che girò tra gli anni Dieci e Trenta più di 500 film, soprattutto comici (le famose slapstick-comedies), facendo conoscere al grande pubblico attori come Charlie Chaplin, Buster Keaton, Harry Langdon, Gloria Swanson e Wallace Berry. Magritte ha sempre dichiarato la sua passione per il cinema, che, a inizio secolo, riscuoteva successo fra il pubblico (soprattutto popolare) per la straordinaria capacità di dare vita a una realtà “meravigliosa” al di là di un mondo apparente, dove tutto può accadere e tutto accade, attraverso l’ironia e la parodia di un linguaggio libero dalle convenzioni. Niente di più vicino, dunque, al mondo di Magritte e alla sua logica dell’assurdo che, con l’impertinenza della fantasia e lo stravolgimento dell’immagine, blocca i seni di una donna nella vestaglia appesa in un guardaroba. Quest’opera, inoltre, appartenne ad Achille Chavée, capofila del gruppo di ispirazione surrealista Rupture, fondato nel 1934 a Hainaut. In memoriam Mack Sennet
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Perspective: Madame Récamier de David
Perspective: Madame Récamier de David 1950 olio su tela ; 60 x 80 Londra, The Saatchi CollectionQuest’opera fa parte di una serie chiamata “Prospettive”, in cui Magritte rappresentò famosi dipinti, come Il balcone di Manet o il ritratto di Madame Récamier eseguito da Gérard, accomunati dalla terrificante sostituzione dei personaggi vivi con bare, il cui disegno riproduce la medesima posizione dei corpi. Così vediamo al posto della candida Madame Récamier, ritratta da Jacques-Louis David nel 1800, una bara lignea “semisdraiata” sui cuscini della sua dormeuse. Seguendo questa evidente operazione concettuale, coerente con la tipica definizione magrittiana dell’arte come resa visiva del pensiero, si intuisce l’intenzione di trasformare in morte “pittorica” la vita che anima lo spazio artistico, di evidenziare la sua natura mortifera e inorganica, sottolineando, al tempo stesso la libertà di poter creare con il pensiero un’altra realtà. Magritte, dunque, mette in discussione il linguaggio illusionistico della pittura all’interno della pittura stessa, creando un’invenzione che, come sempre, vuol far riflettere al di là della provocazione dell’immagine apparentemente incongrua. Perspective: Madame Récamier de David
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Il balcone di Monet Il balcone di Monet
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La boite à Pandore olio su tela; 45 x 55 Yale, Yale University Art GalleryMagritte, come è noto, attribuiva molta importanza al titolo delle opere, non, però, in una funzione interpretativa, bensì “poetica” e “coerente con le emozioni più o meno vive che proviamo guardando un dipinto”. E’ per questo che Il vaso di Pandora ci sorprende e ci incanta attraverso l’enigmaticità della rosa bianca accostata, in un rapporto immaginario, con il classico uomo vestito di nero, visto, questa volta, di spalle a osservare, forse, la città sotto un cielo rosso. La pittura di Magritte, tecnicamente tradizionale, non fu mai tesa alla ricerca estetica, ma esclusivamente al servizio dell’idea, e della comunicazione più immediata di essa. Non a caso le sue immagini tipiche, come quest’omino con la bombetta, ebbero un’enorme importanza mediatica per la pubblicità e la cartellonistica. La boite à Pandore
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Golconde 1953 olio su tela ; 80,7 x 100,6 Houston, The Menil CollectionIl tipico personaggio magrittiano, l’omino con la bombetta, realizzato con la consueta ottica realistica, quasi accademica in quanto a freddezza e minuziosità, viene, in quest’opera, moltiplicato all’infinito e fatto fluttuare in un cielo azzurro, in un paesaggio di case e di tetti tipicamente belga. Non sappiamo se questi curiosi personaggi in miniatura stiano fioccando dall’alto come neve, o piuttosto volando in uno slancio leggiadro sopra la città. L’ambiguità surreale è poi sottolineata, tra l’altro, dall’ombra che gli omini proiettano non solo sulle facciate delle case ma anche sul piano trasparente del cielo, dove mai un’ombra di una persona “vera” potrebbe concretizzarsi, in assenza di un piano solido. Dunque, il senso di spaesamento qui corre su un doppio binario: da un lato l’impossibilità dello svolgersi del racconto (uomini che volano), dall’altro il superamento dei limiti naturali e fisici creato dall’illusionismo dell’immagine, che non è e non sarà mai la realtà vera, così come un’ombra non potrà mai proiettarsi in un cielo. Golconde
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Le fils de l'homme 1964 olio su tela; 116 x 89 New York, Harry Torczyner CollectionQuasi un’icona dell’iconografia magrittiana, l’uomo con la bombetta e il vestito scuro, in questa versione, così come in quella simile intitolata La grande guerra, ha il volto nascosto da una mela verde, che funge da maschera in un tentativo di cancellazione e di annientamento della reale identità del personaggio. Questi, comunque, come appare dal suo immobilismo e dalla sua rigida frontalità, risulta già privo di un aspetto vivo e di una personalità umana. L’uomo è dunque invisibile, poiché ci è dato di conoscere soltanto l’apparenza del suo corpo, così come conosciamo solo l’apparenza del mondo. Il visibile è tutto ciò che ci circonda quotidianamente, come una mela, un mazzolino di viole, o una pipa, che nascondono il volto reale che non riusciremo mai a vedere. Per Magritte la figura umana, impassibile e silenziosa, è un “oggetto” del quotidiano come gli altri, non un ritratto con pensieri e sentimenti. Egli vuole svelare il baratro che separa l’essere dalla sua apparenza e confermare che la realtà resta enigmatica. Le fils de l'homme
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L’art de vivre L’art de vivre
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The man with the Bowler hat The friend of order
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Megalomanie Megalomanie
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Nero magico Nero magico
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Il buon presage Il buon presagio
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Bew theravest Bew theravest
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New clairvoyance New clairvoyance
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Promise… The great family
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L’empire des lumières olio su tela; 195,4 x 131,2 Venezia, Peggy Guggenheim CollectionIl tema di questo dipinto, un paesaggio notturno sotto un cielo chiaro in pieno giorno, è stato riprodotto dall’artista in numerose versioni, oltre a questa veneziana, eseguite tra il 1949 e il 1954 (conservate al MoMA di New York, ai Musèes Royaux des Beaux-Arts de Belgique a Bruxelles, in una collezione privata a Milano e in una collezione negli Stati Uniti). Lo stesso Magritte interpreta così il dipinto, il cui titolo si deve al poeta Paul Nougé: “… il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e di notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza poesia.”. Magritte, dunque, alla ricerca della poesia che scaturisce da un’immagine inattesa, viola una regola fondamentale della realtà, riunendo paradossalmente il giorno e la notte nella stessa scena; e il linguaggio pittorico usato per questo soggetto bizzarro si sviluppa in uno stile preciso, impersonale, tipico della pittura surrealistica veristica, che si ritrova, per lo più, nelle opere magrittiane degli anni Venti. L’empire des lumières
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Souvenir de voyage III 1955 olio su tela ; 162 x 130 New York, The Museum of Modern ArtNel Magritte fa quella che egli stesso definisce una “scoperta sorprendente”, quella della metamorfosi, che utilizzerà moltissimo nei suoi dipinti, nelle modificazioni, per esempio, della figura umana in legno. A partire dal 1948, iniziò, con lo stesso spirito, a trasformare gli oggetti in pietra - figure umane, mele, bottiglie - per conferire loro una nuova materialità. Qui il processo di pietrificazione ha contagiato tutto l’ambiente, divenuto monocromo e ancor più irreale, come fosse una fotografia riesumata dalla memoria. L’uomo con il libro è il ritratto di uno dei migliori amici di Magritte, il poeta e scrittore Marcel Lecomte, colui che gli fece conoscere la pittura di De Chirico e quella surrealista. Il leone seduto e malinconico sembra non avere nulla a che fare con l’ambientazione della scena, che descrive l’interno di una stanza illuminata dalla fioca luce della candela. Il fiero animale potrebbe rievocare quello malinconico e incomunicabile dell’opera del 1940, Le mal du pays, entrambi elementi devianti ma profondamente evocativi di sentimenti poetici. Souvenir de voyage III
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Memory of a Journey Memory of a Journey
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Le chateau des Pyrénées
Le chateau des Pyrénées olio su tela; 200,3 x 145 Gerusalemme, Israel MuseumL’ispirazione di questo dipinto, che rientra nel tema delle “pietrificazioni”, è un racconto di Edgar Allan Poe, mentre il titolo riprende quello di un celebre romanzo “nero” romantico di Anne Radcliffe, scrittrice attratta dal soprannaturale, amante di rovine e fantasmi. Se il contesto tematico dell’opera sembra essere quello gotico e misterioso di un racconto visionario, la storia della sua realizzazione è invece abbastanza semplice e, se vogliamo, banale, il cui sviluppo possiamo seguire, dall’inizio alla fine, attraverso il rapporto epistolare tra l’artista e il committente. Questi era il famoso avvocato internazionale newyorchese Harry Torczyner, colto amatore d’arte, che fu per dieci anni un amico sincero e costante per l’artista, al quale richiese, appunto, nell’ottobre 1957 un suo dipinto per nascondere nel proprio ufficio “un angolo che protesta”, di cui precisa le dimensioni da coprire con la tela in questione. Scartata l’idea del ritratto della moglie, Torczyner sceglie uno dei tre schizzi inviati dal pittore, quello con un “Vecchio castello di pietra su una pietra nella notte”, aggiungendo che “le mie preferenze andrebbero per vederlo aleggiare al di sopra di un mare tempestoso, cupo come il Mare del Nord della mia gioventù, ma in un cielo chiaro come il cielo de ‘L’impero delle luci’, perché dal cupo oceano sorge la roccia-speranza coronata dal castello un po’ forte.” Le chateau des Pyrénées
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La clef de glace La clef de glace
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Battle des argonnes Battle des Argonnes
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The new condiction
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Personal values----The -Hearthstring
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The listening room | The tomb of wrestless
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New voice New voice
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La promenade d’Euclide
La passeggiata di Euclide Il quadro appartiene ad una numerosa serie che Magritte ha realizzato sul tema del quadro nel quadro. In esso è raffigurato l’interno di una stanza in cui si apre una finestra. Davanti la finestra è collocato un cavalletto e su di esso una tela che riproduce fedelmente una porzione dell’immagine esterna incorniciata dalla finestra. Il quadro è così fedele che diventa quasi impercettibile: lo si riconosce giusto per una sottile linea bianca sulla sinistra che corrisponde allo spessore del telaio su cui è montata la tela. Già questa coincidenza tra immagine reale e riproduzione pittorica induce ad un attimo di perplessità. La nostra esperienza sa che è impossibile confondere un’immagine tridimensionale con una bidimensionale, ma se qui appare possibile è perché di fatto anche l’immagine "reale" è in realtà un’immagine pittorica: una cosa del genere, in sostanza, può avvenire solo in un quadro. Il titolo, con il richiamo al noto matematico greco Euclide, allude alle geometrie dei due elementi di spicco del quadro nel quadro: due triangoli dove quello a sinistra è il tetto di una torre cilindrica e quello a destra è un viale cittadino tra due file di caseggiati. I due triangoli hanno la stessa forma e dimensione, pur rappresentando due elementi completamenti diversi: un cono quello a sinistra, una lunga striscia rettangolare piana vista in prospettiva quella a destra. Anche in questo caso Magritte gioca sul rapporto tra realtà e rappresentazione, dove la seconda, per essere bidimensionale, può confondere l’apparenza di ciò che nella realtà è tridimensionale. In questo sottile gioco che Magritte instaura tra l’essere e l’apparire, il compito della pittura non è far vedere, ma far pensare. Anche lo stile, tipico di Magritte, rientra in questo obiettivo: pur nella nitidezza fotografica, l’immagine non perde la sua apparenza di dipinto, e ciò contribuisce a tener separata la realtà dalla rappresentazione. Il mondo dell’arte, in sostanza, è altro rispetto al mondo reale, e solo in esso possiamo trovare delle possibilità che reali non sono, ma che meglio ci aiutano a comprendere e penetrare i misteri della realtà. La promenade d’Euclide
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La condition humaine La condition humaine
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Threatening weather Threatening weather
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Le grazie naturali Le grazie naturali, 1963
Altro straordinario quadro di Magritte, nel quale opera in maniera surreale una nuova metamorfosi: alcuni uccelli prendono forma di foglie. Il cielo sullo sfondo ha una tonalità rossa che, da un lato, esalta il verde delle foglie, dall’altro, crea un’atmosfera di particolare significato. Il fatto che nella parte superiore il cielo tende al blu, trasmette la sensazione che il rosso provenga dalla terra, quasi come se a tingere il cielo fosse un enorme incendio lontano, oltre le montagne dell’orizzonte. Una realtà, quindi, che sa di tempi preistorici, di ere in cui, forse, anche le forme corrispondevano ad organismi diversi da quelli presenti Le grazie naturali
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The wonderfull saison The wonderfull saison
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The back page The back page
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A little of bandits soul
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Mariage de minuit
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Amaible veritè Amaible veritè
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Blanc-Seing Blanc-Seing
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L’illuminismo
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Il territorio di Arnheim
Quadro soffuso da una atmosfera poetica molto intensa. Siamo nel campo, spesso utilizzato da Magritte, delle metamorfosi. In questo caso la montagna che si vede sullo sfondo ha il chiaro profilo di un’aquila. Aquila che, prima di divenire pietra, ha avuto il tempo di depositare le sue ultime due uova, che si vedono nel nido in primo piano. Sembra quasi l’epilogo di un racconto mitologico greco, ambientato però in una atmosfera di sublime maestosità nordica. Il territorio di Arnheim
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F I N E Victory Victory
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