La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

analisi qualitativa analisi quantitativa METODI ANALITICI

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "analisi qualitativa analisi quantitativa METODI ANALITICI"— Transcript della presentazione:

1 analisi qualitativa analisi quantitativa METODI ANALITICI metodi classici metodi strumentali metodi assoluti metodi comparativi

2 Classificazione in base al tipo di informazione:
analisi qualitative analisi quantitative Classificazione in base al metodo di analisi: metodi classici metodi strumentali (fisici e chimico-fisici)

3 Metodi classici Analisi qualitativa: separazione (in genere basata sulle differenti solubilità dei composti in soluzioni acquose a differente acidità o nei diversi solventi organici) e riconoscimento dei componenti attraverso reazioni specifiche (solubilizzazione, formazione di precipitati, formazione di complessi, reazioni acido-base...). Oppure, direttamente sul materiale in esame con saggi fisici o chimico-fisici (colorazione della fiamma, fusibilità, volatilità, perle al borace, saggi in tubicino) Analisi quantitativa: si sfruttano reazioni in cui l’analita reagisce in modo rapido e completo con un opportuno reagente. gravimetria: si trasforma l’analita in una specie chimica che possa essere separata, purificata e pesata. volumetria (o titrimetria): si misura il volume di una soluzione contenente il reagente a concentrazione nota (soluzione titolata) necessario per reagire completamente con l’analita contenuto in un volume noto di soluzione.

4 Metodi strumentali Si eseguono analisi qualitative e quantitative misurando una grandezza fisica o una proprietà chimico-fisica che è in relazione con il tipo e/o con la quantità di analita presente.

5 Metodi assoluti: la quantificazione dell’analita si ottiene in modo
Metodi assoluti: la quantificazione dell’analita si ottiene in modo diretto attraverso la misura di una grandezza fisica (massa di un precipitato, volume di titolante, quantità di elettricità ecc.). Metodi comparativi (o relativi): la quantificazione dell’analita si ottiene per confronto con uno o più riferimenti (calibrazione con standard). Metodi comparativi: basati su una relazione matematica (funzione di calibrazione) che lega il parametro misurato con la concentrazione (o la quantità assoluta) dell’analita.

6 Curva di calibrazione campione: matrice + analita
a parità di concentrazione dell’analita, il segnale prodotto dallo standard deve essere quantitativamente equivalente a quello prodotto dal campione (assenza di effetti matrice).

7 Caratteristiche: Selettività Sensibilità Limite di rilevabilità
Precisione Accuratezza Caratteristiche: Selettività: indica la capacità per un metodo analitico di riconoscere e/o quantificare una specie chimica in presenza di altre, che sono potenzialmente in grado di falsare i risultati delle analisi (interferenti). Sensibilità: è la pendenza della curva di calibrazione in uno specifico intervallo di concentrazione. Se la calibrazione è lineare, la sensibilità è il coefficiente angolare della retta di calibrazione.

8 Definizione secondo il WPACFECS
CHIMICA ANALITICA Definizione secondo il WPACFECS (Working Party of Analytical Chemistry Federation of European Chemical Society): “Disciplina che sviluppa e applica metodi, strumenti e strategie per ottenere informazioni sulla composizione e natura della materia nello spazio e nel tempo”

9 BENI CULTURALI Analisi dei materiali costitutivi e della tecnica di esecuzione Datazione ed autenticazione Accertamento dello stato di degradazione Accertamento di eventuali restauri precedenti Scelta di nuovi materiali per il restauro Controllo degli interventi conservativi Messa a punto e controllo delle condizioni di conservazione

10 Cause esterne di degradazione
T, UR, luce, radiazioni Polvere, inquinanti chimici e biologici AMBIENTE USO FATTORI ESTERNI CATASTROFI Fuoco Alluvioni terremoti Danni meccanici RESTAURO Cause esterne di degradazione di materiali librari Materiali o prodotti errati

11 Cause interne di danno per la carta
Adesivi, collanti, patine e materie di carica Evoluzione materie e processi fabbricazione Instabilità intrinseca Impurezze nella carta FATTORI INTERNI Inchiostri (acidi o metallici) Cause interne di danno per la carta

12 Tecniche Analitiche Dal punto di vista analitico una tecnica è caratterizzata dai seguenti parametri: accuratezza: capacità di fornire un risultato esatto precisione: capacità di replicare correttamente le misure sensibilità: capacità di dosare quantità basse o molto basse di sostanze presenti nel campione Inoltre l’applicabilità delle tecniche è legata a: distruttività: necessità o meno di prelevare e consumare il campione tipo di informazione fornita: determinazioni di elementi, di composti, di parametri chimico-fisici, ecc. tipo di campioni analizzabili: solidi, liquidi o gassosi trasportabilità: possibilità di effettuare analisi in situ, ovvero sul posto con strumentazioni portatili possibilità di analisi senza prelievo di campione: caratteristica legata alla distruttività risoluzione: capacità di differenziare punti della superficie del campione vicini tra di loro porzione del campione analizzata: l’area o il volume di campione che dà la risposta analitica

13 Distruttività Una delle caratteristiche auspicabili delle tecniche analitiche che vengono utilizzate per l'analisi di materiali di interesse artistico-archeologico è la non distruttività. Dal punto di vista del chimico analitico, sono denominate non distruttive tutte le tecniche che preservano l'integrità del campione sottoposto all'analisi. In questa accezione non vengono considerate le fasi precedenti l'analisi strumentale Dal punto di vista dell’archeologo, dello studioso di arte e del restauratore, non distruttiva è una tecnica che semplicemente non richiede il prelievo di campione. Per rimuovere questa ambiguità, vengono talvolta indicate come paradistruttive quelle tecniche che, pur non essendo distruttive della porzione analizzata, prevedono il prelievo dall'oggetto. Si definiscono microdistruttive quelle che sono distruttive da un punto di vista analitico, ma che prevedono l'utilizzo di una quantità minima di campione, tanto che i segni lasciati dall'analisi risultano invisibili ad occhio nudo.

14 Tecniche portatili o da laboratorio
L'esecuzione delle indagini è subordinata alla possibilità di trovare un compromesso tra l'esigenza di preservare completamente il reperto archeologico e l'esigenza dell'analista di porsi nelle condizioni di eseguire correttamente l'analisi. Compromesso: Campionamento di un minuscolo frammento dal reperto archeologico, prelevato in modo da non danneggiarne la valenza estetica; Trasporto dell'oggetto in laboratorio e, senza effettuare alcun prelievo, eseguire l'analisi sull'oggetto in condizioni molto più vantaggiose rispetto a quelle che si avrebbero portando lo strumento di analisi fuori dal laboratorio. Riassumendo, quindi, possono presentarsi le seguenti situazioni: tecniche che richiedono il prelievo di una piccola ma non trascurabile quantità di campione; tecniche che richiedono il prelievo di una quantità di campione macroscopicamente non significativa; tecniche che non richiedono il prelievo di campione ma non possono essere effettuare in situ; tecniche che non richiedono il prelievo di campione e possono essere effettuare in situ

15 Il campionamento Se non è possibile impiegare una tecnica completamente non distruttiva, è necessario procedere al campionamento. campione rappresentativo: porzione di materiale la cui composizione rispecchia completamente quella dell’insieme da cui è stata estratta. campione selettivo: riguarda il prelievo di porzioni definite la cui composizione non rispecchia quella della composizione dell’insieme (es: inclusioni, prodotti di degrado, superfici...)

16 Requisiti escludere le parti danneggiate, corrose o comunque alterate
mantenere le proporzioni delle differenti componenti il campione è necessaria una quantità di campione sufficiente a condurre un’analisi tutte le operazioni vanno condotte in modo da danneggiare il meno possibile l’oggetto in analisi

17 Strumenti per il campionamento
Gli strumenti impiegati nel campionamento devono rispettare le esigenze citate in precedenza. A seconda della durezza del campione, sono utilizzabili accessori come bisturi e micro-bisturi, tamponi, trapani. Micro-bisturi Bisturi Tamponi Trapano

18 Campionamento con nastro
In alcuni casi può essere sufficiente un pezzetto di nastro adesivo per prelevare una particella di campione. nastro adesivo

19 Pretrattamento del campione
Dopo il prelievo, ogni attenzione deve essere rivolta a preservare la composizione originaria del materiale prelevato ed a facilitare le successive operazioni: utilizzo di strumenti e contenitori puliti, di materiale compatibile con gli scopi dell’analisi etichettatura chiara e completa modalità di conservazione che prevengano le alterazioni (contaminazione, reazione con i componenti dell’aria, esposizione a radiazione UV, variazioni di temperatura)

20 Nozioni di chimica analitica ed equilibri chimici

21 K = costante di equilibrio
REAZIONI CHIMICHE Vd = Vi kd [A]a [B]b = ki [C]c [D]d All’equilibrio [A]a [B]b [C]c [D]d K = kd ki = K = costante di equilibrio (funzione di T e P) può essere valutata misurando le concentrazioni di A, B, C, D all’equilibrio

22 COMPLETAMENTO DELLE REAZIONI
Se l’equilibrio di una reazione è spostato a destra () tanto da non consentire di misurare la quantità dei reagenti con le tecniche a disposizione, si dice che la reazione è ANDATA A COMPLETAMENTO.

23 L’EQUILIBRIO di una reazione è influenzato da:
Variazioni di temperatura (DT) Variazioni di pressione (DP) Variazione di concentrazione (Dc)

24 DT L’aumento di temperatura sposta l’equilibrio nella direzione che avrà come risultato l’assorbimento di calore.  Se la reazione diretta è endotermica (assorbe calore), un aumento di T, sposterà l’equilibrio verso destra (verso i prodotti).  Se la reazione diretta libera calore (esotermica), un aumento di T diminuirà, il valore di K (ossia l’equilibrio si sposta a sinistra, verso i reagenti) T ha un notevole effetto su kd e ki (aumenta il numero di collisioni), quindi influenza la velocità con cui si instaura l’equilibrio. La velocità di molte reazioni aumenta anche di 2-3 volte per un aumento di 10° C

25 DP Ha grande effetto sull’equilibrio in fase gassosa
Un aumento di P favorisce uno spostamento dell’equilibrio che porta a una diminuzione di volume. ad esempio Per una reazione associativa A+B  AB un aumento di P sposta l’equilibrio verso la formazione del prodotto (AB occupa un volume minore di A + B)

26 Dc Il valore della costante di equilibrio (K) è indipendente dalla concentrazione dei reagenti e dei prodotti; N.B: la posizione dell’equilibrio è influenzata da variazioni di concentrazione. Ad esempio: 3 I - + Fe I Fe 2+ Se si addiziona Fe2+ a reazione si sposta a sinistra. Si stabilisce un nuovo equilibrio, cambiano le concentrazioni relative, ma K resta costante.

27 Riassumendo: K indica la tendenza di una reazione ad avvenire, anche se non dice nulla circa la velocità con cui k reazione va all’equilibrio. Quanto più è elevata, tanto più la reazione all’equilibrio sarà spostata verso destra

28 PRINCIPIO DI “LE CHATELIER” (o principio di minima azione)
Se, quando il sistema è in equilibrio, si cerca di modificare qualcosa dall'esterno (DT, DP, DC) , il sistema reagisce cercando di minimizzare l'effetto provocato (Henry Louis Le Chatelier, Francia, ). La posizione dell'equilibrio si sposta nella direzione che tende a ristabilire le condizioni iniziali.

29 Equilibri acido-base in soluzione acquosa Teorie acido-base La dissociazione dell'acqua Definizione di pH Calcolo del pH Idrolisi Solubilità

30 Teorie Acido-Base Per trattare gli equilibri in soluzione acquosa, sarà sufficiente dare una breve descrizione delle teorie acido-base di Arrhenius (1) e di Bronsted e Lowry (2). Nel 1887, S. Arrhenius dette le seguenti definizioni di acido e di base: acido: ogni sostanza che manda ioni H+ in soluzione HA H+ + A- base: ogni sostanza che manda ioni OH- in soluzione MeOH  Me+ + OH- Questa teoria è sufficiente per descrivere ciò che accade nel caso di acidi e basi forti in soluzione.

31 · una sostanza in grado di cedere ioni H+
2.Nel 1923, Bronsted e Lowry proposero una definizione più generale di acidi e basi. Un acido è ·  una sostanza in grado di cedere ioni H+ ·  un donatore di protoni · una sostanza cui può essere strappato uno ione H+ Una base è una sostanza in grado di acquistare ioni H+ un accettore di protoni una sostanza che può strappare uno ione H+ ad un acido L'implicazione più importante della teoria di Bronsted e Lowry è che una reazione acido-base consiste nel trasferimento di un protone da un acido ad una base.

32  La teoria introduce inoltre due concetti:
quello di forza RELATIVA di acidi e basi. quello di COPPIE ACIDO-BASE coniugate. Per riassumere in un'unica sintesi questi concetti, si ponga attenzione alla seguente reazione e alle definizioni date delle singole specie: NH3 + H2O NH4+ OH- base + debole base coniugata dell'acido ione ammonio acido + debole acido coniugato della base ione ossidrile acido + forte acido coniugato della base ammoniaca base + forte base coniugata dell'acido acqua L'equilibrio della reazione è sempre spostato dalla parte delle specie più deboli.

33 La dissociazione dell'acqua
L'acqua è debolmente dissociata secondo l'equilibrio: H2O  H+ + OH- In accordo con la legge di azione di massa, la costante di equilibrio di questa reazione è: Keq = [H+][OH-]/[H2O] che a 25°C vale ca. 1.8 x mol/litro. Tale valore indica che il no. di molecole di acqua dissociate è estremamente piccolo in confronto al no. di molecole di acqua indissociate: solo 2 molecole di acqua su circa 1 miliardo sono presenti in forma dissociata.

34 A causa di questa debole dissociazione, la concentrazione molare dell'acqua può essere considerata costante; pertanto il suo valore può essere "inglobato" nella costante di equilibrio, in modo da definire una nuova costante, detta Kw, che vale: Kw = Keq [H2O] = [H+] [OH-] = 1 x 10-14 Possiamo quindi scrivere che: Kw = [H+] [OH-] = 10-14 Questa relazione si definisce prodotto ionico dell'acqua.

35 [H+] = [OH-] = 10-7 pH = - log [H+]
Il prodotto ionico dell'acqua ci dice anche che nell'acqua "pura" (neutra) la [H+] è uguale alla [OH-]. Poiché il prodotto di queste due concentrazioni è 10-14, risulterà che: [H+] = [OH-] = 10-7 Quindi [H+] > di 10-7, si parla di soluzione acida; [H+] < di 10-7, si parla di soluzione basica. Per motivi di praticità, ovvero per evitare di esprimersi in termini di numeri estremamente piccoli o di potenze di 10, si propose l'uso di una scala logaritmica per definire la [H+], ovvero: pH = - log [H+]

36 pOH = -log [OH-] pH + pOH = 14
Analogamente, si può definire il pOH come: pOH = -log [OH-] E, applicando le regole dei logaritmi all'equazione del prodotto ionico dell'acqua, si ha che: pH + pOH = 14 Da cui, noto il pH, si può calcolare il pOH, e viceversa Riassumendo: quando in una soluzione la [H+] è > 10-7, il pH è < 7, e la soluzione si dice acida; quando invece la [H+] è < 10-7, il pH è > 7, e la soluzione si dice basica.

37 misura dell'acidità e della basicità delle soluzioni
Il pH: misura dell'acidità e della basicità delle soluzioni Il prodotto ionico dell'acqua stabilisce che il prodotto della [H+] per la [OH-] deve rimanere costante, pari a Se si aggiunge all'acqua una sostanza che fa aumentare la [H+] (ad esempio un acido),  la [OH-] diminuisce, in misura tale da mantenere il prodotto [H+] [OH-] = Kw = costante. Se si aggiunge all'acqua una sostanza (ad esempio una base) che fa aumentare la [OH-] la [OH-] aumenta, in misura tale da mantenere il prodotto [H+] [OH-] = Kw = costante.

38 ­ ¯ acido A1 base B1 acidità HClO4 ClO4- basicità massima HMnO4 MnO4-
minima HClO3 ClO3- H2SeO4 HSeO4- HI I- HBr Br- HCl Cl- HSO4- SO42- HClO2 ClO2- HNO2 NO2- HF F- CH3COOH CH3COO- HClO ClO- NH4+ NH3 HCO3- CO32- H2O2 HO2- H2O OH- HS- S2- O2-

39

40

41 Calcolo del pH

42 pH di ACIDI FORTI Si definiscono acidi forti quegli acidi che in soluzione sono completamente dissociati. In accordo con la teoria di Bronsted e Lowry, la loro dissociazione può essere indicata come, ad esempio: HCl + H2O  H3O+ + Cl- L'unica freccia che compare in queste reazioni ha lo scopo di sottolineare che gli equilibri sono completamente spostati a destra. la concentrazione di H3O+ è praticamente uguale alla concentrazione cosiddetta analitica dell'acido, ovvero a quella quantità di acido che è stata posta in soluzione. [H+] =Ca°

43 Qual è il pH di una soluzione di HCl 0.1 M?
Esempio di calcolo: Qual è il pH di una soluzione di HCl 0.1 M? soluzione 0.1 M di HCl  [H3O+] = 0.1 M. pH = -log[H+] = -log 0.1 = 1. . Approssimazione valida per concentrazioni di HCl> 10-6 M. Infatti: se [HCl] = 10-6 M, pH approx = 6.00, mentre pH "esatto" = 5.99 2. se 10-7 M, pH approx = 7.00 : pH "esatto" = 6.79

44 pH di BASI FORTI Sono basi forti quelle sostanze che in soluzione si dissociano completamente in ioni del metallo e ioni OH-. Gli idrossidi (es. NaOH) sono dunque tipiche basi forti. Con gli idrossidi dei metalli alcalini non ci sono problemi. Se ad esempio vi viene chiesto di calcolare il pH di una soluzione 0.1 M di idrossido di sodio scrivete la reazione: NaOH => Na+ + OH- a quale indica che la [OH-] è uguale alla concentrazione analitica della base forte, C°b. [OH-] = Cb° Quindi pOH =1 e infine pH = 14 - pOH = 13.

45 ACIDO DEBOLE HAc = Ca HAc + H2O  Ac- + H3O+
Ka = ([Ac-] [H3O+]) / [HAc] = 1.8 x 10-5 Ka = [H3O+]2 / [HAc] Ka [HAc] = [H3O+]2 [H3O+] = (Ka[HAc]) = (KaCa) Ca = Ka = 1.8 x 10-5 [H3O+] = (1.8 x 10-5 x 10-3) = 1.34 x 10-4 pH = - log 1.34 x 10-4 = 4 – log 1.34 = 3.87 pH = -log (KaCa)

46 BASE DEBOLE [NH3] = Cb NH3 + H2O  NH4+ + OH- Kb = [NH4+ ] [OH-] / [NH3] = [OH-] 2 / [NH3] [OH-] = (KbCb) pOH = -log (KbCb) pH = 14 – pOH Kb = 1.8 x Cb= 10-3M [OH-] = (1.8 x 10-5 x 10-3) = 1.34 x 10-4 M pOH = 3.87 pH = 14 – 3.87 = 10.13

47 Le Soluzioni Le soluzioni sono dei miscugli formati da un solvente, che nei nostri esperimenti è l'acqua, e un soluto, cioè una sostanza che viene sciolta nell'acqua. Il soluto può essere solubile, parzialmente solubile o insolubile. La soluzione diventa satura quando raggiunge la quantità massima di soluto disciolto nel solvente.

48 Solubilità Il termine solubilità ha due significati:
qualitativo: proprietà di una sostanza di diffondere le proprie molecole in un'altra, in modo da produrre una fase omogenea detta soluzione; 2) quantitativo: la massima quantità di sostanza che si discioglie in una data quantità di solvente ad una temperatura definita. La solubilità viene espressa in unità di concentrazione e può cambiare in funzione di alcune variabili che influiscono sulla solubilità.

49 Variabili che influiscono sulla solubilità
La solubilità dipende sempre dalla natura delle sostanze, ma può dipendere anche da temperatura, pressione, interazioni e trasformazioni chimiche e fisiche subite dalle sostanze nel processo. La solubilità tra due liquidi o tra un liquido e un solido dipende soprattutto dalla loro polarità. Di solito un aumento di temperatura provoca un aumento di solubilità, mentre la pressione non ha un effetto significativo (solidi e liquidi sono praticamente incomprimibili).

50 Prodotto di Solubilità
Quando si scioglie un sale nell'acqua prima o poi ci accorgiamo che, continuando ad aggiungere il sale, questo fa fatica a sciogliersi completamente ed inizia a formarsi un "corpo di fondo“. A quel punto, la soluzione si dice satura e gli ioni del sale hanno raggiunto in soluzione la loro massima concentrazione possibile.                     

51 Keq*[AgCl] = [Ag][Cl] = Kps Prodotto di Solubilità
Il valore della concentrazione del sale in soluzione è detto solubilità. La solubilità di un sale è definibile attraverso il cosiddetto prodotto di solubilità, Kps. Il Kps è praticamente la costante di equilibrio che si applica, in conformità con la legge di azione di massa, alla reazione di dissociazione del sale, in una sua soluzione satura. Es. AgCl  Ag+ + Cl- Keq = [Ag+][Cl-] [AgCl] Essendo la concentrazione dei solidi posta pari a 1 ed essendo AgCl, il nostro sale, un solido, si avrà Keq*[AgCl] = [Ag][Cl] = Kps Prodotto di Solubilità 1. Se Kps> [Ag][Cl] il sale precipita 2. Se Kps [Ag][Cl] il sale è in soluzione

52 Come si calcola la soglia di solubilità?
Es. Ca(OH)2 Kps = 5.5 x 10-6 Quindi [Ca2+] = x; [OH-] = 2x. Dobbiamo quindi risolvere l'equazione: Kps = x * (2x)2 = 5.5 * 10-6 Da cui x = [Ca2+] = moli/L, che rappresenta la solubilità del sale. Per [Ca(OH)2] < moli/L, l'idrossido in soluzione è completamente dissociato (la [Ca2+] = [idrossido] e la [OH-] = 2x[idrossido]), Per [Ca(OH)2] > moli/L, la [Ca2+] in soluzione resta moli/litro, mentre quella degli ioni OH- resta moli/litro.

53 pH di soluzioni saline Reazione tra il solvente (H2O)
e un sale in essa disciolto. Sale proveniente dalla reazione di un acido forte con una base forte, es. NaCl NaCl  Na+ + Cl- 2 H2O  H3O+ + OH- Poiché HCl e NaOH sono entrambi elettroliti forti, tra le specie non avviene nessuna reazione e la soluzione risultante è NEUTRA.

54 BASICA (ovvero alcalina),
2. Sale proveniente da un acido debole + una base forte. Es. NaAc (acetato di sodio) NaAc  Na+ + Ac- H2O  H+ + OH- Ac- + H+  HAc ________________________________________________________________________________________________________ NaAc + H2O  Na+ + HAc + OH- Un sale proveniente da una acido debole con una base forte, in soluzione acquosa, SI IDROLIZZA, cioè reagisce con l’acqua per riformare parzialmente l’acido debole da cui proveniva. La soluzione finale risulta BASICA (ovvero alcalina),

55 3. Sale proveniente da un acido forte + una base debole.
es. NH4Cl (cloruro di ammonio) NH4Cl  NH4+ + Cl- H2O  H+ + OH- NH4+ + OH-  NH3·H2O ________________________________________________________________________________ NH4Cl + H2O  NH3·H2O + Cl- + H+ Un sale proveniente da una acido forte con una base debole, in soluzione acquosa, SI IDROLIZZA, cioè reagisce con l’acqua per riformare parzialmente la base debole da cui proveniva. La soluzione risulta ACIDA.

56 4. Sale proveniente da un acido debole e da una base debole.
Es. NH4Ac (acetato di ammonio) NH4Ac  NH4+ + Ac- H2O  H+ + OH- NH4+ + OH-  NH3·H2O Ac- + H+  HAc ________________________________________________________________________________ NH4Ac + H2O  NH3·H2O + HAc Entrambi i componenti del sale SI IDROLIZZANO; la reazione risultante dipende dalla forza relativa dei due componenti. La soluzione risulta NEUTRA. ACIDA: se l’acido che si riforma è meno debole della base BASICA: se la base che si riforma è meno debole dell’acido NEUTRA: se la base e l’acido sono ugualmente deboli.

57 Costante di Idrolisi Ki = Kw/Kdebole Es. NaCN (cianuro di sodio)
Questo sale proviene da un acido debole (HCN, Ka = 4.9•10-10) e da una base forte (NaOH). NaCN + H2O  HCN + Na+ + OH- CN- + H2O  HCN + OH- Ki = [HCN][OH-]/[CN-] Kw = [H+][OH-]  [OH-] = Kw/[H+] Ki = [HCN] Kw /[CN-] [H+] = Kw/Ka Ki = Kw/Kdebole

58 pH di Idrolisi Sale = KCN Cs = [CN-]
Ki = [HCN][OH-]/[CN-] = [OH-]2/[CN-], Ki[CN-] = [OH-]2 [OH-] = (KiCs) pOH = - lg (KiCs) Ki = Kw/Ka [OH-] = (Kw/Ka) x Cs pOH = - lg (Kw/Ka) x Cs pH = 14 – pOH Es. Cs = 0.1 M Ka = 4.9•10-10 pOH = - lg  (10-14/4.9•10-10) x 0.1 pOH = pH = 11.16

59 Soluzioni Tampone Definizione: Soluzioni acquose di opportune specie chimiche che per aggiunta di ioni H+ o OH- (entro certi limiti), mantengono il loro pH praticamente invariato. 1. Soluzione costituita da un acido debole più un suo sale con base forte. Es. acido acetico + acetato di sodio (HAc NaAc) HAc + H2O  Ac- + H3O+ Ac- + H2O  HAc + OH- a) Ka = [Ac-][H3O+]/[HAc] b) Ki = [HAc][OH-]/[Ac-] Poiché sono nella stessa soluzione [HAc] e [Ac-] della reazione 1 sono uguali a quella della reazione 2.

60 Equazione di Henderson e Hasselbach
[H3O+] = Ka ([HAc]/[Ac-]) = Ka (Ca/Cs) pH = pKa – lg (Ca/Cs) Equazione di Henderson e Hasselbach Nel caso di una soluzione di una base debole più un suo sale con un acido debole (es. NH3·H2O + NH4Cl) la situazione è simile. pOH = pKb – lg (Cb/Cs)

61 Perché una soluzione sia tamponata, è necessario che il rapporto Ca/Cs rimanga praticamente costante dopo l’aggiunta di acido o di base. Perciò l’aggiunta deve essere non superiore a 1/50 delle moli delle specie tamponanti presenti in soluzione. Il massimo POTERE TAMPONANTE si ha per Ca = Cs  CaCs = 1 pH = pK In generale, le concentrazioni relative di Ca e Cs devono essere 0,1 < Ca/Cs < 10 Il campo di pH in cui la soluzione presenta la CAPACITA’ TAMPONANTE risulta essere pH = pK ± 1

62 ESEMPI: a) Aggiungiamo 10-3 moli di HCl a 1 L di H2O H2O  H+ + OH- Kw = [H+][OH-] = 10-14 [H+] = [OH-] = 10-7 M Dopo l’aggiunta di HCl [H+] = 10-3 M [H+] totale =  10-3 M pH = 3 Variazione di pH DpH = 7-3 = 4 unità di pH

63 b) 10-3 M HCL ad una soluzione 0.1 M in HAc e 0.1 M in NaAc
Ka = 1.8 • 10-5 Prima: [H+] = Ka (Ca/Cs) [H+] = 1.8•10-5 x (0.1/0.1) pH = 4.75 Dopo: per aggiunta di 1mmole di H+ si forma 1 mmole di acido e si consuma 1 mmole di sale [H+] = {(Ca )/(Cs – 0.001)} Ka [H+] = {( )( )} 1.8•10-5  1.8•10-5 pH = 4.74 Variazione di pH DpH = 4.75 –4.74 = 0.01 unità di pH

64 Quadro riassuntivo Le definizioni di Acido e di Base partono dal fatto che il protone (H+) non esiste libero in soluzione e che esso può, quindi, trasferirsi solo da una specie all’altra. Pertanto, una specie è detta Acido soltanto in presenza di una Base (e viceversa) In una reazione ACIDO-BASE, viene indicata come Acido la specie che fornisce protoni e Base la specie che li accetta. Allorché un Acido debole si dissocia in soluzione acquosa, l’anione dell’Acido è in grado di ricombinarsi con lo ione H3O+ (controreazione), ed è perciò una base; la coppia ACIDO INDISSOCIATOANIONE DELL’ACIDO viene indicata come COPPIA ACIDO/BASE CONIUGATA.

65 Tecniche analitiche Tecniche elettrochimiche Tecniche spettroscopiche
Tecniche cromatografiche Tecniche di analisi elementare Spettroscopia atomica Spettroscopia XRF Tecniche di analisi molecolare Spettroscopia Raman Spettroscopia Infrarossa Spettroscopia UV-Visibile Spettroscopia Fluorescenza Tecniche elettrochimiche Potenziometria Voltammetria Tecniche cromatografiche TLC HPLC GC, GC-MS

66 Prove di valutazione della carta
Vista l’alta igroscopicità, fondamentale risulta la determinazione del contenuto di acqua. Tale grandezza risulta direttamente proporzionale alla igroscopicità del materiale ed è determinata mediante pesatura e successiva essiccazione in stufa fino all’ottenimento di un peso costante. La differenza tra il peso iniziale e quello successivamente raggiunto indica il contenuto di acqua del campione.

67 Misura del pH La misurazione del pH serve ad indicare il grado di acidità della carta e può essere effettuata sia a caldo che a freddo: Il campione cartaceo (1gr) unito ad acqua distillata (70 cm3) viene bollito o semplicemente agitato (procedimento a freddo), fino ad ottenere una miscela omogenea. Il pH di tale miscela viene misurato mediante un pHmetro con elettrodo per contatto o mediante l’analisi delle acque di lavaggio.

68 Misura della riserva alcalina
Tale misura risulta importante per la durata della carta, in quanto la difende dall’azione degli agenti degradanti acidi. Viene effettuata mediante una titolazione potenziometrica (misura del pH) di un materiale cartaceo al quale è stata aggiunta inizialmente una quantità nota di acido (HCl 0.1N) di cui si calcola l’eccesso con una base (NaOH 0.1N). La differenza tra il volume di HCl e quello di NaOH è pari alla riserva alcalina che si esprime in CaCO3.

69 Misura del pH / 1 Con cartine o strisce indicatrici:

70 Misura del pH / 2 La determinazione potenziometrica misura il potenziale di una cella galvanica in cui è impedito il passaggio di corrente impiegando un elettrodo il cui potenziale dipende dall’attività dello ione H+ in soluzione. E = cost pH (con E misurato in mV)

71 Determinazione del pH della carta per misura diretta con elettrodo speciale

72 Indicatori di pH Coloranti organici Coloranti organici; pHmetri
I coloranti organici sono indicatori di pH, che disciolti in piccolissima quantità nella soluzione di cui si vuol conoscere il pH, indicano il valore di questo mediante ben definite colorazioni che essi impartiscono alla soluzione (che deve essere originariamente incolore o quasi). Gli indicatori di pH sono acidi o basi deboli,e, a seconda del pH della soluzione, le loro molecole od ioni assumono strutture ben diverse, a ciascuna delle quali corrisponde una ben determinata colorazione. Es. Indicatore Metilarancio (Acido para-dimetilammino) Questo indicatore in soluzioni a pH > 4.4 struttura I giallo In soluzioni a pH < 3.1 struttura II rosso Struttura I giallo Struttura II rosso

73 Es. Si consideri un generico indicatore acido RH che in soluzione acquosa dà luogo al generico equilibrio: RH + H2O R- + H3O ) Rosso giallo per il quale sono valide le relazioni: Ka = ([R-] [H3O+]) / [RH] e [H3O+] = Ka [RH] / [R-] L’aggiunta di un indicatore non altera la pre-esistente concentrazione di H3O+ , poiché: Esso viene aggiunto a concentrazioni bassissime E’ un acido debole. Quindi, gli ioni H3O+ che compaiono nell’equilibrio 1) sono quelli già presenti prima dell’aggiunta dell’indicatore. E’ la concentrazione di questi che determina il colore della soluzione, spostando l’equilibrio a destra (giallo). Se l’equilibrio fosse spostato a sinistra, la soluzione sarebbe rossa, mentre se [RH] = [R-], la soluzione risulterebbe color arancio. Per RH, essendo un acido debole, si può scrivere: pH = pKa + log [R-] / [RH] equazione di Henderson – Hasselbach Da cui si ricavano informazioni sul pH della soluzione

74 [RH] = [R-] Punto di viraggio dell’indicatore
Caso a) Soluzione color Arancio Tale colore indica che: [RH] = [R-] Punto di viraggio dell’indicatore Dove: [RH] = conc. Acido colore rosso [R-] = conc. Base coniugata colore giallo In corrispondenza di questa uguaglianza si ha che: pH = pKa essendo log[RH]/[R-]=0 Il fatto che un indicatore aggiunto ad una soluzione impartisca a questa la colorazione corrispondente al suo punto di viraggio, consente di conoscere il valore (approssimato) del pH della soluzione se, però, è noto il valore della costante di dissociazione dell’indicatore.

75 e si dice che la soluzione è
Caso b) Soluzione color Rosso Indica che: [RH] > [R-] e quindi essendo log[R-]/[RH] < 0 pH<pKa e si dice che la soluzione è ACIDA rispetto all’indicatore usato.

76 e si dice che la soluzione è
Caso b) Soluzione color Giallo Indica che: [RH] < [R-] e quindi essendo log[R-]/[RH] > 0 pH>pKa e si dice che la soluzione è BASICA rispetto all’indicatore usato.

77 Il campo di viraggio per un indicatore si definisce, in generale:
Riassumendo: Un indicatore consente di determinare il pH di una soluzione solo se pH  pKa e questo, quindi richiede di avere a disposizione tutta una serie di indicatori con valori diversi di pK per poter misurare con il metodo degli indicatori il pH di una generica soluzione N.B. più che il punto di viraggio, difficile da apprezzare ad occhio nudo, si considera il CAMPO DI VIRAGGIO di un indicatore, indicando con tale termine l’intervallo di pH che separa, per quel certo indicatore, le due colorazioni estreme nettamente distinguibili fra loro da ogni operatore. Il campo di viraggio per un indicatore si definisce, in generale: pH (viraggio) = pKa ± 1

78 acido neutro alcalino Metilarancio Laccamuffa 10 9 8 7 6 5 4 3 11 Fenoftaleina Rosso di Metile Blu di bromotimolo Rosso Rosso Blu Incolore Rosso Giallo 10 9 8 7 6 5 4 3 11

79 Determinazione del pH con il metodo degli indicatori
È necessario disporre di una serie di indicatori con valori di pKa tali da coprire un ampio intervallo di pH (1  18 ). Si procede come segue: Ad un piccolo volume della soluzione in esame si aggiunge una goccia di soluzione di indicatore con pK = 7. Se la soluzione assume il colore di viraggio dell’indicatore, il valore del pK di questo è anche il valore del pH della soluzione, cioè pH = pK Se la soluzione assume una delle colorazioni estreme dell’indicatore usato, ovvero pH > pK o pH < pK Allora: Se pH > pK si ripete la misura su nuove porzioni di soluzione con indicatori aventi pK sempre maggioi fino ad individuare quello per cui si realizza la condizione pH = pK Se pH < pK si procede con analogo criterio, ma al contrario

80 Indicatori Universali
Sono costituiti da miscele di indicatori che assumono 10 ÷ 12 tonalità di colore diversi a seconda del pH della soluzione e che evitano di ripetere più volte il procedimento con più indicatori. Il valore del pH viene determinato per confronto della colorazione assunta dalla soluzione dopo l’aggiunta dell’indicatore universale con una scala cromatica fornita insieme all’indicatore stesso.

81 Uso delle cartine Sono striscioline di carta porosa, imbevute di una soluzione di indicatore e poi fatte asciugare. Vengono utilizzate per la determinazione del pH. Basta deporre su tale cartina una goccia di soluzione ed osservare il colore che assume per conoscere approssimativamente il pH della soluzione in esame. Sono in commercio cartine che coprono sia vasti che piccoli intervalli di pH. Misure di pH di elevata precisione ( unità di pH) vengono effettuate agevolmente e rapidamente mediante apparecchiature elettroniche o POTENZIOMETRICHE.

82 Misure Elettrochimiche

83 pH redox Ossidanti (Cl2, ClO2, ClO2-, H2O2) Metalli

84 La misura del pH Cosa è il pH pH = -log[H+]
Il pH è una indicazione numerica della acidità o della basicità di una soluzione acquosa, cioè del suo contenuto in ioni H+ (idrogenioni) e OH- (ioni idrossido). Gli ioni H+ provengono dalla dissociazione degli acidi, gli ioni OH- provengono dalla dissociazione della basi. Anche dalla dissociazione dell'acqua pura, si formano ioni H+ e OH- secondo l'equilibrio : H2O -> H+ + OH- Tale equilibrio è governato dalla costante di dissociazione Kw, che a 22°C vale [H+]·[OH-]= 10-14 Da questa uguaglianza si deduce che: ioni acidi (H+) e ioni basici (OH-) sono sempre presenti contemporaneamente e le loro concentrazioni non sono mai indipendenti tra loro il punto di neutralità dell'acqua, cioè il punto in cui la concentrazione dell'acido e la concentrazione della base si equivalgono corrisponde a pH 7.0 al di sotto di pH 7.0 una soluzione è acida (concentrazione di ioni H+ superiore a 10-7), al di sopra di pH 7.0 è basica (concentrazione di OH- superiore a 10-7)

85 Quali sono le unità di misura del pH e che significato hanno
La misura del pH Quali sono le unità di misura del pH e che significato hanno Le unità di misura del pH sono le unità pH con il significato implicito nella definizione pH = -log[H+] Una unità pH corrisponde ad una variazione di 10 volte nella concentrazione di idrogenioni

86 Quale è il significato pratico della misura del pH
Il pH da l'indicazione numerica della acidità o della basicità di una soluzione Alcuni esempi: pH 0 Acido cloridrico 1 N pH 1 Acido cloridrico 0,1 N pH 2 Succo di limone pH 3 Acido acetico 0,1 N pH 4 Birra pH 5 Formaggio pH 6 Latte pH 7 Acqua pura pH 8 Albume d'uovo pH 9 Borace pH 10 Latte di Magnesio pH 11 Ammoniaca 1 N pH 12 Soda 0,01 N pH 13 Soda 0,1 N pH 14 Soda 1 N

87 La misura del pH Metodi colorimetrici (più avanti)
Utilizzano sostanze, dette indicatori, che virano (cambiano colore) a pH noto. E' una tecnica utilizzabile solo in laboratorio o per campionamento, non per misure on-line. Metodi potenziometrici Impiegano un elettrodo sensibile alla variazione di pH, un elettrodo di riferimento ed uno strumento di misura.

88 Energia Chimica  Energia Elettrica
Potenziometria Definizione Misura del potenziale elettrochimico di una cella galvanica, a corrente zero. Il potenziale di cella è governato dal potenziale di un elettrodo indicatore che risponde ai cambiamenti di attività (quindi di concentrazione) delle specie in esame. Strumentazione Elettrodo indicatore Elettrodo di riferimento Potenziometro Registratore Cella Galvanica  Cella elettrochimica che produce spontaneamente corrente (od energia) quando gli elettrodi vengono collegati esternamente attraverso un filo conduttore. Trasformazione Energia Chimica  Energia Elettrica

89 Metodi potenziometrici
Il potenziale di un elettrodo è determinato dalla concentrazione di una o più specie in soluzione. La dipendenza dalla concentrazione può essere utilizzata per ottenere informazioni analitiche. Elettrodi di riferimento Le misure elettroanalitiche che legano il potenziale alla concentrazione si basano sulla risposta di un solo elettrodo, mentre l’altro, idealmente, risulta indipendente dalla composizione della soluzione e delle condizioni utilizzate. Tale elettrodo, in grado di mantenere il proprio potenziale costante durante la misura è detto Da ricordare: Elettrodo ad idrogeno (universale) Elettrodo ad Ag/AgCl Elettrodo a calomelano ELETTRODO DI RIFERIMENTO

90 Elettrodo standard a idrogeno.
Perché sia standard occorre che la pressione di H2 sia 1 atmosfera e che la concentrazione di H+ sia 1 molare. Il suo potenziale standard viene preso, per convenzione, come lo zero della scala dei potenziali ed è perciò un riferimento importante per definire la scala, benché esso sia piuttosto delicato da usare e sia difficile mantenerne le condizioni standard (se procede la reazione cambia infatti la concentrazione della soluzione). In effetti, anche se nella scala dei potenziali usata normalmente, i valori si considerano misurati rispetto a questo elettrodo in pratica se ne utilizzano altri, più semplici, stabili e riproducibili.

91 Equazione di Nerst Elettrodi ad argento / argento cloruro
Un elettrodo di argento in una soluzione di cloruro di potassio saturata con argento cloruro (potenziale + 0,199 V a 25 °C ) Potenziale o fem di un elettrodo di riferimento Ag/AgCl/Cl- Equazione di Nerst

92 Altri elettrodi di riferimento possono essere quelli a calomelano di schema (Hg/Hg2Cl2(sat), KCl(xM)), il cui E dipende da [Cl-], che può essere , per esempio, O,1M, 1M o saturo di Cl- con KCl solido presente al fondo.

93 Elettrodo a vetro per la misura del pH
L'elettrodo a vetro è un particolare elettrodo a membrana che rappresenta il tipo di sonda più usato nei laboratori chimici per la misura del pH di soluzioni acquose tramite un potenziometro. Essendo necessari due elettrodi per la misura del pH (uno di misura e uno di riferimento), gli elettrodi a vetro disponibili sul mercato combinano in un unico corpo sia l'elettrodo a vetro vero e proprio, che funge da elettrodo di misura, con un secondo elettrodo interno, di riferimento. Un elettrodo a vetro di questo genere viene detto "combinato". L'elettrodo a vetro deve il nome al fatto che sua la parte sensibile al pH è una sottile membrana di vetro (sensibile agli ioni H+); il potenziale elettrico che si viene a creare sui due lati - interno e esterno - della membrana è funzione del pH della soluzione in cui la sonda viene immersa.

94 Ag Membrana di vetro Elettrodo di lavoro H+, Cl-, AgCl
(HCl 0,1M) (saturo) Ag H+ H+ Elettrodo di riferimento Setto poroso Potenziale dovuto a differenze di concentrazione di H+ tra la parete interna e esterna della membrana Esso è costituito da un piccolo tubo di vetro molto sottile (membrana di vetro) terminante con un bulbo. All'interno del tubo è posta una soluzione tampone (cioè a pH noto) nella quale è posto un filo di platino necessario per il collegamento elettrico. Tra le due superfici della sottile membrana di vetro si crea una differenza di potenziale che è funzione della differenza di pH esistente fra la soluzione interna (a pH noto) e quella esterna (a pH incognito) (vedi figura lucido seguente) I due elettrodi sono collegati al pHmetro, nel quale un'apposita amplificazione della differenza di potenziale viene evidenziata tramite segnale analogico e misurata in mV.

95 A – Elettrodo a vetro (pH)
B – Elettrodo di riferimento C – Elettrodo combinato (A + B)

96 Misurazione potenziometrica del pH
Per la misura si usa uno strumento chiamato potenziometro. Misurazione potenziometrica del pH E’ necessaria la calibrazione con soluzioni tampone a pH noto. Gli elettrodi richiedono una attenta e corretta manutenzione. Range di pH misurabile: 0-14. 1- potenziometro (piaccametro) 2- elettrodo combinato 3- termometro 4- buretta 5- ancoretta magnetica 6- agitatore magnetico

97 La misura del potenziale di ossidoriduzione
Cosa è il potenziale di ossidoriduzione Il potenziale di ossidoriduzione (redox ) è la misura della tendenza di una soluzione a scambiare (cedere o acquistare) elettroni e dipende da tutte le specie presenti in soluzione. Quale è il significato pratico della misura del potenziale redox? Il potenziale di ossidoriduzione non è una misura quantitativa, in quanto dipende dall'equilibrio che si instaura tra tutte le specie presenti nella soluzione. Viene utilizzato per tenere sotto controllo l'andamento di alcune reazioni che si basano sull'ossidazione o sulla riduzione di alcuni componenti. Una specie che cede elettroni, vuol dire che si ossida (M°  Mn+ + ne-). Una specie che acquista elettroni vuol dire che si riduce(Mn+ + ne-  M° ).

98 La misura del potenziale di ossidoriduzione
Quali sono le unita' di misura del potenziale redox e che significato hanno Le unita' di misura del potenziale redox sono i mV in quanto il potenziale redox è una misura appunto di potenziale, data dalla formula E = U + RT/nF·ln [Rid]/[Ox] Equazione di Nerst dove : E = potenziale della soluzione in esame U = Eo - Erif Eo = costante Erif = potenziale dell'elettrodo di riferimento R = costante F = costante di Faraday n = numero di cariche coinvolte nella reazione globale T = temperatura in °K (gradi assoluti) [Rid] = concentrazione di sostanze ridotte (ossidanti) [Ox] = concentrazione di sostanze ossidate (riducenti)

99 La misura del potenziale di ossidoriduzione
Come si misura il potenziale redox Metodi elettrochimici Come per il pH si impiega una misura di tipo potenziometrico. Elettrodi di misura L'elemento sensibile è un metallo nobile, che non interviene nelle reazioni redox che avvengono in soluzione ma assume il potenziale di equilibrio della soluzione stessa. Se nella soluzione sono prevalenti le specie ossidanti (quelle che si riducono) esse sottraggono elettroni all'elettrodo di misura rendendolo più positivo, se invece prevalgono le specie riducenti (quelle che si ossidano) esse cedono elettroni all'elettrodo che diventa più negativo. Il metallo nobile che si usa è generalmente : oro platino Tale potenziale si misura per confronto con un elettrodo di riferimento che è lo stesso descritto per la misura del pH. Anche questa è una misura a corrente nulla.

100 La misura selettiva delle sostanze ossidanti
Cloro, Biossido di Cloro, Cloriti, Perossido di Idrogeno, Cosa sono Cloro Sostanza ossidante impiegata come disinfettante e come sbiancante, sotto forma di cloro gas (Cl2), ipoclorito di sodio (NaClO) cloroammine (NH2Cl, NHCl2, NCl3) o composti organici del cloro (es. cloroisocianurati) Il cloro gas si scioglie in acqua dando luogo al seguente equilibrio: Cl H2O  HClO + Cl H+ Viene più frequentemente impiegato nella forma di ipoclorito di sodio NaClO (candeggina), che in acqua si dissocia in NaClO  Na ClO- ClO H2O  HClO + OH-

101 La misura selettiva delle sostanze ossidanti
Cosa sono Biossido di Cloro ClO2: gas fortemente ossidante, molto solubile in acqua, impiegato come ossidante e come disinfettante. Molto efficace nell'abbattimento di Ferro e Manganese. Ha un potere ossidante 2.63 volte superiore a quello del cloro. Si scioglie in acqua senza reagire e rimane in soluzione come ClO2. È estremamente volatile. Cloriti · ClO2- è l'anione di partenza per la produzione del biossido di cloro ed è uno dei sottoprodotti di reazione del biossido di cloro durante lo svolgimento della sua azione ossidante/disinfettante. La sua concentrazione deve essere monitorata negli impianti di potabilizzazione che impiegano il biossido di cloro in qualche punto della loro filiera.

102 La misura selettiva delle sostanze ossidanti
Cosa sono Perossido di idrogeno Il perossido di idrogeno (acqua ossigenata) è una sostanza ossidante di formula H2O2. A temperatura ambiente è un liquido viscoso, azzurrognolo, molto instalbile, che puo' esplodere spontaneamente. Il perossido di idrogeno è un ossidante energico sia in soluzioni acide: H2O2 + 2H+ + 2e-  2H2O che in soluzioni basiche: H2O2 + 2e-  2OH- Il perossido di idrogeno viene impiegato come sbiancante per cellulosa e tessuti, come ossidante e come disinfettante.

103 La misura selettiva delle sostanze ossidanti
Come si esegue la misura di cloro, biossido di cloro, perossido di idrogeno? Cl2, ClO2, ClO2-, H2O2, sono tutte sostanze ossidanti. Si misurano amperometricamente (variazione di corrente a potenziale fisso) o potenziometricamente.

104

105 Voltammetria La voltammetria è una tecnica analitica che permette di condurre delle analisi qualitative e quantitative tramite la misurazione della corrente (Ampere) che fluisce in un circuito applicando una rampa di potenziale (Volt) agli elettrodi. Lo strumento è costituito da un elettrodo di lavoro (grafite, platino, etc.) e da un controelettrodo a potenziale costante, normalmente un elettrodo a calomelano o un elettrodo ad Ag/AgCl. La corrente monitorata è proporzionale alla concentrazione delle specie da analizzare e quindi si può utilizzare per calcoli quantitativi.

106 elettrodo ausiliare o controelettrodo elettrodo di riferimento
Si usano celle polarizzate a tre elettrodi; si parla in questo caso di: elettrodo di misura elettrodo ausiliare o controelettrodo elettrodo di riferimento Tra elettrodo di misura e controelettrodo viene imposta una tensione di polarizzazione. Un elettrodo sarà quindi caricato negativamente ed uno positivamente; gli ioni positivi tenderanno a migrare verso l'elettrodo negativo e viceversa. Attorno ai due elettrodi si crea cosi' una concentrazione di cariche. Si stabilisce pertanto equilibrio e non si ha più alcuna migrazione di cariche. Tutto questo processo dura in realtà un tempo brevissimo. Quando nella soluzione tra gli elettrodi di trova un ossidante esso reagisce all'anodo sottraendo elettroni. In entrambi i casi la sostanza ossidante sottrae elettroni all'anodo riducendosi.

107 Celle per misure voltammetriche
Voltammetry refers to the measurement of current that results from the application of potential. Unlike potentiometry measurements, which employ only two electrodes, voltammetric measurements utilize a three electrode electrochemical cell. The use of the three electrodes (working, auxillary, and reference) along with the potentiostat instrument allow accurate application of potential functions and the measurement of the resultant current. The different voltammetric techniques that are used are distinguished from each other primarily by the potential function that is applied to the working electrode to drive the reaction, and by the material used as the working electrode. La cella elettrochimica è costituita da un eletttrodo di lavoro, un elettrodo di riferimento ed un controelettrodo. La corrente fluisce tra l’elettrodo di lavoro ed l’elettrodo ausiliare. La differenze di potenziale è registrata tra l’elettrodo di lavoro ed l’elettrodo di riferimento.

108 The different voltammetric techniques that are used are distinguished from each other primarily by the potential function that is applied to the working electrode to drive the reaction, and by the material used as the working electrode.

109 Potenziostato o strumento da laboratorio per misure voltammetriche
Strumento per misure in “situ”

110

111

112 Elettrodi stampati o “screen-printed” (SPE)
Elettrodo ausiliare Elettrodo di lavoro Elettrodo di riferimento

113 Voltammetria di Stripping
Il potenziale viene fatto variare a velocità nota e si misura la corrente anodica. In questo step si monitora la riossidazione dei metalli prima concentrati nella goccia.

114 Voltammetria di Stripping - steps
1. Deposizione 2. Concentrazione 3. Equilibrio 4. Stripping

115 Voltammogramma di stripping (ASV) dopo 180 s di deposizione a –1
Voltammogramma di stripping (ASV) dopo 180 s di deposizione a –1.4 V (SCE). Concentrazione di Cu, Cd, Pb e Zn 5 x 10-7 M. Elettrolita di supporto: acetato di sodio 0.02 M, pH 6.40. Elettrodo: HMDE.

116 Acido forte Acido debole Base forte Base debole % base aggiunta 200% acido aggiunto Zona acida Neutralità alcalina Punto di equivalenza 2 4 6 7 8 10 12 14

117 La Carta La cellulosa rappresenta il componente principale della carta, nella quale sono presenti anche diverse sostanze: collanti  rendono la cellulosa meno igroscopica*, le consentono di accogliere la scrittura; materiali di carica  impartiscono maggiore opacità e consistenza al foglio; coloranti. *L'igroscopia (o igroscopicità) è la capacità di una sostanza ad assorbire prontamente le molecole d'acqua presenti dall'ambiente a sé circostante.

118 Cos’è la Cellulosa? La cellulosa è il polimero strutturale più comune nel mondo vegetale. E' costituita da polimeri di glucosio legati da ponti glucosidici (acetalici) b in cui la catena risulta allungata e quasi planare consentendo legami ad idrogeno* intra- ed intermolecolari che comportano una elevata cristallinità. * Legami ad Idrogeno: sono legami intermolecolari a idrogeno, dovuti ad una interazione elettrostatica tra atomi di ossigeno e atomi di idrogeno di molecole, dotate di gruppi -OH vicine tra loro. Si creano cioè legami elettrostatici parziali tra atomi di ossigeno, carichi negativamente, e di idrogeno, carichi positivamente, di molecole diverse.

119 Composizione della carta
La cellulosa consiste di lunghe catene lineari di residui di glucosio legati covalentemente a formare una struttura a forma di nastri. Queste catene polimeriche sono parallelamente tenute insieme da ponti ad idrogeno. Ciò determina le strutture definite fibrille. Struttura di fibrille, microfibrille e cellulosa  Catena polimerica. Le catene sono disposte parallele le une alle altre e si legano tra loro per mezzo di legame idrogeno.

120 Composizione della carta
l numero medio di unità glucosidiche che compongono una singola catena di cellulosa è detto "grado di polimerizzazione" (dp), quest’ultimo può subire una riduzione del suo valore (depolimerizzazione) oltre che per i vari trattamenti che vengono effettuati, anche per la presenza di particolari sostanze che sono introdotte durante la fabbricazione della carta. La sua riduzione però, può essere causata anche da elementi provenienti dall’esterno, come ad esempio fattori ambientali, sollecitazioni meccaniche o sostanze con le quali la carta viene a contatto. «La depolimerizzazione in pratica riduce una catena lunga in alcune catene più corte producendo in tal modo un aumento della fragilità della carta con la conseguente riduzione della sua vita.» [Maurizio COPEDÈ, La carta e il suo degrado]

121 Composizione della carta
Estese su tutta la lunghezza delle fibre vi sono altre forze di attrazione che uniscono le molecole di cellulosa: le forze di Van der Waals*. Queste ultime anche se deboli giocano un ruolo importante per mantenere salda la struttura originale, poiché le variazioni della distanza tra molecole, dovuta a sollecitazioni meccaniche, chimiche, umidità o assorbimento di H2O, possono trasformare in repulsione queste forze d’attrazione o annullarle del tutto. Le fibre di cellulosa, indebolendosi, sono più soggette a degradazione. *Debole attrazione intermolecolare causata da fluttuazioni nella distribuzione delle cariche. Forze attrattive a grande distanza e repulsive a piccola distanza. Maggiori sono le dimensioni delle molecole, maggiori sono queste forze.

122 Composizione della carta
Le caratteristiche con cui classificare i vari tipi di carta sono: Lunghezza delle fibre, Grado di polimerizzazione, Grado di purezza della materia fibrosa Tipo di lavorazione che condizionano e determinano la vita e la durata della carta stessa.

123 Composizione della carta
In base al grado di purezza ed al tipo di lavorazione si possono distinguere: Pasta meccanica (o pasta di legno)  la meno pregiata in quanto contiene tutte le impurità presenti nel legno, tra cui emicellulosa, lignina, tannini e resine; Pasta chimica  si ottiene trattando il legno con sostanze chimiche per eliminare le sostanze incrostanti Paste semi-chimiche e chemi-meccaniche  si preparano con reattivi chimici e con sfibratura meccanica. Se prevale il processo chimico, si ottengono carte migliori, se prevale la fase meccanica, si ha la pasta chemi-meccanica e una carta più povera e più facilmente deperibile Pasta chimica + pasta meccanica = carta da giornale

124 Composizione della carta  EMICELLULOSA
L’emicellulosa [(C5H8O4)n] presenta una struttura simile alla cellulosa [(C6H10O5)n] , ma con ramificazioni laterali costituite da unità glucosidiche e le sue catene sono più corte. Ha una grande tendenza a formare legami idrogeno importanti per la fabbricazione della carta, ma ciò la rende anche chimicamente meno stabile, tanto che carte preparate con cellulose commerciali sono meno durevoli e più degradabili da agenti di natura chimico-fisica.

125 Composizione della carta  LIGNINA
Si tratta di un polimero a struttura tridimensionale con unità di fenilpropano collegate fra loro in modi diversi. E’ il polimero naturale più complesso in relazione alla sua struttura ed etereogenicità. Riassumendo le lignine sono dei polimeri costituiti da tre tipi monomeri diversi: l'alcool cumarilico (alcool 4-idrossicinnamilico) l'alcool coniferilico (alcool 4-idrossi-3-metossicinnamilico) l'alcool sinapilico (alcool 4-idrossi-3,5-dimetossicinnamilico) Nella fabbricazione della carta, questa sostanza si tenta di eliminarla il più possibile per liberare le fibre di cellulosa che tiene insieme e perché tale sostanza non forma i legami idrogeno, indispensabili per la preparazione di un foglio di carta meccanicamente resistente. Inoltre nel tempo tende a far ingiallire la carta. Ha la capacità di sciogliersi con facilità a caldo nelle soluzioni alcaline e di reagire con gli acidi, dando luogo a derivati solubili.

126 Composizione della carta  Additivi
Sono costituiti da materiali inorganici naturali od artificiali finemente polverizzati: hanno lo scopo di migliorare alcune caratteristiche della carta: grado di bianco opacità stampabilità grado di lisciatura carattere esteriore Le sostanze più usate sono: Caolino  minerale con potere coprente che impartisce alla carta un buon grado di bianco e di opacità Talco  fornisce un buon grado di bianco Carbonato di calcio  ha un elevato grado di bianco, ma uno scarso potere coprente Biossido di titanio  miglior grado di bianco, elevata capacità coprente e opacità, ma anche elevato costo Solfato di bario, Solfato di calcio Farina fossile (utilizzata perle carte da disegno)

127 Composizione della carta  Leganti
I leganti, utilizzati per la patinatura, si suddividono in: Composti a base di proteine; Composti a base di polisaccaridi; Composti a base di acidi grassi Resine A cosa servono? Hanno lo scopo di facilitare l‘adesione dei pigmenti utilizzati nella scrittura e nella pittura al substrato di applicazione. Requisito fondamentale Devono essere filmogeni, ovvero formare strati sottili di pochi mm senza perdere continuità e stratificarsi senza mescolarsi con il materiale sottostante. Devono avere la capacità di rapprendersi da uno stato fluido.

128 Composizione della carta  Leganti
Composti a base di proteine Oli essicativi, ovvero acidi grassi tra cui acido linoleico, con catene alifatiche costituite principalmente da un numero elevato (compreso fra 16 e 18 atomi di carbonio) e ricchi di doppi legami insaturi, Albumina, presente nel bianco d’uovo, Colle animali o gelatine, costituite da collagene, Caseina, proteina del latte, disciolta in ammoniaca e soda caustica

129 Composizione della carta  Leganti
Composti a base di polisaccaridi Sono di origine per lo più vegetale. L'azione legante che svolgono è dovuta alla formazione di legami ad idrogeno con le sostanze che compongono il substrato di applicazione. Alcuni esempi sono: Amido polimero del glucosio ottenibile da patate, riso o grano. E' insolubile in acqua a freddo, mentre a caldo forma un gel con glicerina (glicerolato d'amido). Contiene amilosio (polimero lineare che, per idrolisi enzimatica, si scinde in glucosio) ed amilopectina (che con le sue catene ramificate ne limita la solubilità). L'amido presenta proprietà adesive che vengono sfruttate per far aderire fra loro polveri diverse in formulazioni granulari. L'amido allo stato secco tende a gonfiarsi in presenza di acqua.

130 Composizione della carta  Leganti
Gomme arabica Chimicamente è un polisaccaride con funzioni acide salificate da Mg, K, Ca; è costituito da arabinosio, D-galattopiranosio, ramnopiranosio e acido D-glucoronico. Quest'ultimo è un anione solubile in acqua nel rapporto 1:2 (solubilità influenzata dal pH perché acidificando diminuisce la dissociazione del carbossile e quindi la solubilità), responsabile delle caratteristiche ispessenti-emulsionanti della gomma arabica. Le dispersioni di gomma arabica hanno modesta viscosità che resta costante tra pH 4 e 10. Gomme adragante un'altra gomma di composizione simile alla gomma arabica (si ottiene dall'essudato dei rami dell‘Astragalus Gummifer), però meno solubile e provvista di sola azione ispessente (non ha proprietà emulsionanti). Può formare dispersioni colloidali che aumentano di viscosità aumentando la concentrazione. Le dispersioni di gomma adragante presentano un massimo di viscosità a pH 5, poi la viscosità diminuisce rapidamente se la conservazione del preparata avviene a pH minore di 5 e maggiore di 6. Ambedue le gomme (acacia e adragante) hanno proprietà adesive e facendo evaporare il solvente residua una pellicola più o meno rigida.

131 Composizione della carta  Leganti
Composti a base di acidi grassi Si tratta di un gruppo composto da numerose sostanze, divisibili in cere e oli siccativi. - Cere  miscele complesse di composti organici, di origine animale (cera d'api), vegetale (cera carnauba) o minerale (cera montana). Era miscelata all'acqua per formare un'emulsione nella quale veniva disperso il pigmento, che si fissava poi per evaporazione dell'acqua. - Oli siccativi  ottenuti a partire da glicerina e acidi grassi insaturi. Dopo evaporazione, questi composti formano un robusto film insolubile in acqua e in molti solventi organici.  olio di lino, ottenuto dai semi del linum usitutissimum e purificato per mezzo di sostanze alcaline;  olio di semi di girasole  olio di semi di papavero.

132 Composizione della carta  Leganti
Resine Le resine formano un gruppo eterogeneo. Esse sono miscele complesse di sostanze organiche. Sono prevalentemente di origine vegetale, di aspetto vischioso e sono utilizzate come vernici protettive più che come leganti, generalmente sciolte in un olio siccativo o in un solvente. Alcuni esempi: trementina  prodotta dall'escrezione di conifere, colofonia  prelevata da pini, mastice  prelevata dal lentisco pistacchio.

133 Composizione della carta  Pigmenti e Colori
Definizioni di: Luce e colore Definizione di colore Terminologia (pigmenti, coloranti, ecc.) Materiali antichi Materiali medioevali Materiali moderni

134 Composizione della carta  Pigmenti e Colori
La luce Non si può parlare di colori senza parlare prima di luce, la madre di tutti i colori, il personaggio più importante in qualsiasi rappresentazione artistica La luce ha natura ondulatoria (onde) e corpuscolare (fotoni) L = lunghezza d’onda () F = frequenza () L  1/F F  Energia (E=h)

135 Lo spettro elettromagnetico
Composizione della carta  Pigmenti e Colori Lo spettro elettromagnetico Energia Lo spettro elettromagnetico comprende l'intera gamma delle lunghezze d'onda esistenti in natura, dalle onde radio, lunghissime e poco energetiche, ai raggi cosmici, cortissimi e dotati di straordinaria energia. Fenomeni fisici apparentemente diversissimi, come le onde radio che trasportano suoni e voci nell'etere e i raggi X che impressionano le lastre radiografiche, appartengono in realtà alla medesima dimensione, quella delle onde elettromagnetiche. All'interno dello spettro elettromagnetico, solo una piccolissima porzione appartiene al cosiddetto spettro visibile, l'insieme delle lunghezze d'onda a cui l'occhio umano è sensibile e che sono alla base della percezione dei colori. Esso si situa tra i 380 e i 780 nanometri

136 Luce bianca e luce colorata
Composizione della carta  Pigmenti e Colori Luce bianca e luce colorata Luce rossa  750 nm Luce violetta  400 nm La luce visibile, cioè la radiazione compresa tra 380 e 780 nm, è definita globalmente luce bianca: essa è la somma delle componenti colorate, dal violetto al rosso passando per il blu, il verde, il giallo, ecc., corrispondenti alle lunghezze d’onda comprese nell’intervallo suddetto. Queste componenti possono essere evidenziate quando un raggio di luce passa attraverso un prisma, un oggetto capace di rallentarle in maniera differente; lo stesso effetto si ha nell’arcobaleno, quando la luce bianca passa attraverso le goccioline d’acqua di cui è satura l’aria dopo un temporale

137 Composizione della carta  Pigmenti e Colori
L’origine del colore Perchè le cose sono colorate? Ci sono fondamentalmente tre cause che, in innumerevoli varianti, rendono il mondo colorato. La luce può essere: CREATA come nel bagliore giallo di una candela. La luce visibile si può creare attraverso l’energia elettrica (es. lampadina), l’energia chimica (es. combustione) o l’energia termica (es. vulcano in eruzione) PERSA come attraverso un vetro colorato. Alcuni colori risultano da porzioni dello spettro visibile che si perdono o vengono assorbite. Se vediamo un colore su un oggetto, c’è una molecola in grado di assorbire parte dello spettro visibile MODIFICATA come nel cielo al tramonto o in un prisma. Molti esempi di colore naturale derivano dalle proprietà ottiche della luce e dalle sue modificazioni attraverso processi come diffusione, rifrazione, diffrazione, interferenza, ecc.

138 Composizione della carta  Pigmenti e Colori Definizione di colore
Il colore è una sensazione prodotta sul cervello, tramite l’occhio, da un corpo opaco colpito dalla luce o in grado di emettere luce Due situazioni sono definibili in maniera semplice: il bianco e il nero. Un corpo che riflette completamente la luce bianca appare bianco, mentre un corpo che assorbe completamente la luce bianca appare nero. Appaiono colorati i corpi che riflettono o producono un particolare e limitato intervallo di lunghezze d’onda. Per quanto riguarda i materiali coloranti, il meccanismo prevalente è quello dell’assorbimento di luce ed emissione di luce riflessa Per poter valutare e descrivere in termini oggettivi i colori che l’occhio umano riesce a distinguere, esistono sistemi di carte del colore il più importante dei quali è descritto nel Munsell Book of Color Questi sistemi definiscono ogni colore in base a: la tinta, che indica i colori base, ovvero le lunghezze d’onda dell’intervallo visibile la chiarezza, che indica la quantità di bianco e nero presente nel colore la saturazione, che indica la quantità di tinta presente in un dato colore in rapporto al bianco, al nero o al grigio stabilito dal valore di chiarezza Tutte le variazioni che l’occhio umano è in grado di registrare sono classificabili in termini di queste variabili. Esiste poi la cosiddetta ruota dei colori dove, a partire dai quattro colori fondamentali blu, rosso, verde e giallo, è possibile valutare le tinte che si generano dalla variazione continua tra un colore e l’altro

139 Composizione della carta  Pigmenti e Colori
Produzione di colore Il meccanismo prevalente di produzione del colore da un oggetto è quello dell’assorbimento parziale di luce bianca ed emissione di luce riflessa I colori corrispondenti alla lunghezza d’onda assorbita e a quella riflessa sono detti complementari. Per esempio, un oggetto che sia in grado di assorbire la radiazione a nm (luce violetta) apparirà giallo-verde; un oggetto che assorba nel range nm (luce rossa) appare di colore blu-verde Fa eccezione il grigio che, nelle sue varie tonalità, non è un vero colore essendo una miscela di bianco e nero Un particolare colore può essere ottenuto (a parte la possibilità di emettere luce propria) miscelando colori puri. Per esempio, è possibile generare il colore rosa in tre modi: diluendo luce arancio (~620 nm) con luce bianca miscelando luce rossa (~700 nm) e ciano (~490 nm) miscelando luce rossa (~700 nm), verde (~520 nm) e violetta (~420 nm) L’artista è interessato principalmente alla luce riflessa Il chimico, invece, deve concentrarsi soprattutto sulla luce assorbita

140 Composizione della carta  Pigmenti e Colori
Percezione del colore Il colore che si percepisce macroscopicamente può essere in realtà generato da sostanze che, a livello microscopico, sono colorate in maniera molto differente. Nella figura di sinistra, tratta da un testo tedesco del XVI secolo, il contorno della lettera R appare grigia. L’ingrandimento al microscopio (100x), riportato nella figura di destra, mostra invece che il colore grigio è ottenuto con sostanze di colore diverso. L’artista ha ottenuto la tinta desiderata miscelando la bellezza di non meno di sette colori diversi

141 Composizione della carta  Pigmenti e Colori
I materiali colorati si dividono in: materiali coloranti, cioè pigmenti, coloranti e lacche leganti e vernici, cioè sostanze che fungono da mezzi disperdenti o da protettivi

142 Composizione della carta  Pigmenti e Colori
I materiali utilizzati per impartire il colore ad un oggetto sono classificabili in: Pigmenti: sostanze generalmente inorganiche (minerali o rocce) aventi proprietà coprenti, insolubili nel mezzo disperdente col quale formano un impasto più o meno denso. Sono dotati di colore e di corpo; impartiscono il proprio colore aderendo mediante un legante alla superficie del mezzo che si desidera colorare. Sono generalmente stabili agli agenti atmosferici e alla luce (lightfastness in inglese), tranne alcuni composti a base di piombo. Coloranti: sostanze generalmente organiche trasparenti, solubili nel mezzo disperdente. Sono dotati di colore ma non di corpo; impartiscono il proprio colore per inclusione, assorbimento o legame chimico con il mezzo che si desidera colorare. Sono meno stabili dei pigmenti, in particolare se utilizzati nei manoscritti e nei quadri. Lacche: coloranti solubili in acqua, intrappolati in un substrato solido come calcare o argilla, precipitati e successivamente polverizzati, da utilizzare analogamente ai pigmenti. Mordenti: composti intermediari utilizzati per fissare chimicamente i coloranti al substrato, generalmente costituiti da sali metallici che possono conferire colori diversi a seconda del metallo.

143 Lista dei pigmenti ante 1400
Composizione della carta  Pigmenti e Colori Lista dei pigmenti ante 1400

144 Lista dei pigmenti post 1400
Composizione della carta  Pigmenti e Colori Lista dei pigmenti post 1400

145 Tecniche per lo studio dei materiali coloranti
Composizione della carta  Pigmenti e Colori Tecniche per lo studio dei materiali coloranti I materiali coloranti possono essere analizzati con molte tecniche analitiche. Le tecniche più idonee sono le seguenti: Le tecniche cromatografiche sono spesso impiegate nella determinazione di coloranti oltre che di leganti (per i quali è adatta la tecnica GC-MS), raramente per i pigmenti. Le tecniche di analisi isotopica, infine, sono utilizzabili per identificare l'origine dei pigmenti contenenti piombo Sono particolarmente utili le tecniche che permettono l'analisi in situ senza prelievo, come le spettroscopie Raman e XRF Tecniche di spettroscopia molecolare (Raman, IR, XRD) perchè consentono di identificare in maniera definitiva il composto responsabile del colore: per esempio, quasi tutti i pigmenti e i coloranti mostrano uno spettro Raman caratteristico e riconoscibile Tecniche di spettroscopia elementare (XRF, PIXE, SEM) che invece arrivano all'identificazione mediante la determinazione di uno o più elementi-chiave, benchè in alcuni casi non diano risposte definitive. La tabella successiva elenca alcuni pigmenti e coloranti identificabili con la spettroscopia XRF

146 Analisi di pigmenti mediante XRF
Composizione della carta  Pigmenti e Colori Analisi di pigmenti mediante XRF La tabella elenca alcuni pigmenti e coloranti identificabili con la spettroscopia XRF Elementi chiave Colore Pigmento Composizione Arsenico Giallo Orpimento As2S3 Bromo Porpora Porpora di Tiro C16H8Br2N2O2 Cadmio Giallo di Cadmio CdS Cobalto Blu Smaltino Silicato di cobalto e potassio Ferro Giallo, bruno, rosso, verde Terre, Ocre Miscele di ossidi di ferro e silicati Manganese Marrone scuro Bruno di Manganese MnO2 Mercurio Rosso Cinabro HgS Piombo Bianco Bianco Piombo 2PbCO3·Pb(OH)2 Rosso Piombo Pb3O4 Rame Azzurrite 2CuCO3·Cu(OH)2 Verde Malachite CuCO3·Cu(OH)2 Titanio Bianco Titanio TiO2 Antimonio + Piombo Giallo Napoli Pb3(SbO4)2 Calcio + Rame Blu Egiziano CaCuSi4O10 Cromo + Piombo Giallo Cromo PbCrO4 Rosso Cromo PbCrO4·Pb(OH)2

147 Composizione della carta  Pigmenti e Colori Cinabro
Il cinabro si otteneva e si ottiene tuttora dal minerale omonimo la cui formula è HgS. Il pigmento sintetico è più correttamente noto come vermiglio o vermiglione. Il suo colore è più brillante rispetto all’ocra rossa e in generale si tratta di un pigmento di maggior valore e di discreta durabilità. Si otteneva dalle miniere di cinabro vicino a Belgrado già nel III millennio a.C.; lo si ritrova in affreschi e decorazioni in Persia (I millennio a.C.), in Palestina a Gerico e in numerosi siti Romani I Romani chiamavano questo pigmento minio e siccome il rosso era il colore dominante nelle opere pittoriche di piccole dimensioni, esse erano note come miniature In seguito il nome minio è attribuito al pigmento Rosso Piombo, Pb3O4) I titoli in rosso dei manoscritti divennero noti come rubriche, dal Latino ruber = rosso

148 Manoscritti illuminati
Composizione della carta  Pigmenti e Colori Manoscritti illuminati Si tratta di manufatti di grande valore storico, artistico e religioso, tipici del Medioevo. Originariamente descritti come manoscritti impreziositi dall'uso di colori luminosi (in particolare oro e argento) per le illustrazioni, essi sono la testimonianza delle capacità tecnico-artistiche degli antichi scribi. Le illustrazioni dei manoscritti illuminati sono ancora adesso in grado di rivaleggiare con i manoscritti a stampa dal punto di vista della precisione di tratto e della fantasia delle forme Generalmente preparati su pergamena (pelle animale opportunamente trattata) e in seguito su carta, i manoscritti erano decorati con pigmenti, coloranti e inchiostri dalle tinte vivaci

149 I colori dei manoscritti
Composizione della carta  Pigmenti e Colori I colori dei manoscritti La varietà di colori a disposizione del decoratore di manoscritti medievali era sorprendentemente vasta, tranne in rari casi in cui due colori apposti in zone limitrofe potevano reagire chimicamente e dare luogo a prodotti di degradazione indesiderati, come nel caso di pigmenti a base di piombo, es. Bianco Piombo, 2PbCO3·Pb(OH)2 e a base di solfuro, es. Orpimento, As2S3 Inoltre, la produzione di colori sintetici (quali il Vermiglio al posto del Cinabro naturale o i pigmenti blu a base di rame) e l’importazione di nuovi colori dai paesi extraeuropei (Zafferano, Cocciniglia) ebbe un significativo incremento proprio mentre l'arte della miniatura si stava sviluppando Gli illustratori erano soliti preferire pigmenti inorganici perchè più stabili nel tempo rispetto a quelli organici, più facilmente soggetti a degradazione fotochimica; di questo gli scribi erano probabilmente consci. Ciò non toglie che spesso sia ancora possibile identificare la presenza di alcuni coloranti, come l'Indaco o la Porpora di Tiro, o di lacche come la Robbia e il Kermes 

150 Composizione della carta  Pigmenti e Colori Doratura
Si utilizzavano tre tipi di tecnica: nel primo caso, la superficie da decorare era coperta con una colla umida sulla quale si applicava una sottile lamina ottenuta da monete, a formare il pigmento noto come Foglia d'oro; questa tecnica era usata in particolare nei primi manoscritti nel secondo caso, si preparava un fondo di intonaco costituito da gesso (solfato di calcio diidrato) amalgamato con una colla in modo da ottenere un risultato tridimensionale; sul fondo era applicata la lamina d'oro. Questa era la tecnica preferita per le iniziali la terza tecnica prevedeva l'applicazione dell'oro sotto forma di polvere dispersa in gomma arabica, a formare una specie di inchiostro dorato, chiamato shell gold, impiegato soprattutto per le decorazioni a margine

151 Composizione della carta  Gli inchiostri
Definizione: sono costituiti da pigmenti* o coloranti** combinati ad un legante e dispersi in un mezzo veicolante, di solito acqua. Il termine deriva dal latino encaustum che significa “bruciare dentro” o “sopra” dal momento che l’acido gallico e tannico presenti fra i suoi ingredienti corrodono la superficie sulla quale si scrive. Gli inchiostri possono suddividersi in: Inchiostri da scrivere - inchiostro rosso Inchiostri da stampa - inchiostro nero *Pigmento: sostanza di origine inorganica, di norma minerale. Sono costituiti da polveri fini, colorate, insolubili, disperse spesso in acqua, con il quale formano un impasto denso. **Coloranti: sostanza trasparenti solubili, capaci di impartire il proprio colore ad altre non colorate per inclusione, assorbimento od attraverso la formazione di legami chimici stabili con esse.

152 Composizione della carta  Gli inchiostri
INCHIOSTRO DA SCRIVERE Definizione: soluzione acquose di acido tannico o gallico con solfato di ferro (FeSO4), addizionate di coloranti organici, antisettici e piccole quantità di acido minerale. Caratteristiche: devono essere prive di sedimenti, asciugare rapidamente sulla carta, senza eccessiva penetrazione ed avere un buon potere colorante.

153 Composizione della carta  Gli inchiostri
INCHIOSTRO DA SCRIVERE Inizialmente l’inchiostro era una semplice mistura di carbone di legna polverizzato o di fuliggine con acqua, talvolta con l’aggiunta di gomma arabica o di olio di lino. Per produrre il nerofumo si bruciavano in presenza di pochissima aria, legni resinosi o sostanze come gelatina animale, pece, feccia di vite seccata. La combustione avveniva in recipienti di terracotta sormontati da coni destinati a raccogliere il denso fumo che, mediante passaggi in serpentine e setacci, formava una polvere nera. Essa poi veniva unita a liquidi la cui viscosità permetteva sia la sospensione della mistura sia l’attecchimento della scrittura al supporto.

154 Composizione della carta  Gli inchiostri
Inchiostro rosso L’inchiostro rosso era utilizzato per titoli, sottotitoli e rubriche nei manoscritti liturgici, e per i giorni marcati con lettere rosse nei Calendari. L’uso del colore rosso risale per lo meno al V secolo e fu praticato fino al XV secolo I composti utilizzati allo scopo potevano essere principalmente quattro: il minio o rosso piombo (tetraossido di piombo, Pb3O4), di valore commerciale inferiore, ottenuto a partire da minerali di piombo il cinabro (solfuro di mercurio, HgS), di valore commerciale e simbolico decisamente superiore, ottenuto dal minerale omonimo frantumato e mescolato con chiara d’uovo e gomma arabica, oppure, nella versione sintetica a partire dal secolo VIII, miscelando mercurio, zolfo e potassa: in questo caso è noto come vermiglio o vermiglione l'ocra rossa (ossido di ferro, Fe2O3, in miscela con argilla) di scarso valore commerciale, ottenuto da depositi naturali inchiostri a base organica come la scorza del Brasile o verzino, infusa in aceto e mischiata con gomma arabica

155 Composizione della carta  Gli inchiostri Inchiostro nero
L’inchiostro nero, di larghissimo utilizzo, fu probabilmente introdotto da Fenici ed Egiziani almeno 2000 anni prima di Cristo; sono note numerosissime ricette medievali per la fabbricazione dell’inchiostro nero, ma tutte sono riconducibili a due soli tipi, ampiamente in uso fino al medioevo: gli inchiostri a base di carbone, una mistura di nerofumo o fuliggine, acqua e gomma (additivo per la consistenza): probabilmente il primo inchiostro utilizzato dall’uomo, adoperato nell’antichità fin dal 2500 a.C. e descritto in tutte le ricette medievali fino al XII secolo gli inchiostri cosiddetti metallo-gallato, a base di noce di galla, un sale metallico (ferro, rame o zinco, i cosiddetti vetrioli), acqua e gomma: in uso almeno dal III secolo; probabilmente da questo momento in poi tutti i manoscritti tardo medievali furono scritti con questo tipo di inchiostro

156 Inchiostro metallo-gallato
Composizione della carta  Gli inchiostri Inchiostro metallo-gallato L’inchiostro metallo-gallato è senza dubbio il più importante nella storia occidentale, usato tra gli altri da Leonardo da Vinci, Bach, Rembrandt e Van Gogh, indirettamente citato anche da Plinio il Vecchio (I secolo d.C.); è stato identificato anche nei Rotoli del Mar Morto Segreteria Reale britannica fine XV secolo

157 Ricetta per l’inchiostro
Composizione della carta  Gli inchiostri Ricetta per l’inchiostro Per preparare l’inchiostro metallo-gallato si impiegavano le galle, formazioni tumorali rotonde che crescono sulle foglie e sui rametti di numerose piante, in risposta all’aggressione da parte di insetti: ciò provoca la formazione di strati contenenti tannini, composti organici a base fenolica, e in particolare acido gallotannico. Mescolando la noce di galla con acqua si libera acido gallico che, in presenza di solfato di ferro(II) o vetriolo, genera un precipitato marrone scuro. Addizionando poi gomma arabica come agente disperdente, il risultato finale è una sospensione utilizzabile per la scrittura: l’inchiostro metallo-gallato, appunto; il colore nero risulta dall'ossidazione del ferro Noci di galla (acido gallico) Vetriolo (FeSO4·7H2O) …aria (O2) Inchiostro metallo-gallato

158 Formazione dell’inchiostro
Composizione della carta  Gli inchiostri Formazione dell’inchiostro

159 Composizione della carta  Gli inchiostri
Crisografia Un caso particolare di inchiostro si ha nella Crisografia: il termine indica la scrittura con oro su manoscritti. Fu utilizzata a partire dal I secolo d.C. per produzioni di lusso. Nella crisografia si usava oro polverizzato mescolato con gomma arabica e applicato sulle superfici mediante una penna o un pennello; anche l’argento, lo stagno e il colorante zafferano erano a volte impiegati Un esempio di crisografia si ha nel Canterbury Codex Aureus, un manoscritto dell'VIII secolo conservato presso la Royal Library di Stoccolma.

160 Composizione della carta  Gli inchiostri
Lindisfarne Gospels Un importantissimo manoscritto di area britannica è il Lindisfarne Gospels, attribuito alla fine del VII secolo d.C. e al monastero di Lindisfarne, nell'Inghilterra del Nord; attualmente appartiene alla British Library di Londra. Una caratteristica tecnica rilevante di questo manoscritto è il fatto che il testo è estremamente scuro e consistente: l'inchiostro impiegato dallo scriba, probabilmente del tipo metallo-gallato, doveva essere stato prodotto con una ricetta eccezionalmente stabile e in quantità copiose.

161 Prove di valutazione della carta
Vista l’alta igroscopicità, fondamentale risulta la determinazione del contenuto di acqua. Tale grandezza risulta direttamente proporzionale alla igroscopicità del materiale ed è determinata mediante pesatura e successiva essiccazione in stufa fino all’ottenimento di un peso costante. La differenza tra il peso iniziale e quello successivamente raggiunto indica il contenuto di acqua del campione.

162 Misura del pH La misurazione del pH serve ad indicare il grado di acidità della carta e può essere effettuata sia a caldo che a freddo: Il campione cartaceo (1gr) unito ad acqua distillata (70 cm3) viene bollito o semplicemente agitato (procedimento a freddo), fino ad ottenere una miscela omogenea. Il pH di tale miscela viene misurato mediante un pHmetro con elettrodo per contatto o mediante l’analisi delle acque di lavaggio.

163 Misura della riserva alcalina
Tale misura risulta importante per la durata della carta, in quanto la difende dall’azione degli agenti degradanti acidi. Viene effettuata mediante una titolazione potenziometrica (misura del pH) di un materiale cartaceo al quale è stata aggiunta inizialmente una quantità nota di acido (HCl 0.1N) di cui si calcola l’eccesso con una base (NaOH 0.1N). La differenza tra il volume di HCl e quello di NaOH è pari alla riserva alcalina che si esprime in CaCO3.

164 Analisi dei manoscritti
Composizione della carta  Gli inchiostri Analisi dei manoscritti L'analisi dei manoscritti, dato l'enorme valore delle opere, va ovviamente effettuata con tecniche non distruttive e che non prevedano il prelievo di un campione. Esiste però una tecnica di campionamento accettata da alcuni enti museali, tra cui il Louvre di Parigi: essa consiste nell'impiego di un tampone noto come Q-tip (sotto), la cui punta è in grado di asportare per sfregamento quantità del tutto irrisorie (meno di 100 ng) di pigmento dal manoscritto Le tecniche analitiche più adatte sono le tecniche spettroscopiche e in particolare Raman (sx), PIXE e XRF


Scaricare ppt "analisi qualitativa analisi quantitativa METODI ANALITICI"

Presentazioni simili


Annunci Google