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Ing. Domenico Mannelli ? Il rischio incendio.

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Presentazione sul tema: "Ing. Domenico Mannelli ? Il rischio incendio."— Transcript della presentazione:

1 ing. Domenico Mannelli ? Il rischio incendio

2 IL FUOCO PUO' ESSERE RAPPRESENTATO COME UN TRIANGOLO
COMBURENTE COMBUSTIBILE TEMPERATURA MANCANDO UNO DI TALI ELEMENTI IL FUOCO NON PUO' ESISTERE 2008

3 COS'è IL COMBUSTIBILE? E’ la sostanza in grado di bruciare, ossia di provocare una forte reazione esotermica a contatto con altre sostanze. Si può presentare nei seguenti stati di aggregazione: SOLIDO, es. carbone, legno, carta LIQUIDO, es. alcool, benzina, gasolio GASSOSO, es. metano, idrogeno, propano N.B.: il combustibile deve tuttavia sempre trovarsi allo stato gassoso perché la reazione esotermica abbia luogo. Fanno eccezione il carbone e pochi altri elementi metallici come il magnesio 2008

4 È la sostanza che permette al combustibile di bruciare.
COS'è IL COMBURENTE? È la sostanza che permette al combustibile di bruciare. Normalmente è l’ossigeno atmosferico sotto forma di GAS. 2008

5 COS'é LA TEMPERATURA DI ACCENSIONE?
È la minima temperatura alla quale la miscela combustibile-comburente inizia a bruciare spontaneamente e continua nella combustione senza apporto di calore esterno 2008

6 COS'è LA TEMPERATURA DI INFIAMMABILITA'?
È la minima temperatura alla quale il combustibile emette vapori in quantità tale da formare con il comburente una miscela incendiabile. N.B.: Per i combustibili che reagiscono direttamente allo stato solido la temperatura di infiammabilità corrisponde al livello in cui la superficie del combustibile è in grado di interagire con l’ossigeno dell’aria. 2008

7 COS'è L'INNESCO? È una qualsiasi sorgente di calore (es. fiamma, scintilla, corpo caldo) che a contatto con la miscela infiammabile scatena la reazione di combustione. Deve presentare i seguenti requisiti: 1. temperatura  temperatura miscela 2. apporto di energia calorica 3. durata sufficiente del tempo di contatto 2008

8 L’INCENDIO TIPO Si evolve secondo una sequenza elementare distinguibile in tre fasi: T Temperatura in °C Tempo in minuti t 1. Fase di “ignizione” 2. Fase di “flash-over” 3. Fase di “spegnimento” 2008

9 I PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE
CHIMICA E FISICA DELLA COMBUSTIONE I PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE 1. FUOCO 2. ANIDRIDE CARBONICA (CO2) per combustione completa in presenza di ossigeno 3. MONOSSIDO DI CARBONIO (CO) per combustione incompleta in carenza di 4. VAPORE ACQUEO (H2O) 5. ANIDRIDE SOLFOROSA (SO2) E SOLFORICA (SO3) per combustibili contenenti zolfo (S) 6. CENERI, sostanze inorganiche di varia natura con diametro  1 micron mischiate a materiali incombusti che si disperdono nell’aria dai gas di combustione. Possono contenere ossidi di metalli pesanti (es. piombo, mercurio, cromo, selenio, cadmio). 7. FUMI, formati da particelle solide o liquide con diametro  1 micron costituiti da carbone (fuliggine), idrocarburi parzialmente incombusti e goccioline di catrame. 2008

10 FUOCHI DI NATURA ELETTRICA
classificazione dei fuochi e loro caratteristiche FUOCHI DI NATURA ELETTRICA FUOCHI DI MATERIE SOLIDE, FUOCHI DI GAS FUOCHI DI LIQUIDI O DI SOLIDI che possono liquefarsi (es. cera, paffina). 2008

11 Per combattere un incendio si adottano le protezioni attive.
SISTEMI DI PROTEZIONE PROTEZIONI PASSIVE Per ridurre gli effetti di un possibile incendio si adottano le protezioni passive. Le protezioni passive sono quelle che non richiedono l’intervento di personale o di impianti manuali o automatici. PROTEZIONI ATTIVE Per combattere un incendio si adottano le protezioni attive. Le protezioni attive sono quelle che richiedono l'intervento del personale o degli impianti e comprendono le attrezzature e gli impianti per la lotta antincendio, il cui azionamento può avvenire manualmente o automaticamente. 2008

12 AZIONI ESTINGUENTI SOSTANZE E SISTEMI ESTINGUENTI
Consiste nell’eliminare uno dei tre fattori indispensabili all’esistenza dell’incendio (COMBUSTIBILE, COMBURENTE, TEMPERATURA) si può attuare nei seguenti modi: 1. AZIONE DI SEPARAZIONE 2. AZIONE DI SOFFOCAMENTO 3. AZIONE DI RAFFREDDAMENTO 4. AZIONE DI INIBIZIONE CHIMICA 2008

13 3. ANIDRIDE CARBONICA (CO2)
SOSTANZE ESTINGUENTI 1. ACQUA 2. SCHIUMA 3. ANIDRIDE CARBONICA (CO2) 4. POLVERE 2008

14 SI PER FUOCHI DI CLASSE A SI PER FUOCHI DI CLASSE B
ACQUA SI PER FUOCHI DI CLASSE A SI PER FUOCHI DI CLASSE B a patto che il peso specifico del liquido incendiato sia superiore a quello dell’acqua NO PER FUOCHI DI CLASSE C - E 2008

15 SI PER FUOCHI DI CLASSE A – B
SCHIUMA SI PER FUOCHI DI CLASSE A – B 2008

16 SI PER FUOCHI DI CLASSE A – B- C- E
ANIDRIDE CARBONICA SI PER FUOCHI DI CLASSE A – B- C- E 2008

17 SI PER FUOCHI A – B- C POLVERE PUO’ ANCHE ESSERE USATO SU FUOCHI DI
CLASSE E sino a 1000 volt 2008

18 RESISTENZA AL FUOCO Viene definita come la capacità di una struttura
(porta, solaio, parete, ecc.) a resistere alla sollecitazione termica, secondo lo sviluppo della curva standard, per un periodo di tempo definito. Nella prassi sono classificati periodi di 53, 30, 45, 60, 90, 120, e 180. Questa si esprime secondo tre parametri: “R”, “E”, ed “I”. 2008

19 R Rappresenta la stabilità ossia l'attitudine a mantenere le proprie capacità meccaniche sotto l'azione termica di uno sviluppo di incendio conforme atta curva standard e per il tempo in minuti dichiarato. 2008

20 Alcuni valori 2008

21 E Indica la capacità dell'elemento strutturale di impedire, ed al tempo stesso non produrre, il passaggio di fiamme, va-pori, e gas caldi oltre il lato non esposto all'incendio per un tempo non superiore alla indicazione in minuti. 2008

22 I Definisce poi la prerogativa di impedire, nel tempo non superiore alla indicazione in minuti primi, il passaggio di calore anche sotto forma di irraggiamento; questo parametro rappresenta l'innalzamento della temperatura della faccia non esposta. 2008

23 Una struttura REI 120 è in grado di mantenere le capacità di
RESISTENZA AL FUOCO Una struttura REI 120 è in grado di mantenere le capacità di stabilità-tenuta-isolamento termico per 120 minuti 2008

24 Decreto Ministeriale 10-3-98
Allegato I Linee guida per la valutazione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro Allegato II Misure intese a ridurre la probabilità di insorgenza degli incendi Allegato III - Misure relative alle vie di uscita in caso di incendio Allegato IV - Misure per la rilevazione e l'allarme in caso di incendio Allegato V Attrezzature ed impianti di estinzione degli incendi Allegato VI - Controlli e manutenzione sulle misure di protezione antincendio Allegato VII - Informazione e formazione antincendio Allegato VIII - Pianificazione delle procedure da attuare in caso di incendio Allegato IX - Contenuti minimi dei corsi di formazion per addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze, in relazione al livello di rischio dell'attività Allegato X - Luoghi di lavoro ove si svolgono attività previste dall'art.6, comma 3 2008

25 Classificazione del livello di rischio di incendio
Sulla base della valutazione dei rischi è possibile classificare il livello di rischio di incendio dell'intero luogo di lavoro o di ogni parte di esso: tale livello può essere basso, medio o elevato. 2008

26 A: LUOGHI DI LAVORO A RISCHIO DI INCENDIO BASSO
Si intendono a rischio di incendio basso i luoghi di lavoro in cui sono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilità e le condizioni locali e di esercizio offrono scarse possibilità di sviluppo di principi di incendio ed in cui, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata. 2008

27 B: LUOGHI DI LAVORO A RISCHIO DI INCENDIO MEDIO
Si intendono a rischio di incendio medio i luoghi di lavoro o parte di essi, in cui sono presenti sostanze infiammabili e/o condizioni locali e/o di esercizio che possono favorire lo sviluppo di incendi, ma nei quali, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso e' da ritenersi limitata. Esempio: cantieri temporanei e mobili ove si detengono ed impiegano sostanze infiammabili e si fa uso di fiamme libere, esclusi quelli interamente all'aperto. 2008

28 C: LUOGHI DI LAVORO A RISCHIO DI INCENDIO ALTO
Si intendono a rischio di incendio elevato i luoghi di lavoro in cui, per presenza di sostanze altamente infiammabili e/o per le condizioni locali e/o di esercizio sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendi e nella fase iniziale sussistono forti probabilità di propagazione delle fiamme, ovvero non è possibile la classificazione come luogo a rischio di incendio basso o medio. A titolo esemplificativo sono da considerare ad elevato rischio di incendio: ) ospedali, case di cura e case di ricovero per anziani; ALLEGATO IX DM 10/3/98 2008

29 I contenuti dei corsi obbligatori sono modulati in base al rischio:
Allegato IX - Contenuti minimi dei corsi di formazione per addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze, in relazione al livello di rischio dell’attività formazione per addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze, in relazione al livello di rischio dell’attività I contenuti dei corsi obbligatori sono modulati in base al rischio: RISCHIO ELEVATO: corso C 16 ore RISCHIO MEDIO: corso B 8 ore RISCHIO BASSO: corso A 4 ore TUTTI PREVEDONO ESERCITAZIONI PRATICHE 2008

30 Estintori La scelta degli estintori portatili e carrellati deve essere determinata in funzione della classe di incendio e del livello di rischio del luogo di lavoro. Il numero e la capacità estinguente degli estintori portatili devono rispondere ai criteri di seguito indicati: - il numero dei piani (non meno di un estintore a piano); - la superficie in pianta; - lo specifico pericolo di incendio (classe di incendio); - la distanza che una persona deve percorrere per utilizzare un estintore (non superiore a 30m). 2008

31 Gli estintori commercializzati devono essere conformi al prototipo
approvato dal Ministero dell'Interno, ai sensi del DM G.U. n. 19 del Gli estintori vanno controllati almeno ogni sei mesi da personale esperto e revisionati in officina specializzata a scadenze piu lunghe rispetto a quella di controllo; per quanto riguarda gli estintori a CO2 la bombola deve essere sottoposta ad un vero e proprio collaudo, la prima volta dopo 5 anni. 2008

32 2008

33 Decreto Ministero Interno 26 agosto 1992
NORME DI ESERCIZIO. Decreto Ministero Interno 26 agosto 1992 Deve essere predisposto un registro dei controlli periodici ove sono annotati tutti gli interventi ed i controlli relativi all'efficienza degli impianti elettrici, dell'illuminazione di sicurezza, dei presidi antincendio, dei dispositivi di sicurezza e di controllo, delle aree a rischio specifico e dell'osservanza della limitazione dei carichi d'incendio nei vari ambienti dell'attività. 2008

34 tipologia dei controlli
I controlli e le verifiche di sistemi , impianti ed attrezzature vanno effettuati sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, delle norme di buona tecnica emanate da organismi di normalizzazione nazionale (UNI, CEI, EN) o delle istruzioni fornite dal costruttore o installatore. La sorveglianza (controllo visivo atto a verificare che le attrezzature e gli impianti antincendio siano nelle normali condizioni operative, siano facilmente accessibili e non presentino danni materiali accertabili tramite esame visivo) può essere effettuata dal personale normalmente presente nella attività dopo aver ricevuto precise istruzioni. L’attività di controllo periodico e la manutenzione devono essere effettuate da ditte specializzate o personale competente e qualificato in possesso dei requisiti imposti dalla legge. 2008

35 Estintori uffici affollamento rischio
Tabella I   Tipo di estintore |   Superficie protetta da un estintore                            |rischio basso |  rischio medio | rischio elevato    13 A -  89 B   |   100 mq   |     |      21 A B   |  530 mq  |    100 mq    |     34 A B   |  200 mq  |   530 mq   |   100 mq    55 A B   |  250 mq  |   200 mq   |   200 mq affollamento rischio da 26 fino a 100 presenze attività a rischio di incendio basso da 101 fino a 300 presenze da 301 fino a 500 presenze attività a rischio di incendio medio CON OLTRE CINQUECENTO PRESENZE attività a rischio di incendio elevato 2008

36 obbligo di CPI   le attività comprese nell'allegato al dm 16/2/1982 sono sottoposte ad una procedura autorizzativa ben definita che si conclude con il rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI); il CPI viene rilasciato in seguito ad esito positivo del sopralluogo dei VV.F.   tale certificato, al cui rilascio è preposto il comando provinciale dei vigili del fuoco, attesta che l'attività, sottoposta a controllo, è conforme alle disposizioni di sicurezza antincendio vigenti in materia 2008

37 Descrizione attività DM 16 febbraio 1982 (G.U. 98 9 aprile 82)
N° Attività Descrizione attività DM 16 febbraio 1982 (G.U aprile 82) Durata del CPI in anni 43 Depositi di carta, cartoni e prodotti cartotecnici nonché depositi per la cernita della carta usata, di stracci di cascami e di fibre tessili per l'industria della carta con quantitativi superiori a 50 q.li 6 64 Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori endotermici di potenza complessiva superiore a 25 kW 83 Locali di spettacolo e di trattenimento in genere con capienza superiore a 100 posti 84 Alberghi, pensioni, motels, dormitori e simili con oltre 25 posti-letto 53 Ospedali, case di cura e simili con oltre 25 posti letto (comprese case di riposo) 89 Aziende ed uffici nei quali siano occupati oltre 500 addetti U.T. 91 Impianti per la produzione del calore alimentati a combustibile solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a Kcal/h 2008

38 LOCALI CON MAGGIOR FREQUENZA DI INCENDI
IN UN OSPEDALE 2008

39 Principali cause di incendio in strutture sanitarie
2008

40 Alcuni eventi in complessi ospedalieri italiani (1991 - 1995)
2008

41 Decreto Ministero dell'Interno 18 settembre 2002 (Gazzetta Ufficiale n
Decreto Ministero dell'Interno 18 settembre 2002 (Gazzetta Ufficiale n. 227 del 27 settembre 2002) APPROVAZIONE DELLA REGOLA TECNICA DI PREVENZIONE INCENDI PER LA PROGETTAZIONE, LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DELLE STRUTTURE SANITARIE, PUBBLICHE E PRIVATE 2008

42 Obiettivi 1) minimizzare le cause di incendio
2) garantire la stabilità delle strutture portanti al fine di assicurare il soccorso agli occupanti 3) limitare la produzione e la propagazione di un incendio all’interno dei locali 4) limitare la propagazione di un incendio ad edifici e/o locali contigui 5) assicurare la possibilità che gli occupanti lascino il locale indenni o che gli stessi siano soccorsi in altro modo 6) garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza. 2008

43 DEFINIZIONI E CLASSIFICAZIONI
PERCORSO ORIZZONTALE PROTETTO: percorso di comunicazione protetto da elementi con caratteristiche di resistenza al fuoco adeguata, con funzione di collegamento tra compartimenti o di adduzione verso luogo sicuro. PIANO DI USCITA DALL’EDIFICIO: piano dal quale sia possibile l’evacuazione degli occupanti direttamente in luogo sicuro all’esterno dell’edificio, anche attraverso percorsi orizzontali protetti. 2008

44 DEFINIZIONI E CLASSIFICAZIONI
SCALA DI SICUREZZA ESTERNA: scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e realizzata secondo i criteri sotto riportati: i materiali devono essere di classe 0 di reazione al fuoco; la parete esterna dell’edificio su cui è collocata la scala, compresi gli eventuali infissi, deve possedere, per una larghezza pari alla proiezione della scala, incrementata di 2,5 m per ogni lato, requisiti di resistenza al fuoco almeno REI 60. In alternativa la scala esterna deve distaccarsi di 2,5 m dalle pareti dell’edificio e collegarsi alle porte di piano tramite passerelle protette con setti laterali, a tutta altezza, aventi requisiti di resistenza al fuoco pari a quanto sopra indicato. 2008

45 PIANO DI EMERGENZA “Strumento operativo specifico che consente la pianificazione delle operazioni da compiere in caso di emergenza al fine di consentire un esodo ordinato e sicuro di tutti gli occupanti l’edificio. E’ una procedura che tende a ridurre i rischi indotti da una condizione di emergenza e facilita le operazioni di allontanamento dai luoghi pericolosi” 2008

46 PIANO DI EMERGENZA Redazione del Piano
  Gestione dell’emergenza: il Piano e la Squadra (D.M. 10 marzo All. 8)  PIANO DI EMERGENZA   Redazione del Piano Il piano viene redatto sulla base dei contenuti del documento della valutazione dei rischi. La sua redazione è generalmente affidata al S.P.P. al Coordinatore della Squadra di emergenza preposta all’attuazione del piano. Gio46nte di studio 2008

47 Dimensionamento del piano
Gestione dell’emergenza: il Piano e la Squadra (D.M. 10 marzo All. 8) Dimensionamento del piano è di norma dimensionato sull’ipotesi d’incendio in quanto la gestione di questo evento e dell’esodo del personale richiede la presenza di personale addestrato Obiettivi del piano affrontare l’emergenza fin dal primo insorgere per contenerne gli effetti e riportare rapidamente la situazione in condizioni di normale esercizio; pianificare le azioni necessarie per proteggere tutte le persone presenti; proteggere nel modo migliore i beni e le strutture. 2008

48 Gestione dell’emergenza: il Piano e la Squadra
(D.M. 10 marzo All. 8) Contenuti del piano: le azioni che i lavoratori devono mettere in atto in caso di incendio le procedure per l’evacuazione del luogo di lavoro le disposizioni per chiedere l’intervento dei Vigili del Fuoco le specifiche misure per assistere le persone disabili l’identificazione di un adeguato numero di persone incaricate di sovrintendere e controllare l'attuazione delle procedure previste 2008

49 Gestione dell’Emergenza: il Piano e la Squadra (D.M. 10 marzo 1998 All.8)
Caratteristiche del piano: il piano di emergenza non è “universale” non esiste un piano di emergenza in grado di fornire tutte le soluzioni alle molteplicità dei rischi connessi alle attività lavorative dell’uomo; il piano di emergenza è “unico” per ogni luogo di lavoro il piano di emergenza è “su misura” per il luogo di lavoro cui si riferisce il piano di emergenza è un documento “organizzato” quindi breve e di facile lettura 2008

50 Gestione dell’Emergenza: il Piano e la Squadra (D.M. 10 marzo 1998 All.8)
Gestione del piano di emergenza L’emergenza deve essere gestita dal Datore di Lavoro) o da un suo delegato (Responsabile dell’emergenza) autorizzato a: dare il segnale di evacuazione coordinare lo sfollamento delle persone presenti in caso di pericolo grave ed immediato organizzare i necessari rapporti con i servizi pubblici d'emergenza fornire le informazioni di carattere generale 2008

51 Gestione dell’Emergenza: il Piano e la Squadra (D.M. 10 marzo 1998 All.8)
L´aggiornamento del piano è effettuato in caso di: variazioni avvenute negli edifici sia per quanto attiene agli edifici stessi ed agli impianti, sia per quanto riguarda le modifiche nell’attività svolta; nuove informazioni che si rendano disponibili; variazioni nella realtà organizzativa che possano avere conseguenze per quanto riguarda la sicurezza; esperienza acquisita. 2008

52 D. M. 18 settembre 2002 ISTRUZIONI DI SICUREZZA
Istruzioni da esporre a ciascun piano In ciascun piano della struttura sanitaria, in prossimità degli accessi, lungo i corridoi e nelle aree di sosta, devono essere esposte, bene in vista, precise istruzioni relative al comportamento del personale e del pubblico in caso di emergenza corredate da planimetrie del piano medesimo che riportino, in particolare, i percorsi da seguire per raggiungere le scale e le uscite. 2008

53 2009


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