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Uno sguardo all’ecologia agli ecosistemi ed alla biodiversità

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Presentazione sul tema: "Uno sguardo all’ecologia agli ecosistemi ed alla biodiversità"— Transcript della presentazione:

1 Uno sguardo all’ecologia agli ecosistemi ed alla biodiversità

2 L’ECOLOGIA Che cos’è? E’ lo studio delle relazioni degli esseri viventi e il loro ambiente naturale (oikos).

3 L’ECOLOGIA Scienza biologica che indaga: l’ambiente come sistema complesso la distribuzione e l’abbondanza delle popolazioni viventi sulla Terra L’oggetto di studio è la biosfera (Pedosfera, Atmosfera e Idrosfera), la porzione della Terra in cui ci sono forme di vita.

4 Il concetto fondamentale dell’Ecologia
L’ECOSISTEMA Il concetto fondamentale dell’Ecologia Si può definire come l'unita’ fondamentale che si considera in ecologia. Comprende due componenti: una biotica ed una abiotica.

5 Struttura di un Ecosistema
Componente Biotica Componente Abiotica

6 Il Sole: Fonte Di Energia
La fonte primaria di Energia di un Ecosistema naturale, essenziale per la vita di qualunque organismo è il Sole, la cui radiazione viene trasformata in energia chimica dalle piante, nel processo della Fotosintesi.

7 E’ la parte inorganica dell’Ecosistema
COMPONENTE ABIOTICA E’ l’ambiente chimico-fisico in cui vive la componente biotica dell’Ecosistema E’ la parte inorganica dell’Ecosistema

8 Clima COMPONENTE ABIOTICA Il clima è
determinato dalle condizioni meteorologiche, valutate almeno in un trentennio definito da elementi (piovosità, temperature ecc.) influenzato da fattori (altitudine, latitudine, vicinanza del mare ecc.) Il clima influenza la distribuzione delle diverse specie sulla Terra. Ogni specie ha il suo optimum climatico. I grafici termopluviometrici riassumono il clima di una località

9 COMPONENTE ABIOTICA Composizione Atmosfera Struttura Termosfera
100 Termosfera Altezza in km 80 Mesosfera 60 40 Stratosfera 78% Azoto N2 20 21% Ossigeno O2 Troposfera 0,03%Anidride carbonica CO2 -100 -60 -20 -20 20 0,97%Altri gas Temperatura °C

10 COMPONENTE ABIOTICA Idrosfera

11 COMPONENTE ABIOTICA Pedosfera Ovvero il suolo su cui camminiamo!
I fattori pedogenetici sono: TIPO di ROCCIA MADRE; TIPO di RILIEVO; DURATA della PEDOGENESI; CLIMA; ATTIVITA’ BIOLOGICHE Profilo di un suolo

12 E’ la parte biologica dell’Ecosistema
COMPONENTE BIOTICA E’ formata da tutti gli organismi, vegetali, animali o microrganismi, viventi in un insieme integrato, in una data area di un ecosistema. E’ la parte biologica dell’Ecosistema

13 L’energia fluisce nell’Ecosistema…
L’Ecosistema è caratterizzato da un flusso di energia, secondo le leggi della Termodinamica: Nulla si crea o si distrugge, ma tutto si trasforma ENERGIA ↔ MATERIA Ogni trasformazione comporta una perdita in termini di energia sotto forma di calore In un sistema chiuso il disordine cresce ad ogni trasformazione Il nostro pianeta è un sistema aperto! ECOSISTEMA

14 Le reti trofiche Gli organismi dell'Ecosistema sono organizzati in costruzioni a rete dette RETI TROFICHE.

15 Le reti trofiche

16 Rete trofica e livelli energetici
Flusso di Energia  I° livello: piante e fotoautotrofi in genere (produttori). II° livello: erbivori (consumatori primari). III° livello: carnivori predatori degli erbivori (consumatori secondari) IV° livello: carnivori predatori di altri carnivori (consumatori terziari) Qualità dell’energia

17 …E l’uomo? L'uomo, come altri animali onnivori, che si nutrono sia di prodotti vegetali che di prodotti animali, può occupare più di un livello, tra i consumatori.

18 Ambiente chimico-fisico
RIASSUMENDO Energia primaria del Sole Uscita Entrata ECOSISTEMA COMPONENTE BIOTICA ABIOTICA Ambiente chimico-fisico Organismi viventi organizzati in reti trofiche

19 I biomi Sono associazioni vegetali e animali spontanee determinate principalmente dal clima. Latitudine e altitudine hanno effetti simili: in alta montagna a basse latitudini ritroviamo i biomi tipici delle zone polari.

20 I biomi In Italia sono presenti tutti i biomi non tropicali: tundra, taiga o foresta di conifere, foresta temperata decidua, macchia mediterranea e prateria. I biomi naturali sono sostituiti da ambienti urbani e da terreni agricoli in gran parte del territorio italiano.

21 Dai biomi alle regioni o zone bioclimatiche
In base ai biomi e alle condizioni climatiche, sul globo terrestre si possono individuare delle REGIONI BIOCLIMATICHE In Europa: REGIONE ARTICA REGIONE ATLANTICA REGIONE MEDITERRANEA REGIONE CONTINENTALE REGIONE ALPINA ITALIA. In Liguria sono presenti tutte le zone bioclimatiche italiane!!!

22 La conservazione della natura: perché una priorità?
Oggi circa il 20% della popolazione mondiale utilizza più dell'80% delle risorse naturali

23 La conservazione della natura: perché una priorità?
L’impronta ecologica degli altri paesi

24 PARCHI NATURALI NAZIONALI
Il SISTEMA di aree protette in Italia PARCHI NATURALI NAZIONALI PARCHI NATURALI REGIONALI RISERVE NATURALI REGIONALI GIARDINI BOTANICI AREE MARINE PROTETTE STATALI AREE MARINE PROTETTE REGIONALI

25 Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA
Parco Regionale Beigua; Parco Regionale Antola; Parco Regionale Aveto; Parco Regionale Portofino; I S.I.C. della Provincia di Genova; 27 SIC TERRESTRI 77,61% dei comuni provinciali 44.575,53 ettari, 26,77% del T.A.S.P. (territorio agro-silvo-pastorale) provinciale. 9 SIC MARINI:

26 Il Parco Regionale di Portofino
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale di Portofino 1935 – Istituzione primo nucleo area protetta Geologia: conglomerato/calcari Microclima Boschi mesofili/macchia Biodiversità: 700sp floristiche

27 Il Parco Regionale di Portofino
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale di Portofino Pianta che fiorisce in inverno. Euphorbia dendroides (foto Peter v. Sengbusch):

28 Il Parco Regionale di Portofino
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale di Portofino Charaxes jasius (foto Fabio Sacchi): Ninfa del Corbezzolo. Stato UICN: rara La prima peculiarità riguarda il suo particolare comportamento, la seconda è la sua presenza in un solo ambiente, tipico delle nostre latitudini: la macchia mediterranea, che accoglie fra le diverse essenze che la compongono la sua unica pianta nutrice, il coloratissimo corbezzolo (Arbutus unedo). Questa farfalla, che spesso si vede volteggiare sulle cime degli alberi con un volo possente e rapido ha una territorialità così spiccata, da renderla particolarmente combattiva ed aggressiva, specialmente nel periodo riproduttivo. Ciascun individuo, soprattutto di sesso maschile, difende e sorveglia un territorio molto vasto. Per farlo, alterna a brevi momenti in cui sta posato all’estremità di rametti di A. unedo spesso secchi e morti (magari in seguito ad un incendio) presenti fra gli arbusti sempreverdi, altri periodi, più o meno lunghi, in cui parte in un volo di perlustrazione per individuare eventuali intrusi che vengono cacciati via con notevole accanimento. Nei luoghi dove è stata oggetto di attente osservazioni questa farfalla è stata vista lanciarsi all’inseguimento non solo di altre specie di farfalle o di altri maschi della sua stessa specie, ma anche di piccoli uccelli! Farfalla senza paura ma non senza macchia

29 Il Parco Regionale dell’Aveto
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Aveto 1989 – Istituzione area protetta Dall’oceano Ligure-Piemontese alla glaciazione: le ofioliti e i relitti glaciali

30 Il Parco Regionale dell’Aveto
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Aveto Aster alpinus (Foto Malisano) Astro delle alpi Eriophorum sp. Pennacchio

31 Il Parco Regionale dell’Aveto
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Aveto Lycopodium inondatum: unica stazione appenninica (Lago Riondo) Drosera rotundifolia: insettivora

32 Il Parco Regionale dell’Aveto
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Aveto Vipera aspis (Vipera) Famiglia Viperidi

33 Il Parco Regionale dell’Aveto
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Aveto Considerata nella mitologia come l'uccello degli dei, l'aquila reale è spesso raffigurata negli stemmi. Le coppie che si formano durano per tutta la vita e risiedono nello stesso territorio per anni. Durante questa permanenza ogni coppia costruisce nel proprio territorio fino a dodici nidi e, all'inizio della primavera, ne sceglie uno e lo rinnova.   La riproduzione comincia a gennaio per gli esemplari che vivono in zone più calde, e a  marzo per quelli che abitano regioni più fredde. La femmina depone due uova e la schiusa avviene generalmente a metà maggio. Dei due aquilotti in genere sopravvive solo uno ed il battesimo del volo avviene nella seconda metà di luglio. La maturità sessuale viene raggiunta intorno ai 4-5 anni. Il lupo, prima che cominciasse la persecuzione sistematica da parte dell'uomo, era diffuso in tutti gli ambienti dell'emisfero settentrionale, in Italia in particolare lo si trovava in tutti gli habitat, dalla macchia mediterranea della costa alle foreste di montagna.  Al momento, la scarsa disponibilità di prede e la sempre minore presenza di habitat naturali integri, soprattutto quelli con estesa copertura vegetale che permette ai lupi di nascondersi e sfuggire alla persecuzione umana, hanno ristretto di molto le aree frequentate dai lupi.     Aquila chrysaetos (Aquila reale) Canis lupus (foto Comitato Parchi)

34 Il Parco Regionale dell’Aveto
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Aveto Bubo bubo (Gufo reale) Il gufo reale (Bubo bubo) raggiunge una lunghezza di 70 cm ed un'apertura alare di 190 cm. Possiede orecchie molto vistose e grandi occhi giallo-oro racchiusi in un disco facciale incompleto; il piumaggio è fulvo, più scuro sul dorso, macchiettato e striato di bruno. Caratteristica tipica del gufo reale sono i due ciuffi di penne erettili sopra gli orecchi. Diventa sedentario in età adulta, mentre è erratico negli inverni più freddi o in giovane età. Il gufo reale abita in foreste alpine, steppe e città, dove di giorno si nasconde nelle crepe dei muri. Preferisce comunque le regioni montuose, dove si spinge sino ad un'altitudine di duemila metri, per il semplice motivo che vi trova i nascondigli a lui più consoni. Il gufo reale nidifica nei primi mesi dell'anno, in genere tra marzo e aprile, collocando il nido nei fori delle rocce, in buche del terreno, in vecchi edifici, nel cavo degli alberi o tra i cespugli. Talvolta non disdegna i nidi abbandonati da altri uccelli senza preoccuparsi di restaurarli. Depone da 2 a 3 uova, bianche, tondeggianti e con il guscio ruvido, che vengono covate dalla femmina, nutrita dal maschio, per circa trentacinque giorni. Saranno poi entrambi i genitori a procurare il cibo per i piccoli. Un gufo reale allo stato libero può vivere anche diciannove anni, mentre ci sono segnalazioni di gufi tenuti in cattività che hanno superato il sessantesimo anno di vita. Si è osservato che i gufi reali adulti vanno a cibare i loro piccoli tolti dal nido e chiusi in gabbie all'aperto.  Come anche altri rapaci notturni, il gufo reale ingoia le prede intere, e nel caso che queste siano troppo grandi le dilania con il becco. Ciò che non riesce ad assimilare, come pelle, piume, peli, ossa, viene rigettato sotto forma di piccoli gomitoli, detti borre, che è possibile trovare a terra durante le escursioni nei boschi.   

35 Il Parco Regionale del Beigua
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale del Beigua Da 0 a 1000 metri in 6Km Siti d’interesse: Badia di Tiglieto Foreste demaniali “Deiva” “Lerone” Collezione archeologica permanente di Alpicella

36 Il Parco Regionale del Beigua
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale del Beigua Viola bertoloni Violacea. La Viola bertoloni è un endemismo rarissimo della Liguria, presente a ovest di Genova. Forse presente nella zona del Monte Maggiorasca. La Daphne cneorum (in volgare cneoro) è una pianta velenosa sempreverde, a portamento arbustivo, con rami prostrato-ascendenti lunghi fino a 40 cm e i cui cespugli possono misurare fino a centimetri di altezza, ha foglie coriacee lucide sulla pagina superiore e glabre su quella inferiore. Vive su suoli aridi, ghiaioni, e zone rupestri e comunque in luoghi asciutti, soleggiati e piuttosto caldi, predilige substrati calcarei (Alpi) od ofiolitici (Appennino settentrionale). Fiorisce da aprile a luglio a seconda dell'altitudine, che solitamente è compresa tra i 500 e i 1800 m s.l.m., anche se localmente può salire fin verso i 2300 m in alcune stazioni delle Alpi occidentali (Alpi d'Alta Provenza) oppure scendere fino ai limiti della pianura (pendici meridionali delle Alpi Carniche). In Italia è presente in tutte le regioni settentrionali e in Toscana; è una specie rara, anche se localmente può risultare frequente, come avviene ad esempio in alcune aree delle Alpi Carniche e delle Alpi Giulie e nell'Appennino Ligure occidentale. Daphne cneorum: simbolo del Parco

37 Il Parco Regionale del Beigua
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale del Beigua Un fiore… magico L’Aquilegia è una pianta magica chiamata anche Aquilegia Vulgaris, Aquilegia Alpina, Aquilegia Atrata, Aquilegia Canadensis, Amor Nascosto, Fior Cappuccio, Guant d’la Madona. L’Aquilegia appartiene alla famiglia delle Ranuncolacee, è legata alla Luna, e alla Divinità di Venere e non esiste alcun legame nei segni zodiacali. Il periodo della fioritura è Maggio-Luglio, inoltre tutta la pianta contiene un glucoside che per scissione dà luogo a formazione di acido cianidrico (cianogenetico), lipidi, enzimi e vitamina C. Nei semi è presente un olio, una lipasi e dell’emulsina. La tossicità di questa pianta è molto alta, è una pianta velenosa poiché il suo contenuto in glicosidi cardioattivi è altissimo, queste sostanze danneggiano principalmente il cuore e provocano crampi, difficoltà respiratorie e aritmie. Nella magia la pianta ha un ruolo importante, I nativi Americani la usavano per un infuso di varie parti della pianta per una gran varietà di cure, dal mal di cuore alla febbre e come anti-veleno. Polverizzavano i semi e ne strofinavano la farina sulle mani come afrodisiaco e come profumo da uomo per attrarre la donna desiderata. Nel nostro paese questo fiore rievoca antiche leggende, come quella di uno stregone che abitava in una caverna presso il lago di Como che le diede la vita, altre ad una complicata storia d’amore fra la principessa Teodagne e il principe longobardo Rutibando. Quello dai fiori bruni è dedicato ai mariti, quello dai fiori rosei è consacrato alle mogli, ma bruno o roseo è sempre fiore cornuto, che nessun amante osa offrire alla sua bella e che nessuna bella osa presentare all’amante; fiore che incarna un’antica e sacrosanta vendetta delle donne longobarde. L’Aquilegia è legata alla sfera dell’amore, usata per rompere o creare legamenti d’amore, poichè è un fiore simbolo di lussuria e ipocrisia. Solitamente ad uso magico viene preferito il fiore anche se, gli Indiani d’America prediligevano l’uso dei semi. Un’altra credenza dice che il fiore d’aquilegia serva ad ottenere coraggio Aquilegia sp.

38 Il Parco Regionale del Beigua
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale del Beigua Cerastium utriense (A.M. Barberis) Caryophyllaceae Peverina di Voltri Forma Biologica: H scap - Emicriptofite scapose. Piante perennanti per mezzo di gemme poste a livello del terreno e con asse fiorale allungato, spesso privo di foglie. Descrizione: Perenne, pulvinata, sparsamente pelosa, alta (12) (25) cm. foglie glabre, alla base brevemente ciliate. Infiorescenza pubescente (raramente ghiandolosa), sepali sparsamente pelosi, petali bianchi glabri (8-11x2-3,5 cm) bilobi incisi fino a 1/4 della lunghezza. stami 10, stili 5. Frutto capsula portata su peduncoli eretti a maturità, subcilindrica. Tipo corologico: Endemismo delle rocce ultramafiche del Gruppo di Voltri, affioramento ofiolitico dell'Appennino Ligure-Piemontese Antesi: Maggio-Luglio Distribuzione in Italia: Liguria (Gruppo del Monte Beigua, Tiglieto, Rossiglione, Piani di Praglia ed entroterra di Genova tra Sestri Ponente e Pegli) e Piemonte (Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo, Monte Tobbio, Monte Figne, Val Gorzente, Valle Piota) Habitat: Rupi, detriti, garighe, sfatticci di rocce ultramafiche (Serpentiniti, Serpentinoscisti, Peridotiti, Lherzoliti), non risulta per ora osservato su altre litologie ofiolitiche o associate

39 Il Parco Regionale del Beigua
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale del Beigua Elaphe longissima (Saettone) Detto anche Colubro di Esculapio, perché secondo la tradizione storica greca, era il simbolo di Asklepios, Esculapio per i latini, e come tale veniva allevato e venerato all’interno dei suoi templi. Essendo Asklepios il Dio greco della salute, ancora oggi l’Elaphe Longissima è raffigurata nel simbolo della medicina .

40 Il Parco Regionale del Beigua
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale del Beigua Coluber viridiflavus (Biacco) Detto anche “augellina” in dialetto genovese. Ha un carattere particolarmente vivace. Protetto dalla Convenzione di Berna.

41 Il Parco Regionale del Beigua
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale del Beigua Malpolon monspessulanus: colubro lacertino Il Malpolon monspessulanus è un serpente velenoso opistoglifo (possiede denti veleniferi arretrati, posti in fondo alla mascella) della  famiglia dei colubridi. Il suo veleno, relativamente debole, non è fonte di pericolo per l'uomo. Gli esemplari adulti di questo serpente, comunemente chiamato colubro lacertino o colubro di Montpellier,  possono raggiungere i due metri di lunghezza. Diffuso nella Penisola Iberica, il sud della Francia, la Riviera Ligure occidentale, le regioni Balcaniche, l'Asia occidentale e nel Nord Africa, il Malpolon monspessulanus è il più grande serpente opistoglifo europeo. In Liguria è diffuso soprattutto nella zona costiera, sebbene lo si possa incontrare fino a 800 metri di altitudine. Gli esemplari adulti hanno una colorazione che può variare tra diverse tonalità di grigio, verde e marrone. Le sue dimensioni,  il carattere aggressivo, la testa appuntita e due grandi occhi dalle pupille rotonde gli conferiscono un aspetto minaccioso. Quando si sente in pericolo, soffia e sbuffa in maniera vistosa e può attaccare l’intruso con la bocca spalancata. Pur avendo un veleno simile a quello del cobra, la particolare collocazione delle zanne velenifere (opistoglifo) lo rende praticamente inoffensivo per l’uomo , anche se un suo morso prolungato può provocare qualche lieve bruciore e gonfiore locale. Il Colubro lacertino è un serpente prevalentemente terricolo, diurno e termofilo. Il risveglio, dopo la latenza invernale che inizia di norma a fine ottobre, avviene intorno ai primi di marzo, mentre il periodo riproduttivo a primavera inoltrata. Animale territoriale, la femmina del malpolon vive all’interno del territorio del maschio; dopo un paio di settimane dalla fecondazione, essa può deporre fino ad 8 uova, solitamente in cavità naturali, sotto pietre o cortecce. I piccoli nascono in settembre e possono già essere lunghi fino a 25 cm. Le sue dimensioni considerevoli consentono al Colubro lacertino di catturare un gran numero di prede, sebbene le preferenze varino in base all'età e alle dimensioni stesse degli individui: i giovani prediligono piccoli sauri ed insetti, mentre gli adulti catturano una vasta gamma di prede: dai roditori (fino alle dimensioni di un piccolo coniglio) agli uccelli, dai sauri (compresa la lucertola ocellata adulta) ai serpenti, anche della sua stessa specie. La tecnica di cattura varia a seconda della preda: a volte è sufficiente un morso a uccidere la vittima, che verrà poi ingoiata intera, a volte uccide le prede avvolgendole con il corpo e trattenendole con la bocca, dopo aver iniettato tramite le zanne velenifere posteriori il veleno, attende che questo agisca. La digestione è lenta e dopo un pasto abbondante il serpente deve ritirarsi a riposare, mentre i succhi gastrici fanno il loro compito. Per diversi giorni quindi non catturerà altre prede e trascorrerà gran parte del tempo al sole, per mantenere la temperatura più adatta per le funzioni vitali. Questo serpente è un grande predatore delle regioni aride o semiaride caratterizzate dalla presenza di cespugli e rocce, ma non di rado lo si trova in ambienti frequentati dall'uomo, in aree coltivate e addirittura nelle regioni sabbiose delle coste coperte di canneti e vegetazione palustre. Il Colubro Lacertino adulto è predato da molte specie di grandi rapaci come il Biancone (Circaetus gallicus) e L’Aquila Reale (Aquila chrysaetos), ma il suo nemico principale resta l’uomo, che spesso lo uccide quando lo incontra. Triturus vulgaris: tritone

42 Il Parco Regionale del Beigua
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale del Beigua Circaetus gallicus: biancone (foto dal sito del parco) E' un rapace di grosse dimensioni, con ali larghe e sfrangiate. E' detto anche "aquila dei serpenti", sia per le sue dimensioni che raggiungono quasi quelle dell'Aquila reale, sia per le sue abitudini alimentari molto specializzate, in quanto si nutre quasi esclusivamente di serpenti. Si può confondere a volte con la Poiana o con il Falco pecchiaiolo, specie se in fase chiara, mentre i segni distintivi sono le parti inferiori bianco argentee con assenza di macchie carpali. Il Biancone è lungo cm, con apertura alare di cm, la femmina è leggermente più grande del maschio. I sessi sono simili, con piumaggio variabile da individuo a individuo ma non legato al sesso o all'età. Le parti superiori vanno dal bruno chiaro al marrone scuro, mentre le parti inferiori sono bianche con barrature più o meno evidenti, sia sul corpo che sulle ali, il capo è grande e le ali sono ampie e lunghe. Nel mese di aprile ha inizio la riproduzione con i caratteristici voli in coppia e i "miagolii", spesso emessi nelle vicinanze del sito riproduttivo. Costruisce il nido nella parte esterna della chioma degli alberi, sia di conifere (in provincia di Piacenza nidifica nei boschi a Pinus nigra) sia di latifoglie, ed è ben mimetizzato e di modeste dimensioni (circa 80 cm). Depone in genere un unico uovo che viene covato principalmente dalla femmina per circa 45 giorni. Il piccolo lascia il nido dopo circa 75 giorni dalla schiusa. Si nutre principalmente di rettili, in particolare di serpenti appartenenti al genere dei Colubridi (Saettone, Biacco, Natrice dal collare) che arrivano a costituire circa il 95% della dieta. Le vipere rientrano scarsamente tra le sue prede e non è immune al loro veleno. Ambiente di vita e diffusione Il Biancone predilige le regioni calde comprese, in Italia, tra il livello del mare e i 1600 metri. In Emilia-Romagna occupa la zona appenninica tra i 200 e gli 800 metri. In provincia di Piacenza lo si osserva in sorvolo su ambienti aperti luminosi e caldi, nelle zone rocciose, nei pascoli e negli arbusteti. Necessita però di aree boscate normalmente a sempre verdi (es. pinete) dove nidificare. E' una specie migratrice che giunge in provincia di Piacenza in marzo-aprile per nidificare e riprodursi nel periodo estivo. Riparte per le aree di svernamento africane in settembre-ottobre. In Italia il Biancone nidifica al nord, soprattutto in Liguria e nel centro, mentre è meno frequente al sud. Fattori di disturbo Il bracconaggio; il turismo di massa nelle zone idonee alla nidificazione; il motocross (soprattutto nelle vicinanze dei nidi); da non tralasciare il rischio incendi. Azioni favorevoli alla conservazione In Provincia di Piacenza il Biancone nidifica nelle pinete alloctone di origine antropica, frutto di vecchi rimboschimenti, che attualmente si avviano alla senescenza compromettendone i siti di nidificazione. Pertanto sono auspicabili interventi che mirano al mantenimento delle stesse o alla loro sostituzione graduale con fustaie di latifoglie autoctone.

43 Il Parco Regionale dell’Antola
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Antola Il Parco dei GENOVESI per antonomasia Dal greco “anthos” fiore I siti di interesse: Rocche del Reopasso Il Castello della Pietra Monte Antola (Rifugio) Lago del Brugneto

44 Il Parco Regionale dell’Antola Il Parco Regionale dell’Antola
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Antola Il Parco Regionale dell’Antola Lilium martagon (Giglio Martagone) Martagone: Liliacea. Lilium dal nome latino del giglio (a sua volta derivante dal celtico li = bianco), martagon perchè dedicata al dio Marte. Tra i gigli spontanei è uno dei più noti per il portamento elegante e per i fiori caratteristici dai tepali incurvati verso l’alto a forma di “turbante”. I fiori di colore rosso-violaceo, con macchie porporine, sono odorosi specialmente verso sera e durante al notte. Fiorisce in estate nei prati montani fertili e nelle radure dei boschi. FIORITURA: giugno-luglio FRUTTI: capsule con numerosi semi HABITAT: prati montani, boschi e radure. Su terreni calcarei fertili da 500 a 1600 metri (max 2100 metri) DISTRIBUZIONE: pianta euro-asiatica presente sulle Alpi dalle Giulie alle Marittime, Appennino settentrionale e centrale. ANNOTAZIONI: pianta protetta. In alcune località è divenuta assai rara per la raccolta indiscriminata. Secondo il Mattirolo i bulbi si potrebbero mangiare impunemente dopo cottura Giglio di S. Giovanni, Giglio rosso - Orange Lily - Lis safrané - Azucena anaranjada - Safranfarbene Feuerlilie Forma Biologica: G bulb - Geofite bulbose. Piante il cui organo perennante è un bulbo da cui, ogni anno, nascono fiori e foglie. Descrizione: pianta erbacea perenne alta cm, con un piccolo bulbo a sezione trigona con squame candide ed appuntite. Fusto eretto, foglioso, angoloso e scanalato , puberulo e macchiato di porpora in basso. Con o senza bulbilli all'ascella delle foglie. Le foglie alterne e con 5-7 nervature parallele, alla base sono glabre o leggermente vellutate, picciolate, da ovate a lanceolate, le cauline progressivamente ristrette, lanceolate-lineari. Infiorescenze in racemi semplici pauciflori con 1-5 fiori eretti portati da pedicelli vellutati, hanno il perianzio campanulato di 8-10 cm con 3 tepali esterni ellittici, acuminati, e 3 interni subspatolati, di colore giallo aranciato o rosso aranciato, a volte con punteggiature brune. 6 stami eretti con filamenti rosso aranciati e antere rosso brunastre sporgenti, ovario cilindrico, stilo aranciato poco più lungo degli stami, stimma trilobo violaceo. Il frutto è una capsula ovoide a più semi che maturano da agosto a settembre. Tipo corologico: Orof.Centroeurop. - Alpi, Giura, Carpazi e talora anche catene più meridionali. Antesi: Maggio ÷ Luglio - Impollinazione: entomogama o autogama - Disseminazione: barocora. Distribuzione in Italia: Presente in tutte le regioni escluse Sicilia e Sardegna. Habitat: vive lungo le pendici prative umide ed assolate, vegetazioni ad alte erbe, arbusteti, boschi radi su terreno calcareo fino a m. Lilium bulbiferum (Giglio di San Giovanni)

45 Il Parco Regionale dell’Antola Il Parco Regionale dell’Antola
Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Antola Il Parco Regionale dell’Antola Narcissus poeticus (Narciso – foto Paolo Malisano) Amarillidacea. Il nome Narcissus prende origine dal mitico personaggio che specchiandosi nell'acqua, compiaciuto dalla propria bellezza, vi annegò. La parola narciso a sua volta deriva dal greco narkao, paralizzare, stordire (da cui anche narcotico) per il profumo inebriante del fiore. Bulbosa perenne, altezza cm, foglie nastriformi. Boscaglie e pascoli, da 600 a 1500 metri, comune e spesso abbondante. Ovidio narra ( che il dio del fiume Cefiso aveva avvolto nelle spire delle sue acque la ninfa Liriope  ( , violandola.  Rimasta incinta, la fanciulla aveva partorito un bambino chiamandolo Narciso. Incuriosita sul suo destino, aveva consultato l’indovino Tiresia domandandogli se il figlio sarebbe giunto fino alla tarda vecchiaia. «Se non conoscerà se stesso» fu l’enigmatica risposta.  A quindici anni Narciso era un bellissimo e ambiguo giovinetto, desiderato da fanciulli e fanciulle che tuttavia respingeva non stimandoli degni di lui. Un giorno, mentre stava inseguendo dei cervi per spingerli nelle reti, fu visto dalla ninfa Eco, che era stata condannata a tacere tranne in un’occasione: quando qualcuno parlava nelle sue vicinanze. Lei doveva, però, limitarsi a ripetere soltanto le ultime parole del suo interlocutore. Era stata Giunone a punirla perché a lungo Eco l’aveva trattenuta astutamente con le sue chiacchiere per impedirle di sorprendere il marito mentre amoreggiava sui monti con le ninfe. Quando la regina degli dei se n’era accorta le aveva detto, sdegnata: «Di questa lingua che mi ha ingannato potrai disporre poco: farai della voce un uso ridottissimo». Appena Eco vide il bel cacciatore vagare per le campagne se ne innamorò perdutamente. Ma Narciso era tanto fiero e superbo della propria bellezza, che gli pareva cosa di troppo poco conto occuparsi di una semplice ninfa. Non così era per Eco che da quel giorno seguì il giovinetto ovunque andasse, accontentandosi di guardarlo da lontano. L'amore e il dolore la consumarono: a poco a poco il sangue le si sciolse nelle vene, il viso le divenne bianco come neve e, in breve, il corpo della splendida fanciulla divenne trasparente al punto che non proiettava più ombra sul suolo. Affranta dal dolore si rinchiuse in una caverna profonda ai piedi della montagna, dove Narciso era solito andare a cacciare. E lì con la sua bella voce armoniosa continuò a invocare per giorni e notti il suo amato. Inutilmente perché Narciso, che pur udiva l'angoscioso richiamo, non venne mai. Della ninfa rimasero solo le ossa e la voce. Le ossa presero la forma stessa della cava roccia ove il suo corpo era rannicchiato e la voce visse eterna nella montagna solitaria. Da allora essa risponde accorata ai viandanti che chiamano. Ma è fioca e lontana e ripete perciò solo l'ultima sillaba delle loro parole: ha perduto la sua forza invocando Narciso, il crudele cacciatore che non volle ascoltarla. Narciso non ne fu affatto addolorato e continuò la sua vita appartata. Fu allora che intervennero gli dei per punire tanta ingratitudine. Un giorno, mentre il superbo giovinetto si bagnava in un fiume, vide per la prima volta riflessa nell'acqua limpida l'immagine del suo viso. Se ne innamorò perdutamente e per questa ragione tornava di continuo sulle rive del fiume ad ammirare quella fredda figura. Ma ogni volta che tendeva la mano nel tentativo di afferrarla, la superficie dell'acqua s'increspava, ondeggiava e l'immagine spariva. Una mattina, per vederla meglio, si sporse di più e di più finché perse l'equilibrio cadendo nelle acque, che si rinchiusero per sempre sopra di lui. Il suo corpo fu trasformato in un fiore dall'intenso profumo, che prese il nome di Narciso. L'arnica montana è uno dei più validi rimedi omeopatici. E' una pianta della famiglia delle Compositae, la stessa dei girasoli, ed è usata per ridurre le contusioni e le ferite derivanti da traumi fisici come le cadute e i colpi. Può essere applicata in crema, gel, balsamo o tintura; oppure per uso interno. Nota ai nativi americani e alle popolazioni europee da secoli, l'Arnica è stata descritta per la prima volta nel XVI secolo dal naturalista Tabernae Montanus, che le diede l'attuale nome. La pianta cresce nelle montagne dell'Europa e della Siberia, dove viene usata come biada per le capre e le mucche da pascolo. I suoi fiori gialli, che sono la parte medicinale della pianta, sono lunghi fra cinque e otto di centimetri di diametro e assomigliano a delle margherite, tanto che in alcune zone dell'America vengono detti le margherite del Montana. Il nome del genere (Arnica) potrebbe derivare da una alterazione del tardo-latino ptàrmica, a sua volta derivato dal greco ptarmikos (starnutatorio) con allusione alle proprietà starnutatorie connesse con l’odore della pianta. Altri autori però preferiscono partire dalla parola greca arnakis (pelle di agnello) facendo riferimento alla delicata tessitura delle sue foglie. Il nome Arnica in antichità venne impiegato più volte per specie diverse aventi in generale grandi capolini gialli (come i generi Doronico, Senecio e Telekia). La prima documentazione dell’Arnica montana risulta del 1731 a proposito di un manuale di giardinaggio. In Francia è molto comune la denominazione di Tabac des Vosages in quanto gli abitanti delle regioni montane se ne servono come tabacco da fiuto. Arnica (Arnica montana)

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Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Antola Il Parco Regionale dell’Antola Buteo buteo (Poiana comune) Famiglia: Accipitridi Habitat: L'area di distribuzione comprende l'Europa, parte dell'Asia e l'Africa settentrionale. In Italia è comune e stazionaria. Dimensioni: La poiana è un falconiforme, affine all'aquila, ma di dimensioni minori. La poiana comune (Buteo buteo) è lunga circa cm; ha corpo massiccio con coda ampia e arrotondata e, ali larghe ma corte. Colore: Il piumaggio negli adulti è bruno scuro macchiettato inferiormente e recante strette barre scure sulla coda. Zampe: La poiana possiede zampe con unghie ricurve e appuntite. Andatura: Tipico delle poiane è il volo lento e con ampi e lunghi volteggi planari. Territorio ed Alimentazione: L'alimentazione consta di piccoli mammiferi, insetti, talvolta uccelli e, non infrequentemente, di carogne. Inoltre è una grande sterminatrice di topi. Cattura la preda sul terreno dopo aver atteso il momento propizio sugli alberi. Riproduzione: La poiana nidifica sulle pareti rocciose, sugli alberi e sul terreno scosceso. Effettua parate nuziali tra gennaio e aprile; gli accoppiamenti e la costruzione del nido avvengono a partire dal mese di marzo. I sessi sono simili; vengono deposte 2-3 uova, la cova dura giorni e i piccoli restano nel nido per 6-7 settimane. I pulli sono alimentati da entrambi i genitori. Può vivere da sola o in coppia o in gruppi famigliari. E' un uccello molto legato al suo territorio che difende costantemente per sottolineare il suo possesso e allontana con la forza eventuali intrusi. Una cosa curiosa è che il suo territorio non si estende solo in senso orizzontale ma anche in altezza infatti solo oltre i 240 m di altezza è consentito alle altre poiane di volare. Una volta che un intruso è stato cacciato un maschio fa presente la sua vittoria lanciandosi in picchiata ad ali chiuse per circa 30 m per poi risalire di colpo.   Dove è stanziale vive in coppia, un maschio ed una femmina che difendono insieme il proprio territorio; dove migra la coppia si divide all'inizio dell'inverno e ciascun individuo si crea nuovi territori con nuovi compagni/e nella zona dove svernano. Non è infrequente vederla sul terreno che si scalda al sole con le penne e le ali larghe, specialmente dopo un lungo volo. Un atteggiamento particolare è la sottomissione di una poiana ad un'altra quando competono per il cibo. La più debole evita lo scontro e per manifestare la sua sottomissione rimane immobile di lato con un'ala alzata.  Lunghezza del corpo cm Peso gr Apertura alare 1,0 - 1,30 m Durata della vita anni Maturità sessuale 2-3 anni

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Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Antola Il Parco Regionale dell’Antola Lanius collurio (Averla) Abitudini di caccia particolari: uccello macellaio “infilza” le prede sui rovi È lungo circa 17,5-18,5 cm, e pesa grammi in media; ala 8,8-9,8 cm; apertura alare cm; coda 7,5-8 cm; tarso mm; becco mm. Ha il corpo rosso-bruno nella parte superiore e bianco-rosato sul ventre ed in tutte le parti inferiori. Il vertice ed il groppone sono color grigio-ardesia (blu pallido). La coda è nera con i lati bianchi. La testa di colore chiaro è contraddistinta da una mascherina (fascia) nera sulla faccia, più evidente nel maschio, che attraversa l'occhio e arriva sino alle copritrici auricolari. Il maschio di questa Averla si distingue dalle altre consimili per il dorso castano. La coda è nera e bianca sui lati. Uccello carnivoro, ha costumi tipici della famiglia, infatti oltre che dei soliti insetti (artropodi), si nutre anche di piccoli uccelli, piccoli mammiferi, lucertole e rane. Come quasi tutte le averle ha l'abitudine di infilzare la preda sulle spine dei rovi. Presente nella lista rossa nazionale

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Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Antola Il Parco Regionale dell’Antola Dendrocopos minor (Picchio rosso minore – foto Paolo Malisano) Picchio rosso minore (Dendrocopos minor) Distribuzione Specie sedentaria diffusa con diverse sottospecie in Europa ed Asia centro-settentrionali, dal Portogallo alle coste del Pacifico, comprese l’isola di Sakhalin e la penisola della Kamchatka, in Algeria e Tunisia settentrionali, Asia Minore e Caucaso. In Europa è assente in Irlanda, Scozia, maggior parte della Danimarca, isole mediterranee.  In Italia è nidificante nelle zone sub-montane e planiziali della penisola con densità piuttosto basse. La sua presenza non è segnalata nel Salento, nelle isole e in una vasta zona nord-orientale ad Est del fiume Ticino, tranne l’Alto Adige e i confinanti territori veneti. Dove vive Frequenta i boschi di latifoglie e misti con vecchi tronchi ed abbondanza di alberi morti caduti a terra, i parchi, i giardini e i frutteti dal livello del mare fino a circa m d’altitudine. Alimentazione Si ciba di Insetti del legno e loro larve e di frutta selvatica. Comportamento Possiede il volo ondulato tipico dei picchi, sebbene più esitante e piuttosto lento. Si posa di rado sul terreno, mentre si trattiene abitualmente nel fitto delle alte chiome dei grandi alberi, dove vola di ramo in ramo esplorando anche quelli più sottili. Spesso batte i tronchi o i rami con rapidi colpi del becco per la durata di un paio di secondi e le serie di colpi vengono ripetute ad intervalli regolari e ravvicinati per parecchie volte di seguito; tale tambureggiamento produce un suono piuttosto debole rispetto a quello delle altre specie di picchi di maggiori dimensioni ed è quindi facilmente distinguibile. Riproduzione Periodo riproduttivo: depone le uova a partire da fine aprile; una covata l’anno. Nido: scavato nei tronchi o nei rami di alberi secchi o marcescenti. Uova: in genere 4-6. Cova: circa 14 giorni. L’incubazione è effettuata soprattutto dal maschio. Cure parentali: i pulcini sono nidicoli e restano nel nido per circa 3 settimane. Entambi i genitori si dedicano all’allevamento della prole, ma è soprattutto il maschio che porta il cibo ai piccoli. Status e conservazione La specie in Europa ha uno stato di conservazione favorevole. In alcune parti dell’areale si osservano comunque fenomeni di contrazione delle popolazioni per la scomparsa dell’habitat adatto o per la sua modificazione a seguito di pratiche forestali di ceduazione e di eliminazione dei tronchi morti o marcescenti. Livello di protezione Convenzione di Berna, all. II: specie rigorosamente protetta. Legge nazionale 11 febbraio 1992, n. 157, art. 2: specie particolarmente protetta. Il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) è lungo in genere 17 cm.  con un piumaggio bruno e grigio scuro nelle parti superiori e sul ventre, bianco sul petto. Nel volo batte rapidamente le ali e si tiene basso sul livello dell'acqua. Possiede tutti i sensi assai sviluppati, in particolare la vista e l'udito. Vive di solito lungo i torrenti montani, sul cui fondo corre e nuota veloce,catturando insetti, piccoli molluschi e pesci. Si spinge fino a duemila metri di quota sulle Alpi, mentre nel Tibet supera i cinquemila metri, raramente scende in pianura. Poiché conduce una vita isolata, le coppie si formano solo nel periodo della riproduzione, e si sciolgono appena i figli non necessitano più del loro aiuto. I genitori difendono con accanimento i loro territori di residenza dalle invasioni dei vicini.  Nidifica vicino ai corsi d'acqua, nelle rocce, sotto ponti e cascate, costruendo un nido di forma sferica. La cova ha luogo sempre in aprile deponendo da 4 a 6 uova. Il merlo acquaiolo si ciba in preferenza di insetti acquatici e delle loro larve, nonché di molluschi e vermi. Se ne ha l'occasione non disdegna di catturare qualche pesciolino. Cinclus cinclus (Merlo acquaiolo)

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Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il SISTEMA di aree protette in LIGURIA Il Parco Regionale dell’Antola Il Parco Regionale dell’Antola Salamandrina terdigitata (Salamandra dagli occhiali) Salamandra dagli occhiali Specie simbolo della fauna appenninica italiana ed emblema dell’Unione Zoologica Italiana Registrata nell’Archivio CORINE (Coordination of Information on the Environment) Inserita fra le specie da tutelare nella Direttiva Europea “Habitat” del 1992 Allegati II e IV Specie a forte rischio di estinzione per la sua distribuzione molto localizzata all’interno dell’areale e per il suo carattere di indicatore biologico A livello locale è stato legittimato lo status di specie protetta dalla legge regionale Liguria 4/92 Senz’ombra di dubbio, Lucanus cervus è il più spettacolare coleottero europeo. La grande taglia, il dimorfismo sessuale molto accentuato, la forma delle grandi mandibole dei maschi lo rendono inconfondibile. I maschi telodonti maggiori possono superare i 9 cm, e pare che quelli della sottospecie judaicus, nord africani, siano accreditati come i più grandi lucanidi del mondo. Lo sviluppo larvale di questa specie avviene a carico di svariate essenze arboree, in special modo Quercia, Castagno, Faggio, Salice, Pioppo, e può protrarsi fino a 8 anni. I maschi più spettacolari sono proprio quelli che hanno passato più tempo come larva. Alcuni dicono che che la femmina deponga le uova in grande profondità presso le radici degli alberi, altri propendono semplicemente per una deposizione nel legno marcio. Io sono più portato a ritenere plausibile la prima ipotesi, visto che le uniche larve da me viste si trovavano tra le radici di querce morte appena divelte dal terreno. Gli adulti vivono pochi mesi, e completano il loro ciclo vitale prima di agosto. Questa meravigliosa specie è in progressiva rarefazione e protetta dalla Convenzione di Berna (Direttiva Habitat), e quindi non andrebbe allevata in cattività. Peraltro, la sua riproduzione risulta molto complessa, per cui si dovrebbe sempre lasciare nell’ambiente naturale gli esemplari di questa specie eventualmente rinvenuti. Non serve molta fantasia per capire da dove derivi il suo nome! Le grandi mandibole dei maschi rimandano inequivocabilmente ai palchi del nobile ungulato. Esse hanno la stessa funzione: duellare con gli avversari per contendersi le femmine. I rivali si affrontano in un combattimento che raramente è mortale, ma spesso lascia segni indelebili; la forza delle mandibole è tale che il dente mediano riesce a forare le spesse elitre!! Le battaglie prendono atto a molti metri dal suolo, sui rami o sui tronchi di enormi querce, spesso stillanti linfa, luogo d’incontro con le ambite femmine. Il combattimento ha termine quando uno dei due maschi riesce a sollevare l’altro e lo lascia cadere nel vuoto. A questo punto è libero di impossessarsi del suo premio. Se la femmina non fosse d’accordo ci pensa lui a farle accettare le avances: le blocca la testa con le mandibole impedendole la fuga. E’ tra i coleotteri più grossi della fauna europea: i maschi superano tranquillamente gli 8cm e le femmine in media si attestano sui 4cm. C’è enorme variabilità, e assieme ai giganteschi maschi ce ne sono molti altri di dimensioni minori intorno ai 5-6cm che presentano mandibole meno impressionanti. Evidentissimo è il dimorfismo sessuale, oltre alle dimensioni colpisce il notevole sviluppo della testa dei maschi, in relazione alla crescita delle mandibole. Infatti sulle espansioni posteriori del capo si ancorano i possenti muscoli mandibolari. Diverse proporzioni ci sono anche negli arti. Le femmine hanno le zampe più corte e tozze che impiegano per scavare alla base di ceppaie di alberi morti, dove deporranno alcune decine di uova. Hanno uno spettro d’ospite di diverse latifoglie (tra cui faggio, salice, pioppo e castagno) ma l’essenza preferita è senza dubbio la quercia. Lo sviluppo larvale è molto lungo; le piccole larve impiegano diversi anni per accrescersi (il legno non è molto nutritivo). Quelli che diventeranno gli esemplari più grandi possono trascorrere anche 8 anni come larve. Giunte a maturità, si creano un astuccio pupale con legno e terriccio, e dopo un breve periodo di pupa si trasformano in adulti, che però trascorreranno l’inverno all’interno del bozzolo. Solo a inizio primavera sarà possibile osservarli. Già da fine maggio scrutando le chiome delle grandi querce è possibile scorgerli. Tendono a concentrarsi sui vecchi alberi che sgorgano linfa. Lì, in compagnia di cetonie e calabroni, banchettano raccogliendo i succhi vegetali con una speciale spazzola. Non disdegnano la frutta matura qualora ne trovassero. Sono insetti che si spostano all’imbrunire, con un volo pesante e rumoroso. In aria sono costretti ad assumere una caratteristica posa ad L, con l’addome tenuto verticale al di sotto del capo, per bilanciare le ingombranti mandibole. A dispetto della lungo periodo larvale la vita degli adulti è molto breve. Trascorrono poche settimane lottando e ubriacandosi di linfa. Spesso sopravvivono ancora meno. Infatti la mole e l’aggressività non spaventano certo i predatori, che, come le volpi, vedono in loro un semplice e sostanzioso pasto. Capita spesso di ritrovare i resti dell’addome masticati e sputati, mentre il nobile capo viene lasciato integro, quasi come fosse un trofeo. Sono molto graditi anche dai rapaci notturni come l’allocco, che non fatica molto a catturarli durante il loro lento volo. E’ diffuso nell’Italia centro-settentrionale, e la segnalazione più meridionale è per la Campania. Assente dalle isole. E’ una specie segnalata in forte riduzione, e per questo rientra nella Direttiva Habitat della Convenzione di Berna che, oltre a vietarne la raccolta, ne salvaguarda l’habitat. Infatti il problema del suo declino è imputabile alla sparizione dei boschi maturi di latifoglie, con la presenza di grossi alberi morti lasciati in loco dove la femmina può deporre. Lucanus cervus

50 Salamandra dagli occhiali (Salamandrina terdigitata)
Specie simbolo della fauna appenninica italiana ed emblema dell’Unione Zoologica Italiana Registrata nell’Archivio CORINE (Coordination of Information on the Environment) Specie a forte rischio di estinzione per la sua distribuzione molto localizzata all’interno dell’areale e per il suo carattere di indicatore biologico Inserita fra le specie da tutelare nella Direttiva Europea “Habitat” del 1992 Allegati II e IV

51  Grazie per la vostra attenzione 


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