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INTRODUZIONE ALLA “POLITICA” PER UNA CITTADINANZA ITALIANA PIÙ CONSAPEVOLE PIÙ CRITICA E PIÙ ATTIVA.

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Presentazione sul tema: "INTRODUZIONE ALLA “POLITICA” PER UNA CITTADINANZA ITALIANA PIÙ CONSAPEVOLE PIÙ CRITICA E PIÙ ATTIVA."— Transcript della presentazione:

1 INTRODUZIONE ALLA “POLITICA” PER UNA CITTADINANZA ITALIANA PIÙ CONSAPEVOLE PIÙ CRITICA E PIÙ ATTIVA

2 politica da πóλις (comunità) economia da ο ἶ κος (casa) interesse collettivo affari privati

3 DEMOCRAZIA IN CRISI (1) Crescente è la percezione di trovarci di fronte a una democrazia minacciata da forze esterne. Ogni giorno, infatti, ci sentiamo controllati e giudicati: La nostra democrazia è davvero in crisi? Chi decide oggi in Italia? Il popolo sovrano o enti stranieri?

4 DEMOCRAZIA IN CRISI (2) È la prima volta dall’entrata in vigore della Costituzione che abbiamo un governo che non ha avuto alcun mandato popolare. Siamo in presenza di un vero e proprio “governo del Presidente”. Si tratta di una “sospensione” della democrazia?

5 QUALE DEMOCRAZIA? Il termine deriva da δñμος κράτος = = popolo potere La Grecia è la culla della democrazia, ma la nostra democrazia ha ben poco a che vedere con quella. Le nostre radici non sono a sud dell’Europa, ma a nord, in primis in Inghilterra.

6 INDIGNADOS Così Ernesto Galli Della Loggia (Corriere della sera, 19/X/2011): “L’indignazione” all’ordine del giorno è l’ennesima manifestazione dell’antipolitica che cresce, della progressiva cancellazione dall’esperienza di masse crescenti di cittadini di che cosa voglia dire la politica e di che cosa sia il mondo. Infatti, chi cerca di capire come funziona la società, e insieme ha qualche rudimento di economia, e dunque qualche idea di che cosa siano la polis e il suo governo, non si indigna. Propone qualcosa, sciopera, fa la rivoluzione, vota per l’opposizione o ne crea una: ma non s’indigna”.

7 LA NOSTRA COSTITUZIONE: UNO STRAORDINARIO PATRIMONIO DI VALORI

8 PREMESSE

9 VALORI CONDIVISI Non si tratta di valori di destra o di sinistra, di valori di una “fede” o di un’altra, ma di valori “civili”. Valori, quelli espressi dalla Costituzione repubblicana, che rappresentano ancora oggi il patrimonio di valori di tutti gli Italiani: ciò che li unisce al di là delle divisioni politiche e delle differenti “visioni del mondo”, in altre parole ciò che costituisce (o dovrebbe costituire) l’anima degli italiani.

10 VALORI FONDANTI Si tratta di valori sulla base dei quali sono fondate le nostre istituzioni - parlamento, governo… - e su cui si fondano le nostre leggi. Le leggi giudicate difformi da questi valori vengono dichiarate anticostituzionali e, quindi, illegittime.

11 NON UNA SEMPLICE CARTA Valori e regole costituzionali Leggi Norme di comportamento

12 NON DOGMI Non siamo in presenza di “dogmi”: la Costituzione è un prodotto “storico” e, in quanto tale, modificabile (secondo, naturalmente, le “regole” previste dalla stessa Costituzione). Pur essendo un prodotto storico, tuttavia, la Costituzione recepisce valori che costituiscono il migliore patrimonio elaborato dall’umanità.

13 CAUTELA  Ci vuole molta cautela prima di porre mano a delle modifiche sostanziali: non è un caso che il fascismo, a colpi di modifiche dello Statuto Albertino (una Costituzione “liberale”), abbia costruito uno Stato “totalitario”.  Ecco perché la Costituzione repubblicana prevede una procedura complessa per modificare la Costituzione stessa: una doppia approvazione da parte di ciascuna Camera “ad intervallo non minore di tre mesi” e una maggioranza assoluta nella seconda votazione.  NB: a) la maggioranza assoluta è la metà più uno degli aventi diritto; b) la maggioranza semplice è la metà più uno dei presenti (i quali, però, devono essere, per avere il numero legale, la metà più uno degli aventi diritto).

14 INDICE  1. LIBERTÀ:  I diritti  Il diritto alla vita  Il diritto alla libertà  I diritti costituzionali  La laicità dello Stato  La divisione dei poteri  La libertà economica  2. DEMOCRAZIA  3. GIUSTIZIA SOCIALE  4. L’ORGANIZZAZIONE DELLO STATO: POSSIBILI MODIFICHE  5. CHE FARE?

15 1. LIBERTÀ (1) I DIRITTI

16 L’ANIMA DELLA COSTITUZIONE Il liberalismo è l’anima della Costituzione e non è un caso: i costituenti, reduci dalla lotta contro il nazi-fascismo, hanno ripristinato i valori “liberali” che il fascismo, sfociando in una dittatura, aveva calpestato.

17 FREEDOM FROM Il liberalismo è l’arma contro ogni forma di Potere dispotico (che calpesta i diritti degli individui) ed esprime la “libertà” dei cittadini “dal Potere”:  nel Seicento e nel Settecento dalle Monarchie assolute,  nell’Ottocento dalle Monarchie restaurate,  nel Novecento dalle dittature di destra e di sinistra,  oggi - vedi la primavera araba - da regimi dispotici (non necessariamente monarchici).

18 RITORNO A… I costituenti non fanno che tornare  allo Statuto Albertino (la Costituzione liberale del Regno d’Italia fino al 1948)  alle “libertà” contro i regimi dispotici dell’Ottocento propugnate dai patrioti “liberali” del nostro Risorgimento  alle libertà teorizzate dagli Illuministi del ‘700

19 IN ULTIMA ANALISI RITORNO A… In definitiva si torna al liberalismo teorizzato in primis dall’inglese John Locke e dall’olandese Baruch Spinoza (1600) e arricchito dall’illuminista francese Montesquieu:  la proclamazione dei “diritti naturali” di ogni individuo, diritti cioè che preesistono allo Stato;  la divisione dei poteri;  la laicità dello Stato;  la sovranità del popolo

20 VALORI RADICATI NEL CRISTIANESIMO Si tratta di istanze che affondano le radici, in ultima analisi, nel valore infinito di ogni persona proclamato dal Cristianesimo e nei “diritti naturali” teorizzati dalla filosofia cristiana medievale: ogni persona ha dei diritti che sono preesistenti rispetto a ogni Potere politico. Si tratta, tuttavia, di istanze del tutto “laiche” affermate spesso contro le Chiese cristiane schierate dalla parte delle Monarchie assolute.

21 IN SINTESI… Sono in ultima analisi i valori cristiani che alimentano il liberalismo classico (soprattutto inglese). Ed è il liberalismo classico (versione “laica” di valori radicati nel Cristianesimo) che alimenta  prima l’Illuminismo “moderato” (ferocemente anticlericale)  e in seguito i “liberali” italiani - pure loro anticlericali - del nostro Risorgimento (valori che poi confluiscono nello Statuto Albertino e poi nella Costituzione repubblicana)

22 DIRITTI “NATURALI”? Problema: i diritti teorizzati dal liberalismo sono…“naturali”? Le prime costituzioni, rifacendosi ai maestri classici del liberalismo e dell’Illuminismo, ricorrono proprio a tale aggettivo. Già nel ‘600, tuttavia, vi era chi (Hobbes) considerava i diritti semplicemente come delle “convenzioni umane, storiche”: sono gli uomini che nella storia stabiliscono quali sono i “diritti”. Ecco perché le costituzioni recenti evitano per lo più il termine “naturali”.

23 LIBERALISMO non LIBERISMO  Liberalismo = dottrina “politica” che teorizza la “libertà del cittadino - in quanto cittadino - dal Potere politico dispotico”.  Liberismo = dottrina economica che teorizza la “libertà di iniziativa privata in ambito economico (produzione e circolazione di merci) da… lacci e lacciuoli”. Ambedue, comunque, rivendicano una “libertà dal Potere politico” (nel caso del liberismo si tratta di una libertà dall’interventismo dello Stato nell’economia).

24 IL “MODELLO” LIBERALE La nostra è una democrazia liberale e il liberalismo è una conquista tipicamente inglese. Ecco le tappe più significative:  Magna Carta 1215  Petition of rights 1628  Habeas corpus 1679  Bill of Rights 1689  Act of settlement 1701 (indipendenza del potere giudiziario) Conquiste che poi vengono “esportate” nell’America del Nord con la “Dichiarazione dei diritti” di Philadelphia (1774) e successivamente in Francia con la Déclaration des droits de l’homme et du citoyen.

25 1. LIBERTÀ (2) IL DIRITTO ALLA VITA

26 DIRITTO ALLA VITA  Il primo diritto - non sempre esplicito nelle Costituzioni liberali - è il “diritto alla vita”. Secondo il liberalismo lo Stato nasce proprio per garantire in primo luogo la sicurezza dei cittadini, in altre parole il diritto alla vita (che è, in ultima analisi, la “libertà dalla paura”).  Da qui il ricorso alla forza (che caratterizza lo Stato) al fine di punire e di prevenire: polizia, magistratura, carcere…

27 NO ALLA PENA DI MORTE In un primo tempo il diritto alla vita non comporta la cancellazione della pena di morte: a lungo la pena di morte è considerata un forte deterrente e, di conseguenza, un male minore al fine di tutelare la vita degli altri. In un secondo momento (ma non ovunque) gli Stati liberali fanno propria la lezione dell’illuminista Beccaria e cancellano la pena di morte: nessuno, neppure lo Stato, ha il diritto di uccidere una persona.

28 LE MORTI BIANCHE? Problema: si tratta di un diritto solo solennemente dichiarato o tutelato in concreto? Non ha nulla da rimproverarsi lo Stato di fronte allo stillicidio di morti bianche? L’Italia è di sicuro all’avanguardia nella legislazione a tutela dei lavoratori, ma è altrettanto all’avanguardia nel controllare che tali leggi vengano rispettate? Senza tali controlli e senza le conseguenti eventuali sanzioni le leggi sarebbero inefficaci.

29 HA DIRITTO ALLA VITA ANCHE L’EMBRIONE? Così il Comitato Nazionale per la bioetica: “L’embrione merita, fin dalla fecondazione, il rispetto e la tutela che si devono adottare nei confronti delle persone”. Problema: si tratta di un diritto alla vita?

30 UN DIRITTO CHE INTERROGA LE COSCIENZE  Il numero di persone che perdono la coscienza (pazienti in stato vegetativo permanente, malati di Alzheimer) è destinato a crescere in modo esponenziale.  Il loro diritto di vivere è indiscutibile.  È indiscutibile anche in contrasto con la volontà espressa precedentemente dal paziente?

31 1. LIBERTÀ (3) IL DIRITTO ALLA LIBERTÀ

32 FREEDOM TO Lo Stato, secondo il liberalismo, non solo ha il compito di tutelare il diritto alla vita (quindi di garantire la “libertà dalla paura”), ma anche la “libertà di…”:  libertà di pensiero,  libertà di religione,  libertà di stampa…

33 IL FANATISMO RELIGIOSO  Oggi il “pluralismo” nelle società occidentali è un dato di fatto: da qui la tolleranza e perfino il rispetto nei confronti delle convinzioni altrui.  Per un lungo tempo non è stato così: sono esistite per secoli società “monolitiche” intolleranti nei confronti dei dissidenti, di chi cioè non si riconosceva nel “pensiero unico”.  Siamo in presenza in primis di una intolleranza religiosa perché il “pensiero unico” era rappresentato dalla “religione”.

34 UN FANATISMO INTRINSECO ALLA RELIGIONE? Una religione non è per sua natura intollerante:  il Cristianesimo è stato a lungo perseguitato perché in aperto contrasto col “pensiero unico pagano”;  il Cristianesimo oggi rivendica la libertà di religione laddove questa è violata. L’intolleranza è, comunque, una tentazione forte nelle religioni “rivelate” (ancora nell’Ottocento un documento ufficiale del papa parlava della libertà di coscienza come un “delirio”).

35 ORTODOSSIA ED ETERODOSSIA (O ERESIA) Per molto tempo il Cristianesimo, ha giustificato a fin di bene l’intolleranza: La Verità è una: quella “rivelata” direttamente da Dio La Chiesa cattolica è l’interprete autentica della Rivelazione: è essa, quindi, che stabilisce ciò che è ORTODOSSO (VERO). Chi non si riconosce nell’ortodossia, afferma il falso ed è quindi ERETICO Tollerare l’eretico significa tollerare la diffusione di dottrine false

36 PER LA SALVEZZA DELLE ANIME La tolleranza, quindi, viene considerata pericolosa per la vera fede. L’intolleranza, di conseguenza, è vista come un bene: serve a preservare i fedeli dal pericolo di tradire la fede e, quindi, dalla prospettiva della condanna eterna.

37 IN NOME DI DIO L’intolleranza religiosa non si limita alla “condanna” dell’eretico, ma, talvolta, ha come esito anche l’omicidio: SI UCCIDE IN NOME DI DIO.

38 IL FANATISMO CATTOLICO (1) Giordano Bruno (arso nel 1600) Processo a Galileo (1633)

39 IL FANATISMO CATTOLICO (2) È l’Inquisizione spagnola la più “fanatica”, quella che ricorre di più a condanne a morte e che fa più ampio uso della tortura (anche questa è a fin di bene: se il reo confessa, evita l’inferno). I Tribunali dell’Inquisizione non solo “bruciano” gli eretici, ma bruciano ancor di più i libri degli eretici: sono questi che trasmettono il male nel mondo e infettano la società.

40 IL FANATISMO CATTOLICO (3) Il “pensiero unico” è un patrimonio che anche gli Stati “cattolici” si propongono di salvaguardare: non è un caso che  un imperatore (Carlo Magno) imponga il terrore per convertire i Sassoni (ecco un articolo di un capitolare: “Se qualcuno tra i Sassoni avrà voluto sottrarsi al battesimo, rimanendo nascostamente pagano, venga condannato a morte”).  le condanne a morte decise dai Tribunali ecclesiastici vengano eseguite dal “braccio secolare”,  sovrani cattolicissimi si attivino a purificare i Paesi iberici dalla peste degli ebrei (dopo vari tentativi di conversione forzata) e dei moriscos.

41 IL FANATISMO PROTESTANTE L’intolleranza religiosa non è solo “cattolica”, ma anche protestante, nonostante sia in aperto contrasto con principi-cardine dei Riformatori quali il “libero esame” e il “primato della coscienza”. Un caso clamoroso: a Ginevra – città-rifugio di tanti eretici perseguitati nei loro Paesi cattolici – Giovanni Calvino condanna al rogo Miguel Serveto, un medico spagnolo anti-trinitario.

42 IL FANATISMO EBRAICO L’intolleranza si consuma pure nel mondo ebraico. Uno degli episodi più clamorosi: Nel 1656 Baruch Spinoza all’età di 24 anni viene “scomunicato, esecrato, maledetto ed espulso” con un testo di inaudita violenza: “Possa il Signore mai perdonarlo, né riconoscerlo; possano l’ira e la collera del Signore ardere, d’ora innanzi, quest’uomo, far pesare su di lui tutte le maledizioni scritte nel Libro della Legge, e cancellare il suo nome dal cielo […] nessuno deve parlare con lui a voce, né comunicare con lui per iscritto […] nessuno deve prestargli servizio, né dimorare sotto lo stesso suo tetto, nessuno avvicinarsi a lui oltre i quattro cubiti, e nessuno leggere alcunché dettato da lui o scritto di suo pugno”.

43 LA LIBERTÀ DI PENSIERO Non è un caso che sia proprio Baruch Spinoza (Seicento) uno dei massimi teorici della libertà di pensiero: “Il fine ultimo dell’organizzazione statale” è quello di “liberare ciascuno dalla paura, affinché, nei limiti del possibile, possa vivere in sicurezza e cioè serbare nel modo migliore il suo diritto naturale ad esistere e ad agire senza danno suo e di altri”. Il fine dello Stato – ripeto – non è in quello di trasformare gli uomini da esseri razionali in bestie o automi. Proprio al contrario, è quello di far sì che adempiano alle proprie funzioni sia fisiche che mentali in condizioni di sicurezza, che usino liberamente la loro ragione […]”. In altre parole, Spinoza teorizza uno Stato che tuteli il diritto di ciascun cittadino “di ragionare e di pensare in proprio”.

44 FANATISMO ISLAMICO Sono i “fondamentalisti” musulmani che, in modo particolare nel nostro tempo, sono gli artefici di una lettura “integralista” dell’Islamismo. Sono loro che interpretano la cosiddetta “guerra santa” (un concetto che ha a che vedere con una lotta interiore contro le passioni) come guerra contro gli “infedeli” e rifiutano qualsiasi compromesso con i valori diabolici della civiltà occidentale.

45 CONDANNA DEL FANATISMO RELIGIOSO Forte la condanna dell’illuminista francese Voltaire (‘700) contro il fanatismo religioso: Così (nel Traité sur la tolerance):  il diritto dell’intolleranza è dunque assurdo e barbarico: è il diritto delle tigri; è anzi ben più orrido, perché le tigri non si fanno a pezzi che per mangiare, e noi ci siamo sterminati per dei paragrafi;  Lo dico con orrore, ma la cosa è vera: noi, cristiani, noi siamo stati persecutori, carnefici, assassini! E di chi? Dei nostri fratelli. Noi col crocifisso o la Bibbia in mano, abbiamo distrutto cento città, e non abbiamo smesso di spargere sangue e di accendere roghi;  perché la nostra religione è divina, deve essa regnare con l’odio, i furori, gli esili, il furto dei beni, le carceri, le torture, i delitti e le grazie rese a Dio per questi delitti? Più la religione cristiana è divina, meno si addice all’uomo di imporla; se Dio l’ha fatta, Dio la sosterrà anche senza di voi. Sapete che l’intolleranza non produce che ipocriti o ribelli: quale alternativa funesta! Infine, vorreste voi sostenere con i carnefici la religione di un Dio che i carnefici hanno fatto morire e che non ha predicato che la dolcezza e la pazienza?

46 ELOGIO DELLA TOLLERANZA Così, ancora, Voltaire: Detesto quanto voi scrivete, ma sono pronto a morire perché possiate seguitare a scriverlo

47 FANATISMO DI STATO  Non vi è solo l’intolleranza “religiosa”, ma pure l’intolleranza “di Stato” contro qualsiasi “dissidente”.  I tribunali civili, anzi, sono stati più spietati di quelli ecclesiastici (questi ultimi sono sempre stati rispettosi delle procedure).  Questo è accaduto nei tempi del pensiero unico religioso e questo è accaduto nei tempi più recenti del totalitarismo di destra e di sinistra.

48 FIN DOVE SI SPINGE LA LIBERTÀ DEL DISSENSO? Spinoza è chiaro: ogni cittadino può esprimere liberamente il suo dissenso nei confronti delle leggi dello Stato, leggi che tuttavia è tenuto a rispettare finché sono in vigore. Così: “Poniamo ad esempio che qualcuno metta in luce l’irragionevolezza di una data legge e giudichi perciò che vada abolita: se sottopone le proprie opinioni al giudizio dell’autorità sovrana (alla quale soltanto compete di istituire o abrogare le leggi) e nel frattempo non compie atti contrari a ciò che quella legge prescrive, fa opera meritoria verso la comunità e si qualifica come il migliore dei cittadini” (Trattato teologico-politico). Lo Stato, quindi, non solo deve tutelare il dissenso, ma anche favorirlo nel suo stesso interesse: le critiche costruttive, infatti, non possono che migliorare e, dunque, rafforzare lo Stato.

49 FIN DOVE SI SPINGE LA LIBERTÀ DI STAMPA?  Anche nel divulgare intercettazioni telefoniche che non hanno alcuna rilevanza penale, violando così palesemente il diritto alla privacy?  Anche nel divulgare intercettazioni telefoniche di rilevanza penale, ma prima della sentenza definitiva (quando cioè, in base alla Costituzione, l’imputato si presume innocente)?

50 FIN DOVE SI SPINGE LA LIBERTÀ DI OPINIONE? Anche nel negare l’Olocausto?

51 1. LIBERTÀ (4) I DIRITTI COSTITUZIONALI

52 I DIRITTI NELLO STATUTO ALBERTINO Art. 24. Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Art. 26. La libertà individuale è guarentita. Niuno può essere arrestato, o tradotto in giudizio, se non nei casi previsti dalla legge, e nelle forme che essa prescrive. Art. 27. Il domicilio è inviolabile. Art. 28. La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi […] Art. 30. Nessun tributo può essere imposto o riscosso se non è stato consentito dalle Camere e sanzionato dal Re. Art. 32. È riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senz’armi, uniformandosi alle leggi che possono regolarne l’esercizio nell’interesse della cosa pubblica. Questa disposizione non è applicabile alle adunanze in luoghi pubblici, od aperti al pubblico, i quali rimangono interamente soggetti alle leggi di polizia. Art. 45. Nessun Deputato può essere arrestato, fuori del caso di flagrante delitto.

53 I DIRITTI NELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA (1) Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana […]. Art. 4. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro […] Art. 13. La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge […] È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. Art. 14. Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale […]

54 I DIRITTI NELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA (2) Art. 15. La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. Art. 17. I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica. Art. Art. 18. I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, enza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

55 I DIRITTI NELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA (3) Art. 19. Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume. Art. 21 Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione […] Art. 24. Tutti possono agire in giudizio a tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado di procedimento […] Art. 25. Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Art. 27. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

56 1. LIBERTÀ (5) LA LAICITÀ DELLO STATO

57 UNA CONQUISTA RECENTE Si tratta di un principio oggi pressoché scontato nei Paesi occidentali, ma la sua conquista è relativamente recente. L’integralismo (o fondamentalismo): il primato della religione sullo Stato Il giurisdizionalismo (o integralismo laico): il primato dello Stato sulla religione Laicità dello Stato: né subordinazione, né prevaricazione rispetto alla religione

58 UN PRINCIPIO ESSENZIALE Così John Locke: Lo Stato non può abbracciare una chiesa rispetto a un’altra in nome dell’“ortodossia” perché “ogni chiesa è per se stessa ortodossa, per le altre aberrante od eretica”, così non può estirpare una religione perché la considera idolatra perché, in base allo stesso principio, un altro Stato potrebbe perseguitare i cristiani. Compito delle leggi “non è di assicurare la verità delle opinioni, bensì di provvedere all’integrità e sicurezza della cosa pubblica e dei beni d’ognuno”

59 “LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO” Così il “liberale” Cavour:  “Non so concepire maggior sventura per un popolo colto che vedere riunita in una sola mano, in mano de’ suoi governanti, il potere civile e il potere religioso”.  Quando questo accadde “il più schifoso dispotismo si stabilì, sia che una casta sacerdotale usurpasse il potere temporale, sia che un califfo o un sultano riunisse nelle sue mani il potere spirituale”.  “L’autorità del Pontefice, l’indipendenza della Chiesa saranno molto meglio assicurate dal libero consenso di 26 milioni d’Italiani, che da alcuni mercenari raccolti intorno al Vaticano, od anche da truppe valorose ed amiche, ma pur sempre straniere”.

60 LO STATO “LIBERO” Così Giuseppe Ferrari:  “Libero Stato è quello che non paga i sacerdoti, che non confisca i beni d’alcuna chiesa, che non chiede Te Deum, né sepolture sacre, né sacramenti ai sacerdoti delle diverse religioni.  Libera religione poi è quella che non piega il ginocchio dinanzi ad alcuna protezione mondana, che non riceve né leggi né consigli.  In Italia, dove regna il pontefice con alleanza dell’Austria, colla protezione francese, con l’idolatria del popolo minuto, coi monaci alleati dei briganti, con la religione dominante, la libera Chiesa in libero Stato sarebbe tradimento”.

61 UNO STATO CHE NON SPOSA NESSUNA IDEOLOGIA “Laico”, se vogliamo essere rigorosi, è uno Stato che non abbraccia non solo nessuna religione, ma neppure nessuna ideologia (anche “laica”): non sono laici né lo Stato fascista, né quello nazista, né quello marxista in quanto fanno propria una “visione del mondo” che impongono a tutti.

62 UNA NETTA SEPARAZIONE Oggi, tra gli Stati “più laici”, troviamo in primo luogo gli Usa e la Francia dove Stato e religione sono nettamente separati: in Francia, ad esempio, sono proibiti persino i simboli religiosi (di qualsiasi fede religiosa) nelle istituzioni pubbliche.

63 UNA LAICITÀ ANOMALA  Nella patria del liberalismo e, quindi, della laicità dello Stato - la Gran Bretagna - la regina è ancora oggi un punto di riferimento - anche se solo “simbolico” - della Chiesa anglicana.  Sono comunque maturi i tempi per la soppressione di tale “residuo” storico.

64 RELIGIONE DI STATO In Italia, patria storica del papato e del centro mondiale della cattolicità, la “laicità” è un risultato relativamente recente. Lo Statuto Albertino (1848) così recita all’art. 1: La religion catholique, apostolique et romaine est la seule religion de l’Etat; les autres cultes actuellement existants sont tolérés conformement aux lois

65 IL TRATTATO DEL 1929 Così il Trattato fra la Santa Sede e l’Italia (1929):  Art. 1: L’Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell’art. 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, pel quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato.  Art. 8: L’Italia, considerando sacra ed inviolabile la persona del Sommo Pontefice, dichiara punibili l’attentato contro di esso e la provocazione a commetterlo con le stesse pene stabilite per l’attentato e la provocazione a commetterlo contro la persona del Re.  Art. 21: Tutti i Cardinali godono in Italia degli onori dovuti ai principi del sangue.

66 IL CONCORDATO DEL 1929 (1) Così il Concordato fra la Santa Sede e l’Italia (1929) che ha inizio con le seguenti parole: “In nome della Santissima Trinità”:  Art. 1 (secondo comma): In considerazione del carattere sacro della Città Eterna, sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico e mèta di pellegrinaggi il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto col detto carattere.  Art. 3 (secondo comma): I chierici ordinati in sacris ed i religiosi, che hanno emesso i voti, sono esenti dal servizio militare, salvo il caso di mobilitazione generale.

67 IL CONCORDATO DEL 1929 (2)  Art. 5 (III comma): […] i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico.  Art. 8 (secondo comma): In caso di arresto, l’ecclesiastico o il religioso è trattato col riguardo dovuto al suo stato ed al suo grado gerarchico.  Art. 11: Lo Stato riconosce i giorni festivi stabiliti dalla Chiesa (10 + le domeniche)  Art. 13 (secondo comma): La designazione degli ecclesiastici cui è commessa l’alta direzione del servizio di assistenza spirituale (Ordinario militare, vicario ed ispettori), è fatta confidenzialmente dalla Santa Sede al Governo italiano. Qualora il Governo italiano abbia ragioni da opporre alla fatta designazione, ne darà comunicazione alla Santa Sede, la quale procederà ad altra designazione. L’ordinario militare sarà rivestito della dignità arcivescovile. La nomina dei cappellani militari è fatta dalla competente autorità dello Stato italiano su designazione dell’Ordinario militare.

68 IL CONCORDATO DEL 1929 (3)  Art. 19 (secondo comma): Prima di procedere alla nomina di un Arcivescovo o di un Vescovo diocesano o di un coadiutore cum jure successionis, la Santa Sede comunicherà il nome della persona al Governo italiano per assicurarsi che il medesimo non abbia ragioni di carattere politico da sollevare contro la nomina.  Art. 20: I Vescovi, prima di prendere possesso della loro diocesi, prestano nelle mani del Capo dello Stato un giuramento di fedeltà [secondo una determinata formula]  Art. 34: Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili. […] Subito dopo la celebrazione il parroco spiegherà ai coniugi gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti ed i doveri dei coniugi […] Le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato sono riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri ecclesiastici.

69 IL CONCORDATO DEL 1929 (4)  Art. 36: L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo i programmi da stabilirsi tra la Santa Sede e lo Stato. Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti o religiosi, approvati dall’autorità ecclesiastica, e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall’Ordinario diocesano. La revoca del certifica da parte dell’Ordinario priva senz’altro l’insegnante della capacità di insegnare.  Art. 38: Le lauree in sacra teologia date dalle facoltà approvate dalla Santa Sede saranno riconosciute dallo Stato italiano.  Art. 43: Lo Stato italiano riconosce le organizzazioni dipendenti dall’Azione Cattolica, in quanto esse, siccome la Santa Sede ha disposto, volgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico […]

70 STATO E CHIESA INDIPENDENTI Così la Costituzione repubblicana (1948):  Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso […], di religione […]  Art. 7: Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.  Art. 8: Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.  Art. 33: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. […] Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

71 IL CONCORDATO DEL 1984 (1) Così il Concordato-bis (1984):  Lo Stato italiano e la Santa Sede, pur riaffermando la loro indipendenza e sovranità nel loro ordine, si impegnano a collaborare “per la promozione dell’uomo e il bene del paese”  La nomina dei titolari degli uffici ecclesiastici viene solo comunicata alle autorità civili competenti  Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati ed alla autorità informazioni su persone e o materie di cui siano venute a conoscere per ragione del loro ministero

72 IL CONCORDATO DEL 1984 (2) Art. 9.2: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantita a ciascuno il diritto di scegliere di avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento” (le norme attuative affermano, tra l’altro, che l’insegnamento della religione cattolica è impartito “da insegnanti che siano riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati d’intesa con essa, dall’autorità scolastica”).

73 VALORI “IRRINUNCIABILI” Questi, in sintesi, sono i “valori” conquistati dal liberalismo:  i diritti inviolabili dei cittadini (diritto alla vita, libertà di coscienza, libertà di religione, libertà di stampa…)  la laicità dello Stato  la divisione dei poteri dello Stato (legislativo, esecutivo, giudiziario)  la sovranità del popolo Si tratta di valori “irrinunciabili”. È impossibile tornare indietro, come è impossibile andare avanti pretendendo di “superarli”: laddove, nel ‘900, si è voluto “andare oltre” (fascismo, nazismo, comunismo), si è caduti nel dispotismo

74 L’ARTE DELLA “MEDIAZIONE” Spetta alla politica (ai rappresentanti del popolo sovrano) tradurre in “leggi” i valori liberali sanciti dalla nostra Costituzione. Si tratta sicuramente di un compito difficile: infatti se i valori in sé sono condivisi, non sempre sono condivise le soluzioni perché le forze parlamentari (perfino i singoli parlamentari) hanno sensibilità diverse e, talvolta, visioni della vita differenti; spesso, poi, i diritti sono in conflitto tra loro per cui è necessario stabilire una graduatoria; i partiti, inoltre, sono portatori di interessi diversi e, quindi, tendono a difendere i loro elettori contro altri esistono, infine, delle compatibilità finanziarie: vi sono, quindi, limiti all’intervento dello Stato La politica, dunque, diventa l’arte della mediazione: mediazione di sensibilità, visioni del mondo e interessi diversi.

75 LEGGE 194 In conflitto La libertà della donna di interrompere una gravidanza indesiderata L’esigenza di tutelare la vita dell’embrione e del feto Ecco perché la legge prevede che lo Stato, le regioni e gli enti locali devono promuovere iniziative atte a superare le cause che potrebbero indurre la donna ad abortire e fare dell’interruzione della gravidanza un mezzo per la “limitazione delle nascite”

76 LEGGE 40 In conflitto Il diritto (o diritto rivendicato) di chi è portatore di gravi malattie ereditarie di avere un figlio sano L’esigenza di tutelare il diritto dell’embrione: da qui il divieto di diagnosi pre-impianto Se la legge 194 parla del compito dello Stato di tutelare “la vita umana dal suo inizio”, la legge 40, per la prima volta, “assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”

77 LIBERTÀ DI INFORMAZIONE In conflitto La libertà del giornalista di informare Il diritto alla privacy (tutela della dignità di una persona)

78 TESTAMENTO BIOLOGICO In conflitto La tutela della vita umana da parte dello Stato La libertà del cittadino di scegliere, tramite un testamento, di rifiutare – nell’ipotesi si trovasse in uno stato vegetativo permanente – di essere alimentato

79 LIBERTÀ DI OPINIONE In conflitto Libertà di opinione da parte dei “negazionisti” L’esigenza di tutelare un bene comune qual è la memoria di un genocidio

80 LA RELIGIONE CATTOLICA NELLE SCUOLE STATALI (1) La politica è un’arte difficile anche perché deve fare i conti con la storia. Un esempio: dal “punto di vista dello Stato “laico” si potrebbero “dedurre” due possibili percorsi per quanto riguarda l‘insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali: se la religione cattolica è intesa come un fatto di fede il suo insegnamento deve essere facoltativo, con docenti nominati dalla Chiesa, e a carico della Chiesa se la religione cattolica è intesa come un fatto di cultura il suo insegnamento deve essere obbligatorio, con docenti dello Stato e a carico dello Stato

81 LA RELIGIONE CATTOLICA NELLE SCUOLE STATALI (2) In questa materia, tuttavia, non è solo lo Stato a decidere in quanto è vincolato dal Concordato (rivisto nel 1984): da qui un’intesa tra Stato e Santa Sede che segue un’altra “logica”. La religione cattolica è intesa come un fatto di cultura il suo insegnamento è facoltativo, con insegnanti designati dalla Chiesa, a carico dello Stato

82 1. LIBERTÀ (6) LA DIVISIONE DEI POTERI

83 IL CONTROLLO RECIPROCO DEI POTERI Locke (‘600) e, soprattutto, Montesquieu (‘700): Proprio perché lo Stato viene fondato col compito di garantire i diritti individuali, il potere dello Stato stesso non può essere concentrato in una persona o in un’assemblea, ma diviso:  il potere legislativo al parlamento;  il potere esecutivo al governo;  il potere giudiziario alla magistratura. Solo in questo modo, con organi che si controllano a vicenda, i diritti individuali non sarebbero a rischio.

84 UN POTERE CHE LIMITA LA SOVRANITÀ DEL RE  Già lo Statuto Albertino afferma con forza il potere legislativo del parlamento (anche se condiviso dal re) e attribuisce esclusivamente al re il potere esecutivo.  Anche se “La Giustizia emana dal Re ed è amministrata in suo nome dai Giudici che egli istituisce”, nessun parlamentare può essere arrestato senza un ordine del parlamento stesso (Camera o Senato).  Anche se il governo è nominato dal re e risponde al re stesso, Cavour, forzando lo Statuto, fa del governo un potere che risponde al parlamento e che è legittimato solo se ha il consenso di questo.

85 LA DIVISIONE DEI POTERI È la Costituzione repubblicana che fa propria la classica divisione dei poteri:  il governo, anche se nominato dal Capo dello Stato, risponde al parlamento: senza la “fiducia” di questo non può reggere  il governo propone disegni di legge, ma è il parlamento che legifera  il governo propone al parlamento disegni di legge che tuttavia sono preventivamente autorizzati dal Capo dello Stato  “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”

86 LA CENTRALITÀ DEL PARLAMENTO È indubbio che il ruolo centrale sia assunto dal parlamento:  è questo che fa le leggi che poi il governo deve far rispettare e sulla base delle quali opera la magistratura  è questo che deve dare la fiducia e può dare la sfiducia al governo  è questo che, in seduta comune, può porre in stato di accusa il presidente della Repubblica a maggioranza assoluta. Lo stesso parlamento, tuttavia, è controllato dal Capo dello Stato che, in qualità di garante della Costituzione, ha la facoltà di non firmare una legge e di rinviarla al parlamento stesso dalla Corte Costituzionale che decide – sulla base di un input esterno – la conformità alla Costituzione di una legge o parte di essa.

87 MODELLI DIVERSI DI CORTE COSTITUZIONALE  In Germania e in Austria alla Corte può rivolgersi anche il cittadino privato che si sente leso, nei suoi diritti fondamentali, da un organismo pubblico.  In Portogallo il controllo della Corte costituzionale non è solo successivo, ma anche preventivo.

88 DIVISIONE, MA NON NETTA SEPARAZIONE  In Italia è il parlamento che ha il potere legislativo, ma il governo, “in casi di straordinari di necessità e urgenza”, può emanare decreti- legge che tuttavia devono essere convertiti in legge entro 60 giorni dal parlamento  È il governo, poi, che su delega del parlamento può emanare decreti-delegati  Il potere giudiziario è autonomo, ma “Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare” nei confronti dei magistrati

89 LIBERISMO

90 IL PRIMATO DELLA POLITICA SULL’ECONOMIA Oggi le imprese sono libere di scegliere che cosa produrre e di far circolare le loro merci, ma non è sempre stato così:  le monarchie assolute tendevano a utilizzare il mondo economico in funzione della loro grandezza e della loro espansione territoriale: sotto il regno del re Sole, ad esempio, Colbert (da cui il termine colbertismo), imponeva alle imprese quali merci produrre, come produrle e dove collocarle, avendo come esclusivo fine l’incremento della “ricchezza” e, quindi, della “grandeur” della monarchia;  le monarchie assolute, in altre parole, affermavano il primato della “politica” sull’“economia”, il primato delle esigenze dello Stato rispetto agli interessi dei “privati”, il diritto dello Stato di “intervenire” (interventismo) negli affari economici.

91 IL PROTEZIONISMO Le monarchie assolute, inoltre, tendevano a “proteggere” l’economia nazionale dalla concorrenza di altre nazioni (protezionismo) mediante barriere doganali: i dazi avevano l’effetto di far aumentare i prezzi delle merci estere col risultato di ridurne la competitività e, nello stesso tempo, costituivano una fonte importante di entrate dello Stato.

92 LA “LIBERA” INIZIATIVA PRIVATA  È contro l’invadenza dello Stato nell’economia che nell’Illuminismo francese si afferma il principio “Laissez faire, laissez passer”, vale a dire “libertà di produrre” e “libertà di far circolare le merci”.  Ed è contro tale invadenza che in Inghilterra, in piena “rivoluzione industriale”, si afferma il “liberismo” ad opera di Adam Smith che interpreta bene il bisogno di “libertà” delle imprese private.

93 LIBERA CONCORRENZA Adam Smith, il padre dell’economia, teorizza i vantaggi della libera concorrenza tra imprese private: libera concorrenza - prezzi + qualità innovazione tecnologica

94 LIBERO-SCAMBISMO Adam Smith, inoltre, teorizza il libero scambio (liberoscambismo contro protezionismo): libero- scambismo (libera concorrenza internazionale) incentivo al costante aggiornamento tecnologico vantaggi per i consumatori che possono acquistare a prezzi più contenuti

95 LIBERA CONCORRENZA: EFFETTI NEGATIVI La libera concorrenza - sia interna a una nazione che tra nazioni - sembra, sulla carta, una sorta di bacchetta magica che distribuisce ricchezza a tutti (Smith parla di “mano invisibile” che fa sì che la somma di interessi privati crei un interesse generale), ma è così? La libera concorrenza non è mai indolore in quanto, almeno nell’immediato, potrebbe produrre effetti negativi: libera concorrenza + sfruttamento dei lavoratori lavoro più precario crisi aziendali (cassaintegrazione+licenziamenti) più forza alle multinazionali indebolimento concorrenza crisi dei Paesi industrializzati - occupazione - reddito - domanda

96 CONTRO LO SFRUTTAMENTO È contro lo “sfruttamento” dei lavoratori (in primis della classe operaia) che tuonano nell’Ottocento sia i marxisti che la stessa Chiesa Cattolica (vedi la Rerum Novarum). Ed è contro questo sfruttamento che i marxisti pongono con forza l’esigenza del primato della “politica” sull’economia (recuperando in qualche misura l’interventismo che aveva caratterizzato le monarchie assolute, ma questa volta, a favore delle masse lavoratrici). È rispondendo agli interessi generali - e non al profitto dei “capitalisti” – che lo Stato deve pianificare l’intera economia: le priorità nella produzione, l’utilizzo della manodopera, la garanzia del diritto al lavoro, il credito alle imprese, la distribuzione della ricchezza prodotta… (si vedano i “piani quinquennali” dell’Urss).

97 IL RITORNO AL PRIMATO DELLA POLITICA Il massiccio intervento dello Stato nell’economia non solo caratterizza i regimi “comunisti”, ma pure i regimi di destra (fascismo e nazismo) dove gli individui e gli interessi corporativi (di parte) devono essere subordinati all’interesse dello Stato (del Tutto): da qui, ad esempio – anche per fronteggiare la crisi economica successiva al ’29 – la politica delle “nazionalizzazioni” di aziende industriali e di banche.

98 UN LIBERISMO GRADUALE È possibile contenere il più possibile gli svantaggi e massimizzare i vantaggi del liberismo?  Cavour, capo di governo del regno del Piemonte, liberalizza gradualmente il mercato con altri Paesi (attenuando progressivamente i dazi) con l’effetto di contenere il più possibile le crisi aziendali e, nello stesso tempo, di favorire gli investimenti delle imprese finalizzati ad accrescere la loro competitività (anche grazie all’erogazione di credito da parte di banche di investimento)  De Gasperi, a sua volta, inserendo gradualmente l’Italia nel Mercato comune europeo, dà un forte stimolo all’aggiornamento tecnologico delle imprese italiane che per troppo tempo erano state “protette”, aprendo così la strada al “miracolo economico” italiano (fine anni ’50 e inizio anni ’60).

99 UNA VIA DI MEZZO I nostri padri costituenti hanno optato per la libera concorrenza tra imprese private o per il massiccio intervento dello Stato nell’economia? Hanno scelto una via di mezzo. Così: Art. 41: L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Art. 42: La proprietà è pubblica o privata. […] La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale.

100 NEO-LIBERISMO Negli anni ‘80 del Novecento si è sviluppato negli Usa (al tempo della presidenza Reagan) e in Gran Bretagna (per iniziativa della lady di ferro Thatcher) il neo-liberismo:  centralità dell’imprenditore “libero” da lacci (deregulation)  alleggerimento del fisco al fine di favorire la libera circolazione di denaro e gli investimenti (la cosiddetta supply side economics)  taglio alle spese sociali  privatizzazione Una tendenza oggi fortemente in crisi in seguito alla crisi finanziaria internazionale provocata proprio dalla carenza di regole.

101 2. DEMOCRAZIA ISTANZE DEMOCRATICHE

102 DEMOCRAZIA GRECA “Democrazia”, come è noto, è un termine greco che significa letteralmente “governo del popolo”. Il termine è greco perché sono i Greci che l’hanno inventata. Si tratta – quella greca – di una democrazia con caratteristiche particolari:  non è rappresentativa, ma “diretta”, “assembleare” (lo Stato si identifica con la “pólis”);  esclude le donne, gli schiavi - numerosissimi - e gli immigrati (anche questi molto numerosi ad Atene);  non riconosce i diritti dei singoli e della “società civile”

103 UNA DEFINIZIONE La democrazia è, sulla carta, il miglior regime possibile, ma tutto dipende da come viene interpretata, declinata. Lincoln, nel 1863, così la definisce: Government of the people, by the people, for the people La formula, però, può avere significati diversi a seconda se è detta da un “democratico” come Lincoln, oppure da un Robespierre o da un gerarca dei regimi comunisti (la Germania comunista, come è noto, si definiva “Repubblica democratica”)

104 UNA DEMOCRAZIA “TOTALITARIA” Tutto dipende dal significato che si dà al termine “popolo”. Non è un caso che Rousseau (1700), un classico moderno teorico della “democrazia” sia diventato l’ispiratore di democrazie “totalitarie” (Robespierre e Lenin sono stati suoi ammiratori). Per lui  lo Stato non è una semplice aggregazione di “individui” e di associazioni private, ma è espressione di un “popolo” inteso come un organismo dotato di una sua volontà: la “volontà generale”;  la “volontà generale” va distinta dalla “volontà di tutti” che esprime la sommatoria di interessi particolari;  l’individuo è “libero” in quanto è sottoposto alla “volontà generale”;  la sovranità appartiene in permanenza al popolo: solo il popolo, quindi, direttamente, può esercitare il potere legislativo (può, sì, delegare il potere esecutivo, ma può revocarlo in ogni momento);  la sovranità, di conseguenza, non è divisibile: proprio perché lo Stato è una “individualità” collettiva, non può essere smembrato.

105 LIBERTÀ E SCHIAVITÙ Così, ancora, Rousseau: Il popolo inglese crede di essere libero, ma si sbaglia assai: è libero soltanto durante le elezioni dei membri del Parlamento; eletti i membri, vive in schiavitù, è nulla.

106 LA VISIONE MISTICA DI MAZZINI Mazzini fa dei “popoli” un mito: è proprio a loro che si “rivela” Dio; sono loro che, guidati dalla provvidenza divina, hanno una missione divina; è il popolo italiano, in particolare, che ha il compito speciale di fare da guida ad altri popoli. La sua, quindi, è una visione mistica del popolo, visione che lo conduce a sostenere che il liberalismo, il quale ha esaltato i diritti individuali, ha fatto il suo tempo nella nuova epoca “sociale” e a negare la divisione dei poteri. È contrario, comunque, al regime giacobino. Così scrive: “Non vogliamo il terrore eretto a sistema; non vogliamo sovversioni de’ diritti legittimamente acquistati, non leggi agrarie, non violazioni inutili di facoltà individuali, non usurpazioni di proprietà”.

107 ESPANSIONE DEL LIBERALISMO Laddove la “democrazia” pretende di andare oltre il “liberalismo” (rifiutando, in particolare, la divisione dei poteri) si rovescia in “dittatura”: è la storia che lo insegna. La democrazia, in altre parole, per essere tale, non può che essere una “espansione del liberalismo”: non è un caso che storicamente i regimi liberali si siano trasformati nel tempo in regimi “liberal- democratici” (in Italia il suffragio universale maschile è stato voluto dal “liberale” Giolitti). Del resto era già in nuce nel liberalismo la sovranità del popolo: laddove vi era il bicameralismo, una Camera era elettiva, aveva cioè una investitura “popolare”.

108 LA DEMOCRAZIA SECONDO LA COSTITUZIONE Non è un caso che il nostro Stato sia “liberal-democratico”. Così recita la Costituzione:  Art. 1: “L’Italia è una repubblica democratica […] La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”  Art. 48: Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed uguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.  Art. 49: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.  Art. 50: Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.  Art. 71 (secondo comma): Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.  Art. 75: È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge […] quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.  Art. 138: Le leggi di revisione costituzionale […] sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

109 “SOVRANO” È SOLO IL POPOLO Come si vede negli articoli citati della Costituzione, il perno della democrazia sta nella sovranità popolare sovranità che si fonda sul suffragio universale

110 3. GIUSTIZIA SOCIALE 1. ISTANZE SOCIALISTE

111 L’UGUAGLIANZA Il liberalismo teorizza l’UGUAGLIANZA GIURIDICA: La democrazia teorizza l’UGUAGLIANZA POLITICA: Il socialismo teorizza l’UGUAGLIANZA SOCIALE: TUTTI I CITTADINI SONO UGUALI DI FRONTE ALLA LEGGE TUTTI I CITTADINI HANNO GLI STESSI DIRITTI POLITICI (in primis il DIRITTO DI VOTO) TUTTI I CITTADINI HANNO DIRITTO AD AVERE LE STESSE OPORTUNITÀ

112 UN’ESPANSIONE DELLO STATO LIBERAL-DEMOCRATICO Come la democrazia – quella vera – non può che essere un’espansione del liberalismo, così il socialismo – quello vero – non può che essere un’espansione della liberal-democrazia (un socialismo anti-liberale e anti-democratico è… dittatura).

113 SOCIALISMO E SOCIALISMO  C’è un socialismo “platonico” (la comunanza di beni e di donne per la classe “politica”);  C’è un socialismo “evangelico” (un’istanza che si rifà alla comunione dei beni di cui parlano gli Atti degli Apostoli e che si manifesta o come opzione radicale per chi vuole seguire più da vicino Gesù Cristo o come espressione rabbiosa, presente soprattutto in alcune sette ereticali, contro le ingiustizie sociali);  C’è un socialismo cosiddetto “utopistico” della prima metà dell’Ottocento (una reazione alla disumanizzazione operata dal capitalismo industriale emergente: il sogno di realizzare comunità o, perfino, aziende all’insegna dell’uguaglianza);  C’è un socialismo cosiddetto “scientifico” che fa riferimento a Marx. NB: La soluzione più radicale al cosiddetto “conflitto di interessi” proposta negli ultimi anni in qualche misura ricalca il modello platonico: chi governa deve liberarsi dai propri averi.

114 IL SOCIALISMO “SCIENTIFICO” Non si tratta di sognare dei “modelli”, ma di attendere i tempi maturi della storia: è la stessa storia, infatti, che ci condurrà - tramite la lotta di classe (che è la legge della storia stessa) - a superare la fase capitalista e a introdurci nella fase ultima in cui non ci sarà più sfruttamento dell’uomo sull’uomo perché la grande capacità di produrre ricchezza creata del capitalismo industriale in funzione del profitto di pochi sarà trasferita nelle mani dei lavoratori e a beneficio dei lavoratori stessi.

115 LA SOCIALIZZAZIONE Marx non prevede una perenne lotta di classe, ma una società senza classi, una società cioè in cui, mediante la “socializzazione dei mezzi di produzione”, verrà meno la “causa” dello sfruttamento di una classe (quella capitalistica) sul proletariato. Marx prevede in altre parole la “fine della storia” (della storia dominata dalla “lotta di classe”) e l’avvento di una nuova storia in cui la lotta non sarà più da parte di uomini contro altri uomini, ma sarà intesa come una grande impresa collettiva tesa a produrre risorse a favore di tutti. In ultima analisi Marx prevede l’avvento di una sorta di “paradiso terrestre”, un paradiso sociale che non sarà l’esito della volontà soggettiva di individui o masse, ma il frutto finale della storia, storia intesa secondo l’ottica hegeliana come processo di superamento di contraddizioni.

116 L’ESTINZIONE DELLO STATO  Un paradiso – quello previsto da Marx – in cui, nella fase finale, lo stesso Stato si estinguerà: sarà la società civile che si autogestirà.  Fase finale che dovrà essere necessariamente preceduta da un periodo di “dittatura del proletariato”: solo se gli oppressi, una volta espropriati gli oppressori, useranno la forza, saranno in grado di impedire che gli oppressori riprendano il potere con la forza.  Non si tratterà di una dittatura “sul” proletariato, ma “del” proletariato: il proletariato, cioè la stragrande maggioranza dei cittadini (sarà la stessa concorrenza che spazzerà via i “ceti” medi), sarà il protagonista di un’epica lotta tesa a conservare le “conquiste” acquisite e impedire un ritorno al passato.

117 DUE STRADE OPPOSTE Il cosiddetto socialismo scientifico di Marx assume storicamente forme diverse:  la modalità “socialdemocratica” che coniuga socialismo e democrazia e che persegue il metodo “gradualista-riformista”  la modalità “comunista” (il comunismo dei Paesi dell’Est Europa, della Cina, di Cuba) che ha come perno la “rivoluzione” e che, di conseguenza, sfocia in un regime dispotico giusto al fine di salvaguardare le conquiste della rivoluzione (in nome della “dittatura del proletariato”)  la modalità del socialismo mediterraneo: la compresenza nei partiti socialisti dell’anima “riformista” e dell’anima “massimalista”

118 SOCIALISMO RISORGIMENTALE (1)  Giuseppe Ferrari: “lo straniero non è solo l’austriaco, è il barone che opprime il terrazzano”.  Carlo Pisacane: “l’Italia trionferà quando il contadino cangerà volontariamente la marra col fucile […] Io sono convinto che le strade di ferro, i telegrafi elettrici […] aumentano i prodotti, ma li accumulano in un piccolo numero di mani, da che deriva che il tanto vantato progresso termina per non essere altro che decadenza”.

119 SOCIALISMO RISORGIMENTALE (2) Frate Carmelo e uno dei Mille: - In quanto al popolo, solo o diviso, se soffre, soffre; ed io non so che vogliate farlo felice. -Felice? Il popolo avrà libertà e scuole. -- E nient’altro! – interruppe il frate: - perché la libertà non è pane, e le scuole nemmeno. Queste cose basteranno forse per voi Piemontesi: per noi qui no. - Dunque che ci vorrebbe per voi? -Una guerra non contro i Borboni, ma degli oppressi contro gli oppressori grandi e piccoli, che non sono solo a Corte, ma in ogni città, in ogni villa. -Allora anche contro di Voi frati, che avete conventi e terre ovunque sono case e campagne! - Anche contro di noi; anzi prima che contro d’ogni altro! Ma col vangelo in mano e colla croce. Allora verrei.

120 GIUSTIZIA SOCIALE 2. ISTANZE CATTOLICHE

121 CHIESA CATTOLICA E SOCIALISMO La Chiesa cattolica condanna nettamente il cosiddetto socialismo “scientifico” per varie ragioni: perché predica l’ateismo (la religione, secondo il marxismo classico, è l’oppio dei popoli e sparirà quando gli oppressi avranno conquistato il “paradiso terrestre”); perché è contro la proprietà privata che è un “diritto di natura” (legittimi, quindi, sono i diritti dei proprietari); perché teorizza la “lotta di classe” che fomenta solo odio.

122 LA DENUNCIA DELLO SFRUTTAMENTO La Chiesa cattolica condivide, tuttavia, con i socialisti, la condanna dello sfruttamento dei lavoratori ad opera dei capitalisti (uno sfruttamento che tocca il suo livello più alto al tempo della rivoluzione industriale), sfruttamento che umilia la dignità dell’uomo: la Rerum novarum di Leone XIII (1891), la prima grande enciclica che esprime la dottrina sociale della Chiesa cattolica, stigmatizza le “misere condizioni” degli operai che si trovano “soli e indifesi in balia della cupidigia de’ padroni e di una sfrenata concorrenza” e denuncia “il monopolio della produzione e del commercio, tantoché un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine de’ proletari un giogo poco meno che servile”.

123 CONCORDIA TRA LE CLASSI Le “disparità sociali” - secondo la Rerum novarum - appartengono alla natura delle cose: infatti “non tutti posseggono lo stesso ingegno, la stessa solerzia; non la sanità, non le forze in pari grado: e da queste inevitabili differenze nasce di necessità la differenza delle condizioni sociali”. I “ricchi” e i “proletari” sono due classi di cui “l’una ha bisogno assoluto dell’altra: né il capitale senza il lavoro, né il lavoro può stare senza il capitale. La concordia fa la bellezza e l’ordine delle cose; laddove un perpetuo conflitto non può dare che confusione e barbarie”.

124 DIRITTI E DOVERI Secondo la Rerum novarum gli operai hanno l’obbligo di  “prestare interamente e lealmente l’opera” pattuita;  “non recar danno alla roba, né offesa alla persona dei padroni”;  “astenersi da atti violenti” e non trasformare mai la difesa dei propri diritti in “ammutinamento”. I padroni, a loro volta, hanno l’obbligo di  “non tenere gli operai in luogo di schiavi”;  “rispettare in essi la dignità dell’umana persona”;  “lasciare all’operaio agio e tempo che basti a compiere i doveri religiosi”;  garantire loro “la giusta mercede” (“si ricordino i capitalisti e i padroni che né le divine, né le umane leggi permettono opprimere per utile proprio i bisognosi e gl’infelici, e fraudare poi la dovuta mercede è colpa enorme, che grida vendetta al cospetto di Dio”.

125 L’INTERVENTO DELLO STATO Lo Stato, secondo la Rerum novarum, non può rimanere estraneo ai conflitti sociali:  è giusto che “si interessi dell’operaio, facendo sì che egli partecipi in alcuna misura di quella ricchezza che esso medesimo produce” (è “interesse universale che non rimangano nella miseria coloro da cui provengono vantaggi di tanto rilievo”);  è suo dovere “per via di savie leggi assicurare la proprietà privata” contro coloro che eccitano “tumulti” e spingono “gli altri alla violenza”: “Intervenga dunque l’autorità dello Stato e, posto freno ai sommovitori, preservi i buoni operai dal pericolo della seduzione, i legittimi padroni da quello spogliamento”.

126 GIUSTIZIA SOCIALE L’UGUAGLIANZA SOCIALE SECONDO LA COSTITUZIONE

127 DIRITTI SOCIALI  Il lavoro è un “diritto”;  lo Stato ha il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese;  I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi;  Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa;  Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale;  La Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.

128 UGUAGLIANZA DI OPPORTUNITÀ Non di tratta di abbattere le classi sociali e, quindi, di “livellare” tutti, ma di offrire a tutti le medesime “opportunità”: ciascuno, poi, si costruisce la sua vita sulla base delle proprie attitudini (non tutti hanno il fiuto degli affari, doti organizzative e manageriali, il gusto del rischio…; non tutti hanno le capacità, anche con le piene opportunità offerte dalla comunità, di giungere ai più alti livelli di studio…). La soppressione delle differenze sociali condurrebbe al “suicidio” della società stessa.

129 COMPATIBILITÀ Il lavoro è un diritto tutelato dallo Stato questo comporta che lo Stato debba assumere tutti i lavoratori licenziati dalle imprese private o, in alternativa, debba erogare loro un reddito senza nulla in cambio? Un conto, però, sono di diritti e un conto la loro effettiva concretizzazione: esempio ma

130 4. L’ORGANIZZAZIONE DELLO STATO: POSSIBILI MODIFICHE

131 CONIUGARE “DEMOCRAZIA” ED “EFFICIENZA” I valori sanciti dalla Costituzione nel 1948 sono tutt’altro che obsoleti. In qualche misura obsoleti invece sono alcuni principi che regolano l’organizzazione dello Stato. I nostri costituenti, dopo l’esperienza della dittatura fascista, hanno saggiamente stabilito una serie di “pesi” e di “contrappesi” ispirandosi al criterio anglosassone denominato checks and balances. Il compito oggi è quello di coniugare “democrazia” ed “efficienza”, “sovranità popolare” e tempi decisionali rapidi: lo richiede lo sviluppo della stessa economia di gran lunga più complessa (si pensi all’Unione monetaria e al mercato globale) di quella di ieri.

132 IL BICAMERALISMO I costituenti hanno optato per il modello “bicamerale” e questo, di per sé, raddoppia i tempi decisionali rispetto al modello “monocamerale”. Tale opzione rispondeva all’esigenza di sottoporre un disegno di legge sia a una Camera relativamente più “giovane” (bastano 25 anni per essere eletti alla camera dei deputati) sia a una relativamente più “vecchia” (“senato” a cui si accede dopo il compimento dei 40 anni) e, quindi, almeno in teoria, tendenzialmente più “saggia”. Si riteneva cioè necessario “ponderare” bene un provvedimento legislativo prima che diventasse legge dello Stato.

133 DIVERSIFICARE LE FUNZIONI  Monocamerlismo: Finlandia, Danimarca, Svezia, Portogallo, Lussemburgo  Bicameralismo imperfetto: Germania, Gran Bretagna, Austria, Belgio, Olanda, Irlanda…  Bicameralismo perfetto: Italia

134 L’ABUSO DI DECRETI-LEGGE Oggi i tempi decisionali sono oggettivamente lunghi:  accade spesso che un provvedimento, corretto da una Camera, debba passare una seconda volta dalla Camera che l’ha approvata per prima;  e accade pure che un provvedimento, già approvato dalle due Camere, sia bocciato dal presidente della Repubblica perché questi lo considera non conforme alla Costituzione, e quindi debba tornare all’esame delle due Camere. Non è un caso che tutti i governi (di qualsiasi colore) abbiano “abusato” dei decreti-legge e dei “voti di fiducia”

135 PIÙ POTERI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO? Risponde sempre alla stessa esigenza (di maggiore efficienza) la proposta più volte avanzata di accrescere i poteri del “Presidente del consiglio dei ministri” (alias capo del governo), accordandogli, ad esempio, il potere di nominare e licenziare i ministri. I Costituenti, dopo l’esperienza della dittatura fascista, hanno deciso di non attribuire al Presidente del Consiglio troppi poteri: questi, infatti, non è eletto dal popolo, ma è nominato dal Presidente della Repubblica ed è controllato da quest’ultimo (senza la firma del Capo dello Stato il Presidente del Consiglio non può presentare in parlamento un disegno di legge).

136 MODELLI “PRESIDENZIALI” Anche la figura del Presidente della Repubblica può essere oggetto di “negoziazione”:  non ha più alcuna funzione la durata di sette anni del mandato (durata che era stata concepita quando una delle due Camere aveva una durata di 6 anni e rispondeva al fine di evitare il “vuoto di potere”);  il modello presidenziale puro all’americana non fa parte della nostra tradizione, mentre potrebbe essere un punto di riferimento il modello semi-presidenziale alla francese;  di sicuro è da evitare la figura di un presidente che risponda direttamente ed esclusivamente al popolo: oltre ad essere potenzialmente pericolosa, infatti, potrebbe provocare un vero e proprio conflitto col parlamento, anch’esso eletto dal popolo.

137 RIDUZIONE INTELLIGENTE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI Una misura largamente condivisa, almeno a livello di principio, è la riduzione del numero dei parlamentari (fissato dalla Costituzione).  Anche in questo caso si tratta di coniugare “democrazia” ed “efficienza”: un numero pletorico non risponde al criterio della “efficienza”, ma un numero eccessivamente ridotto sarebbe in contrasto con il criterio di una adeguata “rappresentanza” popolare.  Non si tratta, quindi, solo di un’esigenza puramente “economica” (ridurre il “costo della casta”): eliminare i privilegi è sacrosanto, come è sacrosanto accrescere “l’efficienza” della rappresentanza del popolo, ma non dobbiamo sottovalutare l’esigenza di una “adeguata” rappresentanza.

138 I SENATORI A VITA Lo Statuto Albertino prevedeva due Camere di cui una era eletta dal popolo e l’altra (il senato) di nomina regia. Il potere che oggi ha il presidente della Repubblica di nominare senatori a vita (l’ultimo è stato il prof. Mario Monti) è un residuo dello Statuto Albertino. Ha ancora valore?

139 UNA “SOSPENSIONE” DELLA DEMOCRAZIA? (1) Il governo Monti è una “ferita” per la democrazia italiana? Sotto il profilo “formale”, no: infatti la Costituzione così recita  “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri” (art. 92)  “I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute” (art. 64)  Ogni disegno di legge (o decreto-legge) del governo è autorizzato dal Presidente della Repubblica e approvato o disapprovato dal parlamento (è salvo il principio no taxation without representation sulla base del quale è nato il parlamento inglese)

140 UNA “SOSPENSIONE” DELLA DEMOCRAZIA? (2) Sotto il profilo “sostanziale”, tuttavia, il governo Monti è in contrasto con la sua storica applicazione. Infatti  il compito di governare spetta a chi ha avuto il mandato elettorale sulla base di un determinato programma  il governo altro non fa che “attuare” con disegni di legge il programma su cui ha raccolto il consenso della maggioranza degli elettori.

141 1900 MILIARDI DI DEBITO PUBBLICO Il governo Monti, dunque, deve essere considerato solo un “governo di emergenza che ha il compito di  recuperare in primis credibilità nei confronti dell’Europa, del Fondo monetario internazionale e… dei mercati,  evitare, di conseguenza, il rischio insolvibilità, l’impossibilità cioè di pagare i creditori: se la Grecia può essere salvata grazie a un debito tutto sommato modesto in termini di ordine di grandezza (alcune centinaia di miliardi), l’Italia non può esserlo perché il suo debito pubblico tocca la cifra astronomica di 1900 miliardi!

142 MISURE IMPOPOLARI Da qui l’esigenza, in un momento in cui la casa sta… bruciando, di prendere misure impopolari, misure che i partiti eletti non sarebbero in grado di prendere, ad esempio a proposito di  interventi strutturali sul sistema previdenziale  interventi strutturali sul mercato del lavoro (a beneficio dei giovani: più flessibilità, ma anche più sicurezza)  liberalizzazioni contro categorie professionali potenti (a beneficio dei consumatori che oggi di fatto pagano una tassa occulta a causa di un mercato non concorrenziale): si tenga presente che il livello di liberalizzazione del mercato dei commercialisti, architetti, ingegneri e legali è appena del 46,1% contro il 90% della Svezia, l’87,8% del Regno Unito, il 79% dell’Olanda, il 65,6% della Francia e il 52,5% della Germania (l’Italia è seguita – in una classificazione riportata da La stampa – solo dalla Slovenia e della Turchia).

143 SCANDALI I cittadini italiani sono disposti a sopportare sacrifici, ma a condizione che a pagare di più siano coloro che hanno di più e, a maggior ragione, gli evasori. Si tenga presente che  l’evasione fiscale è stimata in Italia intorno ai 120 miliardi (un’evasione considerata non fisiologica, ma patologica),  il lavoro nero è un fenomeno che tocca il 20%,  ingenti sono i capitali illegalmente trasferiti nei cosiddetti paradisi fiscali (anche attraverso la creazione di società “estere”).

144 L’INCUBO DEI MERCATI FINANZIARI  I cittadini hanno la sensazione che i sacrifici (in alcuni casi enormi: si pensi ai lavoratori che per potere andare in pensione devono affrontare ancora tre-quattro anni di lavoro invece di uno) siano vanificati o parzialmente vanificati dai mercati finanziari che, mai convinti della credibilità dello Stato italiano o, addirittura, per ragioni speculative, provocano un innalzamento dei rendimenti dei nostri titoli di Stato con il conseguente aggravamento del nostro debito pubblico, un’ulteriore perdita di credibilità e nuovi sacrifici.  I cittadini, inoltre, hanno la sensazione che sullo Stato italiano venga caricata la responsabilità non solo di salvare l’euro, ma addirittura l’economia mondiale, quando gli altri soggetti - in primis i partner più forti dell’Unione europea – si rifiutano di assumere fino in fondo le loro responsabilità.

145 UNA DEMOCRAZIA MALATA? Mario Monti ha puntato il dito contro il “vero costo della politica come purtroppo è stata fatta per decenni in Italia”, un costo determinato dal fatto che chi governa “prende decisioni miranti più all’orizzonte breve delle prossime elezioni che all’orizzonte lungo dell’interesse del Paese”. Un costo equivalente a circa 77 miliardi, vale a dire l’ammontare degli interessi pagati dallo Stato nel 2011 a causa del suo debito.

146 UN’ALTRA DEMOCRAZIA È POSSIBILE?  È possibile che la classe politica non rincorra gli interessi oggettivamente corporativi dei propri elettori e prenda decisioni tenendo conto dell’“orizzonte lungo dell’interesse del Paese”?  È possibile, in altre parole, che la classe politica prenda decisioni “impopolari” (relativamente agli interessi di cui ogni partito è portatore) rischiando in tal modo di essere bocciata alle elezioni successive dai propri elettori?

147 ART. 67 La Costituzione è chiara: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” Un parlamentare, quindi, non ha alcun vincolo con i propri elettori, ma, una volta eletto ha l’obbligo di perseguire non gli interessi di parte, ma l’interesse generale. Ma è così?

148 PAREGGIO DI BILANCIO Sempre più impellente, dopo la tempesta che ha travolto l’Italia a causa del suo pesantissimo debito pubblico, è l’urgenza di modificare l’art. 81 della Costituzione prevedendo – quale obbligo costituzionale – il pareggio del bilancio (un impegno sottoscritto nei giorni scorsi a Bruxelles da 26 Paesi su 27 dell’Unione europea).

149 IL TRAMONTO DI KEYNES Sono lontani i tempi in cui il più grande economista del Novecento, Keynes, teorizzava, al fine di prevenire o di affrontare una crisi di sovrapproduzione, la necessità di accrescere anche in modo rilevante la spesa pubblica ricorrendo al cosiddetto deficit spending: + lavori pubblici+ denaro in circolazione + domanda sul mercato + produzione + occupazione… + reddito + imposte - deficit deficit pubblico

150 IL RITORNO A QUINTINO SELLA Si tratta, in ultima analisi, di tornare alla filosofia economica del ministro delle finanze della Destra storica, Quintino Sella, che ha imposto agli italiani… lacrime e sangue al fine di raggiungere il “pareggio di bilancio” (pareggio che è stato raggiunto nel 1876).

151 CHE FARE?

152 DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA La prima carta che può giocare ogni cittadino è il voto.  La Costituzione sancisce il suffragio universale in senso pieno (il suffragio maschile è stato introdotto da Giovanni Giolitti nel 1912): “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età” (art. 48)  Tale suffragio viene applicato per la prima volta - con il diritto al voto esteso alle donne - ancora prima dell’entrata in vigore della Costituzione, vale a dire il 2 giugno 1946, il giorno del referendum istituzionale e della elezione dell’Assemblea costituente (la nostra Costituzione, quindi, a differenza dello Statuto Albertino che è stato concesso dall’alto - dal re Carlo Alberto -, è stata redatta da un’Assemblea eletta direttamente dal popolo).

153 SISTEMI ELETTORALI Due sono i principali sistemi elettorali:  il sistema proporzionale secondo il quale ogni partito ottiene un numero di seggi proporzionali ai voti raccolti;  il sistema maggioritario uninominale secondo il quale chi vince il seggio in palio in una determinata circoscrizione “piglia tutto”, mentre che perde (anche se dovesse perdere col 49,9%), perde tutto.

154 RAPPRESENTATIVITÀ E GOVERNABILITÀ  Il sistema proporzionale è indubbiamente il più “democratico” perché rappresenta meglio la volontà del corpo elettorale, ma ha come possibile effetto “l’ingovernabilità”: considerata la tradizionale presenza in Italia di svariati partiti nessuno dei quali è in grado di raccogliere il consenso della maggioranza del corpo elettorale, i governi sono di conseguenza “governi di coalizione” per loro natura fragili;  il sistema maggioritario (più rispondente a una tradizione bipartitica caratteristica del mondo anglo-sassone) penalizza fortemente chi, pur raccogliendo un consistente considerevole, non riesce a vincere in molte circoscrizioni, ma ha come effetto la governabilità: chi vince, governa per l’intera legislatura. Con tale sistema, inoltre, è il popolo a scegliere chi governa.

155 LA SVOLTA Lo Stato italiano ha conservato il sistema proporzionale fino al 1993 quando, in seguito all’esito di un referendum, ha optato per un sistema prevalentemente maggioritario [maggioritario per il 75% dei seggi e proporzionale per il rimanente 25% (applicato solo alle liste che a livello nazionale raggiungono il 4% dei consensi)]. La svolta rispondeva all’esigenza di governabilità e, nello stesso tempo, intendeva “semplificare” la vita politica costringendo i partiti a coalizzarsi interno a due “poli” (i partiti che corrono da soli sono penalizzati da un sistema che prevede un premio di maggioranza): un polo di centro-destra e un polo di centro-sinistra.

156 SCARSI RISULTATI Alla prova dei fatti, tuttavia, il nuovo sistema non ha dato per ora i risultati sperati: è vero si sono creati i due poli di centro-destra e di centro-sinistra, ma è anche vero che si tratta di aggregazioni “forzate” e, quindi, poco omogenee al loro interno e, di conseguenza, fragili (non è un caso che si siano frantumate). Permane, inoltre un terzo polo. È positivo, comunque, che col nuovo sistema i partiti non decidono di coalizzarsi dopo l’esito elettorale, ma si presentano al corpo elettorale già schierati: è quindi il popolo che sceglie chi deve governare ed è quindi il popolo che di fatto condiziona il presidente della Repubblica a nominare il presidente del Consiglio dei ministri.

157 IL RUOLO DEI PARTITI  I partiti hanno perso molto della loro credibilità accusati come sono di avere costituito una “casta” avente privilegi scandalosi.  Senza i partiti che raccolgono il consenso elettorale, tuttavia, non esiste una democrazia.  Non è un caso che essi abbiano un rilievo “costituzionale”: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”  I cittadini, di conseguenza, possono continuare a esercitare la loro “sovranità” anche tra una votazione e un’altra proprio attraverso i loro partiti di riferimento: sono questi che dovrebbero portare in parlamento, giorno dopo giorno, le istanze della “base”.

158 COME SELEZIONARE I CANDIDATI? Chi dovrebbe selezionare i candidati da sottoporre al voto popolare?  Le “elezioni primarie”, d’importazione americana, potrebbero essere il modello. In altre parole, il popolo sovrano non solo vota i candidati, ma seleziona anche i candidati da votare, candidati che oggi, in base alla legge in vigore, sono scelti (o, forse meglio, imposti) dalle segreterie dai partiti.  Si tratta di un modello che è già in fase di sperimentazione in Italia da parte di uno schieramento e che sta maturando anche in altri.  Sarebbero necessarie, naturalmente, delle “regole” di trasparenza uguali per tutti e, anche in questo, gli Usa potrebbero insegnarci qualcosa.  Le “primarie”, di sicuro, darebbero più potere al popolo e sottrarrebbero i candidati da un vincolo troppo diretto (che potrebbe diventare un “ricatto”) con le segreterie dei partiti.

159 I COSTI DELLA POLITICA (1)  Diffusa è l’indignazione oggi nei confronti dei “privilegi della casta” politica, un’indignazione più che legittima tanto più in un momento in cui si chiedono pesanti sacrifici ai cittadini.  Non si tratta solo di privilegi di parlamentari ed europarlamentari, ma anche di quelli dei presidenti, assessori e consiglieri regionali (in modo particolare di una regione a statuto speciale: la Sicilia).

160 I COSTI DELLA POLITICA (2)  Privilegi percepiti come iniqui anche perché, secondo i dati della Commissione Giovannini, sono per lo più superiori alla media degli altri Paesi europei: un’indennità di 11.000 lordi contro i 7.000 circa di Francia e Germania e meno di 3.000 della Spagna; una diaria per le spese di soggiorno di 3.500 (solo la Germania con 3.984 supera l’Italia), cifra che viene percepita anche da chi risiede nella capitale; 4.000 per le spese del cosiddetto portaborse: la cifra è superiore altrove, ma in Italia non vi è alcun obbligo di rendicontazione e di documentazione di aver pagato il collaboratore “regolarmente”; la “libera circolazione” è un benefit di tale ampiezza che non ha riscontri altrove; il vitalizio (pensione): finora dopo 5 anni di mandato l’importo è stato di 2.486 euro (con un versamento dell’8,6%) contro 780 della Francia (con un versamento del 10,5%) La differenza non sta nell’indennità lorda - data la diversa tassazione, l’indennità netta italiana è leggermente inferiore a quella in vigore in Francia e in Germania -, quanto nelle altre voci (vi sono, ad esempio, parlamentari che o non hanno il portaborse, o lo pagano in nero).

161 I COSTI DELLA POLITICA (3) Sono privilegi che indubbiamente devono essere abbattuti, ma non si può pensare a dei rappresentanti del popolo a costo zero: eliminare l’indennità parlamentare sarebbe un ritorno alla politica come appannaggio di persone facoltose che possono permettersi di vivere di rendita (è proprio contro tale privilegio che il movimento cartista, già nella prima metà dell’Ottocento, ha avanzato la richiesta di un’indennità parlamentare).

162 I COSTI DELLA POLITICA (4) I costi della politica non sono circoscritti solo ai compensi dei parlamentari, ma comprendono anche  i rimborsi per le spese elettorali dei partiti,  il cospicuo finanziamento di giornali di partito o di giornali fiancheggiatori di partito,  la pletora di incarichi affidati dai comuni a una serie di società pubbliche di servizi (gas, rifiuti, acqua…) Si tratta di un finanziamento indiretto dei partiti (un finanziamento che include anche la quota che i singoli partiti chiedono ai propri parlamentari). Quello diretto è stato cancellato da un referendum. Problema: si può pensare a dei partiti – che svolgono una funzione “costituzionale” – senza alcuna forma di finanziamento pubblico? Si tenga presente che il finanziamento pubblico diretto, poi abrogato in seguito a un referendum, è stato introdotto al fine di evitare lo scandalo della corruzione.

163 I COSTI DELLA POLITICA (5)  I costi della politica comprendono anche gli oneri delle “province” che sono per lo più considerate poco utili. La manovra Monti ha già iniziato a smantellarne i costi con l’azzeramento della giunta, con la drastica riduzione dei consiglieri e con il trasferimento delle competenze ai comuni.  Se veramente si è convinti della loro inutilità, è necessaria una riforma di revisione costituzionale (le province, infatti, sono previste dalla Costituzione), revisione che - come già abbiamo visto - richiede una doppia approvazione da parte delle singole Camere con la maggioranza assoluta alla seconda votazione.  Va da sé che il personale oggi in forza alle province dovrà essere trasferito altrove e gradualmente ridimensionato.

164 DEMOCRAZIA DIRETTA I cittadini, inoltre, possiedono altri strumenti per offrire il loro contributo a risolvere i problemi collettivi:  possono presentare petizioni popolari: “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità”  possono presentare una proposta di legge (redatta in articoli) raccogliendo 50.000 firme. Lo prevede l’art. 71 della Costituzione  possono votare per abrogare o confermare leggi o parti di esse (in questo caso, perché il referendum sia valido, deve andare a votare la metà più uno degli aventi diritto). Va ricordato che non possono essere oggetto di referendum né le leggi fiscali, né quelle relative all’amnistia e all’indulto né l’autorizzazione a “ratificare trattati internazionali”. Problema: è giusto che i trattati europei non possano essere sottoposti alla ratifica del popolo sovrano?

165 UNA DEMOCRAZIA TELEMATICA  La tecnologia che abbiamo a disposizione oggi ci consente di dilatare ancora di più la nostra possibilità di partecipare alla “cosa pubblica” (enorme - come è noto - è il ruolo che ha avuto Internet nella cosiddetta “primavera araba”).  Grazie alla rete, infatti, siamo in grado di far circolare le nostre idee a un numero ingente di persone, di organizzare intorno ad esse il consenso, di far pressione sugli organi rappresentativi competenti: dal consiglio comunale al parlamento.  E tutto a costo zero.

166 UN RISCHIO Internet è un potente strumento in mano ai cittadini, ma è uno strumento “aggiuntivo”, non “sostitutivo” degli organi rappresentativi. Pensare di ripristinare la democrazia assembleare delle póleis greche grazie a una agorà telematica (una piazza costituita potenzialmente da decine di milioni di italiani) sarebbe un rischio per la stessa democrazia: verrebbe meno, infatti, l’anima di una democrazia e della politica che è la “mediazione”, mediazione che può realizzare solo un organismo elettivo formato da un numero relativamente ristretto di rappresentanti.

167 “NESSUN PAESE PUÒ FARCELA DA SOLO” Dobbiamo sempre più metterci nell’ottica che i problemi politici di casa nostra si possono risolvere solo in un concerto internazionale e in primis europeo: è la stessa drammatica crisi che sta scuotendo l’Europa e più precisamente l’area dell’euro che ce lo impone. Ogni Paese di sicuro deve fare la propria parte, ma nessuno può salvarsi con le proprie forze. Da qui l’esigenza non solo di rispettare le “regole condivise” (non c’è un’Italia da una parte e l’Unione europea dall’altra), ma anche di adoperarci per riscrivere le regole che rischiano di strangolare i Paesi più esposti alle pressioni dei mercati. Da qui, in ultima analisi, l’esigenza di accelerare l’iter verso gli Stati Uniti d’Europa: una moneta unica può reggere a lungo solo se è garantita da una sovranità europea (da una Federazione politica di Stati europei).


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