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PROGETTO LINGUISTICO “La musica popolare nel Mediterraneo”

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Presentazione sul tema: "PROGETTO LINGUISTICO “La musica popolare nel Mediterraneo”"— Transcript della presentazione:

1 PROGETTO LINGUISTICO “La musica popolare nel Mediterraneo”
-La Campania- Istituto Tecnico per il Turismo “Flavio Gioia” Amalfi Sede associata di Maiori a.s. 2004/ Classe 4B ITER

2 La musica popolare nel Mediterraneo
Introduzione: Feste e “musica popolare” in Campania Strumenti Fotomostra Danze popolari Feste popolari Calendario Ringraziamenti indietro

3 FESTE E “MUSICA POPOLARE” IN CAMPANIA
Introduzione Feste popolari Musica popolare: le forme di trasmissione INDIETRO indietro

4 INTRODUZIONE Il Mediterraneo è luogo dove ancora fortemente sono radicate tradizioni e riti di antica memoria che trovano espressioni diverse, dalla musica, alla danza, alla vera e propria rappresentazione scenica. Centro privilegiato di questa espressività popolare è la Campania: qui ritroviamo feste che, nella maggior parte dei casi, hanno tradizioni secolari e che tuttavia sono giunte fino ai nostri giorni. La Campania e le regioni limitrofe, in passato, sono state il serbatoio del canto popolare e hanno contribuito ad alimentare la fonte da cui ancora oggi sgorga la vena poetica e musicale della canzone popolaresca. INDIETRO

5 FESTE POPOLARI In passato si accostava al termine festa l’aggettivo popolare, attribuendo al sostantivo popolo un’accezione diversa da quella attuale. Agli inizi dell’Ottocento, quando la cosiddetta cultura popolare ed il folclore divennero oggetto di studio da parte degli intellettuali europei, il termine popolare stava ad indicare la gente comune, la così chiamata classe “subalterna” che si opponeva a quella “dominante” costituita da clero, nobiltà e borghesia. Da allora la cultura popolare che è stata sempre vista come una cultura “eversiva”, di opposizione al contesto socio-politico del tempo, persino il modo di relazionarsi al mondo divino era visto come un qualcosa di pittoresco che le persone colte erano solite indicare con l’espressione “religiosità popolare”. Molte feste religiose nacquero nell’età della Controriforma. Si rivolse l’attenzione allora soprattutto alla figura della Madonna, vista come la vera sorgente del bene e della resurrezione umana, INDIETRO AVANTI indietro

6 FESTE POPOLARI il cui culto concentrato nel mese di maggio, finì con il sostituire le pagane “feste di maggio”. Lo scopo primario di qualsiasi manifestazione popolare era la rassicurazione di fronte alla miseria, alle malattie; un bisogno di rassicurazione che i fedeli pagavano con atti devozionali, pellegrinaggi, ex voto e denaro. Ecco che allora questo bisogno di rassicurazione si palesava maggiormente nei momenti delicati vissuti dall’intera collettività che,in un’ economia prettamente rurale quale quella della Campania e del Sud in generale, erano rappresentati dai cosiddetti passaggi stagionali. Si avvertiva cioè il bisogno di rinnovarsi all’inizio di un nuovo ciclo annuale o stagionale con feste ritenute di propiziazione ed attraverso i cui rituali i fedeli si sentivano rassicurati per un lungo periodo. Grande importanza assumevano soprattutto i riti primaverili ed estivi che avevano il loro equivalente nei riti destinati ad assicurare la rinascita della vegetazione. INDIETRO AVANTI INDIETRO AVANTI

7 FESTE POPOLARI Attraverso tali azioni rituali quindi si realizzava il rapporto con il mondo divino, traendone speranze ottimistiche per il futuro. Oltre ad essere legati ad una dimensione ritualistica, l’origine dei culti di gran parte delle feste popolari è anche espressione di una realtà mitica in quanto collegata a leggende, la maggior parte delle quali a carattere agrario-pastorale. La festa rappresentava un momento di svago vissuto al di fuori del proprio ambiente ed anche un momento sociale, cioè un occasione per stabilire contatti e rapporti con gli altri. Così la festa rappresentava una parentesi di gioia e spensieratezza in una vita scandita dai ritmi e duri e serrati del lavoro contadino. Oggi le feste popolari sono indubbiamente cambiate in alcuni aspetti, soprattutto nei modi e nelle forme poiché diverso è il contesto sociale, politico ed economico nel quale agiscono, anche se,forse nella sostanza e nei motivi che le animano,molto è rimasto pressoché inalterato. INDIETRO AVANTI

8 MUSICA POPOLARE: LE FORME DI TRASMISSIONE
La conoscenza di canti e filastrocche viene trasmessa per mezzo della comunicazione orale, e non è facile ripetere sempre esattamente quello che si ascolta. Passando di bocca in bocca, le parole e la mlodia possono a poco a poco cambiare anche profondamente senza che si possa dire chi abbia per primo introdotto il cambiamento: non c’è un autore unico, ma una specie di creazione collettiva. Ciò non significa che molte persone si siano messe insieme per comporre una canzone, bensì che una canzone, anche composta da un solo autore, diviene popolare solo quando viene adottata, assimilata e magari modificata da una collettività. La musica popolare appartiene quindi non ad un autore preciso, ma al gruppo sociale che la conserva e la riproduce per mezzo della memoria viva delle persone. Essa è tramandata ai membri più giovani per via orale e non attraverso scuole e libri. Le varianti sono talmente numerose che non esiste una versione originale distinta dalle sue varianti. La musica popolare è sempre legata ad uno scopo condiviso da tutta la collettività; ogni canzone esiste per essere eseguita in funzione di una determinata occasione sociale INDIETRO

9 STRUMENTI Tammorra Nacchere o castagnette Tamburello napoletano
Triccheballacche Putipù o caccavella Scetavaiasse Chitarra battente Zampogna INDIETRO indietro

10 TAMMORRA È formato da una fascia di legno circolare, ricoperta da una pelle di capra ben tesa, dal diametro che varia dai 35 ai 60 centimetri. Presenta delle aperture rettangolari, dove vengono collocati sonagli (cembali,sistri) ricavati da scatole di latta che prendono il nome di cicere, cimbali o cincioli. Impugnata dalla mano sinistra è percossa dalla destra viene detta maschile, al contrario femminile. Si dice muta quando non sia provvista di cincioli. INDIETRO

11 NACCHERE O CASTAGNETTE
Strumento idrofono a percussione reciproca, a intonazione indeterminata chiamato anche nacchere. È formato da due tavolette di legno dure che, percosse l’una contro l’atra dalla stessa mano, danno un suono secco e acuto. Possono essere a bastoni, a scorrimento, o vascolari, quando presentano una piccola cavità nelle superfici che battono. Le castagnette in uno nei paesi di lingua spagnola e nell’Italia meridionale sono di tipo vascolare, a forma di mandorla, e sono unite in coppia da un cordoncino. INDIETRO

12 TAMBURELLO NAPOLETANO
o cembalo da ballo ha il diametro e l’altezza dell’asse sono minori rispetto alla tammorra; coi sonagli lavorati in ottone o lamierino per una sonorità più leggera, viene percosso con la mano aperta INDIETRO

13 TRICCHEBALLACCHE (definizione incerta, parzialmente onomatopeica: tric-trac è il rumore dei martelletti; ballacche è una sorta di invito alla danza) è uno strumento composta da tre martelletti di legno, di cui uno centrale fisso, percosso da due laterali mobili ed arricchito da sonagli in lamiera, che creano un suono particolare, dovuto all’urto del legno e al tintinnio dei dischetti. INDIETRO

14 PUTIPU’ O CACCAVELLA Tamburo a frizione, costituito da un recipiente di terracotta o da una scatola di latta, su cui viene tesa al centro una pelle che porta al centro una canna. Il suono è prodotta per attrito da una mano o da una spugna, che, inumidita, viene fatta scivolare lungo la canna. INDIETRO

15 SCETAVAIASSE Alla lettera: svegliafantesche, vale a dire: strumento che desta l’attenzione delle serve di basso ceto, popolane). Di origine campana e pugliese, lo scetavaiasse consiste in un asse di legno che si appoggia alla spalla come un violino, e in una canna dentata, munita di dischetti di latta che, percorrendo l’asse come un archetto, emette un suono composito provocato dall’urto della dentellatura sul legno e dal tintinnio dei dischetti. INDIETRO

16 CHITARRA BATTENTE È uno strumento di origine colta, a forma allungata simile alle chitarre barocche, e pare che il suo corpo disegni un otto, con la tavola armonica e la tastiera che sono poste sullo stesso piano. La tavola armonica ha una spezzatura sulla quale si va a collocare un ponticello molto basso che tiene il telo delle corde vicino alla tavola stessa, il fondo è bombato e le fasce sono spesso molto alte, al centro della buca si trova una rosetta cilindrica a scopo decorativo. INDIETRO

17 ZAMPOGNA E’ lo strumento più diffuso e rappresentativo della pratica musicale di tradizione popolare. Conosciuta più comunemente, secondo un ampia e diffusa iconografia, come strumento di devozione pastorale nelle rappresentazioni del Natale, la zampogna nella cultura popolare oltre ad interpretare con le tradizionali nuveni, Ancora oggi eseguite ha sempre svolto un ruolo centrale nei contesti musicali di feste agro-pastorali. Le parti dello strumento sono l’utri (sacco di pelle di capra per la riserva d’aria), a busciola (blocco di legno di gelso nero), u sciusciarolu (insufflature, in legno di sambuco), a ritta e a manca ( per la melodia e l’accompagnamento) u bassu, a quatta e, eventualmente, u fischiettu. INDIETRO

18 FESTE POPOLARI Festa della Madonna delle galline
Festa della Madonna dell’Arco Festa della Madonna dell’Avvocata Carnevale di Montemarano INDIETRO

19 FESTA DELLA MADONNA DELLE GALLINE
Introduzione Storia Festa e processione Foto INDIETRO indietro

20 INTRODUZIONE Nella prima Domenica dopo Pasqua si svolge a Pagani (SA) la processione della “Madonna delle galline”. Parallelamente alla processione un gran numero di persone si riunisce nel paese per danzare e suonare fino a notte inoltrata. L’antica civiltà di questa terra trae origine dalla sua straordinaria fertilità che la fece considerare preziosa per la conquista da popoli ricchi di cultura. Le testimonianze di questo patrimonio appaiono in tradizioni caratteristiche nelle diverse tappe dell’anno e traspaiono nel periodo pasquale in due manifestazioni: il venerdì santo nella processione del Gesù Morto e nella giornata dedicata alla Madonna delle galline che rievoca l’antica venerazione della dea Demetra, divinità protettrice della natura e delle messi. INDIETRO

21 STORIA La processione della Madonna delle galline con le sue peculiari manifestazioni rientra nel mito e nel culto delle “Sette Madonne-Solenni” che si manifesta nell’arco annuale delle feste campane ed è proprio caratterizzata dai temi della madre, del sesso e della morte. La designazione della processione di Pagani trae origini sia dal rinnovamento dell’effigie di Maria S.S. del Carmine nell’Ottava di Pasqua da parte di alcune galline che, scostando la terra, fece emergere una tavoletta dipinta, forse nascosta nel periodo iconoclasta, che assunse una particolare forma di devozione dal 1609 in seguito alla guarigione di uno storpio e sia dalla consuetudine di offrire questi volatili come tributo antichissimo da parte dei paganesi in occasioni della festa di Maria S.S., anzi tale gesto è talmente legato nella mentalità AVANTI INDIETRO indietro

22 STORIA locale come forma simbolica di omaggio e talmente consona alla vita economica dell’Agro che nei racconti sulle leggende dei miracoli si afferma che la gallina più bella del pollaio si sente chiamata e si dirige spontaneamente in chiesa in occasione della festa della Madonna per onorarla. INDIETRO Avanti

23 FESTA E PROCESSIONE Torna a Pagani, dall’8 al 13 aprile il tradizionale appuntamento con la secolare festa della Madonna del monte Carmelo detta “delle galline”. Dopo il rito di apertura, la festa religiosa continua la domenica in Albis quando verso le 9 del mattino ha inizio la solenne processione. La statua ottocentesca della Madonna con il Bambino viene portata in quasi tutti gli angoli della cittadina sopra un carro spinto a mano su cui adagiata una pedana di ferro girevole, in modo tale che lo sguardo della Madonna possa posarsi su tutti i fedeli rassicurati così da una certa protezione divina. Durante la processione dai balconi, adorni di fiori, coperte di pizzo o multicolori, sono lanciati colombi che inevitabilmente come per miracolo si posano sui riccioli biondi, sulla mano, sul mantello, sulla spalla o sulla corona della Vergine e vi restano, INDIETRO AVANTI indietro

24 FESTA E PROCESSIONE Nonostante i botti dei fuochi d’artificio, le fermate, gli applausi della gente, il fragore delle tammorre, la musica della banda, fermi, indisturbati per tutto il tempo della lunghissima processione che dure circa otto ore. Quando la processione raggiunge il tosello storico “e l’African”, un’installazione dell’immagine della Madonna ex-voto decorata con drappi damascati, fiori, ceri e doni per lo più di origine contadina, la Madonna fa una sosta. Dopo la breve pausa per il pranzo la processione si rimette in cammino e raggiunge piazza S. Alfonso dove rinnovando il gesto dell’offerta della gallina che fu di S. Alfonso, il padre superiore dei Redentoristi dona una coppia di galline con delle medaglie legate al collo alla Madonna con una cerimonia. A questo punto avviene il viaggio di ritorno della Madonna e nel contempo inizia la festa laica:il raduno dei tammorari. INDIETRO Avanti

25 FOTO INDIETRO indietro

26 FESTA DELLA MADONNA DELL’AVVOCATA
Storia Festa e processione Monastero e chiesetta Grotta dell’Apparizione Foto INDIETRO indietro

27 STORIA Nel novembre del 1470, il pastore Gabriello Cinnamo di Maiori, guidato da una mistica colomba scoprì una grotta dove in seguito, mentre stava riposando, ebbe in sogno la visione della S.S. Vergine. In seguito ad una seconda visione, il pastore si diede ad una vita devota e ottenuta il permesso dell’abate di Santa Maria de Olearia, Pinto Staibano, edificò nella grotta del miracolo un altare dedicandolo alla Vergine, sotto il titolo di Avvocata. Sparsasi intanto la notizia del prodigioso avvenimento con il concorso del popolo si volle erigere alla sommità della rupe una chiesa con annesso campanile ed un piccolo monastero ove, dal 1508 al 1687 si radunò un gruppo di eremiti. Dal 1687 poi, fino al 1807, ossia alla soppressione decretata da Giuseppe Bonaparte, il monte Avvocata fu sede di un fiorente Eremo, regolarmente eretto dai Camaldolesi di Monte Corona. Purtroppo, dopo la caduta di Napoleone I, i camaldolesi non ritornarono più nell’antico Eremo, nonostante le ripetute ed insistenti richieste del popolo. INDIETRO

28 FESTA E PROCESSIONE Il lunedì di Pentecoste, provenienti dall’intera Costiera e soprattutto da Cava de Tirreni, il monte Falerzio è un brulichio di carovane umane. Al suono interrotto delle campane a mezzogiorno si svolge la suggestiva processione, con la statua della Madonna per l’intero tragitto irrorata da una pioggia di petali di rosa. La festa tira avanti fino al pomeriggio tardi, tra canti, balli e antiche tammorriate. INDIETRO

29 MONASTERO E CHIESETTA IL MONASTERO: in origine romitaggio dotato di poche cellette, venne ampliandosi man mano aumentavano i frati. Nel 1663 fu affidato ai padri Camaldolesi, restò funzionante fino al Spogliato degli arredi sacri venne adattato ad avamposto militare. LA CHIESA: edificata nel primo 500, nel 1838 venne devastata da un incendio. La chiesa attuale risale all’inizio del XX sec. INDIETRO

30 GROTTA DELL’APPARIZIONE
Posta al di sottodella chiesa vi si accede attraverso una ripida scaletta che porta sul lato esterno al ripiano. La sua storia inizia ai primi del 500, quando un pastore guidato da una mistica colomba scoprì questa grotta. Mentre riposava nell’antro, gli apparve la Vergine, che gli comandò di edificarLE un altare. Abbandonato assieme alla chiesa, nel 1888 l’altare venne restaurato. INDIETRO

31 FOTO INDIETRO

32 FESTA DELLA MADONNA DELL’ARCO
Storia Fujenti Festa e processione Foto INDIETRO INDIETRO

33 STORIA La denominazione ”dell’Arco” attribuita alla Madonna oggetto del pellegrinaggio, è collegato ad un preciso episodio storico. Nell’antica località “Archi”, così definita per la presenza delle arcate di un acquedotto romano, si verificò il sanguinamento di un’effige sacra della Vergine, a causa di un colpo infertole volontariamente da un giovane di Nola. L’immagine, immediatamente venerata dal popolo, riuscì talmente ad accrescere negli anni la propria fama miracolosa, da provocare la costruzione di un apposito santuario dedicato, appunto, alla Madonna dell’Arco. INDIETRO

34 FUJENTI Il lunedì in Albis del 1450, un giovane, furibondo di aver perso una partita, scagliò una pesante boccia contro il quadro sacro di una cappellina votiva, sistemata lungo la strada. L’immagine cominciò a sanguinare, dalla guancia sinistra colpita. Il giovane rimase paralizzato. Qualche decennio dopo si spezzarono i piedi di una contadina, che aveva bestemmiato contro la Madonna. La voce si sparse, le visite dei fedeli si infittirono e i miracoli ebbero a ripetersi. Da allora ogni anno, il lunedì dopo Pasqua si ripete il voto dei “fujenti” che a piedi scalzi in abito bianco fasciato di rosso e celeste, arrivano in folti gruppi da tutte le zone della regione per offrire alla Madonna il denaro raccolto nelle settimane precedenti INDIETRO

35 FESTA E PROCESSIONE Il rito religioso che si celebra nel Santuario, a conclusione del pellegrinaggio, è particolarmente affascinante. In questo luogo, infatti, si può assistere ad esasperate crisi di religiosità popolari che si configurano, in casi estremi come vere e proprie crisi epilettiche. Da ciò il termine “Vattienti” che, a sua volta, deriva dal verbo “Vattere” (picchiare) con cui sono pure definiti i “fujenti”. INDIETRO

36 FOTO INDIETRO

37 CARNEVALE DI MONTEMARANO
Introduzione Storia Festa INDIETRO indietro

38 INTRODUZIONE Senza dubbio il Carnevale rappresenta la più importante manifestazione folcloristica di Montemarano, un singolare fenomeno antropologico, la cui importanza e specificità, ormai, contempla una platea nazionale. Esso ha una tradizione secolare e ritorna, nella sua spensieratezza, nei tre giorni prima delle ceneri, con la sua tradizionale ed originale tarantella montemaranese. INDIETRO

39 STORIA L’origine pagana del nostro carnevale fu ripresa e divulgata nel XVII sec. dal poeta e scrittore napoletano, Giovanbattista Basile, che fu signore e governatore di Montemarano. Quel carnevale è stato tramandato, nel suo aspetto originario, fino ai giorni nostri. A tale originalità va aggiunta la totale spontaneità della partecipazione della popolazione. In effetti la differenza tra spettatore e protagonista nel nostro carnevale risulta quasi nulla. INDIETRO

40 FESTA Il carnevale ha inizio già con la ricorrenza di S. Antonio Abate, 17 gennaio ed ha termine la domenica successiva alle ceneri con “carnevale morto”, allorquando, dopo il commiato funebre-ironico da carnevale e la lettura del suo grottesco testamento, ci si lancia in un ultima danza sfrenata fino alla rottura a notte inoltrata, della “ Pignata”, dalla quale fuoriescono biscotti e dolciumi, che simbolicamente rappresentano un buon auspicio per la primavera che si approssima. Lo scenario del carnevale è vastissimo, anzi illimitato. INDIETRO

41 DANZE POPOLARI Tarantella Tarantella montemaranese
La Pizzica Salentina Pizzica Tarantata Pizzica de Core Danza a scherma o delle spade INDIETRO INDIETRO

42 TARANTELLA La tarantella è un ballo popolare collettivo, che darà spunto e occasione per nuove canzoni napoletane. Esplode nel 700 ma non nasce dal nulla. Per scoprire le origini bisogna fare un lungo passo indietro, ripercorrendo a ritroso il tempo fino ad approdare in pieno rinascimento. È al tempo di Alfonso d’Aragona che si trovano le prime tracce di un ballo nuovo, una reinvenzione di danze arabe (moresche) e spagnole (fandango), importate dalla colonia spagnola (propriamente aragonese di stanza a Napoli INDIETRO AVANTI indietro

43 TARANTELLA Questo ballo nuovo, tutto napoletano, si impone nel 1500, con l’avvento spagnolo, ed ha un nome che è tutto un programma: Ballo di Sfessania, detto anche Tubba Catubba. Resta da dire che la tarantella è identificata come tale solo nel 700, anche si avvale inizialmente di strumenti popolareschi ben più longevi: tammorra, tamburello napoletano, putipù, castagnetta, ecc. INDIETRO AVANTI INDIETRO AVANTI

44 TARANTELLA Strumenti questi poveri, privi di suono melodico, capaci soltanto di imporre ritmi e cadenze. La tarantella, come il ballo di Sfessania suo progenitore, altro non è che una serie di cadenze ritmiche, su cui si innestano figure di danza. La musica e i versi la trasforma in una canzone figurata di gusto borghese. INDIETRO avanti

45 TARANTELLA MONTEMARANESE
La “tarantella montemaranese” ha la prerogativa di essere quasi intatta come la musica. Non esistono testi letterari o frasi da poter accoppiare al ritmo e al suono della stessa. La “tarantella” con la sua melodia e il suo ritmo è piantata sostanzialmente sul complesso strumentale: clarinetto, organetto, tamburello e castagnette. Molti suonano la “tarantella” a seconda come viene: senza tener conto del ritmo, delle cadenze in battere e in levare. Certi motivi, poi, fatti ad “usum delphini” certe melodie allungate o accorciate a seconda dell’umore dell’esecutore danno il senso di un pasticcio di elementi eterogenei e hanno il sapore di un intruglio. INDIETRO

46 LA PIZZICA SALENTINA La cultura popolare salentina racchiude la storia di un popolo che conduceva una vita semplice piena di insofferenze, riuscendo a trarre soddisfazione anche dalle situazioni più misera, grazie ad una forte fiducia nella provvidenza. Dalla vita agreste trae origine anche il mistero della tarantola, animale mitologico. Anticamente si pensava che nei campi di grano si anidasse un pericoloso aracniche chiamato tarantola. Durante il periodo della mietitura, le gambe delle mietitrici erano dunque esposte al morso velenoso di questo animale. Dopo un periodo di rimozione della pizzica , a partire dagli anni settanta, il genere musicale fu riscoperto e attualmente è una delle musiche più gradite e ballare dai giovani. INDIETRO

47 PIZZICA TARANTATA È una danza terapeutica individuale collettiva che prende origine dall’antichissimo rito di guarigione dei tarantati e dal loro pellegrinaggio del 29 giugno presso la Cappella di S. Paolo a Galatina. Il ballo della pizzica tarantata si suddivideva di solito in tre fasi: prima la donna si trascinava al suolo e batteva mani e piedi a ritmo della pizzica; poi si alzava, saltellava e danzava disegnando ampie figure con le braccia, con l’aiuto di un fazzolettone colorato; la fine cominciava a barcollare fino a crollare al suolo esausta. L’esorcismo poteva avvenire nella pubblica piazza o in cas, e alla ragazza “pizzicata” si univano spesso altri uomini e donne ad accompagnarne la danza smaniosa. INDIETRO

48 PIZZICA DE CORE La pizzica de core rappresenta i sentimenti d’amore, erotismo e passione nel rito di corteggiamento tra un uomo e una donna. Alcune cronache del XIX sec. descrivono questa danza sfrenata, variante della pizzica tarantata: una donna balla a ritmo frenetico dei tamburelli e violini sventolando un fazzoletto rosso, il colore della passione con il quale invita a ballare colui che il capriccio le indica. Stanca di questo compagno ne invita un altro e un altro ancora a suo piacimento, donando il fazzoletto solo a colui che sarà stato in grado di rapirle il cuore assecondando ogni suo desiderio, ogni sua fantasia. INDIETRO

49 DANZA A SCERMA O DELLE SPADE
Questo originale forma di danza deriva quasi certamente dai duelli rusticani, che si tenevano quando l’onore e l’orgoglio erano stati feriti e messi in discussione, quando le faide tra famiglie insanguinavano i paesi, ma si tenevano anche in occasione di fiere e mercati. Furono molto probabilmente gli zingari, quando gestivano il mercato del bestiame, a dinnestare sul ritmo della pizzica questa sorta di danza-scherma che, combattuta in origine con armi affilatissime, ha poi perso il suo carattere sanguinario e violento e i coltelli sono stati sostituiti dal dito indice e dal dito medio protesi come una lama. I movimenti di questa danza simulano un duello con tanto di attacchi, affondi e difese. La danza delle spade si può ammirare dal tramonto del 15 agosto all’alba del 16. INDIETRO

50 CALENDARIO QUANDO COSA DOVE 17 Gennaio sera Fuochi di S. Antonio
S. Antonio Abate (NA) 2 febbraio Festa della candelora Montevergine (AV) Domenica e martedì di carnevale Festa di carnevale Montemarano (AV) Lunedì in Albis mattina Festa della madonna dell’arco S. Anastasia (NA) Festa della Madonna dell’Arco Terzigno – Pineta Fabbrocini AVANTI INDIETRO indietro

51 CALENDARIO Martedì di Pasqua Pomeriggio e sera
Festa di S. Maria del Monte Nocera Inferiore (SA) Sabato dopo Pasqua Festa delle paranze Somma Vesuviana (NA) Domenica dopo Pasqua Tramonto - alba Festa della Madonna delle Galline Pagani (SA) Domenica prima dell’ascensione Festa della Madonna dei Bagni Scafati (SA) Lunedì dopo Pentecoste Alba - tramonto Festa della Madonna dell’Avvocata Maiori (SA) INDIETRO AVANTI

52 RINGRAZIAMENTI Si ringrazia per la collaborazione:
Il gruppo di musica popolare “I DISCEDE” di Maiori Il professore Matteo Cantarella Il gruppo di Musica e Canti popolari di Ravello INDIETRO


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